domenica 25 settembre 2016

The Wistons: live in Spotorno


L’evento Children Of The Beach, all’interno del contesto Spotorno Rock Festival, nato dalla collaborazione tra il Comune di Spotorno e l’Associazione Raindogs House, ha visto il susseguirsi diverse band, locali e non, nella piena atmosfera seventies, con tanto di merchandising adeguato, tra vinili e materiale in tema.
Tutto questo è accaduto il 24 settembre.
Ma dare una collocazione musical-temporale non è corretto, visto il susseguirsi di proposte differenti, dal pop raffinato dei savonesi Cantiere 164 alla Psichedelia Spaziale degli Space Aliens From Outer Space, passando per il Garage Punk de Le Carogne, sino ad arrivare alla musica Saturniana dei Dhvani.
Ma io posso sbilanciarmi solo sulla band che ha concluso la serata, perché è il set dei The Wistons quello che ho visto per intero.
Non sono una novità per me, avendo ascoltato e commentato il loro disco di esordio, ma il test live mi mancava ed ero molto curioso di assistere a una loro performance.
Devo dire che le manifestazioni “su strada” non mi lasciano mai completamente soddisfatto, non certo per la musica, ma trovo che l’ambientazione crei sempre molta distrazione che allontana quel minimo di concentrazione che amo trovare nei concerti, ma in questo caso ho goduto dall’inizio alla fine il “momento The Wistons”.
Diciamo intanto che dietro ai “fratelli Wistons” (Linnon, Rob e Enro) si celano tre musicisti di lungo corso e di grande valore: Lino Gitto (batteria, tastiere e voce), Roberto Dell’Era (chitarra, basso e voce) e Enrico Gabrielli (tastiere, fiati e voce).
Tante le esperienze passate, ma il loro capolavoro è la creazione di questo progetto, un trio che, a giudicare da quanto ascoltato ieri, appare un’orchestra, tanto è variegata la tavolozza sonora che propongono.
Ciò che hanno creato presuppone anche il disegno del personaggio.
Arrivano sul palco vestiti come era normale… più o meno 45 anni fa… con l’aspetto un po’ dandy, apparentemente trasandato, ma in realtà ricercato, con l’immancabile sigaretta tra le labbra e una certa indifferenza verso ciò che li circonda.
Iniziano a testare i suoni su di una base, e mentre il follow up del soundcheck avanza,  viene quasi da chiedersi se anche questo fa parte della scena, se nel loro essere alternativi ci sia anche il mischiare settori tecnici tradizionalmente rigidi.
Ma poi arriva lo stop e la vera partenza, e si mette al lavoro un vulcano che emana magma sonoro.
Quello che propongono è stato a priori inserito in un filone che profuma di Canterbury, di maestri della psichedelica pop, ma ciò che ho ascoltato è sintesi di tante cose che mi appartengono, ed è complicato eseguire dicotomie musicali.
Durante il set, rapito da quel sound e dall’energia rilasciata nell’aria, ho provato a chiedermi: “Ma che musica è questa? Così antica… così nuova, così avvolgente e coinvolgente!”.
Provo a tradurre il mio sentimento… Frank Zappa incontra Jim Morrison e decide di chiamare all’appello per una jam Daevid Allen e Paul McCartney: miscela esplosiva!
The Wiston improvvisano su di un canovaccio precostituito, scambiandosi i ruoli on stage, come se si volesse eliminare ogni punto di riferimento. Tutto questo provoca anche imprecisioni, ma non è la perfezione lo scopo di un live!
Anche le voci mutano, e ogni singolo componente può essere considerato lead vocal.
E alla strumentazione basica si aggiungono il faluto - traverso e dolce -, il sax, le nacchere!
Non c’è molto dialogo con l’audience, è la musica che comanda, e tutto ciò che gira intorno ha un odore antico, che ho conosciuto nei dettagli in altra epoca e che pensavo fosse relegato a reperti del passato, adatti ai seguaci della nicchia prog e psichedelica; e invece ciò che questi artisti navigati ci regalano è qualcosa di nuovissimo, fusione di ere e stili che sono presentati con un veste appena uscita da una sartoria di classe.
Piacciono a tutti, impossibile non apprezzarli se si ama il rock, e quando si arriva a fine concerto la voglia di proseguire è palese, e i due bis sembrano non bastare.

Incontro Lino Wistons, intervistato in passato, e mi presenta il resto della band, e l’impressione è che, a dispetto dell’immagine ricercata, esista una buona dose di riservatezza innata che contrasta con la spavalderia da palco.
Nel punto vendita scopro il loro 45 giri (sìììì, un 45 giri!) uscito ad agosto, con il lato A occupato da “Golden Brown” degli Strangles e il B dall’inedito “Black Shopping Bag". Il giusto proseguimento di un progetto guidato da AMS che prevede vinile e musicassetta, oltre al normale standard.



Che dire… davvero bravi, e suggerisco di seguire la loro pagina facebook e alla prima occasione sperimentare un loro live!

Quello che io posso fare è proporre una ventina di minuti di un concerto che non mi aspettavo!




venerdì 23 settembre 2016

Silver Hunter-"Mad Moonlighters



Silver Hunter - Mad Moonlighters

Un amico francese mi ha portato sulla strada dei Silver Hunter e del loro recente rilascio, Mad Moonlighters.
Ho provato a cercare loro notizie o commenti all’album sui siti italiani, ma non ho trovato traccia di un minimo interessamento.
Tento quindi di colmare una lacuna - o di aprire una strada - raccontando qualcosa di un progetto significativo, che comprende una miscela Anglo-Francese basata su un duo di artisti esperti, che creano il loro gioiello nel 2012: loro sono Tim Hunter e Thierry Sportouche, e attorno a loro ruota un pugno di collaboratori che permettono il completamento della fase live, come visibile nel video a fine articolo.
L’album è suddiviso su 11 tracce, per un totale di circa 57 minuti, carichi degli stilemi della musica progressiva, con l’aggiunta di aspetti teatrali e una buona dose di ironia.
Dopo l’apertura con il lungo brano epico Aquitane, con le sonorità che ci si aspetta da un disco prog, si prosegue con sorprese ad ogni angolo, con l’incrociarsi di vocalist davvero caratterizzanti e con il contrasto tra due lingue molto distanti tra loro: quella inglese, da sempre sinonimo di rock e quella francese, portatrice del seme della malinconia e più vicina al cuore che non alla testa. Classico esempio è Dr Beyond and The Prisoner of Dreams.
I ritmi si alternano e le atmosfere cambiano, arrivando al profumo pop di Lyre Bird, e le skills di Hunter e Sportouche emergono, al di là del loro polistrumentismo, perché le idee e la manipolazione musicale appare come il loro pane quotidiano.
Al mio primo ascolto, arrivato all’ultimo brano - Universal Fromage - sono rimasto spiazzato: “E’ solo fantasia pensare a un mondo fatto solo di formaggio dove si può mangiare Prog-onzola e dove i cervelli possono essere fatti di Camembert?”.
Mai togliere le fromage a un francese!
Ma questa miscela ironica conduce a sonorità nuove e particolarmente piacevoli.

