lunedì 26 ottobre 2015

Balawan & Batuan Ethnic Fusion from Bali


Pensi a Bali e senti il profumo del mare, della vacanza, delle spiagge incontaminate, del sole e della serenità!
Oppure il pensiero corre verso la cultura artistica, la pittura, la scultura e l’intaglio del legno.
Turismo, elementi geografici, storia, ma… mai sarei arrivato a scoprire la musica di Balawan, se non mi fosse stata segnalata.
Ecco cosa ho trovato in rete su di lui…

I Wayan Balawan (nato il 9 settembre 1973 a Bali ), più noto con il nome singolo di Balawan, è un chitarrista e compositore indonesiano. E’ meglio conosciuto come Batuan Ethnic Fusion, ed è nota la sua capacità di suonare la chitarra a doppio manico.
Balawan ha sviluppato la tecnica 8 Fingers Touch Style, conosciuta anche come Touch - Tapping Style.
E’ considerato uno dei chitarristi più veloci in Indonesia, ed è chiamato anche The Magic Finger, un chitarrista magico all'interno della comunità  mondiale dei musicisti.
Balawan ha sviluppato e ampliato la sua tecnica che gli permette di suonare due o anche tre diverse progressioni musicali contemporaneamente, utilizzando lo stesso strumento. Un altro chitarrista importante che applica questo tipo di tecnica è Stanley Jordan, un musicista di jazz / fusion americana.
Balawan ha sviluppato la stessa progressione di Stanley Jordan, che è in grado di produrre pianoforte, basso e chitarra allo stesso tempo, utilizzando un solo strumento .
Di solito Balawan utilizza tutte e quattro le dita della mano destra per creare le successioni melodiche, e la sua mano sinistra per creare i bassi e suoni ritmici. Un'altra cosa unica è che non vi è alcun motivo o ripetizione di sorta tra la mano destra e sinistra.
Balawan dimostra abilità chitarristiche davvero eccezionali!
Balawan suona anche la batteria, sia per riempire i brani di suoi album sia per sviluppare lo stile "Touch Tapping ".

Meglio delle mie parole l’esempio… ascoltiamolo!




domenica 25 ottobre 2015

The Lonesome Picking Pines -“Scanzoncina Folk”


L’esordio dei savonesi The Lonesome Picking Pines prende il titolo diScanzoncina Folk.
Lo scambio di battute a seguire aiuta nella comprensione del loro mondo, conosciuto in termini di materia, ma qui proposto in modo originale.
Non è difficile immaginare il genere, se solo si ha la possibilità di visionare il CD, perché le immagini - e il tipo di strumentazioni utilizzata - conducono senza alcun dubbio verso il mondo americano, quello fatto di blues, di folk, di bluegrass. Termini generici, famiglie e sottofamiglie, con divagazioni filosofico-musicali che, anche per i meno coinvolti, hanno un significato molto preciso e uno spazio geografico ben delimitato.
Ma chi ha avuto l’opportunità di bazzicare quei luoghi, un tempo quasi irraggiungibili, si sarà accorto di come sia difficile ottenere una patente che possa assimilare il  musicista “straniero” al verace country man locale, qualunque esso sia: l’abilitazione non ha niente a che vedere col talento e non è neppure una misura difensiva, ma la differenza risiede nella capacità emozionale… è quella che viene giudicata, e superare l'esame potrebbe richiedere un tempo infinito!
I The Lonesome Picking Pines non si pongono il problema… occorre vivere con i piedi per terra, la propria terra, ed ecco che tutto l’amore per il continente americano viene rovesciato nel disco di esordio, fatto di brani inediti, che presentano un grande elemento di originalità, e direi anche un discreto manifesto: mi riferisco all’utilizzo in toto della lingua italiana e, come vedremo, anche qualcosa di più ardito.
E quale sarebbe la novità? Una band italiana che canta… in italiano?
Beh, a memoria non ricordo nessuno che lo fa, all’interno di un genere così carico di paletti fissi, un contenitore fatto di libertà, certo, ma solitamente imprescindibile da alcuni accordi/strumenti e da una lingua ufficiale, che si mischia ad un’estetica precisa.
Questo esordio ci regala la freschezza - e il coraggio - di un trio acustico che sembra arrivato direttamente da Nashville, o dalla vicina Memphis, pronto a raccontare i comuni momenti di vita evidenziando che le idee messe in campo non devono richiedere uno sforzo traduttivo, perché i messaggi devono arrivare chiari e comprensibili, alla faccia delle tante banalità - nei significati - che da sempre ci vengono propinate dall’ovest, mascherate da un idioma fascinoso e particolarmente adatto alla forma canzone.
I The Lonesome Picking Pines scrivono le loro canzoni anche nella lingua di Albione, ma nello specifico scelgono la purezza comunicativa, trasmessa attraverso le loro ballad che colpiscono al primo ascolto.
Sono macigni i loro maestri, salde le loro linee guida, e lo studio e la passione verso certa musica emerge ad ogni nota.
Otto i brani, anzi, nove, perché la ghost finale fa emergere un’altra caratteristica del gruppo, la riscoperta/mantenimento della tradizione e della cultura locale, che nell’ultima traccia si manifesta attraverso la riproposizione di “Ohi me mì” - canzone numero sei -  ma in lingua dialettale, e l’effetto è sorprendente, di sicuro effetto.
Debutto incoraggiante, legato all’originalità e alla vena creativa di questi musicisti, giovani, ma con una significativa gavetta alle spalle.
Per i crediti - Alessandro Mazzitelli, Alex Raso e Martin Cervelli - scendere di qualche riga....

