martedì 30 giugno 2009

Adam Ant



Adam Ant, pseudonimo di Stuart Leslie Goddard (Marylebone, 3 novembre 1954), è un cantante britannico, noto per aver fatto parte del gruppo Adam and the Ants (letteralmente: Adam e le Formiche).
Adam Ant precedentemente era nella band Bazooka Joe e successivamente fondò i B-Sides, il suo primo gruppo Punk, con Andy Warren e Lester Square.
Nel maggio ‘77 i B-Sides si ribattezzarono Ants.
Nel luglio la band è ripresa dal regista Derek Jarman nel film “Jubilee”, nella cui colonna sonora gli Ants inclusero due brani, piu un terzo in cui Adam duettava con Toyah Wilcoxx.
Nel 1978 dopo aver registrato 2 sessions dal vivo per la BBC gli Ants firmano per la Decca ed effettuano il primo tour europeo.
Nel 1979 esce il singolo “Young Parisians” seguito da una ulteriore session radiofonica, e con la Do It danno alle stampe un secondo singolo, “Zerox” , e a fine anno uscirà il loro primo album intitolato “Dirk Wears White Sox” .
Malcolm McLaren (ex Sex Pistols), deciso a fare il manager, convinse però i musicisti a lasciare Adam per formare il gruppo Bow Wow Wow con la cantante Annabella Lewin, una giovanissima lavandaia che Malcom sentì cantare lungo le sponde di un fiume. Rivoltosi ad un tribunale Adam vinse la causa e si tenne il nome Ants visto che proprio lui si faceva chiamare Adam Ant.
L’incontro con Marco Pirroni, il chitarrista dei “Models” convinse Adam a ricostruire gli Ants. Con la nuova band, un look piratesco e un sound innovativo e potente (la doppia batteria forniva un ritmo ossessivo che verrà definito Burundi Rock), Adam & The Ants nel novembre 1980 lanciarono l’album “Kings Of The Wild Frontier” che raggiunse il primo posto nella classifica brittannica.
Nell’ottobre 1981 seguirà l’album “Prince Charming” ed anch’esso avrà ugual riscontro nella classifica. I singoli estratti da questi 2 albums conquisteranno la critica , verranno trasmessi nelle radio e discoteche in tutto il mondo.
Al culmine della popolarità, Adam e il suo look stravagante vennero imitati da molti artisti (in Italia Loredana Bertè si presentò al festival di San Remo con una giacca ricamata come la sua), ma Adam con un colpo a sorpresa sciolse gli Ants nel 1982 tenendo con sé il solo Pirroni.



Intrapresa la carriera solista incise il singolo “Goody Two Shoes”, brano tipicamente rockabilly, forse il brano piu popolare di Adam.
Da ricordare che stranamente il singolo venne stampato sia come solista sia sotto il nome di Adam & The Ants.
Il primo album fu “Friend Or Foe che conteneva alcuni brani ancora tipicamente new wave che risentivano dell’influenza Ants, ma altri pezzi erano ormai orientati allo stile Pop.
Con il secondo album ,“Strip”, la svolta verso il Pop fu ancora piu netta; l’album vedeva la collaborazione di Phil Collins, e nel videoclip relativo compariva la cantante degli ABBA.
Fu comunque un lavoro apprezzato.
Nel 1985 pubblicò l’album “Vive Le Rock” e con il brano che dava il nome all’album partecipò al Live Aid, manifestazione canora a scopo benefico.
Giorgio Moroder, guru della discomusic, realizzò la colonna sonora di un vecchio film di Fritz Lang, “Metropolis”, e in esso Moroder oltre al cantante Freddy Mercury volle includere Adam con il brano “What’s Go In On”.
Con il vulcanico batterista dei Police, il talentuoso Stewart Copeland, Adam registra il singolo “Out Of Bounds”, singolo incluso nella medesima colonna sonora.
Nel 1986 con un altro colpo ad effetto Adam si dedica alla carriera cinematrografica .
Tornerà in sala d’incisione per l’album ” che non ottiene il successo preventivato.
Arriverà infatti soltanto 19° nella classifica brittannica costringendo l’artista ad una seconda pausa.
Con il successivo album “Wonderful”, uscito ben 5 anni dopo, ovvero nel 1995, Adam dimostra il suo declino e la sua crisi compositiva concludendo la sua carriera discografica.
Adam Ant è comparso in più di venti pellicole per il cinema e la televisione inglese ed ha scritto inoltre due libri, tra cui la sua autobiografia Stand & Deliver (dal titolo di una delle più note canzoni del gruppo).
La sua carriera è stata poi interrotta da una malattia mentale (disturbo bipolare).

(Last fm)






domenica 28 giugno 2009

Treves Blues Band

Segnalo un concerto della Treves Blues Band :

2 luglio , Albissola Marina

SOLELUNA BEACH


venerdì 26 giugno 2009

MATS/MORGAN BAND


Utilizzo una recensione di Donato Zoppo per presentare un gruppo straordinario, appena scoperto.
Sto parlado della MATS/MORGAN BAND .

Un gruppo straordinario!
Tre cose mi hanno colpito di questa eccellente band. In primis l’incredibile bravura tecnica e l’interplay che sanno costruire. In secondo luogo la capacità di condensare idee e creatività anche nell’arco di una ventina di secondi: è il caso degli otto jingles disseminati qua e là. Infine l’ottima “speedy-cover” di “The chicken”, il brano di Don Ellis reso celebre da Jaco Pastorius. Mai sentita una versione così scoppiettante.
Mats/Morgan Band è un ensemble svedese composto da cinque grandi musicisti. Mats Oberg e Robert Elovsson alle tastiere, Morgan Agren alla batteria e percussioni, Jimmy Agren alla chitarra, Tommy Thordsson al basso. Si tratta di una band di grande affiatamento, che ha già pubblicato cinque album oltre ad innumerevoli collaborazioni con Frank e Dweezil Zappa, Steve Vai, Captain Beefheart e Mike Kenneally. Sono autori di una curiosa forma di jazz rock/fusion, dalle frequenti sembianze canterburyane, che fa convivere talento improvvisativi, abilità tecnica e furore esecutivo. La succitata “The chicken” è l’esempio più lampante.