Un album che consiglio, fresco, con tocchi di gran classe e colpi di magia che ruotano attorno ai due fondatori dei Silver Hunter.
Per la cronaca,  i musicisti utilizzati nei concerti sono:
Georges-Marc Lavarenne alla chitarra, Frédéric Lacousse alla batteria, Jean-Pierre Gobelin al basso, Nicolas Mourachko alla chitarra solista e Fouad El Karout alle tastiere.

Ascoltiamo il decimo brano, il "delicato" The Man In The Moon


Country: UK/France
Genre(s): Progressive/Classic Rock 
Format: CD, digital
Release date: April 21, 2016

Tracklist
1. Aquitaine
2. The Temple Of Music
3. Dr Beyond and The Prisoner of Dreams
4. Drive out the Demons
5. Mad Laughter
6. The Silver Key
7. Ascension
8. Fly Above The Storm
9. Lyre Bird
10. The Man In The Moon
11. Universal Fromage

Line-up

Thierry Sportouche (Silver Lining)
Tim Hunter

Links:

 Credits


giovedì 22 settembre 2016

Intervista agli SLOGAN, Tribute Band del BANCO


Da un po’ di tempo sentivo parlare degli SLOGAN, band dedicata al tributo del Banco del Mutuo Soccorso, e nello spazio di pochi giorni ho avuto la possibilità di ascoltarli dal vivo e conoscere successivamente alcuni di loro.

Compito difficile, inutile negarlo, ma l’idea di riproporre i classici del BANCO, con buona tecnica, degna coesione ed enorme passione, alla fine paga, e anche i fan più esigenti apprezzano il risultato e gli sforzi di affinaggio, che sono poi quelli che determinano la differenza tra la buona musica e una mediocre.

Vederli su di un palco ha suscitato la mia curiosità e ho posto loro qualche domanda…



L’INTERVISTA

Come, dove e quando nascono gli Slogan?

Allora… hai presente il racconto di Francesco Di Giacomo, quando dice che Vittorio Nocenzi era alla ricerca di un cantante alto e biondo per la sua nuova band  - Banco del Mutuo Soccorso -, e s’è trovato di fronte a Big? Ecco, la storia degli Slogan inizia un po’ cosi… Gennaio 2012, Martin Wilkesmann pubblica un annuncio sul  sito “Villaggio Musicale”; l’annuncio diceva: “Ciao! Sto cercando un cantante nella bergamasca, di età non oltre i 30, possibilmente che abbia buone capacità liriche per un tributo al Banco del mutuo soccorso!” . Io risposi: “Sono un poco fuori quota, però, amo il Banco, so cantare e ci potrei anche provare…” .
Allora avevo 54 anni, Martin, al momento non aveva ricevuto altre offerte e decise quindi di “testarmi”: ci fu subito intesa…
Purtroppo, per vari motivi, l’avventura non iniziò subito, ci tenemmo in contatto e nel novembre 2013 l’avventura finalmente iniziò.
Il primo concerto è datato 3 gennaio 2014, e fu una sorpresa per tutti, fummo sorpresi noi per primi per come il pubblico stesse attento e in silenzio ad ascoltare, nonostante suonassimo in un pub. Il primo concerto importante avvenne il 10 Maggio 2014, ad Urgnano, in provincia di Bergamo; sul palco col Mito Aldo Tagliapietra. Per l’emozione “bucai” l’entrata di “Metamorfosi”, i fan e la band me lo rinfacciano tutt’ora!

Possibile sintetizzare la vostra evoluzione musicale, dalle origini ad oggi?

Per quel che riguarda l’evoluzione di ogni singolo elemento sarebbe troppo lunga da analizzare, diciamo che arriviamo da esperienze molto diverse, ma che ci siamo ritrovati ad amare il Banco come ogni fan.
L’evoluzione della Band c’è sicuramente stata in questi due anni e mezzo, soprattutto è cresciuta la consapevolezza dell’interpretazione e la certezza che per suonare la musica ci vuole molta tecnica, ma soprattutto molto cuore.

Che cosa vi colpito maggiormente del BMS, rispetto ad altre band coeve, tanto da dedicare loro un tributo permanente?

Martin ha avuto questa “illuminazione” grazie ad un conoscente che gli ha prestato il CD di “Come in un ultima cena”:da allora non è stato più lui…
Allora credo avesse 23 anni, ha cominciato ad informarsi, ha provato a suonare al piano qualche nota e tutto è partito…
Per quel che mi riguarda, ho amato il banco fin dal momento che il braccio della “fonovaligia” di un amico si appoggiò sul disco del “Salvadanaio”… non smetterò mai di ringraziare quell’amico.
Naturalmente non abbiamo scelto di suonare la musica del Banco per fare soldi, credo che chiunque lo possa capire… Il nostro obbiettivo è quello di diffondere questa musica, perché crediamo che la musica dal Banco abbia ancora molto da dire… ed è fantastico quando, alla fine dei nostri concerti, i giovani ci vengono incontro e ci fanno i complimenti.

Quali sono le maggiori difficoltà che si presentano nel proporre la musica del BANCO?

Beh … la prima difficoltà è che non si trovano spartiti, i ragazzi hanno dovuto lavorare sodo ed estrapolare tutto ad orecchio ascoltando più volte i file audio.
Per quel che riguarda la voce, come si può ben capire, il problema è un altro…
Come dico sempre, di Francesco Di Giacomo ce n’è uno solo, dico “ce n’è” perché lo sentiamo ancora molto vivo.
Quindi, mi son detto, “togliamoci dalla testa di cercare di assomigliare a Big”, e ho cominciato a cantare sopra la voce di Francesco, durante i miei viaggi di lavoro in auto. Devo dire che l’esercizio mi ha aiutato molto ad estendere verso l’alto la voce… ricordo i primi tentativi per raggiungere le note più acute del “Giardino del Mago”… arrivavo a “strozzarmi” da solo… m’immagino cosa potessero pensare quelli nelle auto accanto alla mia, fermi al semaforo!

