mercoledì 30 novembre 2016

PROG NIGHT IN MEMORIA DI JOE VESCOVI: il resoconto


PROG NIGHT IN MEMORIA DI JOE VESCOVI…  il titolo della serata non ha bisogno di molte spiegazioni, per chi ama la musica progressive.
Sono passati due anni dalla scomparsa di Joe, ma dalle nostre parti, nel savonese, facciamo a gara nel ricordarlo, perché averlo conosciuto da vicino ci autorizza a dire che, sì, lui era un nostro concittadino, e abbiamo apprezzato la sua musica e la sua persona, in egual misura.
Le manifestazioni nel suo ricordo - e in quello di Wegg Andersen - sono state ad oggi numerose e hanno visto l’entroterra ligure protagonista, soprattutto quel Cisano Sul Neva in cui sono nati - e hanno prolificato - i TRIP, ad inizio anni ’70.
In questa occasione, 28 novembre, chi tira le fila è Stefano Mantello - e spero di non dimenticare nessuno dei protagonisti dell’organizzazione - che con l’aiuto di Cesare Arena - musicista e oltre - propone una serata musicale al mitico POLO 90 - Sala Prove Music Arena - di Albenga.
I musicisti scelti per la celebrazione non sono casuali, avendo tutti avuto contatti e spunti amicali con Joe.
E la cornice di pubblico è stata gratificante, considerando che era un lunedì, non certo un giorno considerato “da concerto”.

Tocca ad Alberto Sgarlato - musicista e giornalista - il compito di introdurre l’evento e di ricordare l’importanza umana e artistica di Vescovi, e nella presentazione non può sfuggire la presenza di Bruno Vescovi, fratello di Joe.



Ad aprire le danze tocca a Il Cerchio D’Oro, la prog band savonese che ha avuto l’opportunità di condividere momenti importanti con Joe e Wegg.
Propongono un paio di brani tratti dal primo album - Il viaggio di Colombo” e dal secondo - “Dedalo e Icaro”. Ma è anche l’occasione per ascoltare in anteprima un pezzo del nuovo album, quello che vedrà la luce nel 2017. Come sempre sul pezzo, pronti a proporre il loro prog melodico, caratterizzato da importanti trame vocali: l’anticipazione di cui hanno usufruito i presenti ha provocato un certo appetito musicale che necessita di rapido appagamento. La testimonianza video a seguire è “Il silenzio rumoroso del mare”, per nuove trame occorre aspettare ancora un po’! 


La sorpresa è rappresentata dalla presenza di Carlo Venturino, per molti anni compagno di viaggio dei fratelli Terribile (Il Cerchio), che in tempi antichi subì la “cura Vescovi” in occasione di una sua creazione… che magicamente qualcuno immette nell’aria…
Carlo si sistema alle tastiere e assieme a Il Cerchio ci regala “Imagine”.


Ma non poteva mancare l’unico elemento dei TRIP della prima ora: Pino Sinnone.
Sempre presente negli eventi musicali - anche quelli che non lo riguardano personalmente - si tuffa dietro le pelli e attinge al vecchio repertorio facendosi accompagnare dal Cerchio, sempre loro, dimostrando incredibile energia musicale che sino a poco tempo fa aveva tenuto nascosta.
Della sua/loro performance propongo “Little Janie”.


E arriva il momento di un duo acustico, i The Persuaders, formati da Simone Perata al basso e Annie La Rouge, molto vicina a Joe in tempi passati.
Un bellissima sorpresa ascoltare la loro parte inedita, così come la rivisitazione dei Talking Heads ma è soprattutto apprezzabile - visto il contesto -, lo sforzo di riarrangiare un brano dei Trip in versione soft, quel “Little Janie” già ascoltato pochi minuti prima, ma che ha permesso di assaporare la musica di Joe da una diversa angolazione: da seguire con attenzione!


E chiudono i padroni di casa, i TRE GOTTI, con cui personalmente mi scuso per la mia partenza anticipata -  ma l’ora era ormai tarda.
Conosco bene Cesare Arena e il resto della band per averli ascoltati più volte, e la loro rivisitazione della musica italiana è davvero godibile e molto trasversale.
Impressioni di settembre” è il loro tributo al prog italiano.


Una serata di amici - da non dimenticare la presenza di Fabrizio Cruciani, un tempo cantante dei Knife Edge in cui militava Joe -, una serata di musica e celebrazioni… una serata tutto tranne che triste… e il prossimo appuntamento è per i primi mesi del 2017.