Il disco è il resoconto di uno show televisivo. Non possiamo tacere un particolare: la TV svedese aveva proposto a Morgan Agren una trasmissione di insegnamento per batteristi, dandogli carta bianca…
Ogni brano stupisce. La delirante techno-fusion di “En schizofrens dagbok”: come se i Brand X subissero un trattamento elettronico con forti scossoni zappiani. Probabilmente - per la frenesia dei ritmi, la concezione del sound, le numerose connessioni di influenze e generi – è Zappa il vero nume tutelare del gruppo. E’ una sorta di ultra prog-fusion compressa e inscatolata (vedi “Baader puff”), che colpisce per l’estrema precisione e la fantasia (“Etage A-41”).
Serrato il ritmo di “Hollmervalsen”: ci tornano in mente i Primus ma è un brano davvero senza precedenti. Immaginate di essere lentamente investiti da un panzer variopinto, guidato da soldati sorridenti e ilari…
“Sol niger within” (con Fredrik Thordendal, chitarrista dei thrashers Meshuggah) è un prog metal tinto di fusion – come accaduto qualche anno fa con Atheist e Cynic, aggressivo ma piuttosto scontato. Agren è sempre in stato di grazia: è uno dei batteristi più entusiasmanti degli ultimi tempi. In “Advokaten” arrivano a dar man forte due grandi personaggi, il “cucchiaiaio” Spoonman e il grande esploratore Simon Steensland al theremin. E’ un brano di grande impatto, molto ricercato, una nuova via al prog.
Area meets National Health con un goccio di funk e Gong: è “Min hast”. Un drastico cambiamento con “She’s louder than me but I’ve got the microphone”: arriva la Jimmy Agren Band e il gruppo si lancia in un boogie rock al fulmicotone, come se i Blackfoot suonassero in un velodromo davanti ad un pubblico di altolocati jazzmen. La conclusiva “Ta ned trasan” evidenzia ancora una volta il grande talento del quintetto, che si cimenta in un canonico jazz-fusion, preso e rivoltato come un calzino.
Gran gruppo, gran disco, da avere.



mercoledì 24 giugno 2009

Traffic



I Traffic furono un gruppo britannico che visse il momento migliore tra il 1967 e la metà degli anni ‘70, il cui nucleo fondamentale era composto da:
Steve Winwood (nato a Great Barr, West Midlands, il 12 maggio 1948), tastiere, chitarre e voce solista;
Chris Wood (Londra, 24 giugno 1944 - Londra il 12 luglio 1983), flauto, sassofoni;
Jim Capaldi (Evesham, Worcestershire, 24 agosto 1944 -Londra il 28 gennaio 2005), batteria e voce.
Intorno ai questi artisti hanno ruotato diversi altri musicisti, tra cui:
Dave Mason (nato a Worcester, Worcestershire, il 10 maggio 1946), chitarra, cofondatore della band;
Rebop Kwaku Baah (Lagos, Nigeria, 13 febbraio 1944, 12 gennaio 1983 Stoccolma), percussioni.
Ric Grech (Bordeaux, 1 novembre 1946 - Leicester, 17 marzo 1990), basso;
Jim Gordon, batteria;
David Hood, basso;
Roger Hawkins, batteria;
Barry Beckett, organo hammond;
Rosko Gee, basso.


Gruppo creativo quanto anarchico, a tratti penalizzato dalla tendenza di Winwood (classe 1948, ma già nel 1966 stella dello Spencer Davis Group con l’hit Gimme Some Lovin’) a spadroneggiare sugli altri membri e da una tormentata storia di separazioni e riunioni, ha saputo comunque scrivere alcune belle pagine musicali con uno stile a metà strada tra il progressive-rock, il jazz e il folk.
Tra i primi singoli della band la psichedelica Hole in my Shoe (1967).
Uno dei loro album più rappresentativi è John Barleycorn Must Die (1970) dove, oltre alla title-track, che non è altro che la riproposizione in chiave moderatamente folk rock di un canto di origine celtica, spiccano lo strumentale Glad , e la swingante Empty pages.
Altri brani emblematici della ricerca stilistica e sonora del gruppo sono Dear Mr. Fantasy (1967) e 40.000 Headmen (1968).
Un’altra loro composizione, No Face, No Name, No Number, tratta dal loro primo long playing “Mr. Fantasy” (1967) venne riproposta dal complesso beat italiano Equipe 84 col titolo di Un Anno.
Durante la temporanea debacle della band, a cavallo tra i ‘60 e i ‘70, Winwood si aggregherà a Eric Clapton e Ginger Baker (ex-Cream) e Ric Grech (ex-Family) nel supergruppo Blind Faith con all’attivo un unico, omonimo album (1969).
Dopo la vetta di John Barleycorn la produzione del gruppo prosegue su ottimi livelli, anche se per alcuni è meno originale, venendo comunque premiata da vendite massicce.
Dopo la pubblicazione di When The Eagle Flies (1974) i Traffic si sciolgono.
Nel 1994 Winwood e Capaldi rispolverano la gloriosa sigla pubblicando Far From Home ed intraprendendo un tour. L’album è dedicato a Chris Wood, scomparso undici anni prima.
Un decennio dopo, nel 2004, i Traffic vengono inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame ma, di lì a poco, una possibile nuova reunion della band è purtroppo resa impossibile a causa della morte di Jim Capaldi, nel gennaio 2005, sancendo l’assoluta impossibilita di progetti futuri a nome Traffic. Nel novembre dello stesso anno esce il doppio live Last Great Traffic Jam (il titolo sfrutta un gioco di parole inglese: ‘traffic jam’ significa ‘ingorgo automobilistico’) che contiene brani dal tour del 1994.
Winwood, tuttora attivo come solista, ripropone spesso in concerto i cavalli di battaglia della sua storica band.


venerdì 19 giugno 2009

The Zombies



The Zombies sono stati uno dei più importanti gruppi musicali degli anni sessanta; benché in grado di raggiungere più volte le vette delle classifiche inglesi ed americane, oggi risultano per lo più sconosciuti al grande pubblico.
Al pari dei più famosi Beatles e Beach Boys - ma anche del gruppo coevo dei Tremeloes - hanno caratterizzato buona parte della musica leggera dell’epoca del beat.