Avete avuto la possibilità di suonare o di entrare in contatto con Vittorio e soci?

Martin è di natura un “rompiscatole”, dopo aver avuto “l’illuminazione” ha cominciato a seguire il Banco in ogni concerto, e in questo modo ha conosciuto un po’ tutta la banda… Lui ricorda con affetto il momento in cui ha chiesto l’autografo a Big… Francesco gli disse: “Come ti chiami?”, e lui… “Martin…” Francesco sorrise e disse… “Ah, i tuoi han voluto risparmiare sulle vocali…” Big era grande di nome e di fatto….
Successivamente abbiamo avuto modo di conoscere un po’ tutti… e lo scorso aprile siamo anche riusciti ad avere come ospite, sul palco per suonare insieme “Non mi rompete”, l’amico Alessandro Papotto.

Sentite la responsabilità di mantenere viva, dal punto di vista live, una storia che per ovvi motivi non è più riproponibile nella forma originale?

Beh, lo scorso 16 luglio, sono stato a Ponticelli, in provincia di Perugia, ad ascoltare quello che ormai viene chiamato il “BANCO.02”, la nuova formazione di questa grandissima band, e personalmente credo che il Banco “Viva ancora”… Penso che ormai il repertorio del Progressive debba essere considerato un po’ come la Musica Classica…
Gli autori della “Grande Musica” sono tutti estinti, eppure, ogni giorno nel mondo c’è qualcuno che li suona, qualcuno che li interpreta e qualcuno che li ascolta, ed ascoltare “Live” la 9a di Beethoven è sempre meglio che ascoltarla dal CD!
Per quel che riguarda il sentirsi caricati di responsabilità, credo sia meglio parlare del “piacere” di suonare la musica del Banco.

E’ di questi giorni la “vittoria”al Tenco 2016 di un brano scritto da Francesco Di Giacomo (con Paolo Sentinelli), “Bomba intelligente”: che messaggio ha lasciato Francesco, tra musica e poesia?

Sono stato davvero “Strafelice” quando ho appreso questa notizia… Il Brano è del 2013 e c’è un bellissimo video su “Youtube” che consiglio a tutti di andare a vedere, dove Francesco, Paolo Sentinelli, Filippo Marcheggiani e un altro chitarrista, che purtroppo non conosco, presentano, credo per la prima volta, “La Bomba Intelligente”.
L’occasione è un incontro “mangereccio” con amici e fan, e ogni volta che guardo quel video mi commuovo e mi esce un sorriso.
I brani che più amo di Francesco sono proprio quelli carichi di poesia: 750.000 anni fa l’Amore? – Canto di primavera – Canto nomade per un prigioniero politico – E mi viene da pensare…

Vi ho da poco visto sul palco del FIM di Erba: quali sono le prossime date live?

Purtroppo, stiamo ancora cercando di far sapere al mondo che esistiamo, e quindi siamo molto contenti per questa tua attenzione nei nostri confronti, e ringraziamo di ciò pure MAT2020.
Al momento, l’unica data fissata è per il 25 Febbraio a Genova, dovremmo aprire il concerto dei Garybaldi… ma speriamo di poter offrire presto, agli amici “Banconiani” tanta buona musica.

Quale potrebbe essere il futuro prossimo degli Slogan?

Ci piacerebbe affiancare al Tributo al Banco un progetto nostro, qualcosa già bolle in pentola, ma non è ancora il caso di parlarne.

Diciamo che al momento c’interessa diffondere al meglio la grande musica di Vittorio Nocenzi & C., ma il nostro amore per la musica è aperto a 360°.




Line up
Martin Wilkesmann: tastiere
Flavio Santini: voce
Davide Capoferri: chitarre
Pasquale Brolis: clarinetto e Sax
Carmelo Vecchio: bassista
Giacomo Leone: batteria

http://www.sloganband.eu/





mercoledì 21 settembre 2016

"Back To The Who Tour 51!"-Forum di Assago-19 settembre 2016


Back To The Who Tour 51!
Forum di Assago
19 settembre 2016

Descrivere un concerto degli Who (meglio togliere l’articolo davanti!) mi costringe ad un grande sforzo di obiettività, ma so già che difficilmente riuscirò a mantenere l’equilibrio. E’ la seconda volta che mi capita (terza se considero il tour di “Tommy”, di Roger Daltrey), e ancora una volta ho avuto l’impressione di essere davanti all’essenza della musica rock, alla vera band per eccellenza, per l’energia che riesce a liberare e per l’entusiasmo che provoca in tutti quelli che vengono toccati dalla loro arte.
Gli Who propongono ciò che più di trasversale possa esistere: lo sanno bene quelli che come me li seguono da 50 anni e oltre; lo sanno bene le nuove leve che sono arrivate a loro, magari, attraverso la colonna sonora delle svariate fiction televisive; lo sa bene anche chi va allo stadio, negli Stati Uniti ad esempio, dove nell’intervallo di una partita di football può capitare che una mega banda si impossessi della scena (parlo di una vera, con trombe, rullanti e clarinetti), e invece di brani tradizionali proponga Baba O’Riley!

Ho scritto pagine intere nel ricordo del concerto del 2007, quello dell’Arena di Verona, ma ciò che è accaduto al Forum di Assago non è da meno, almeno dal punto di vista dell’entusiasmo suscitato e del coinvolgimento generale.
Davanti e intorno a me nessuno spazio vuoto, una presenza massiccia di anime,  nonostante la performance di due giorni prima a Bologna.
I rumors arrivati a seguito del primo concerto davano un Daltrey con voce sul tendente al precario, e un Townshend spettacolare.
E ciò che ci si aspetta alla fine arriva: una scaletta collaudata e basata su tutta una vita di repertorio, un set con un tempo ben prestabilito e con nessuna concessione al bis (dopo un timido incitamento le luci si sono accese e il pubblico ha… capito!) e un ensemble musicale da brividi, con la formazione ormai super conosciuta che prevede - oltre a Pete Townshend e Roger Daltrey - Zak Starkey (figlio di Ringo Starr) alla batteria, Pino Palladino al basso, Simon Townshend alla chitarra, e un terzetto che non conoscevo: i tastieristi John Corey e  Loren Gold e il direttore musicale Frank Simes.
A fine articolo propongo l’intera scaletta, ma esiste un momento preciso che vale la pena di ricordare: il quarto brano è appena terminato (The Kids Are Alright) e Pete annuncia il successivo con questa frase: “Questo brano è stato scritto nel 1966, quando NESSUNO, di voi ancora esisteva!”. Boato dei presenti che, in ogni caso, dimostrano di conoscere perfettamente I Can See For Miles.