E dal vivo l’emozione continua…


L’INTERVISTA a... Marco "Poldo" Poggio, Marco Oliveri e Andrea Oliveri

Mi raccontate un po’ la storia dei The Lonesome Picking Pines? Come nascono e come si è evoluto il progetto?

I Lonesome Picking Pines nascono nel 2009 da un'idea del nostro batterista Marco "Poldo" Poggio, quella di formare un gruppo dedito alle sonorità elettro-acustiche dell'alternative country americano di band come Wilco, Uncle Tupelo e Whiskeytown. Negli anni l'assetto della band si è consolidato intorno al trio acustico, e il suono si è ampliato al folk più classico, quello legato ai cantautori come Woody Guthrie, Bob Dylan e Neil Young. Per parecchio tempo, fin dalle origini, a nome "Lonesome Pines", solo di recente abbiamo aggiunto il termine "picking", con il quale abbiamo firmato il nostro primo album. Durante la lavorazione del disco, infatti, abbiamo scelto di chiamarci con un nome che identificasse solo noi e non creasse confusione con altre band omonime di bluegrass attive negli Stati Uniti.

Dopo una lunga gavetta fatta, se non sbaglio, di riproposizione di brani altrui, siete arrivati all’album d’esordio, fatto di inediti: come è maturata la scelta?

Per la verità abbiamo scelto di proporre brani inediti fin dall'inizio: infatti, nei nostri primi concerti e sui primi demo avevamo già alternato pezzi nostri a covers rappresentative del nostro genere, pur sempre riarrangiate con due chitarre acustiche e percussioni.
La voglia di pubblicarne alcuni su un disco vero e proprio era forte quanto indispensabile, dopo diversi anni di concerti. Così, ultimamente abbiamo deciso di entrare in studio per concretizzare l'aspetto più "originale" del nostro progetto.

Da dove nasce l’idea del titolo, “Scanzoncina Folk”?

"Scanzoncina Folk" è una parola-macedonia di mia invenzione che indica la "canzoncina" non troppo perfetta, sicuramente non seriosa, un pò scalcinata e, appunto, scanzonata. Un'attitudine, piuttosto che una vera intenzione, che, per certi versi, ritroviamo spesso nella nostra musica, soprattutto in molti brani del disco e nella copertina un pò insolita.

La lingua che avete scelto è l’italiano, di solito non abbinato al genere che proponete nel disco, molto West Coast, come indica anche la strumentazione utilizzata: come siete arrivati a questa scelta?

Quando abbiamo cominciato a lavorare a canzoni nostre, non ci siamo posti troppo il problema di quale lingua utilizzare nei testi, perché abbiamo sempre scritto sia in inglese sia in italiano. Però, al momento di pensare ad un primo disco, abbiamo riflettuto su quanto poteva essere più originale cimentarci con la lingua italiana in brani che risentono molto dell'influenza dei cantautori folk e country americani, dal punto di vista della musica, del suono, dell'arrangiamento e, come dici tu, della strumentazione utilizzata.
Inoltre, per l'opera prima volevamo anche comunicare in qualche modo da dove proveniamo, così la lingua con cui pensiamo e parliamo quotidianamente ci è sembrata la più adatta.