martedì 29 novembre 2016

The Seeds


I The Seeds sono stati gruppo rock formato a Los Angeles nel 1965 da Sky Saxon (vero nome: Richard Marsh) conosciuti soprattutto per il brano di successo Pushin' Too Hard.
Come molti gruppi californiani dell'epoca (Doors, Music Machine) il gruppo dava grande spazio all'organo, ma la durezza del sound, l'ossessivo ripetersi degli accordi, il cantato aggressivo di Saxon conferivano al gruppo uno stile quasi punk.
Il gruppo si sciolse all'inizio degli anni 1970 e Saxon abbracciò il misticismo aderendo ad una enigmatica setta religiosa nelle Hawaii.
Negli anni il gruppo ha avuto diverse rifondazioni e nel 2005, con una nuova formazione, Saxon ha ripreso a fare tournée.
Sky Saxon è scomparso il 25 giugno 2009, a causa di una presunta infezione agli organi interni, a 63 anni, ad Austin in Texas.
Pushin' Too Hard', in origine uscita come (You're) Pushin' Too Hard , è stata scritta da Sky Saxon e coprodotta da Saxon e Marcus Tybal, pubblicata come singolo nel novembre 1965 per l'etichetta GNP Crescendo, riedita l'anno seguente quando raggiunse il 36º posto della Billboard Hot 100 nel febbraio 1967, rimanendo in classifica per 11 settimane.
Il  brano, che viene spesso utilizzato come esempio per descrivere pregi e difetti del garage rock, è stato inserito nella lista dei 500 brani che hanno forgiato il rock and roll, elenco stilato dallo staff della Rock and Roll Hall of Fame con la collaborazioni di critici e storici musicali.
(Informazioni catturate dalla rete)

Edizione 1965

1.    Pushin' Too Hard - 2:38
2.    Out of the Question - 2:15

Edizione 1966

1.    Pushin' Too Hard - 2:38
2.    Try to Understand - 2:53

Formazione
·         Rick Andridge - batteria
·         Darryl Hooper - tastiere
·         Jan Savage - chitarra
·         Sky Saxon - voce, basso

lunedì 28 novembre 2016

OSANNA -“PAPE SATÀN ALEPPE”


OSANNA
“PAPE SATÀN ALEPPE”

Gli Osanna ci regalano un nuovo lavoro, un estratto live di circa 80 minuti registrato a Il Club Il Giardino, luogo divenuto cult per quanto riguarda la musica progressiva.
Trattasi quindi della riproposizione di brani tipici del loro repertorio, con qualche sorpresa/dedica/tributo e un brano inedito, la title track - Pape Satàn Aleppe” - che nella sua accezione più immediata riporta alla Divina Commedia, ma è Lino Vairetti, nell’intervista a seguire, che ci illumina sulle motivazioni profonde, affrontando di conseguenza tutti gli aspetti legati al nuovo disco.
Non c’è nulla di improvvisato nella ricerca del materiale, il disco andava fatto proprio in quell’occasione specifica, usufruendo di ospiti ben precisi, avendo ben chiaro il risultato da raggiungere. Per chi ha avuto la fortuna di vedere gli Osanna dal vivo la mia affermazione risulterà chiara, perché potenzialmente ogni esibizione della band è qualcosa che andrebbe documentato e condiviso, tale è il livello di spettacolo e coinvolgimento che riescono a raggiungere.
In questo caso specifico le operazioni di melange sono molteplici: l’interconnessione tra il rock e la tradizione, il link che unisce gli aspetti teatrali alla nostra esistenza, il passaggio tra la spensieratezza e la durezza delle problematiche sociali e… un forte richiamo alle radici della musica - soprattutto quella vissuta dal più “antico” Vairetti - verso una linea proiettata nel futuro.
Un esempio? La proposizione del Prog Garden Medley, con tutto l’affetto possibile rivolto al Banco, PFM e Area; l’omaggio al concittadino e amico Pino Daniele, a Equipe 84/Daolio/Guccini o ad Alan Sorrenti, cercando però di guardare oltre, senza cadere nell’effetto nostalgia.
Questo è il disegno, lo spartito, che sulla carta può essere il migliore possibile, e poi si osservano i risultati, che passano sempre attraverso gli attori principali.
Ma è difficile avere dubbi su quanto possa uscire da una squadra del genere, una delle più coese, ben assortite e direi anche di esperienza che si possano trovare oggigiorno. Tutto ruota attorno al fondatore Vairetti, che ha avuto la capacità di circondarsi di nuova linfa, fatta di talento e competenze. Nell’occasione, oltre ai normali compagni di viaggio - Gennaro Barba alla batteria, Nello D’Anna al basso, Sasà Priore alla tastiere, Pako Capobianco alla chitarra e Irvin Vairetti ai sintetizzatori e voce - Lino Vairetti chiama a se alcuni ospiti: Donella Del Monaco alla voce, Mauro Martello al flauto e Jenny Sorrenti alla voce.
La sintesi dell’album è una spremuta di rock e ricordi realizzata attraverso il repertorio conosciuto - da “L’uomo” a “Oro caldo”, passando per “Palepolitana” - con l’aggiunta di brani altrui, come “Il Mare”, “Auschwitz”, “Non mi rompete”, “Il Banchetto”, “ Luglio Agosto Settembre nero” e “Vorrei Incontrarti”.
Vorrei soffermarmi un attimo su quest’ultimo cameo che propone un duetto vocale tra Lino Vairetti e Jenny Sorrenti che non può lasciare indifferenti. Il brano di Alan Sorrenti risale al ’72 e faceva parte dell’album “Aria”, nato in un periodo in cui le sirene della musica “leggera” erano per lui ancora lontane. Riascoltarlo oggi, in questa forma, lo rende atto simbolico e rappresentativo di un certo spirito musicale prettamente italiano, dove l’impegno sociale si sposa alla melodia e al rock, diventando al contempo poesia e rivoluzione.
Ma tutto il disco diventa elemento con cui occorrerà relazionarsi quando si cercheranno i valori di un album live, ed è bene ricordare le difficoltà nel mantenere alta la qualità quando il lavoro non nasce in studio. Anche su questo aspetto specifico Vairetti ci illumina nelle prossime righe, dando le giuste lodi a chi… le merita!
Qualità nella registrazione, qualità nei contenuti, qualità nei protagonisti e qualità nell’artwork: Pape Satàn Aleppe può essere vissuto così, facendo riferimento alla bontà generale che lo circonda, magari ragionando sugli aspetti cultural-musicali o su un’azione quasi didattica esercitata sul pubblico; ma esiste poi una fruizione più immediata, di pancia, dove non è richiesto nulla se non il lasciarsi andare ad un ascolto dinamico, reagendo in modo proprio e magari mandando un ideale messaggio di ringraziamento agli Osanna, capaci di fornire Musica con la M gigante, fatta di contenuti, sonorità conosciute, melodie delle nostre terre e ritmo da vendere. 
Da adolescente ascoltavo “L’Uomo”, e ho consumato la puntina su quelle tracce; dopo 45 anni questi artisti, napoletani veraci, continuano a stupire per ciò che sanno dare, in tutte le occasioni possibili.
E tra pochi giorni inizia una nuova avventura, il tour con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, un altro giro di giostra da non mancare!
Voto altissimo per Pape Satàn Aleppe.