Il palco è abbastanza lontano dalla tribuna centrale in cui sono, ma il mega schermo centrale - che propone soprattutto immagini storiche -, unitamente ai due laterali - dove scorrono invece sezioni di concerto -, aiutano e sollecitano almeno un paio di considerazioni: la prima riguarda la necessità assoluta di visual, uno spettacolo nello spettacolo, dove i ricordi emergono copiosi, a volte dolorosi; esiste poi il grande contrasto tra passato e presente, tra ciò che gli Who erano - ed eravamo - e il momento contingente, un’attualità che ci spinge a riflettere sulla qualità presente on stage, proposta da chi ha superato i 70 anni (sono Pete e Roger gli unici due rimasti rispetto alle origini), l’unico gruppo al mondo che ha suonato a Monterrey, Woodstock e Wight, la storia che va inscena davanti a chi storia sta per diventare, attraverso la partecipazione.
Il video che propongo a seguire, The Kids Are Alright, mi sembra perfetto per sintetizzare il mio pensiero.

Il compito di scaldare gli animi  tocca ad una band inglese che non conoscevo, gli Slydigs: non riesco a concentrarmi a sufficienza, preso come sono dalla voglia di  impregnarmi nell’atmosfera di serata, ma appaiono in assoluta sintonia con ciò che  sta per arrivare e meritano un approfondimento futuro. Da indagare.


E quando appare sul mega display “Restate calmi, arrivano gli Who”, l’emozione sale.

Alle 20:50 entrano Pete e soci, con un po’ di anticipo che spiazza chi, dotato di biglietto numerato, ha aspettato l’ultimo minuto.
Il giovane addetto all’ordine, a pochi metri da me, è impalato, con le spalle al palco, e così resterà per tutta la serata, insensibile alla musica, agli applausi, agli urli, a tutto ciò che dovrebbe scaldare, senza la minima tentazione di girare il volto di 180 gradi, nemmeno per un attimo: che delusione!
In compenso Finardi, una fila sotto alla mia, dimostrerà durante il concerto la voglia di rapire una testimonianza video, anche lui catturato da un sound poderoso.

Il concerto inizia con I Can’t Explain e l’occhio e l’orecchio si focalizzano sui due uomini “antichi”: Pete difficilmente delude, ma mi incuriosisce lo stato vocale di Roger Daltrey, anche perché  mi resta difficile rimuovere quanto accaduto Verona nel 2007, quando toccò a Townshend prendere in mano le redini del gioco e portare a casa il risultato. Ma Daltrey, a dispetto di quanto si vociferava, si scioglie col passare dei minuti, e alla fine la sua performance - fatta anche di cura dell’aspetto scenico e microfono al cielo, of course - sarà più che dignitosa e in linea con il “Tommy” del passato.
Pete è scatenato e abusa di mulinello, per la felicità dell’audience, ma è davvero un guitar hero, capace di momenti solistici eccelsi e di parti ritmiche uniche.
La musica degli Who è in gran parte la SUA musica!
Il fratellino Simon fa la sua bella parte - anche vocale - mentre Zak e Pino Palladino dimostrano ancora una volta tecnica e senso della misura, ma d’altro canto per suonare in un gruppo del genere occorre essere super, da ogni punto di vista. E baciati dalla fortuna.
Non c’è Jonh “The Rabbit” Bundrick, il collaboratore di sempre, perennemente defilato, ma chi lo sostituisce svolge il compito in maniera impeccabile.

Passano i brani storici, uno dopo l’altro, toccando opere come Tommy e Quadrophenia, pezzi simbolo come My Generation e The Kids Are Alright, sino ad arrivare all’apoteosi che tutti aspettano, quella che conduce a Baba O’Riley e alla conclusiva Won’t Get Fooled Again, brano in cui Pete Townshend, nel tentativo di azione acrobatica, si ritrova a terra, supino, con la chitarra sulla pancia.
Poco male, tutto fa spettacolo e tutto fa godere, in questa giornata per me memorabile.
Ma non solo per me!
Non è mancata una bella nota organizzativa, quella che ha ricordato a tutti che esiste una parte d’Italia che è appena stata colpita da eventi tragici, che è bene avere chiari nella mente, nonostante il momento gioioso.
Se è vero che la musica che amiamo ha un forte potere curativo, capace di anestetizzarci per i 120 minuti di un concerto, quella degli Who può fare molto meglio (almeno questa è la mia esperienza) e a volte la felicità da evento è anticipata dall’attesa e si prolunga nel post concerto, e quei brividi che spesso colpiscono alcune parti del corpo sono una efficace medicina, di breve durata, certo, ma un vero ausilio che permette di accantonare  per un momento i disagi che ci colpiscono nel quotidiano.

Avevo nove anni quando ascoltai per la prima volta Substitute (in questa occasione “dimenticata”), e sono esattamente cinquantuno anni che la musica dei The Who (ora l’articolo davanti ci vuole!) mi accompagna: il Back To The Who Tour 51! mi appartiene di diritto!
E mi sento anche io dentro alla storia!


SET LIST:
1.I Can’t Explain
2.The Seeker
3.Who Are You
4.The Kids Are Alright
5.I Can See For Miles
6.My generation
7.Behind Blue Eyes
8.Bargain
9.Join Together
10.You Better You Bet
11.5:15
12.I’m One
13.The Rock
14.Love, Reign O’er Me
15.Amazing Journey
16.Acid Queen
17.Pinball Wizard
18.See me feel me
19.Baba O’Riley
20.Won’t Get Fooled Again



domenica 18 settembre 2016

Posto Blocco 19: un pò di storia e una "vecchia" intervista


Questo articolo è stato pubblicato qualche anno fa su Contrappunti, il periodico del CSPI (Centro Studi per il Progressive Italiano), per molti anni condotto da Riccardo Storti.
In quella occasione scrivevo della mia estemporanea conoscenza del Posto Blocco 19 e completavo l’articolo con un’intervista alla band che vale la pena rileggere…

Aprile 2012

Ho scoperto casualmente il Posto Blocco 19 e, incuriosito, ho approfondito. Ho mandato successivamente una decina di domande a cui ha risposto Raimondo Fantuzzi, in tre puntate, con uno spazio temporale di circa un mese. Non è quindi un’intervista fatta tutta di un fiato, ma elaborata nel tempo.
Mi ha scritto inizialmente Raimondo…