Non solo italiano, ma anche una chicca in forma dialettale: quanto sono importanti per voi la tradizione e la cultura locale?

La tradizione e la cultura locale per noi sono importanti fino ad un certo punto: nelle canzoni teniamo spesso in considerazione i modi di dire legati alla nostra parlata locale, ma è comunque tutto in relazione alla musica. Nella versione in dialetto savonese di "Ohi Me Mì", l'intento è sempre quello di mettere insieme il nostro linguaggio con la canzone d'ispirazione americana. In un periodo in cui il dialetto è - fortunatamente - sempre più utilizzato in musica, ma in arrangiamenti moderni e meno legati ad una tradizione, anche noi abbiamo voluto mettere in gioco in questo senso la parlata della nostra terra.

Mi raccontate qual è l’anima dell’album?

Avevamo in mente un album ispirato, impegnato ma non troppo serioso, fresco e coinvolgente. "Scanzoncina Folk" doveva rispecchiare il nostro modo di concepire la musica, che è anche diretto, intuitivo e, come dicevamo prima, sanguigno, spiritoso, scanzonato. Così ci siamo messi al lavoro seguendo questa idea, riscontrabile tanto negli arrangiamenti delle canzoni quanto nella copertina e nel titolo del disco.

Avete pianificato presentazioni e live di pubblicizzazione?

Sì, a partire dall'uscita dell'album, avvenuta ai primi di giugno, la nostra intenzione è quella di portare "Scanzoncina Folk" in giro in tutti i modi possibili, promuoverlo, farlo ascoltare e conoscere. Infatti, dopo averlo suonato dal vivo in diverse occasioni quest'estate, recentemente lo abbiamo anche presentato all'ultima edizione della Fiera Internazionale del Disco e del Cd di Vinilmania a Milano, e proposto a radio locali e riviste di musica come "Rockerilla", che l'ha recensito sul numero di ottobre. Il nostro obiettivo è continuare in quest'ottica anche nei prossimi mesi e in futuro, e il prossimo 13 novembre queste canzoni saliranno con noi anche sul palco della rassegna di musica d'autore "Su La Testa Contest".

Esiste qualcuno oltre a voi che giudicate fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo “album”?

Sì, di certo al raggiungimento di questo obiettivo, oltre a noi, hanno contribuito in modo decisivo amici e collaboratori che ci hanno aiutato dal punto di vista tecnico, su tutti il fonico Alessandro Mazzitelli, il grafico Alex Raso e il fotografo Martin Cervelli, ma anche le persone che ci sono state vicino moralmente, come le nostre famiglie e i tanti musicisti colleghi che ci hanno dispensato i loro preziosi consigli.

Che tipo di futuro musicale immaginate per i TLPP?

In futuro speriamo che il nostro primo album possa essere uno strumento per farci conoscere da un pubblico sempre più vasto, farci muovere i primi passi in ambienti importanti per il tipo di musica che facciamo, anche e soprattutto a livello nazionale. Speriamo che ci permetta di attirare attenzioni, che ci dia modo di crearci tante occasioni e nuove collaborazioni, ma anche motivi per confrontarci, crescere, cambiare e migliorarci. Fondamentalmente, pensando ad un futuro, speriamo di continuare a suonare insieme, scrivere altre canzoni, compiere sempre più chilometri, avere sempre nuovi stimoli e nuove idee.




giovedì 22 ottobre 2015

RØSENKREÜTZ LIVE @ VERONA PROG FEST 2015


Ho passato l’estate del 2014 con il sottofondo di Back To The Stars, dei Røsenkreütz: una scoperta sorprendente per chi, come me, ama un certo genere musicale, all’insegna della qualità.
Ricordo di aver incocciato la t-shirt dei Røsenkreütz nel maggio scorso, al FIM di Genova e, non sapendo trattenermi, ho commentato con chi la indossava, Gianni Della Cioppa, conosciuto nell’occasione, casualmente impegnato come me su uno dei palchi della Fiera: “Grande gruppo!”. Fu questo il mio commento ad altra voce, e fu facile iniziare a parlare di musica, partendo proprio dalla band veneta.
Non ho mai visto i Røsenkreütz dal vivo, e so di aver perso qualcosa di piacevole, perché le immagini a seguire - il concerto intero al Club Il Giardino, all’interno del Verona Prog Fest 2015 - confermano tutte le impressioni da ascolto precedenti.