L’INTERVISTA

La prima cosa che colpisce del nuovo album, prima ancora dello start all’ascolto, è il titolo -“Pape Satàn Aleppe” -, che è poi l’inedito del contenitore: mi racconti qualcosa di questa scelta e del significato del brano?

Ci sono più motivi che riconducono a questa scelta, ma il principale, quello che ha fatto scattare il “la” per usarlo, è stato il titolo del libro postumo di Umberto Eco, dopo la sua scomparsa avvenuta nel febbraio di quest’anno, che è appunto Pape Satàn Aleppe. Io sono stato sempre un suo grande estimatore e un fan del semiologo più che dello scrittore; ho letto i suoi saggi più che i romanzi, iniziando da Segno, uscito negli anni ’70 durante il periodo storico degli Osanna. Altro motivo  scatenante è stata la mia militanza da giovane nei boy scout, poiché in quegli anni, studiando e leggendo sui banchi di scuola la Divina Commedia, fui tanto colpito da questa frase che inizia il 7° canto dell’Inferno, tanto da usarla come grido e presentazione della mia pattuglia. Questo mi ha ispirato a scrivere un testo tutto in napoletano che è una vera e propria metafora o parafrasi di questo canto dantesco. Un parallelo tra il girone dell’Inferno, con i suoi peccatori e dannati, e gli esseri umani spregevoli che popolano le nostre città, dai politici ai cittadini comuni che si distinguono per il loro egoismo, l’avidità, l’avarizia e tutti quei lati oscuri che creano solo degrado, disordine e malessere alla nostra società. Poi non mancano alcune citazioni come quella di Benedetto Croce: “Napoli un Paradiso abitato da diavoli”, e rimandi a filastrocche popolari napoletane molto famose che completano l’opera.

L’album è live, registrato al Club Il Giardino; sono tanti i concerti che vedono gli Osanna come protagonisti: che cosa aveva in più questa performance rispetto alle altre?

Il live al Club Il Giardino era stato già annunciato e concordato in accordo con la famiglia Zorzan che gestisce il locale, che per molti di noi è un punto di riferimento della musica rock, prog e oltre. Siamo arrivati attrezzati con un computer e softwar digitale multitraccie e tutte le tecnologie in uso per far registrare un live, trattandolo  come fosse un vero e proprio lavoro discografico. Il Club ha messo a disposizione i suoi spazi per le prove fornendoci anche la back line e il supporto tecnico e logistico di loro competenza. Abbiamo registrato sia le prove a porte chiuse che il live in presenza di pubblico. Ci sono stati anche dei piccoli inconvenienti tecnici dovuti alla mancanza temporanea della corrente, ma con un grande lavoro di editing e post produzione da parte del nostro sound engineer Alfonso La Verghetta, abbiamo tirato fuori un prodotto di ottima qualità sia artistica che tecnica, operando tuttavia una scelta di brani, per contenere il tutto in 80 minuti di musica. Abbiamo sacrificato brani storici che sono stati più volte inseriti in altri live, per dare più spazio ai recenti brani inseriti in Palepolitana e ad alcune cover che abbiamo eseguito in onore e nel ricordo di alcuni amici e protagonisti del prog e del rock italiano, e naturalmente per dare forza al nuovo inedito Pape Satàn Aleppe.

Come è nata la scelta degli ospiti?