Per quanto riguarda i progetti Orog, l'aggancio noi lo abbiamo avuto da un discografico di Treviso, il Sig. Loris Furlan, titolare di etichetta LIZARD RECORDS. Tale etichetta si occupa di Prog ma non solo. Furlan, dopo averci ascoltato in concerto insieme a Lanzetti in occasione del 3*Festival Prog a Giarola di Collecchio, nel 2008, ci propose di partecipare al progetto dopo averci segnalato al Sig. Marco Bernard, un italo-finlandese, titolate della Colossus, associazione che si occupa della divulgazione del Prog nel mondo. Il progetto consisteva nel comporre un brano del Paradiso di Dante e di registrarlo; egli stesso, si sarebbe occupato di divulgarlo non appena tutti i trentacinque gruppi scelti in tutto il  mondo, molti, naturalmente, come noi semisconosciuti, avessero terminato le registrazioni. Il missaggio generale fu effettuato in Italia presso lo studio di un tal Marco Olivotto, e la casa discografica distributrice, la francese Musea Records. Il disco, quadruplo, è uscito a Dicembre 2010 e a Gennaio 2011 è uscito pure il Decamerone, altro progetto simile al precedente, sempre quadruplo, con la stessa formula, a cui noi abbiamo partecipato pur senza Lanzetti. Io sono l'autore delle musiche e dei testi. La prossima tappa, per quello che ci riguarda, discograficamente, è un cd tutto nostro, naturalmente, di brani Prog. Il tutto, non appena abbiamo terminato di comporre i brani e siamo un po' liberi da impegni live che quest'anno sono un po' impegnativi per noi in quanto è il nostro 40° anniversario di fondazione.

Dice di Loro Furlan…
                     
Il Posto Blocco 19 è una bellissima storia targata anni 70, che ruota attorno alla grandissima passione progressive di Raimondo Fantuzzi. Il fatto curioso è che prima dei 2 brani usciti nel Paradiso e nel Decamerone (molto bello pure quello), di brani propri avevano all'attivo solo un 45 giri (mi sembra sia del 1980). Siccome intuivo che avessero qualcosa di interessante da dire musicalmente li ho spronati a partecipare a queste compilation organizzate da Colossus. Il brano del Paradiso è davvero meraviglioso, per la costruzione compositiva, esaltato dalla straordinaria interpretazione di Lanzetti. Ora i tempi sono maturi per preparare un disco tutto loro, che spero di poter ospitare e pubblicare con la sezione della Locanda del Vento. La stessa sezione che ospita i Faveravola, sempre presenti nel Paradiso e nel Decamerone, altra creatura dalle reali origini seventies. Sempre nella Locanda del Vento ospiteremo il primo disco ufficiale degli Aurora Lunare, i cui cenni preliminari sono già entusiasmanti. E spero che il tutto sarà ben accolto anche dalla tua scuderia.


L’intervista

Come sapete sono venuto a conoscenza del quadruplo CD “Il Paradiso” attraverso Bernardo Lanzetti. L’ascolto mi ha entusiasmato, ma non mi è chiaro lo scopo di un tale “spiegamento di forze”, dal momento che non ho visto pubblicizzazione. Potete darmi qualche delucidazione generale sul progetto?

Ringraziando per i complimenti, vorrei esprimere il nostro pensiero riguardo alla non pubblicizzazione del progetto, che, sempre secondo noi, è strettamente connessa allo “spiegamento di forze” utilizzato per realizzarlo. La Musea Records ha scelto di proporre la vendita del CD soltanto tramite il proprio indotti Internet, che conta, in tutto il mondo, un notevole numero di simpatizzanti e quindi possibili compratori, ed ha omesso di attuare tutta la pubblicizzazione ufficiale (Radio-TV-giornali specializzati-informazione agli addetti-ecc.) che una casa discografica solitamente fa oltre a quella internet già citata. Così facendo, balza subito all'occhio che i costi di gestione rimangono notevolmente contenuti, e, a tale uopo, ecco che lo spiegamento di forze trova la propria giustificazione: si contattano tramite conoscenze varie gruppi Progressive da tutto il mondo, semisconosciuti tranne qualche caso sporadico (vedi Mr. Bernardo Lanzetti), e la speranza, quasi matematica, è quella di vendere qualche copia in più facendo leva, oltre che sul titolone che si è dato al progetto, anche sulla fascia di pubblico simpatizzante (fans) di cui ogni gruppo, negli anni, si è dotato. Tengo a precisare che il mitico Lanzetti, che ringraziamo ancora per aver partecipato, all'epoca fu contattato da noi e non dalla casa discografica, perché eravamo noi i suoi amici. Parlando di delucidazioni generali sul progetto, basta andare a visitare il sito della Musea Records per intuire, che negli anni, lo staff che la compone, è riuscito a costruirsi un'immagine di tutto rispetto, che al primo impatto risulta essere molto accattivante ed invitante. Per il resto, i contatti, pervenuti tramite mail e a mezzo di persone appassionate e competenti quali il comune amico Loris, che tramite la loro ricerca hanno individuato e segnalato i gruppi, si sono perfezionati di volta in volta. In sintesi, veniva richiesta la partecipazione al Progetto Paradiso tramite la realizzazione di un brano appositamente composto, dopo aver prenotato un canto dei trentacinque disponibili. Si richiedeva altresì che il brano stesso fosse depositato presso la Siae, e che il progetto fosse terminato entro un dato termine. Il tutto, a spese del gruppo stesso, con la garanzia che i diritti d'autore ricavati dalla vendita del disco stesso sarebbero stati elargiti agli autori. Questa, espressa molto sinteticamente, la dinamica del progetto. Concludo la risposta alla domanda dicendo che con lo stesso iter abbiamo pure partecipato al Progetto Decamerone,  senza Lanzetti, disco quadruplo, già ufficialmente uscito nel Gennaio 2012.

Ho scoperto solo ora che siete un gruppo prog attivo sin dagli anni ’70, e il nostro comune amico Furlan mi ha detto che non ci sono sul mercato vostri lavori, se non un 45 giri. Come si racconta in poche righe la storia del “Posto Blocco 19”?