E’ proprio a Della Cioppa spetta il compito di introdurre il gruppo, che sarà poi protagonista di una performance notevole… guardare - e ascoltare - per credere!




sabato 17 ottobre 2015

Yuka & Chronoship


Articolo già apparso su MAT2020 del mese di Ottobre
Fotografie di Francesco Monti.

Tra le novità che ho potuto rilevare al Festival di Veruno - purtroppo la mia presenza riguarda solo la prima giornata - ci sono , band giapponese guidata dalla tastierista Yuka Funakoshi.
Ero curioso di sentire la musica proposta dall’Oriente, un pese solitamente “attaccato” al genere prog, e molto interessato ai gruppi italiani; generalmente si pensa che determinata musica, quando esce dai confini tradizionali, abbia minor spessore, ma la globalizzazione in atto ci permette di arrivare quotidianamente in paesi a cui abbiamo sempre abbinato immagini stereotipate, scoprendo che, sì, anche loro, propongono musica pregevole.
E se i lettori di MAT2020 hanno avuto modo di seguire le proposte di Mauro Selis e della sua musica itinerante, avranno scoperto cose nuove, piacevoli e sorprendenti.
Anche la musica di Yuka & Chronoship segue questa regola, o almeno quella che ho avuto modo di sentire dal vivo nell’occasione del 2Day Prog +1 di Veruno. Prettamente strumentale, si basa sul virtuosismo dei musicisti che propongono brani di lunga durata, miscelando rock, fusion e variazioni dei tempi. Yuka conduce e tira le fila della band, e per chi volesse saperne di più, propongo la mia testimonianza diretta:

 

Ho posto qualche domanda a Yuka, molto gentile, virtù di cui ha dimostrato anche sul palco, sforzandosi di leggere in lingua italiana… e non è da tutti!



L’intervista…

Come e quando nasce Yuka & Chronoship?

YUKA & CHRONOSHIP nasce nel 2009 da una mia idea - che sono tastierista, compositrice e vocalist - insieme a tre importanti musicisti di studio: il bassista Shun Taguchi, il chitarrista Takashi MIYAZAWA e il batterista Ikko Tanaka. I membri sono stati scelti dopo accurata selezione.

Che tipo di cultura musicale avete alle spalle?

I nostri gusti musicali sono completamente diversi, e forse questo si può captare ascoltando la nostra musica. C’è chi ama il rock duro, chi la fusion, o chi identifica nel rock classico dei seventies la strada maestra. Shun è esperto in Prog degli anni '70 e Takashi, il chitarrista, è più focalizzato sul moderno prog metal.

Da dove nasce il vostro amore per la musica prog?

Amiamo il rock progressive perché è misterioso, un luogo ideale e magnifico, e crearlo/suonarlo è come sentirsi sempre in viaggio, tra spazio e tempo.

Quali sono i gruppi storici che vi hanno ispirato maggiormente?

L’influenza varia per ogni membro, a secondo dello strumento che si suona, ma ciò che ci ha più colpito, e che ci accomuna, sono le prog band degli anni ’70, e nutriamo per loro una sorta di venerazione.

Mi puoi sintetizzare la vostra discografia?

YUKA & CHRONOSHIP ha pubblicato sino ad oggi due album: l'album di debutto, "Water Reincarnation" ( Musea, Francia, 2011), raffigura un ciclo dell'acqua sempre ricorrente. Due anni dopo la band propone sul mercato "Dino Rocket Oxygen" (Musea Parallèle, 2013), illustrato da un logo disegnato nientemeno che da Roger Dean; questo secondo album - per me fantastico - offre l’immagine di tre differenti epopee filosofiche e mescola rock sinfonico, jazz-rock, new-age e musica etnica. Inoltre, Yuka & Chronoship stanno preparando il loro debutto inglese con il 3° album, " The 3rd Planetary Chronicles (第三 惑星 年代 )", distribuito dalla Cherry Red Records Ltd nel Regno Unito: data prevista il 25 settembre 2015.

Ho visto il pubblico di Veruno molto esaltato per la vostra prestazione, e penso anche che abbia apprezzato il tuo sforzo di esprimerti nella nostra lingua: qual è il tuo giudizio circa l'esperienza appena conclusa?

Abbiamo consapevolezza che l'Italia rappresenta una potenza nel mondo Prog, insieme al Regno Unito. Siamo onorati di aver ricevuto un sacco di applausi dalle persone presenti al festival, e questo diventerà un grande stimolo per il lavoro futuro. Abbiamo sinceramente apprezzato tutto il pubblico presente a Veruno, che ci ha sostenuti e ha dimostrato calore e competenza inusuale.