La scelta degli ospiti, concordata anche con Giamprimo Zorzan (titolare del Club il Giardino), è nata da un suggerimento dello stesso Giamprimo e da Renato Marengo, che da sempre è legato professionalmente ai veneti Opus Avantra di Donella del Monaco. Pertanto è stato piacevole dialogare con lei, famosa per la sua vocalità di stampo lirico, e con il suo bravissimo flautista Mauro Martello, concordando insieme i brani da eseguire. In più avevamo già in programma i brani dei Saint Just da eseguire con la nostra ospite Jenny Sorrenti e tutto è “filato liscio”. Dal live abbiamo estrapolato solo alcuni dei brani suonati insieme ed abbiamo scelto “Vorrei Incontarti” eseguita con Jenny Sorrenti (scritta nel ’72 da suo fratello Alan), e “Canzone Amara” cantata da Donella Del Monaco con al flauto Mauro Martello, che da solo ha poi eseguito con noi anche “L’Uomo”,Fenesta Vascia” e “Michelemmà”. Nel brano “Pape Satàn Aleppe” (unico inedito suonato ed elaborato in studio), abbiamo avuto come ospiti la bravissima ed esperta cantante di tradizioni popolari napoletane Fiorenza Calogero e la eclettica e giovanissima violinista Stella Manfredi.

Oltre al repertorio tipico degli Osanna il disco contiene alcune cover, con “dedica” musicale a Pino Daniele e a Guccini/Equipe 84, ma c’è un brano che vede anche un intervento di “famiglia”, quel “Vorrei incontrarti” da te già citato a cui partecipa Jenny Sorrenti, e che nella “vostra” versione mette i brividi: come ha reagito il pubblico ad una canzone così intimistica vissuta a due voci?

Come ho già detto, il nostro album è dedicato a molti compagni di viaggio, alcuni dei quali purtroppo scomparsi lasciando un grande vuoto nel rock, nel prog e nella musica in generale. Tra questi appunto il nostro baluardo napoletano Pino Daniele (a lui è dedicato il brano “Il Mare” eseguito e condiviso sul palco insieme a lui qualche anno fa); Francesco Di Giacomo del Banco e Demetrio Stratos degli Area (dedicando il medley Prog Garden in cui oltre a “Non mi Rompete” e “Luglio Agosto Settembre Nero” è inserito anche un omaggio alla PFM con una citazione da “Il Banchetto”); Il brano “Auschwitz” (che io ho amato tanto e che cantavo alla fine degli anni ’60 con I Volti di Pietra), è suonato alla maniera Equipe 84, ma dedicato al grande Augusto Daolio. “Vorrei Incontrarti” è un momento che io e Jenny viviamo con grande intensità per l’amicizia storica che ci lega sin da giovani; è un nostro omaggio che facciamo ad Alan con il piacere di veder un suo ritorno nella nostra musica. Effettivamente quella interpretazione mette i brividi per chi ascolta, perché sono gli stessi brividi che abbiamo provato e comunicato nell’eseguirla… e poi Jenny ha una voce straordinaria. Il pubblico del Giardino è un pubblico selezionato, attento e fantastico e ha recepito tutte queste emozioni restituendoci, come sempre, applausi ricchi di gioia e di entusiasmo.

Hai anticipato la presenza del “Prog Garden Medley”, una triade che comprende BMS/PFM/AREA: che peso ha quella musica nel tuo cuore e nella memoria di chi ha vissuto quel periodo?

BMS PFM e Area sono gruppi famosi e seguiti da sempre sia in Italia che nel mondo da tutti gli appassionati di prog. Sono dei baluardi (insieme alle Orme, New Trolls e noi stessi Osanna) di quel famoso momento storico che è stato appunto definito “Progressive Rock”. Io stesso come semplice spettatore, spesso divento un loro fan canticchiando i loro brani come un semplice ascoltatore. Tutto è partito da una dedica a Francesco Di Giacomo dopo la sua scomparsa e poi man mano, con il piacere e il consenso di tutta la band, abbiamo realizzato questo medley per un doveroso e sentito omaggio ai nostri compagni di viaggio. Il brano degli Area “Luglio, Agosto, Settembre nero”, lo avevo già eseguito e cantato nel CD “FaceBook” del 2010, dell’artista compositore e sassofonista napoletano Daniele Sepe.

Il vostro album ha tanti pregi di cui parlerò in fase di commento, ma occorre soffermarsi anche su aspetti tecnico-estetici assai rilevanti, il primo riguarda l’artwork: me ne parli?

Sono anni che mi cimento direttamente nel realizzare le copertine dei nostri album essendo io anche un artista figurativo oltre che un cantante e musicista. Di volta in volta trovo gli spunti grafici e poetici per rappresentare visivamente i contenuti musicali inseriti nei vari lavori discografici. Questa volta mi sono lasciato catturare dalla magia delle Grotte di Castelcivita che mi hanno ispirato a scrivere il testo di Pape Satàn Aleppe trovando un nesso tra l’Inferno di Dante e la nostra musica. Ho inserito una mia scultura (che rappresenta Pluto che appunto nel 7° canto dell’inferno grada quel famoso “Pape Satàn Aleppe” - frase molto controversa tra filologi e letterati nella sua interpretazione), in questo scenario fantastico tra stalattiti e stalagmiti secolari, ed è stato per me molto facile ed al contempo entusiasmante, fotografare e mettere graficamente insieme questi elementi compositivi catturati ed elaborati in modo creativo e rappresentativo.

Altra cosa sui cui vorrei un tuo commento è il prodotto finale, ovvero la qualità, che spesso non è abbinata ai prodotti live; in questo caso c’è da essere davvero soddisfatti: chi sono gli artefici… manipolatori della tecnologia?