Originari di St. Albans, Hertfordshire (35 chilometri a nord di Londra), gli Zombies appartengono al fenomeno culturale noto come British Invasion, nato per sfruttare commercialmente il successo ottenuto dai Beatles negli U.S.A. verso il 1964, a cui si possono accostare gruppi musicali come i Searchers, Gerry and the Pacemakers, i The Kingsmen.


Musicalmente però gli Zombies si distanziano dai cliché dei gruppi musicali loro contemporanei (ovvero dal Beat, inteso come genere musicale caratterizzato dal forte accento in battere della ritmica, da una certa ruvidità sonora, da un accompagnamento di tipo rhythm ’n’ blues a cui si sovrappongono linee vocali più articolate e melodiche) in quanto possono vantare nel loro organico un talentuoso ed innovativo tastierista, Rod Argent, capace di tessere insieme al bassista Chris White delle armonie musicali decisamente più ricche e raffinate, rispetto alle tipiche cadenze di estrazione blues.

giovedì 18 giugno 2009

Luca Olivieri


La musica.


La Quarta Dimensione (termine con il quale si identifica il fattore tempo) è il titolo del nuovo disco del compositore e musicista Luca Olivieri.
Dodici brani strumentali, alcuni realizzati per spettacoli teatrali e sonorizzazioni di film muti d'epoca, altri semplicemente nati come brevi frammenti e rielaborati in tempi diversi.





Oltre all'autore, impegnato con tastiere, wurlitzer, Korg MS 20, programmazioni, glockenspiel, melodica e percussioni, hanno partecipato alla realizzazione del disco numerosi musicisti: Mario Arcari (storico collaboratore di Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati, Mauro Pagani e altri) ai fiati, Fabio Martino, Fabrizio Barale e Andrea Cavalieri (ovvero una buona rappresentanza degli Yo Yo Mundi a caratterizzare e colorare diversi brani con fisarmonica, chitarra elettrica, contrabbasso e basso elettrico), la talentuosa violoncellista Giovanna Vivaldi e ancora Diego Pangolino (percussioni) e Roberto Lazzarino (chitarra elettrica).



Il musicista


LUCA OLIVIERI


Nato a Milano nel 1968, svolge da anni attività di musicista (pianoforte, tastiere e programmazioni), compositore e arrangiatore. Diplomatosi in pianoforte presso il conservatorio "N. Paganini" di Genova, ha inoltre frequentato corsi di composizione e musica elettronica (Civica Scuola di Musica - Milano, SAE Institute - Milano) e partecipato a workshop con artisti quali Howie B, Françoise Kevorkian, Roberto Vernetti e altri.
Ha prodotto musiche originali per diverse compagnie e registi teatrali, collaborando tra gli altri con Fabrizio Contri e Valerio Binasco (entrambi attori e registi del Teatro Stabile di Genova e protagonisti di pellicole e fictions televisive di successo) ed Enzo Buarnè (Teatro del Rimbombo). Alcune sue musiche sono state inserite negli spettacoli teatrali "Ricordi Fuoriusciti" (ACTI Teatri Indipendenti/Teatro Stabile Torino) e "Il Fiume Rubato" (Narramondo).
Collabora attivamente con il gruppo Yo Yo Mundi, con il quale ha registrato diversi dischi e partecipato a spettacoli live in Italia, Svizzera, Gran Bretagna, Irlanda e Olanda. Grazie a questa intensa collaborazione ha potuto suonare con numerosi artisti tra cui Giuseppe Cederna, Franco Branciaroli, Marco Baliani, Marino e Sandro Severini (Gang), Paolo Bonfanti, Claudio Fossati, Giorgio Li Calzi, Maurizio Camardi, Martina Marchiori e altri. Nel 2008 viene pubblicato La Quarta Dimensione, il suo nuovo lavoro discografico. Composto da dodici brani strumentali, il disco vede la partecipazione di numerosi ospiti tra cui Mario Arcari (storico collaboratore di Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati, Mauro Pagani e altri) e alcuni componenti degli Yo Yo Mundi.
(www.lucaolivieri.eu / www.myspace.com/lucaolivieri)



L'intervista


Ho ascoltato il tuo ultimo lavoro e mi sono fatto l’idea di un prodotto gradevole e raffinato. Come spesso capita con la musica di qualità, il tuo risulta un lavoro rivolto a un pubblico di nicchia. Sei mai stato tentato di seguire la via del prodotto più commerciale per “accorciare la strada” verso una giusta visibilità?

Principalmente mi occupo di musica per soddisfare una mia esigenza personale e penso che mi sentirei a disagio se lo facessi esclusivamente per inseguire il successo commerciale. Mi sento ripagato anche da un pubblico fatto di piccoli numeri e pur constatando che la vendita di più dischi renderebbe molte cose più facili trovo che la cosa più importante sia la coerenza con se stessi e di conseguenza il rispetto per chi ti segue. Detto ciò non ho nulla contro chi ha successo, anzi, se mi si presentasse l'opportunità di far conoscere maggiormente la mia attività artistica senza snaturarne i contenuti non avrei problemi ad accettare.

Da dove trai l’ispirazione per le tue composizioni?

Un pò da tutto ciò che mi circonda, diciamo dalla vita in generale... Lo spunto per una melodia o una certa ambientazione sonora mi può venire mentre cammino o leggo un libro e naturalmente anche ascoltando musica. Contrariamente alla fase di realizzazione più pratica (arrangiamento, registrazione e produzione), che solitamente svolgo in tutta calma nel mio studio, raramente mi fermo a pensare a tavolino a come far nascere o trovare un'idea musicale. E' un processo molto naturale e in continua evoluzione.

Quali sono i tuoi punti di rifermento musicali, gli artisti che ti hanno portato sulla via della musica?

Ho iniziato da giovane con il pianoforte classico, ma presto ho capito che non mi bastava il solo mondo accademico del Conservatorio ed ho iniziato a frequentare e suonare diversi generi di musica. Così è stato anche per gli ascolti e nel mio cammino ho trovato molti artisti che indirettamente hanno contribuito alla mia crescita artistica: su tutti citerei Brian Eno, Claude Debussy, Ivano Fossati, Hector Zazou, i Talk Talk degli album più sperimentali, Robert Wyatt.