La nostra storia parte da lontano, e noi siamo sempre stati degli “Animali da palco”,  e abbiamo eseguito molti Live. Dapprima ci facemmo conoscere quali ripropositori dei brani della PFM e del BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, poi, quando iniziammo a comporre musica nostra e riuscimmo ad ottenere un contratto discografico, nel 1981, cosa a quei tempi  non facile, il Progressive aveva gìà espresso il suo periodo migliore ed era in un momento di flessione, e stava passando di moda. Il 45 giri citato doveva essere il preludio per confezionare un bel 33 giri, era scritto nel contratto con la nostra casa discografica Pubbliart Bazar, però io nel 1982, spinto dalla voglia di percorrer strade musicali diverse, abbandonai il POSTO BLOCCO 19, non venni mai sostituito come desiderava il discografico e nel 1983 il gruppo, pur non sciogliendosi mai definitivamente, si fermò. Io collaborai con altri musicisti e con i musicisti stessi dell'ex PB 19, sotto altre forme, quindi rimanemmo sempre in contatto;  poi finalmente, nel 2005, decidemmo di ricostituire il nostro amatissimo ensemble, con una mai sopita voglia di eseguire e di rifare concerti Progressive. Devo dire che in questi anni ci siamo presi le soddisfazioni che prima non riuscimmo ad avere e che abbiamo intenzione di continuare a farlo, per dare un buon prodotto e ricevere più gratificazioni possibili, specialmente da una certa schiera di persone, che fanno qualità, e alla fine la qualità paga. Questo, il nostro pensiero. Concludo affermando che se potessi tornare indietro non abbandonerei più il gruppo , per nessuna ragione al mondo.

Commentando proprio con Furlan il CD multiplo sottolineavo come l’ascolto mi faccia tornare a una musica “antica”, ma con una nuova veste, e a quel punto la classica frase “… è musica già ascoltata…” perde ogni significato e rimane la soddisfazione di un ascolto “unico”. Come giudicate l’insieme dell’opera, anche la parte in cui non siete protagonisti?

Ho ascoltato le opere, sia il Paradiso che il Decamerone, che come concetto di costruzione e realizzazione progettuale, si assomigliano, anzi, volendo essere più esatti, sono fatti con lo stesso stampo, cambiano solo le copertine, i titoli e qualche protagonista, e debbo dire in tutta sincerità che i gruppi, aldilà che possano provenire dal sottobosco musicale, se la cavano piuttosto egregiamente, direi tutti. E' chiaro, ascoltando più dettagliatamente, che si denota che qualcuno ha registrato in economia con il risultato che l'ascolto ne risente un pochino, però tutto sommato, il risultato, per questo tipo di prodotto, lo definirei  qualitativamente più che soddisfacente e farei un plauso ai partecipanti, che hanno dimostrato che il Progressive non solo è tutt'altro che spento, ma avrà un lungo futuro, pur con la prospettiva di vendita di dischi a coperta corta. Un'ultima considerazione sui gruppi: una buona metà ha una buona esperienza di laboratorio, ottime idee sul genere, però si denota che di concerti Live ne esegue pochi, mentre l'altra metà, di cui Noi Posto blocco pensiamo di fare parte, fa trasparire questa esperienza di concerti dal vivo che ci portiamo dietro da tempo, e che secondo noi dà molto equilibrio ai brani anche a chi i ascolta per la prima volta. Ultimissima considerazione sui CD, ottima confezione, ottima copertina, bellissima grafica e molto di gusto la scelta della carta lucida. Buono, nel suo insieme, anche l'ascolto generale anche se mi rendo conto che il missaggio non deve essere stato di semplice soluzione, poiché so che nel limite del possibile il Sig. Olivotto ha cercato di non modificare i parametri e di conseguenza i livelli, dei lavori a lui fatti pervenire. Tutto sommato, un buon lavoro. Aggiungo che non ho più nemmeno una copia del Decamerone altrimenti te la avrei fatta pervenire, e per farle arrivare dalla Francia, ci vuole un po' di tempo.

Cosa significa, dal punto di vista tecnico e musicale avere l’opportunità di lavorare con Bernardo?

Questa è una delle domande che mi piace maggiormente, però le risposte sarebbero talmente tante che non so da dove cominciare. Direi, come quando compongo i brani, sia musica che liriche, lasciamo parlare le emozioni, e allora, immagina di andare ad ascoltare Bernardo nei Palasport, quando era il Vocalist della PFM, che insieme avevano in mano il mondo… hanno sfornato alcuni dischi che erano veramente eccezionali, ma il punto non è questo. Bernardo e soci hanno più o meno la nostra (parlo della mia e del mio batterista Vittorio Savi) età, e tu sei li ad ammirarli incantato perché stanno suonando e cantando divinamente, e allora tu cosa fai? Li prendi a modello e cerchi di capire cosa stanno facendo, per migliorarti. Poi, dopo un po’ di tempo io ho la fortuna di suonare con PierEmilio Canavera per qualche anno e di conoscere Franz Dondi, vecchi compagni di viaggio di Bernardo ai tempi dell'Acqua Fragile, mentre il batterista suona con il loro vecchio tastierista e con il loro vecchio chitarrista, e anche li si parla di Prog e di chi è riuscito a ritagliarsi uno spazio di notorietà merito anche della serietà e dignità che si porta appresso; infine, quasi per caso, conosciamo Bernardo, che scopriamo essere una grande persona, carica di umanità, un professionista come pochi, di una bravura eccezionale, e con una capacità di trasmettere comunicazione come pochi, e finalmente, riusciamo a salire sul palco e suonare insieme a lui. Sembra una favola, ma quel Signore che anni prima sei andato ad ascoltare ora lo hai di fianco e canta con la stessa verve, anzi, forse ne mette un po' di più, di quando lo si andava a sentire. In più, ti fa sentire a tuo agio mentre suoni. Dopo qualche tempo ha l'occasione di incidere un brano con lui che uscirà su cd e verrà distribuito in tutto il mondo, e sai anche che lui ha accettato il tuo invito a partecipare perché sa che sei un amico, che non lo tradirai, e, dulcis in fundo, il brano che gli hai proposto gli piace. Il risultato finale poi, lo conosciamo perché il brano ha ricevuto consensi da tutti, in primis dallo stesso Bernardo, che con la sua voce lo ha impreziosito, e queste, sono le emozioni che il gruppo Posto Blocco 19 ha provato e che prova ogni qualvolta nomina Bernardo o ogni qualvolta, ci si sente per telefono e si scambiano delle opinioni. Ci si sente volentieri. Non sono sviolinate gratuite queste, ciò è ciò che pensa il gruppo. Aggiungo la chicca finale: il mitico ci ha chiesto, in previsione di pubblicare un suo CD in lingua italiana, di poter inserire il brano del Paradiso registrato insieme. Per Noi è stata una seconda possibilità di Paradiso. Abbiamo appreso molto da lui, sotto tutti i punti di vista; io che sono la voce del gruppo, e ho insegnato canto e canto da tantissimo tempo,  ho appreso più da lui in poco tempo che durante tutto l'arco della carriera.