L’artefice principale è il nostro fonico live e sound engineer Alfonso La Verghetta, che oltre ad essere un valente musicista prestato alla fonia dei live è davvero un fenomeno nell’utilizzo delle macchine da registrazione, sia analogiche che digitali, e preparato nella sperimentazione e nell’utilizzo di qualsiasi mezzo tecnologico. La mia idea era quella di registrare una performance con il sapore e l’umore di un live, ma con la qualità di un vero e proprio album. Abbiamo portato ogni mezzo possibile per questo intento e con l’aiuto del Club Il Giardino, abbiamo registrato sia le prove che il concerto estrapolando il meglio dell’esecuzione. Abbiamo tuttavia dovuto fare degli editing e dei piccolo ritocchi di esecuzione, cancellare rumori vari dovuti alle “follie” estemporanee delle apparecchiature elettroniche, ma alla fine con un grande lavoro di post produzione (fatto negli studi Italy Sound Lab di San Paolo Belsito in Napoli), siamo riusciti ad estrapolare quello che volevamo, sacrificando gran parte del repertorio storico in virtù degli 80 minuti di musica quale limite massimo di un CD e di un doppio LP che sarà pubblicato prossimamente.

Come funziona la squadra “Osanna”, miscela di gioventù e esperienza?

Che posso dire della squadra OSANNA? Come unico membro storico e unico elemento di continuità dal ’71 ad oggi, posso affermare che la nuova line up (fatta da giovani 40enni), è davvero straordinaria e non fa rimpiangere affatto quella prima formazione storica che ha lasciato un segno indelebile. Sono oggi attorniato da valenti musicisti che hanno sposato in pieno il progetto Osanna che sta avendo, anche grazie al loro talento e la loro sensibilità, un nuovo percorso artistico fatto principalmente di entusiasmo e passione oltre che di ricerca sia tecnica che creativa. Una base ritmica forte e potente guidata dal veterano Gennaro Barba alla batteria e da Nello D’Anna al basso diventano il tappeto ritmico su cui si intrecciano i passaggi armonici e i virtuosismi di Pako Capobianco alla chitarra elettrica e di Sasà Priore al piano, organo e synth. Su questa base emergono la mia voce e quella di mio figlio Irvin a cui, oltre al canto, è affidato il compito delle sonorità vintage, tra suoni mellotron e synth. Una squadra affiatatissima dal sound dinamico e grintoso, ma capace di esprimere anche momenti di grande magia e suggestione. Poi di questa squadra (a parte vari ospiti che di volta in volta si alternano nei live e negli album degli Osanna), fa parte come elemento aggiunto, un altro musicista straordinario e vero “mito” del prog che è David Jackson, flautista e sassofonista dei VDGG, purtroppo non presente in questo lavoro.

Spesso ti ho chiesto opinioni e sentimenti relativi alla tua città, rispetto al momento storico: che cosa sta accadendo a Napoli, musicalmente e… socialmente?

Napoli come sempre è una città piena di contraddizioni ma ricchissima di fermenti creativi e culturali. È facile criticarla per i suoi aspetti legati alla sopravvivenza, al vivere quotidiano, dove è sempre protagonista la speranza e la rassegnazione, ma molto difficile distaccarsi da lei per la sua bellezza, la sua storia e la sua cultura, sia letteraria che artistica, e principalmente musicale. Nell’album precedente, Palepolitana, contro le calunnie mediatiche che affermavano Napoli come capitale di degrado e di violenza urbana, noi Osanna abbiamo lanciato una vera e propria dichiarazione d’amore per la nostra città, esaltandone le eccellenze. Con Pape Satàn Aleppe mettiamo in luce gli aspetti negativi legati non solo a quei politici corrotti che hanno creato malessere promuovendo tanto disagio, povertà e sottocultura, ma anche alla gente comune che con il proprio egoismo e la propria avidità ha contribuito a creare e sottolineare questi aspetti negativi. Per fortuna ci sono anche persone brave ed illuminate che riescono con il loro lavoro ad esaltare le qualità di una Napoli straordinaria e famosa nel mondo per la sua storia e la sua cultura millenaria. Noi Osanna siamo in sintonia con questa linea, e per dirla alla Pino Daniele, ci sentiamo come “portatori sani di napoletanità”.

Avete programmato date di pubblicizzazione dell’album?

L’album è in distribuzione da venerdì 18 novembre 2016 e la sua presentazione ufficiale è programmata per mercoledì 23 novembre presso L’Archivio Storico della Canzone Napoletana sito nella Casina Pompeiana della Villa Comunale di Napoli, con la presenza di relatori e personaggi illustri come l’Assessore alla Cultura Nino Daniele, il dirigente RAI Antonio Parlati, il docente universitario di comunicazione Lello Savonardo, il designer Antonio Perotti e Jenny Sorrenti. Seguiranno altre presentazioni sul territorio italiano  che stiamo ancora concordando.

E adesso… cosa possiamo aspettarci dagli Osanna per il futuro prossimo?