Nelle mie interviste non manca quasi mai la domanda che tende a verificare l’importanza di un testo in un qualsiasi brano. Partendo dal fatto che da bambini ci siamo innamorati di canzoni straniere di cui non capivamo una parola, e che quindi anche il “cantato” diventava musica, provo sempre a … indagare. Una mia recente conoscenza mi ha regalato questa frase: “ La musica strumentale, per sua natura è in grado di evocare le parti più nascoste dell'animo umano, proprio perché è l'essere umano a fungere da mezzo, a volte inconsapevole, affinché la musica, intesa come espressione del divino e dello Spirito, parli ai nostri cuori.” Mi dai la tua opinione sull’argomento?

Credo che un'affermazione come questa non necessiti di troppi commenti, dice tutto e mi trova pienamente d'accordo. La musica strumentale ha una potenzialità infinita, si lascia immaginare e non è "vincolata" da parole, interpretazione vocale o altro. Personalmente trovo molto stimolante lavorare su un brano senza testo, mi porta a porre la mia attenzione su particolari e sfumature che possono fare la differenza.

La persona a cui facevo riferimento nella domanda precedente è Ciro Perrino, che probabilmente conoscerai. L’impressione che mi sono fatto parlando con lui, è che lo strumento, qualunque esso sia, possa essere un tramite per arrivare a qualcosa di trascendente, un’appendice del nostro corpo capace di fare da tramite verso mondi altrimenti irraggiungibili. Dove ti porta il tuo strumento, nel quotidiano, al di là del lavoro e di eventuali obblighi contrattuali?

Onestamente non vedo in me un esecutore o un virtuoso dello strumento, preferisco concentrarmi sulla fase di realizzazione "totale" della mia musica lavorando con l'elettronica, i sistemi di registrazione, l'arrangiamento, come è accaduto ad esempio per "La Quarta Dimensione", il mio ultimo disco. Cerco di indirizzare le mie energie verso una ricerca sonora il più personale e libera possibile, un privilegio questo che mi porta ad avere sempre entusiasmo per quello che faccio con la musica.

Ho sentito recentemente un noto artista, da sempre nell’ambito del prog, giustificare in qualche modo le canzonette di Sanremo, dignitose per il semplice fatto che soddisfano un’esigenza, quantitativamente considerevole. Sei d’accordo? E’ capibile che per portare a casa lo stipendio si rinneghi magari la propria natura e si scenda a bassi compromessi?

Cercare a tutti i costi il favore del pubblico in termini di quantità, non mi trova d'accordo... Se invece una proposta è sviluppata con sincerità e coerenza e arriva anche al grande pubblico (come a volte accade) la trovo una bella cosa e probabimente questo dimostra che la gente è molto più sensibile e attenta di quanto si pensi. Andare a Sanremo non trovo che sia vergognoso, basta che ci si presenti con una proposta che rappresenta realmente il proprio percorso, la propria storia. Penso agli Avion Travel, che hanno partecipato e vinto semplicemente portando se stessi, un loro suono, una loro teatralità... Come ho detto prima l'importante è lavorare bene e sapere di aver rappresentato se stessi nel modo migliore.

Che tipo di musica ami, oltre a quella che proponi? Ti capita mai di divertirti con musiche meno impegnate ma comunque istintive?

Credo di essere un ascoltatore molto curioso e cerco di avvicinarmi a diversi generi senza problemi, sia per rimanere aggiornato professionalmente che per puro piacere. Sono convinto che ci sia sempre qualcosa da imparare, anche da musiche apparentemente molto distanti tra loro e naturalmente mi diverto molto, specialmente quando trovo novità interessanti; ultimamente ho scoperto Rokia Traorè, una cantante africana davvero brava, e in ambito pop mi ha colpito molto Malika Ayane, sia per la voce che per la sua personalità.

Noto un risveglio musicale e una presenza importante della gente, di ogni età, ai concerti. Stiamo vivendo un momento fortunato o è cambiato davvero qualcosa? 

La gente ha voglia di spettacolo e di cultura, ci sono buoni riscontri per i concerti dal vivo, credo che l'evento live, rispetto allo sbandamento e alla crisi che sta vivendo la discografia, sia una cosa a cui si rinuncia meno e da cui si traggono più conferme; l'artista c'è, propone uno spettacolo, esiste. Speriamo che il pubblico continui così e non si arrivi al distacco e al disinteresse che si vive oggi nei confronti del mercato discografico, dove l'oggetto disco ha perso il proprio valore, commerciale ma soprattutto culturale.

Hai a cuore la diffusione del verbo musicale verso le nuove leve?

Certo, la musica è vita e credo sia fondamentale far conoscere ai giovani quanto è importante e bello ascoltare musica e magari suonare uno strumento. In Italia manca questa cultura e anche a livello di strutture non siamo messi bene; se si pensa al nostro passato (anche recente), è incredibile constatare come manchino le basi culturali per seguire i giovani verso un percorso che li aiuti ad avvicinarsi alla musica e che permetta a chi lo desidera di farlo diventare un lavoro vero e proprio.

Mi racconti qualcosa dei tuoi progetti futuri?

Sto cominciando a pensare ad alcuni nuovi brani, anche se tutto è ancora in fase di raccolta di idee; vorrei iniziare a registrare qualcosa, giusto per capire quale direzione prendere...


mercoledì 17 giugno 2009

Small Faces


Il mio ricordo

Avrò avuto dodici anni e assieme ad altri amici mi aggiravo in quello che allora era il reparto dischi della STANDA, a Savona.
Vinili, naturalmente, ma tante fotografie in sottofondo, con i nostri miti dai capelli lunghi e i pantaloni a zampa di elefante.
Ricordo di aver allungato il braccio per puntare un gruppo e dire ad alta voce:" guarda... glismalfaces!".
Dietro di noi un tizio più grande, ascoltate le mie parole, ci fece un mezzo complimento:
"Siete bravi, pur essendo piccoli conoscete già i gruppi rock, ma non sapete la pronuncia esatta. Si dice Smolfeisis".