Ho sentito un po’ di scontentezza diffusa  relativa al trattamento che tutti voi avete ricevuto. Esisteva un accordo scritto ben delineato?

La scontentezza diffusa l'ho un po' spiegata nella domanda due, però, diciamo che per una questione di equilibrio delle cose, a noi  veniva offerta l'occasione di entrare di diritto nella discografia Prog passando da una delle porte ufficiali, e, intravedendo di fare velocemente ciò che non eravamo riusciti a fare nel 1981, abbiamo accettato di partecipare senza preoccuparci di quali fossero le condizioni. Dirò, con una punta di orgoglio, che eravamo quasi sicuri, conoscendo le nostre potenzialità, di essere chiamati successivamente a partecipare al secondo progetto, cosa che è puntualmente avvenuta e che ci ha ulteriormente reso soddisfatti. Probabilmente abbiamo agito non da veri professionisti, ma dovevamo sfruttare l'occasione. Ora però, che siamo riusciti a farci vedere, vogliamo proseguire con un discorso personale molto più serio e professionale sotto tutti i punti di vista. Per questo ti rimando alla domanda 10. No esisteva alcun accordo scritto bensì girava tutto tramite mail. Debbo dire che Loris, che al tempo fungeva da nostro interlocutore essendo stato lui il nostro aggancio, si è sempre dimostrato molto serio nei nostri confronti e persona molto competente, tant'è che l'accordo verbale con lui, senz'altro sviluppabile positivamente, è quello di realizzare un CD tutto nostro per la sua etichetta.

Da dove nasce il vostro amore per la musica progressiva?

Nella prima metà degli anni 60, periodo in cui parecchi musicisti della mia generazione hanno iniziato a suonare, si militava in quelli che allora venivano definiti i complessi beat, e si riproponevano i successi del momento, che rispecchiavano appieno quello che era stato definito in quel momento, boom economico. I brani, infatti, aventi per lo più strutture melodiche e armoniche abbastanza semplici, e testi inneggianti all'amore adolescenziale eterno, venivano suonati con strumenti elettrici, ma nella loro totalità risultavano essere di impatto immediato già al primo ascolto e tendenti a rimanere impressi proprio per la loro orecchiabilità. Anch'io, insieme ai miei primi compagni di viaggio, suonavo tutto ciò; poi, dopo aver conosciuto tanti e tanti futuri musicisti ed avendo scambiato con loro pareri musicali, piano piano, nella seconda metà dei ‘60 le cose cambiarono, i giovani prendevano sempre più coscienza e sentivano il bisogno di esprimersi in un certo modo, impegnato, in tutti i settori dell'arte e della cultura, musica compresa, ed ecco affacciarsi all'orizzonte un nuovo modo di fare musica, che seguendo i canoni tradizionali, implicava un ascolto più approfondito, e di conseguenza, anche una esecuzione molto più complessa, che voleva dire avere talento, dovere studiare, assimilare, e infine creare qualcosa che dava soddisfazione in tutti i sensi. Questo movimento, che poi sarebbe stato definito Prog, era ciò in cui io personalmente, assieme ad altri amici, ci identificammo immediatamente non appena riuscimmo ad ascoltare i Jethro, i Gentle Giant, Gli Yes, ancora prima i Procol Harum, e non nominiamoli tutti altrimenti non esauriamo la mail. E' altresì chiaro, che non appena scoprimmo che in Italia esistevano PFM, Banco, Area, Orme, New Trolls, Balletto di Bronzo, Rovescio, Acqua Fragile ecc, ecc.. noi sposammo subito questa causa, anche perché quello era il periodo in cui il movimento tutto stava conoscendo il proprio periodo miglior. Molto, molto sinteticamente, questo è il motivo per cui nacque il nostro amore per il Prog, per la verità, anche successivamente mai sopito; poi, diciamolo sinceramente: non c'è miglior forma di espressione quale la musica suonata dal vivo in cui, chi sta sul palco, ha la  possibilità di far vedere cosa può fare, e, di fatto, non c'è soddisfazione maggiore che un applauso carico di partecipazione a te rivolto alla fine di ogni brano. Avevamo vent'anni, ma sapevamo di esercitare il mestiere più bello del mondo, e tutti cercavamo di dimostrare quanto eravamo capaci di farlo. Oggi, purtroppo, non succede più così; si parla solo di progetti di vendita e di eventuale rendita.

Avete dei punti di riferimento musicali che sono comuni a tutta la band?

In parte ho già risposto a questa domanda nella numero 6, però voglio specificare che i nostri punti di riferimento specifici, naturalmente dopo aver ascoltato tanto Prog, divenirono i gruppi italiani in generale e, nel particolareggiato, PFM e BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, con qualche punta di AREA del grande Demetrio Stratos. Il motivo? Molto semplice: non so per quale ragione, forse perché li abbiamo sentiti dal vivo innumerevoli volte che ormai avevamo assimilato il loro modo di pensare, gli Italiani ci trasmettevano un'emozione incredibile, avevano un tiro, sul palco che emozionava tutti in modo impressionante; poi, io, cantante ufficiale della band, non conoscevo la lingua inglese. Sembra una stupidaggine ma in età scolare io scelsi di imparare, quale lingua parallela, il latino e il francese, e se devo essere sincero, se non so quello che canto, non riesco ad esprimermi come voglio. Non ebbi voglia di mettermi a studiare la lingua inglese a vent'anni, preferivo approfondire la composizione e la teoria musicale in genere per poter suonare qualsiasi cosa leggendo a prima vista ed essere di conseguenza capace di comporre. Fortunatamente i miei compagni di viaggio (ancora oggi, tra di noi, oltre che soci e amici per la pelle ci chiamiamo così) mi assecondarono e le cose proseguirono in questo senso. E' altresì chiaro che non ascoltiamo solo Progressive, però i punti comuni di ascolto e di gusto musicale sono abbastanza simili; ascoltiamo blues, rock di un certo tipo, artisti vari che abbiano avuto un percorso e una evoluzione musicale di rilievo, dovuta sempre al fatto che ci sono state ore di studio e di fatica, e, in genere, ci troviamo sempre molto d'accordo quando capita di disquisire sui vari argomenti musicali o sui vari musicisti singoli o gruppi. Aggiungo, infine, che qualcuno di noi, io e il batterista compresi, che siamo i fondatori storici del gruppo, militiamo anche in un altro gruppo che suona anni un genere anni 60 rivisto e corretto. Insomma, tutti, non viviamo di solo Prog, anche se questo è il nostro biglietto da visita.