Al di là di un prossimo lavoro discografico già in fase di elaborazione e programmato per il 2017/18, la nostra nuova avventura è il tour italiano che vede insieme gli Osanna e la Nuova Compagnia di Canto Popolare, che parte il 29 novembre da Milano e toccherà nel mese di dicembre le seguenti città: il giorno 3 a Bari, il 6 a Roma, il 7 a Firenze, il 15 ad Aosta,  il 16 a Torino e il 22 a Napoli. Un tour di due band napoletane di “progressive rock” e di “progressive folk”, che si chiamerà “50 anni in buona Compagnia”.


Line up:
- Lino Vairetti voce, chitarra acustica e armonica
- Gennaro Barba alla batteria
- Pako Capobianco alla chitarra elettrica
- Nello D’Anna al basso
- Sasà Priore piano organo e synth
- Irvin Vairetti voce e mellotron e synth

Special Guests:
Nel brano Pape Satàn Aleppe:
- Fiorenza Calogero - voce femminile
- Stella Manfredi – violino
-  
Nel live al Club Il Giardino:
- Donella Del Monaco (degli Opus Avantra) voce in Canzone Amara
- Jenny Sorrenti (dei Saint Just) voce in Vorrei Incontrarti
- Mauro Martello flauto in L’Uomo, Fenesta Vascia, Michelemmà e Canzone Amara


I brani:
1.      Castelcivita Caves (prologo)           (Lino Vairetti)                                   0:48
2.      PapeSatanAleppe                            (Lino Vairetti)                                   4:03
3.      Taka Boom                                       (Danilo Rustici – Lino Vairetti)       3:42
4.      L’Uomo Medley                                                                                          5.17
·      L’Uomo                                         (Danilo Rustici – Lino Vairetti)       4:00
·      PurpleHaize                                 (Jimi Hendrix)                                   1:17               
5.      FenestaVascia                                  (Lino Vairetti)                                   2:21
6.      Michelemmà                                    (Lino Vairetti)                                   3:13
7.      Santa Lucia                                       (Lino Vairetti)                                   4:55
8.      Antotrain                                          (Salvatore Priore)                             1:52
9.      Anni di Piombo                                (Lino Vairetti – Pino Chillemi)        4:23
10. Poesia                                               (Lino Vairetti)                                   1:24
11. Canzone Amara                               (Lino Vairetti)                                   3:34
12. Ciao Napoli                                       (Lino Vairetti)                                   2:56
13. Profugo                                             (Irvin Vairetti - Lino Vairetti)          2:46
14. Palepolitana                                     (Lino Vairetti)                                   3:33
15. Prog Garden Medley                                                                                  6:18
·      Non mi Rompete             (F. Di Giacomo - V. Nocenzi)           3:02
·      Il Banchetto                      (M. Pagani – F. Mussida – F. Premoli)  2:03       
·      Luglio Agosto Settembre Nero  (Patrizio Fariselli)                             1:13
16. Vorrei Incontrarti                            (Alan Sorrenti)                                  5:06
17. Fuje Blues                                         (Lino Vairetti)                                   5:23
18. Oro Caldo                                         (Danilo Rustici - Lino Vairetti)        6:21
19. Auschwitz                                         (Francesco Guccini)              4:35
20. Il Mare                                              (Pino Daniele)                                   3:30

Registrato a Lugagnano in multitracce e mixato da Alfonso La Verghetta presso la Italy Sound Lab di San Paolo Belsito – Napoli, con un lavoro straordinario di editing, post-produzione e mastering.


sabato 26 novembre 2016

Amedeo Miconi-“RockVirus”


Amedeo Miconi-“RockVirus”

RockVirus è l’album strumentale di Amedeo Miconi, uscito da poco per Videoradio, che prevede la presenza di super ospiti - Jennifer Batten, Mel Collins e John Giblin. Tutti gli elementi e i particolari importanti emergono nel corso dell’intervista a seguire.
Il parco degli stranieri “nobili”, unito a quello dei nostrani di qualità, crea i presupposti per un disco godibile, tra virtuosismo e sonorità rock, ma ciò che Miconi realizza è un racconto, un intrecciarsi di storie e di emozioni dove la comunicazione non verbale racconta molto di più delle parole. Momenti struggenti, sollecitazioni alla dinamicità, attimi riflessivi e intimistici, atmosfere cangianti e coinvolgenti: sono queste le sensazioni da post ascolto che inducono a ripetuti giri di giostra, perché l’impegno e il rigore musicale non sono necessariamente accompagnati dell’eccessiva cerebralità, e i momenti di concentrazione, in questo caso, si abbinano all’istinto e alla “pancia”.
Un album sufficientemente trasversale, tanto da poter essere consigliato a chiunque ami la classe abbinata al mondo dei suoni.
Una piacevole sorpresa, per me, Amedeo Miconi e il suo RockVirus
Ma le sue parole spiegheranno molto meglio il personaggio e la sua idea di musica.


Amedeo Miconi

La tua biografia è molto ricca, e partendo dallo status di autodidatta si arriva all’acquisizione di competenze importanti e di esperienze conseguenti: mi racconti in pillole le cose che a tuo giudizio ti hanno cambiato la vita, musicalmente parlando?