The Small Faces furono un importante gruppo musicale Rock & Roll formatosi a Londra, nel 1965.
Marriot fonderà poi gli Humble Pie con Peter Frampton, mentre gli altri tre, con Ron Wood e Rod Stewart, avranno fortuna nei Faces nei primi anni settanta.
Nel 1976, in coincidenza col fortunato rilancio di Itchycoo Park e di Lazy Sunday, Marriot, Jones e McLagan riformeranno il gruppo con Rick Wills (dei Camel) e Jimmy McCullouch (ex Wings). Gli Small Faces “reunion”, effettueranno alcuni concerti nella primavera e nell’autunno del 1977 e incideranno un paio di album, Playmates (1977) e ‘78 In The Shade (1978), per poi sciogliersi definitivamente nel maggio 1978.
Dopo sei mesi, Kenney Jones entrerà negli Who per sostituire Keith Moon.

Nel 1991 Marriot morirà in un incendio scoppiato nella sua casa, mentre nel 1997 Lane si arrenderà alla sclerosi multipla che lo aveva afflitto dagli anni settanta.

martedì 16 giugno 2009

Reale Accademia di Musica



La Reale Accademia di Musica è nata da un gruppo molto conosciuto a Roma, I Fholks, che nei loro quattro ani di vita suonarono anche come spalla a Jimi Hendrix, ma riuscirono solo a pubblicare un 45 giri.
Il bel singolo contiene un rifacimento di un brano degli Iron Butterfly, "Soldier in our town", tradotto in "Mi scorri nelle vene", e viene prodotto dal leader dell’Equipe 84 Maurizio Vandelli, che portò il gruppo alla Ricordi.
I Fholks suonarono in parecchi festival importanti dei primi seventies, come Caracalla e Gualdo nel 1970, e il Festival Pop di Viareggio nel 1971, ma si sciolsero durante le registrazioni del loro album, cantato in inglese.
Mentre il batterista Ruggero Stefani (precedentemente unico componente maschile del gruppo beat femminile Le Pupille) entrò ne L’Uovo di Colombo, gli altri formarono la Reale Accademia di Musica, ma il chitarrista originale, Pericle Sponzilli, abbandonò il gruppo durante la registrazione dell’LP, sostituito da Nicola Agrimi (ex-Le Esperienze e la prima formazione del Banco del Mutuo Soccorso).
Ancora prodotto da Maurizio Vandelli, Reale Accademia di Musica è un bel disco, anche se non particolarmente originale, dominato dalle tastiere di Federico Troiani e con buone parti vocali del cantante Topel.


La lunga "Il mattino" e "Vertigine "sono tra i brani migliori di un bell’album.
Subito dopo l’uscita dell’LP il gruppo cambiò formazione, con l’ingresso del chitarrista Nicola Di Staso (da Le Rivelazioni) al posto di Agrimi, e poi del batterista Walter Martino (già con Il Ritratto di Dorian Gray).
Questa formazione suonò nel 1973 in una delle serate di “Controcanzonissima” al Piper di Roma, poi Di Staso entrò nei Logan Dwight e Martino nei Goblin.
Una nuova formazione, comprendente Topel Cabanes, Troiani, Senzasono, il bassista Dino Cappa e il chitarrista Gianfranco Coletta (ex Banco del Mutuo Soccorso e Chetro & Co.), lavorò con il cantautore Adriano Monteduro, e nel 1974 il suo primo album venne anche attribuito alla Reale Accademia di Musica.
L’ultima apparizione della Reale Accademia di Musica è stata come gruppo di supporto di Nada sul suo album del 1975 dal titolo "1930: Il domatore delle scimmie".
Il cantante Henryk Topel Cabanes compose i brani di un secondo album della Reale Accademia di Musica, provvisoriamente intitolato "La cometa", che però non venne mai ultimato.
Federico Troiani ha avuto una buona carriera come artista solista, musicista di studio e produttore.
Un nuovo gruppo con il nome Reale Accademia di Musica è stato formato da Adriano Monteduro e comprende il figlio Antonello (tastiere), Manuel Muzzu (basso) e Giuseppe Augusto Aramo (batteria e voce).

Questo gruppo ha realizzato nel 2008 il CD "Il linguaggio delle cose", ma il genere è totalmente diverso dalla vecchia Reale Accademia di Musica!
(http://www.italianprog.com/it/a_realeaccademia.htm)




venerdì 12 giugno 2009

Steve Miller Band


Steve Miller nacque da George "Sonny" Miller, un patologo, e Bertha, una cantante Jazz.
Nel 1950, la famiglia si trasferi’ a Dallas, Texas.
Le sue prime lezioni di chitarra gli furono impartite a soli cinque anni dal leggendario Les Paul, pioniere della chitarra elettrica e a sua volta cantautore.
Les Paul e sua moglie, Mary Ford, erano infatti ospiti usuali in casa Miller. Ancora oggi quando Miller compone, utilizza alcune delle tecniche tramandatogli dal vecchio Les Paul.
Mentre frequentava la St. Mark's School of Texas, Miller formò la sua prima band:
“I Marksmen”, assieme al compagno di classe Royce Scaggs, meglio conosciuto come Boz. Diplomatosi alla Woodrow Wilson High School a Dallas nel 1961, Miller inizio' a frequentare la University of Wisconsin-Madison, dove formo’ gli "Ardells", cui successivamente si uni’ anche Scaggs. Ben Sidran divenne invece il tastierista.
Miller aveva soltanto sedici anni quando inizio’ a frequentare il college, mostrando un grande interesse per la letteratura. Les Paul incoraggio’ il giovane Steve a comporre canzoni coltivando il proprio talento.