Come è cambiato il businnes musicale attorno alla musica, dagli anni ’70 ad oggi?

Bellissima domanda alla quale però preferisco dare una risposta veloce perché si corre il rischio di doversi arrabbiare e di rimanere incacchiati per un paio di giorni. E' cambiato molto, ma molto in peggio, iniziando dai discografici, intendo quelli che appaiono in televisione e fanno business, i quali, per primi, hanno ucciso il talento. Fanno contratti discografici non più a chi possiede doti musicali necessarie per fare questo mestiere, bensì guardano se ti presenti bene, se hai un bel fisico, se hai un bel viso e quant'altro, tutte cose necessarie, ma che debbono essere prese in considerazione dopo quanto ho espresso prima. Altra gente che pensa solo agli eventuali introiti sono gli organizzatori di eventi. A loro non interessa, se tu suoni bene o male oppure se proponi uno spettacolo o un evento culturalmente elevato, a loro interessa solo di riempire lo spazio e di fare cassetta, in modo da contribuire ad abbassare il livello medio di conoscenza della materia. Infine, anche i musicisti stessi, non tutti, ma parecchi, non si preoccupano di offrire un buon prodotto musicale, partono già dal presupposto di guadagnare tanto con il minimo sforzo. Intendiamoci, non sono tutti così, fortunatamente esistono ancora discografici seri, giornalisti seri, musicisti bravi e con la voglia di fare musica seria, addetti ai lavori vari, con gli attributi. Di conseguenza, esiste anche una categoria di pubblico competente, che non va ai concerti solo per fare karaoke o per bere birra, sanno che ci sono dei ruoli da rispettare, e che se faranno ciò, anche loro verranno rispettati e gratificati. Questo, in modo sommario, il nostro pensiero. E' cambiato molto, il sistema dagli anni 70 a tutt'oggi, e purtroppo in peggio, però noi, che sappiamo cogliere l'attimo e non ci spezzeremo mai ad essere servi del sistema, siamo ancora qui a dialogare con gente come te e siamo fieri di farlo, sicuri di contribuire, in piccolo a tenere in piedi qualcosa di solido e duraturo nel tempo.

Quanto amate la fase live? Che tipo di rapporto riuscite a stabilire con il pubblico?

Penso che sia molto evidente, da quanto sopraesposto in questo piacevole dialogare a ruota libera, che per noi la fase live assume un carattere fondamentale; è molto amata, per tanti aspetti, che vedrò di spiegare in ordine sparso, visto che non esiste una percentuale maggiore o minore di questi, insieme formano questo carattere. La prima cosa che cerchiamo di fare ogni qualvolta che stiamo per iniziare un concerto è quella di affrontarlo con la massima serenità, sia che la platea gremisca la location scelta per l'evento oppure no; poi, cerchiamo di divertirci noi, in primis, durante l'esecuzione dei vari brani in scaletta, infine, cerchiamo di trasmettere tutto il nostro divertirci ed emozionarci, al pubblico, sia si tratti di quello affezionato, che quello che ti viene ad ascoltare per la prima volta. Naturalmente tutti questi passaggi devono avvenire per gradi ed  essere pilotati tramite un dialogo continuo con i presenti, che vengono direttamente coinvolti non solo facendoli immergere senza pause nel suono da noi prodotto, bensì anche piacevolmente distratti e quindi intrattenuti da alcune performance verbali che aiutano a seguire lo spettacolo in tutta la sua interezza. Tutto questo, però, aldilà della scaletta musicale precedentemente preparata, che naturalmente viene seguita alla lettera, dove si naviga a vista è nella parte verbale. Sapendo che ti trovi di fronte una parte di pubblico affezionato sostenitore, che non devi mai sottovalutare e alla quale devi sempre dare qualcosa di più della volta precedente che ti è venuta ad ascoltare, c’è sempre un'altra parte di pubblico che, per vari motivi, non conosce il genere musicale che proponi e di conseguenza non conosce te, e che altrettanto ugualmente non ti puoi permettere di sottovalutare: devi fare in modo che alla fine del concerto vada a casa soddisfatta in quanto ha ascoltato qualità musicale emozionandosi. Concludendo, fase live molto amata perché da modo a noi di esprimerci musicalmente al meglio e evidenziare, laddove ve ne fossero, qualità sonore; rapporto con il pubblico, di ottima fattura, in quanto cerchiamo di stabilire un  coinvolgimento diretto dialogando sul palco, raccontando aneddoti e sensazioni provate in concerti precedenti, e cercando, tramite la presentazione dei brani, fatta in modo snello ed efficiente, di evidenziare alcuni passaggi musicali di rilievo.

Loris mi ha parlato di un vostro prossimo album. Come stanno esattamente le cose?

Il progetto di cui ti ha parlato Loris, al momento è ancora tale ma lo stiamo sviluppando con una grande volontà anche se i tempi saranno non proprio brevissimi. Di fatto, considerata chiusa l'esperienza delle copartecipazioni ai CD multipli, parlando non solo via mail ma anche telefonicamente con egli stesso, che, ripeto, abbiamo avuto occasione di conoscere di persona, pensiamo che sia giunto il momento di incidere un album tutto nostro. Sapendo che Loris è titolare di una etichetta indipendente, essendo stato lui stesso il primo a credere nelle nostre potenzialità,  lo abbiamo chiamato per proporgli  la realizzazione di un album prog a tema da condividere a pieno titolo; con Loris, che a tutti gli effetti era il nostro referente per i lavori precedenti, ci si sentiva spesso, e questo argomento, oltre alle altre cose, da una parte o dall'altra, molto velatamente, usciva sempre; si diceva spesso... sarebbe bello se... Oggi, dobbiamo ancora comporre i brani, anzi, lo stiamo facendo; poi dobbiamo assimilarli, quindi registrarli. Il tutto, una quarantina di minuti circa, compresa una cover omaggio ad un gruppo italiano, di sano Progressive. Poi, con Loris, la parte promozionale, editoriale ecc. Aggiungo che con Loris abbiamo per ora un accordo verbale, ma sono sicuro che, conoscendo la persona, il progetto andrà a buon fine, con i tempi ragionevoli e quant'altro atto a far si che il prodotto sia soddisfacente per entrambi, nonché per il pubblico. Concludendo, non ci interessa fare un disco per una eventuale grossa etichetta discografica che sia più o meno interessata a usare il prodotto in brevissimo tempo e poi a lasciarlo nel dimenticatoio, piuttosto ci teniamo molto a farlo con il Sig. Furlan. 


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