Innazitutto credo che una parte fondamentale sia stata quella di aver ascoltato tantissimi generi musicali, a partire dai primissimi anni di età. Questo si è rivelato molto utile quando ho cominciato a suonare la chitarra, intorno ai quattordici anni. Studiavo come autodidatta su diversi metodi e tiravo giù le parti delle canzoni direttamente dai dischi. È una pratica molto utile e quando si suona insieme ad una registrazione si ha la sensazione di farlo con una band, e la cosa è sempre molto stimolante. Poi ho suonato con molti gruppi musicali di vario genere e ho iniziato a studiare in una struttura scolastica importante, con percorsi didattici ben definiti. È stata una scelta molto utile che mi ha fatto dare un nome a cose che già facevo, magari inconsciamente, e me ne ha fatte scoprire moltissime altre.

Ricordo come un tempo Steve Howe prendesse sempre due biglietti aerei, uno per sé e l’altro per la sua chitarra: che cosa rappresenta per te lo strumento?

Lo strumento è molto importante per un musicista, anche se credo che quelli a cui ci si affeziona di più non possano essere moltissimi. Non sono un collezionista e alcune delle chitarre che ho hanno diversi anni. Ovviamente al di là del valore oggettivo dello strumento c’è una componente affettiva imprescindibile. Chiaramente poi c’è il discorso pratico lavorativo, per cui si sceglie una chitarra piuttosto che un’altra a seconda della sonorità che viene richiesta. Ho diverse chitarre alle quali sono molto affezionato, ma quella alla quale tengo di più è una Charvel/Jackson del 1990, chitarra dai connotati hard rock e metal ma che è davvero molto versatile e con gli anni ha acquistato “molto suono”.

E’ uscito “Rockvirus”, l’album che hai realizzato coinvolgendo ospiti stratosferici: come è nata la scelta dei vari musicisti?

La piacevole scelta della line up di base è caduta su alcuni colleghi/amici noti nel panorama musicale italiano ed internazionale, con i quali ho condiviso tantissime esperienze live/ studio durante gli anni. Colgo l’occasione per ricordarli e per ringraziarli del loro apporto fondamentale: Primiano Di Biase e Stefano Maggio - tastiere e programmazione -, Salvatore Scorrano, Salvatore Leggieri e Gigi Zito alle batterie, Mario Guarini al basso. Ho avuto l’onore ed il privilegio di avere come special guest alcuni dei musicisti che ho sempre ammirato tantissimo, quali Jennifer Batten - chitarrista, tra gli altri, di Michael Jackson e di Jeff Beck -, Mel Collins - sassofonista al fianco dei Dire Straits, di Alan Parsons e via dicendo - e John Giblin, bassista dei Simple Mind e di Peter Gabriel, solo per citarne un paio. Pensare a loro è stato molto facile perché hanno accompagnato alcuni dei miei artisti preferiti e li ho conosciuti, da ragazzo, leggendo i credits di tantissimi album famosi, quindi conoscevo bene il tipo di sound che avrei potuto ottenere e loro sono stati davvero fantastici!


Jennifer Batten

L’album è completamente strumentale: può la sola musica inviare i messaggi che solitamente sono delegati alle liriche?

La musica ha un potere evocativo e comunicativo immenso, e anche se un concetto può essere espresso al meglio e arrivare più velocemente con le parole, le immagini e le emozioni suggerite da una frase musicale o da una scelta sonora possono avere la stessa forza. “Tears” è il brano dell’album che ho dedicato a mio padre, scomparso recentemente. Spero che riesca a trasmettere la forte emozione ed il dolore di quando è stato composto. In quei momenti forse sarebbe stato difficile scrivere delle parole, e una volta terminato ho avuto la sensazione di aver “detto” tutto quello che avevo dentro. Mi piace molto la musica strumentale ma anche molto quella cantata e ci sono alcuni brani in “Rockvirus” che hanno una struttura molto “forma canzone”.

Immagino non sia semplice proporre dal vivo un simile disco, assieme a tutti i protagonisti effettivi: sono state pianificate date per presentarlo sul palco?

Portare dal vivo i brani dell’album è un’idea che mi ha accompagnato durante tutta la lavorazione. Sarebbe un sogno avere la line-up completa del disco, ma sarà quasi impossibile, parlando degli ospiti stranieri, se non per congiunzioni astrali particolarmente favorevoli. Tuttavia mi piacerebbe coinvolgere gli stessi amici/colleghi che hanno dato un valore notevole a tutto il lavoro.

Mi dici il nome del chitarrista che continua ad essere per te un punto di riferimento?

Ce ne sono tantissimi! Comunque direi Jeff Beck. È un punto di riferimento per tante e variegate generazioni di musicisti, oltretutto ha dimostrato di essere in continua evoluzione e di stare al passo con i tempi, confermando il fatto che non si finisce mai di esplorare il mondo musicale. Lui è riuscito a farlo arricchendo il suo linguaggio di sfumature tecnico-espressive vicine alla voce umana. Non dimentichiamoci che nelle famose session con Jimi Hendrix, (altro grande innovatore chitarristico-musicale), i due hanno effettivamente avuto uno scambio che ha arricchito entrambi.

Come ti poni davanti alla tecnologia, sia per la realizzazione della tua musica che per la sua pubblicizzazione?