Prima di formare la Steve Miller Band, Miller suono’ con Barry Goldberg in un gruppo chiamato “The Goldberg-Miller Blues Band”.
Formata 1965, la Band venne lasciata da Miller l’ anno seguente dopo solo un singolo. Finalmente, nel 1967, Miller formo’ la Steve Miller Band (inizialmente chiamata col nome "The Steve Miller Blues Band”).
Nel 1968 uscì il primo albun, "Children of the Future", il primo di una serie di dischi appartenenti al genere dello “psychedelic blues” (Blues psichedelico), che al tempo impazzava nei locali beat e non solo di San Francisco. Al primo disco seguirono "Sailor", "Brave New World", "Your Saving Grace" e ""Number 5". Questi album, benche’ di ottima fattura, non ottennero il successo sperato.
Una svolta nella carriera della band fu il celebre album "The Joker", uscito nel 1973.
Composto in uno stile meno orientato verso l’hard-rock e un po’ meno ‘enigmatico’ (e piu’ semplicistico), l’album ottenne un enorme successo, grazie soprattutto all'omonima hit, che rimase per lungo tempo in cima alle classifiche americane dei singoli piu' venduti. Seguirono "Fly Like an Eagle", nel 1976 e "Book of Dreams " nel 1977.
Questi album segnarono l’inizio della carriera commerciale di Miller, entrambi raggiungendo le vette delle classifiche americane.
Nonostante alcuni critici criticassero Miller, reo di aver smarrito e dimenticati le proprie radici di cantante blues “da locale”, i fans apprezzarono decisamente le ben ritmate melodie e i testi semplici ma ricchi di poesia delle canzoni di Steve tanto che, nel 1977, iniziò un tour della band per gli stadi assieme agli Eagles.
Sull’onda del successo ottenuto, Miller si concesse un periodo di pausa dai concerti e dalle registrazioni, dal quale uscì nel 1981 con l’album "Circle of Love", un album ambizioso composto in uno stile totalmente nuovo, che tuttavia ottenne pochissimo successo e moltissime critiche. Così, nel 1982 tornò, all'amato genere pop, dando vita con la band ad un nuovo album: "Abracadabra". Questo fu l’ultimo grande successo commerciale della band di Miller.
Seguirono una serie di collezioni, album live e alcuni tentativi di che tuttavia si spensero nella ricerca di un nuovo, irraggiungibile sound .
Dal 1993 Miller si è più o meno ritirato dalla scena, anche se non mancano alcune sue recenti ma sporadiche apparizioni in show televisivi o in collaborazione ad autori (ha per esempio recentemente collaborato con Paul McCartney).
Tuttavia prima dell’inizio del 2007 ha dichiarato che un nuovo album, chiamato "The Truth About The Lies", era in via di realizzazione.
(Wikipedia)


giovedì 11 giugno 2009

Rainbow


I Rainbow furono un importante gruppo di hard rock inglese degli anni settanta, fondato da Ritchie Blackmore.
Appartengono alla medesima area di gruppi come Deep Purple, Whitesnake o Black Sabbath; spesso annoverati fra i padri fondatori dell’heavy metal, questi gruppi arrivarono a tratti ad avvicinarsi al progressive.
Analogamente a quanto accadde ai Deep Purple e i Black Sabbath, i Rainbow ebbero una carriera molto tormentata, caratterizzata da moltissimi cambiamenti di formazione;

la formazione “classica” viene spesso identificata dai seguenti nomi:

Ronnie James Dio (voce)
Ritchie Blackmore (chitarra)
Cozy Powell (batteria)
Jimmy Bain (basso)
Tony Carey (tastiere)

Dopo nove album in studio e due celeberrime incisioni live, nel 1975 Ritchie Blackmore decise di abbandonare i Deep Purple e di fondare un gruppo proprio, la cui formazione fu presa interamente dalla band americana Elf. Questa band aveva realizzato, tra il 1972 e il 1975, tre album di hard rock non eccelso, ma impreziosito dalla straordinaria voce del cantante, Ronald Padovano, in arte Ronnie James Dio.
Il primo nucleo dei Rainbow contava Dio alla voce, Blackmore alla chitarra, Micky Lee Soule alle tastiere, Craig Gruber al basso e Gary Driscoll alla batteria, e incise per l’etichetta Oyster l’album Ritchie Blackmore’s Rainbow (1975).
Tutti i brani dell’album portano la firma di Blackmore e Dio; spiccano Catch the rainbow, The temple of the king e il monumentale riff di Man on the silver mountain.
L’album ebbe un buon successo commerciale; nonostante questo, Blackmore decise di allontanare Soule, Gruber e Driscoll, sostituendoli con Tony Carey, Jimmy Bain e Cozy Powell, noti come virtuosi dei rispettivi strumenti.
Il successivo album Rising (Polydor 1976) viene da molti considerato l’apice del gruppo, e raggiunse la posizione n.11 nelle classifiche di vendita inglesi.
I lunghi, sofisticatissimi assoli di Blackmore, uniti a una sessione ritmica tecnicamente perfetta e all’ottima voce di Dio, possono descriversi grossolanamente come una versione più esplicitamente heavy metal dei Deep Purple, con l’ulteriore suggestione degli immaginifici testi di ispirazione fantasy.
Sempre per decisione di Blackmore anche Bain e Carey furono allontanati e sostituiti dall’australiano Bob Daisley e dal canadese David Stone.
Il tour precedente a questo cambio di line-up fu però immortalato da un eccellente live, On stage, giunto al nr.7 delle classifiche inglesi; la registrazione esalta le doti dei musicisti e in particolare di Dio, che tra le altre cose interpreta in modo stupefacente il classico dei Deep Purple Mistreated.


Nel 1978 fu pubblicato Long live rock’n’roll, un altro buon album, caratterizzato da ottime canzoni come la titletrack, Gates of Babylon e Kill the king, ma anche da alcuni pezzi più commerciali e meno ispirati. A spiccare fra tutte le songs era però Rainbow eyes, ballata acustica con violini che esaltava il lato melodico della voce di Dio.
Agli inizi del 1979 Blackmore tornò a rimaneggiare la formazione, questa volta scacciando tutti i membri della band eccetto Powell; al posto degli esclusi entrarono il cantante Graham Bonnet, il tastierista Don Airey e il bassista Roger Glover, ex compagno di Blackmore nei Deep Purple.
Le fatiche della nuova formazione furono premiate con il sesto posto nelle classifiche inglesi del loro album Down to Earth, disco di transizione che univa brani epici in linea con quanto sentito in precedenza ad episodi più “radiofonici”, anche se di altissima qualità, come i due singoli “All night long” e “Since you’ve been gone”.
Dopo un’infuocata esibizione al festival metal Monsters of rock, Powell e Bonnet ebbero qualche diverbio con il “padre padrone” Blackmore e abbandonarono per unirsi alla band di Michael Schenker. Blackmore chiamò a sé Joe Lynn Turner alla voce, con il quale realizzò tre buoni album in tre anni: Difficult to cure (1981), Straight between the eyes (1982) e Bent out of shape (1983). In quel periodo gravitarono attorno alla band, sempre più instabile nella line-up, i tastieristi Don Airey e David Rosenthal e i batteristi Bobby Rondinelli e Chuck Burgi.
Si tratta di album in cui si realizza definitivamente la svolta del gruppo, preannunciata nei due album precedenti, verso un sound più commerciale e in linea con le esigenze delle radio americane.
Di fatto i Rainbow, dopo aver canonizzato le fondamenta dell’heavy metal, nella loro seconda fase di carriera “inventano” l’album oriented rock (A.O.R.) che impazzerà nelle classifiche lungo tutti gli anni ottanta.
Dopo un lunghissimo ed acclamato tour Blackmore decide però di tornare all’hard rock e scioglie il gruppo nel 1984 per riformare la leggendaria Mk2 dei Deep Purple con l’ottimo album Perfect Stranger.
Nel 1995 Blackmore, uscito dai Deep Purple, decise di rispolverare il nome Rainbow per un nuovo album: la nuove formazione comprendeva Paul Morris (tastiere), Greg Smith (basso), John O’Reilly (batteria) e il cantante Doogie White, dotato di una voce per molti versi simile a quella di Dio.
L’album fu intitolato Stranger in us all e ne seguì un tour mondiale.
Dopo il tour Blackmore, spinto dalla nuova compagna Candice Night, decise di congelare nuovamente i Rainbow per addentrarsi nei meandri della musica medievale con una nuova band, i Blackmore’s night.
Nel 1998 Blackmore, pur continuando a produrre albums con la nuova band, progettò di riunire nuovamente i Rainbow, questa volta nella formazione dell’era di Rising; l’improvvisa morte di Cozy Powell in un incidente d’auto vanificò questo tentativo.
(wikipedia).



mercoledì 10 giugno 2009

Molly Hatchet


Molly Hatchet sono un gruppo hard rock di Jacksonville, in Florida, tra i precursori di quello che poi verrà genericamente indicato come South Rock.
La band dei Molly Hatchet si forma nel 1971 per iniziativa di due chitarristi, Dave Hubleck e Steve Holland, a cui si aggiungono successivamente Banner Thomas al basso e nel 1975 Bruce Crump alla batteria e Danny Joe Brown alla voce.


Il loro esordio discografico risale al 1977 , dopo il primo contratto discografico con la EMI, con l’album intitolato “Molly Hatchet” che viene pubblicato nel 1978.
Il produttore dell’album è Tom Werman che in precedenza aveva già lavorato con artisti del calibro dei Cheap Trick e Ted Nugent.
In breve tempo i Molly Hatchet raggiungono una discreta fama.
Flirtin’ with Disaster” del 1979 vende un milione e mezzo di copie.
I successivi “Beatin’ the Odds” del 1980 e “Take No Prisoners” del 1981 ottengono buone posizioni nella classifica USA.
Durante gli anni ottanta vengono prodotti gli album “No Guts…No Glory”, con il ritorno di Danny Joe Brown alla voce e alle chitarre il duo Duane Rolland e Dave Hubleck coadiuvati da una sezione ritmica in costante movimentazione, “The Deed Is Done” album di passaggio prima del live “Double Trouble Live” e “Lightning Strikes Twice”, con la band in ottima forma, con la formazione comprendente Riff West al basso, John Galvin alle tastiere Duane Rolland alla chitarra solista e Bobby Ingram alla chitarra ritmica.

venerdì 5 giugno 2009

Muse


I Muse sono una rock band formatasi a Teignmouth, Devon, Inghilterra nel 1994.
La band è composta da Matthew Bellamy (voce principale, chitarra, pianoforte e tastiera), Chris Wolstenholme (voce di sottofondo e basso) e Dominic Howard (batteria e percussioni).
Morgan Nicholls (tastiere, synth e voce di sottofondo) accompagna la band nei concerti dalla release del quarto album.
I Muse esordiscono nel 1999 con il primo LP: Showbiz.
L’album fu accolto con opinioni contrastanti da parte della critica, ma in generale venne etichettato come un tentativo da parte della band di imitare i Radiohead.
Ciò nonostante i singoli Muscle Museum e Unintended riscossero un discreto successo e l’album vendette più di 700.000 copie, garantendo anche una candidatura per i BRIT Awards del 2000 come miglior band esordiente.
Nel 2001, con il supporto di John Leckie viene pubblicato Origin of Symmetry, album con il quale i Muse rafforzano il loro stile e vi aggiungono alcuni elementi come i suoni distorti o sintetizzati che si affiancano al basso di Wolstenholme.
Dopo quest’album i Muse pubblicarono Hullabaloo Soundtrack, un doppio CD/DVD contenente una raccolta di B-Sides e la perfomance live parigina della band al Le Zenith nel 2001.
Nel 2003 esce Absolution grazie al supporto alla produzione di Rich Costey.
L’album riscuote un ottimo successo affermando la band in tutto il mondo e conduce il gruppo per la prima volta in testa alla classifica del Regno Unito; garantendo alla band la possibilità di assicurarsi un posto nel Glastonbury Festival del 2004.
Nello stesso inizia il tour mondiale di Absolution con date anche in Australia ed in America.
Da questo album hanno riscosso maggior successo i singoli Time is Running Out e Hysteria.
Nel 2006 esce Black Holes And Revelations, il loro lavoro più recente.