Il computer ricopre un ruolo importantissimo nella produzione musicale, con innegabili vantaggi: si possono avere tracce infinite da registrare, ci si possono scambiare i files spostandoli da uno studio all’altro, e sostanzialmente con un buon computer, una buona scheda audio e un microfono, si ha a disposizione uno studio di registrazione completo. Chiaramente per risultati totalmente professionali lo studio rimane un punto di riferimento importantissimo. L’ambiente in cui si registra, le macchine molto costose e, non ultima, la competenza dell’ingegnere del suono, sono fattori determinanti. Uso tantissimo il computer nella pre-produzione dei brani, poi mi appoggio agli studi professionali di cui sopra per mettere insieme il tutto, ma le possibilità date oggi da questo tipo di supporto sono enormi. Ha sicuramente semplificato moltissimi aspetti del lavoro. Per quanto riguarda l’aspetto pubblicitario penso che sia un mezzo importantissimo per far conoscere i propri lavori. A tal riguardo, invito chi fosse interessato a visitare la mia pagina FACEBOOK


Tra i tuoi ospiti c’è un certo Mel Collins, e proprio in questi giorni i King Crimson sono in tour in Italia: ti appassiona la musica progressiva?

Ecco che è uscito uno dei nomi degli artisti di cui parlavamo prima, in questo caso un gruppo. Si, mi piace molto la musica prog e l’impronta lasciata da gruppi quali i King Crimson, appunto, Yes, Genesis, Van der Graaf Generator, Camel; è indelebile e ha ispirato tante generazioni di musicisti. Senza dimenticare il prog italiano con gruppi come La PFM, Le Orme, I New Trolls ed il Rovescio della Medaglia che è recentemente uscito con un nuovo lavoro.


Mel Collins

Tra i tanti ruoli che hai ricoperto, ce n’è uno che ti da soddisfazione maggiori?

Spesso accade di lavorare a cose diverse in periodi diversi: sottofondi per immagini o colonne sonore, lavori in studio, scrittura di brani, arrangiamenti e attività live. È bello passare da un lavoro all’altro perché ognuno ha delle caratteristiche diverse ed è sempre stimolante.

Che cosa c’è nel futuro prossimo di Amedeo Miconi?

Alcuni lavori in studio e live per diversi artisti, la promozione dell’album che è partita in questi giorni (vorrei ringraziare Beppe Aleo e Lucilla Corioni) e spero di riuscire a portare “Rockvirus” dal vivo il prima possibile.


John Giblin

Ma chi è Amedeo Miconi secondo la biografia ufficiale?


Inizia a suonare la chitarra all’età di quattordici anni e la sua formazione è autodidatta sino ai vent’anni, quando si iscrive all’università della musica di Roma. Ha acquisito parecchia esperienza “live” suonando e collaborando con molti gruppi, (sia musica originale che cover band), spaziando tra il Pop, il Pop-Rock, il Rock e l’Hard rock, passando per il Blues fino alla musica Leggera, sia italiana che internazionale. Ha partecipato a parecchie manifestazioni e programmi tv, quali La Grande Notte del Lunedì di Rai2 (gruppo di accompagnamento musicale di Max Tortora, con il quale è tuttora impegnato). Ha avuto occasione di accompagnare dal vivo, Audio2, Luca Barbarossa, Francesca Alotta, Sergio Caputo, Stefano Di Battista, Max Giusti. Ha fatto parte per due anni dello staff del Tour Music Fest, festival internazionale della musica emergente, come docente degli stage professionali di “Tecniche e Stili chitarristici” rivolti agli iscritti alla gara, in collaborazione con Giampaolo Rosselli, Franco Fasano, Luca Pitteri, Mogol, e come chitarrista della house band del festival. Ha lavorato in qualità di turnista per diversi anni presso lo studio/edizioni musicali GIA.DA.MA.STER di Roma, nella realizzazione di diverse produzioni discografiche, tra cui il musical “San Francesco” di Ermanno Croce, brani per l’album di Monsignor Milingo e la realizzazione di un album a proprio nome, (Background Guitars), con David Scillia (Batteria), e Alberto Caneva, (Basso). Collabora da diversi anni con la Rai, quasi sempre insieme a Stefano Maggio (Keyboard player,Producer,Vocal coach, Singer…), alla realizzazione di sottofondi musicali per programmi televisivi e radiofonici, come: Cominciamo bene, La vita in diretta, Alle falde del Kilimangiaro, Geo & Geo, Uno mattina, A sua immagine, Pianeta dimenticato e alla realizzazione di sottofondi musicali e sigle per i dvd allegati alla Gazzetta dello Sport. Sempre per la Rai, realizza con Stefano Maggio e Filippo Manni, la colonna sonora per il film “Deadly kitesurf” del regista Antonio De Feo. Da qualche anno collabora con la Pop Virus Publishing (Monaco), per la realizzazione di sottofondi musicali per le reti televisive tedesche. Da alcuni anni è impegnato nell’insegnamento presso alcune scuole di musica Roma e nel Lazio. Nel 2016 realizza l’album strumentale “Rockvirus” per Videoradio. Il disco vanta la presenza di ospiti internazionali illustri, quali Jennifer Batten, Mel Collins e John Giblin, e musicisti italiani che lavorano spesso al fianco di grandi artisti nazionali ed internazionali, come Salvatore Scorrano, Gigi Zito, Salvatore Leggieri, Mario Guarini e Stefano Maggio.