L’album è stato accolto calorosamente dai fan di tutto il mondo ed ha ricevuto ottimi pareri dalla critica del settore , portando per la seconda volta la band in cima alla classifica del Regno Unito oltre che l’entrata nella Top 10 americana ed ulteriori risultati in tutto il mondo.
Da quest’album sono stati tratti sino ad ora i singoli Supermassive Black Hole, Starlight e lo scorso 27 novembre è uscito Knights Of Cydonia.
Per confermare il successo di quest’ultimo lavoro i Muse sono stati premiati con l’Award come migliore Band Alternative agli MTV European Awards il 2 novembre 2006.
Sempre nel 2006 sono stati impegnati in un tour europeo (hanno suonato in Italia il 1° dicembre a Roma, il 2 a Bologna ed il 4 a Milano); hanno inoltre suonato dal vivo nel 2007 al Wembley Stadium alla sua apertura a giugno.
A testimonianza di questo ultimo concerto è l’album dal vivo HAARP.
(Last Fm)




mercoledì 3 giugno 2009

Un pomeriggio allo studio Maia, con Innocenzo Alfano


Sabato scorso ho partecipato alla presentazione del libro “Effetto Pop” presentato dall’autore, Innocenzo Alfano, a Genova, allo studio di registrazione “Maia”.
Sabato era anche il 30 maggio e il moderatore dell’incontro, Riccardo Storti, mi ha ricordato che esattamente 37 anni prima, grosso modo alla stessa ora ( spettacolo pomeridiano), e più o meno nella stessa zona(Teatro Alcione), aveva inizio la grande stagione della musica Prog genovese, con le performance dei Van Der Graaf Generator.
Qualcosa di più di un mero dato cronologico, perché nell’occasione assistevo al primo concerto della mia vita, e quindi i concetti di significatività e rappresentatività, alla base delle scienze statistiche si sposano, in questo caso, con elementi poco razionali, che hanno a che fare con la sfera emozionale e la” scatola dei ricordi”.
Come non bastasse, Riccardo mi presenta Giacomo Caliolo, musicista di casa agli studi Maia, anch’esso presente a quell’antico evento, e ancora una volta la musica diventa il veicolo per arrivare a nuove, spontanee e disinteressate conoscenze.
Ci siamo lasciati parlando del concerto dei Genesis a Torino, 1974, col proposito di ritrovarci, e non ho dubbi che ci riusciremo.

Non sto trascurando Alfano, ma prima di parlare in maniera approfondita di "Effetto Pop", vorrei leggere il libro, integrando l’idea che mi sono fatto ascoltando le sue parole.
Come già evidenziato, la presentazione è avvenuta nell’ambiente ideale, lo studio di registrazione “Maia”, di Verdiano Vera.
Introduttore/mediatore, Riccardo Storti, coordinatore del Centro Studi per il Progressive Italiano.
Pubblico mirato, composto da musicisti, musicofili ed esperti del settore.
Gli studi di registrazione meritano uno spazio a parte e con l’aiuto di Verdiano ne parlerò nei prossimi giorni.
Gli argomenti hanno suscitato domande, tra consensi e obiezioni.



Entrare in profondità, sfatare luoghi comuni, contestare i sacri dogmi su cui si fondano le certezze degli amanti del rock, è impresa ardua e coraggiosa.
Non sono in grado di dare al momento un giudizio compiuto, anche se l’esposizione mi ha lasciato più di un dubbio, che spero di fugare nel corso della lettura.
Ovviamente Innocenzo non era presente per la sola raccolta delle lodi, ma la discussione e la critica costruttiva lo condurranno forse verso nuove ricerche, con risultati che magari faranno riflettere chi non si accontenta di facili certezze.
Due ore di musica (anche le parole possono essere “musicali”), interessanti, intrise di storia, di presente e di futuro, se è vero che gli studi Maia, nella prossima stagione, intensificheranno la collaborazione col CSPI, regalandoci serate a tema.

Note biografiche relative all'autore

Innocenzo Alfano (Cosenza, 1971) si è laureato in Scienze Politiche e in Cinema Musica Teatro presso l’Università degli Studi di Pisa.
È autore dei seguenti volumi:
-Fra tradizione colta e popular music: il caso del rock progressivo. Introduzione al genere che sfidò la forma canzone (Aracne, 2004).
-Verso un’altra realtà. Cenni di strategia compositiva e organizzazione dei brani nella musica rock, da Jimi Hendrix al rock progressivo (Aracne, 2006).
- Argentina e Brasile: quale politica comune? Tentativi di strategia politica unitaria dalla presidenza Frondizi al Mercosur (Il Coscile, 2006).

Scrive per "contrAPPUNTI", quaderno quadrimestrale del Centro Studi per il Progressive Italiano.

Frammento della serata.



martedì 2 giugno 2009

Meat Loaf


Michael (Marvin) Lee Aday (in arte Meat Loaf) (Dallas, 27 settembre 1947) è un cantante e attore statunitense.
Meat Loaf ha legalmente cambiato il proprio nome da Marvin a Michael nel 2001.
Meat Loaf è anche il nome della band di cui è cantante.
Nonostante alcuni inconvenienti (tra cui la bancarotta), Meat Loaf raggiunge un successo notevole con la sua carriera di musicista e cantante con uno dei dischi più venduti di tutti i tempi e infrangendo diversi record di permanenza in classifica. Bat out of Hell, il suo secondo album, che ha richiesto 4 anni per essere realizzato, ha venduto più di 34 milioni di copie.
Dopo 30 anni continua a vendere un numero stimato di 200.000 copie all’anno ed è rimasto in classifica per 9 anni. Ciascuna delle 7 tracce dell’album è stata in classifica come singolo di successo.


Nonostante i successi raccolti con Bat out of Hell e Bat out of Hell II: Back into Hell, Meat Loaf all’inizio della carriera trovò alcune difficoltà negli Stati Uniti; ha invece raggiunto presto una grandissima popolarità in Europa diventando una vera e propria icona del Rock, soprattutto in Gran Bretagna, dove è classificato 23° come artista più a lungo presente nelle classifiche settimanali ed è uno degli unici due artisti con un album che non è mai uscito dalle classifiche.
In Germania, Meat Loaf raggiunge la massima popolarità dopo l’uscita di Bat out of Hell II ed è stato classificato al 96° posto nella classica dei 100 più grandi artisti del hard rock dell’emittente VH1.
Meat Loaf inoltre è apparso in oltre 50 tra film e spettacoli televisivi, a volte apparendo come sé stesso o nel ruolo di personaggi simili alla sua personalità come la sua memorabile interpretazione nel ruolo di Eddie nel ‘The Rocky Horror Picture Show’.
Ha preso parte anche al film “Fight Club” nel ruolo di Robert “Bob” Paulson, e nel film “Tenacious D e il destino del rock”, nella parte del padre di Jack Black.
(Last. fm)