Che cosa propone il Giappone a livello di band prog?

La maggior parte dei gruppi rock progressive giapponesi si basano sullo stile e sulla tecnica. Penso che ci siano davvero poche band che producono rock progressivo sinfonico come facciamo noi, che pensiamo all’importanza del brano musicale in sé e non solo al virtuosismo.

Come descriveresti a parole la vostra musica, pensando a chi non ha mai avuto occasione di ascoltarla?

A quelli che non hanno mai sentito la nostra musica proverei a dire che… si tratta di rock in versione sinfonica!

Meglio la musica  dal vivo o il lavoro in studio?

I nostri fan dicono che "… il CD è bello, ma il concerto è superbo e supera il lavoro in studio!”. Noi amiamo molto di più il concerto rispetto al lavoro di registrazione, perché sono le occasioni in cui possiamo capire immediatamente la reazione del pubblico. Probabilmente possiamo essere considerati una “Live Band”!

Cosa c’è nel futuro di Yuka & Chronoship?

Vorremmo rilasciare un album di buona qualità, al massimo ogni due anni, continuando a pieno la nostra attività con l’obiettivo di affermarci in Europa.

mercoledì 14 ottobre 2015

The Aaron Clift Experiment-"Outer Light, Inner Darkness"


The Aaron Clift Experiment

Proprio come gli scienziati conducono esperimenti utilizzando le loro conoscenze per esplorare l'ignoto, The Aaron Clift Experiment combina elementi di natura classica e della musica d'avanguardia sintetizzando in un tutto innovativo.
Le canzoni esclusive della band attingono da un vasto contenitore di influenze - da classici gruppi rock progressive come Genesis, Pink Floyd, e Rush sino a gruppi più moderni, come Porcupine Tree e Opeth, arrivando sino a compositori classici e jazz come Beethoven, Schubert, e John Coltrane. All’interno di un mondo sperimentale e in evoluzione, parte della produzione è dedicata al soul, a un tipo di  musica molto energica e ad un intensa attività live.
Nel 2012, la band ha pubblicato il suo album di debutto, "Lonely Hills", ottenendo confortanti recensioni e riconoscimenti, sia da parte del pubblico che della stampa specializzata, e la band è stato nominata tra le migliori nel panorama di quelle emergenti, nel 2013, da parte di  Prog Magazine.
Con l'uscita del secondo album, "Outer Light, Inner Darkness", rilasciato da pochi giorni, , The Experiment Aaron Clift continua a seguire la strada dell’innovazione, fondendo la raffinatezza e la profondità della musica classica con la passione e la potenza pura del rock and roll.
Quello che era iniziato come un'idea embrionale, l’esigenza di creare musica “nuova”, è ormai sbocciato in un esperimento vero e proprio, i cui risultati sorprendono e fanno ben sperare per il futuro.

Una band da seguire!






Ecco il pensiero del fondatore della band, Aaron Clift

Come e quando è stata fondata la band e perchè avete scelto il nome The Aaron Clift Experiment”?

Gli inizi di The Experiment Aaron Clift risalgono al 2008, quando ho iniziato a scrivere le versioni demo di canzoni che avrebbero trovato posto successivamente nel primo album della band, "Lonely Hills". A quel tempo avevo già scritto composizioni classiche, ma stavo cercando di mettere insieme un nuovo progetto che sarebbe stato più rock-oriented. Originariamente volevo una band di appoggio ad un progetto solista, ma ho pensato che sarebbe stato troppo noioso presentarmi solo con il mio nome. Mi è piaciuta la soluzione che trovò Jimi Hendrix, che chiamò il suo gruppo “The Jimi Hendrix Experience”, e ho pensato che sarebbe stato bello riproporre un nome simile. Ho scelto la parola "esperimento" perché questo è esattamente quello che volevo diventasse la band, il tentativo di coniugare influenze musicali complesse con altre più nuove, creando così sonorità uniche. Alla fine del 2011 ho assemblato la formazione originale della band, e nei primi mesi del 2012 abbiamo registrato il nostro album di debutto, "Lonely Hills. " Da quel momento abbiamo avuto un paio di cambi di formazione, sviluppando così il nostro sound, trasformandolo da progetto “solo” a quello di una band a tutti gli effetti.

Quali sono le passioni musicali che legano i musicisti della band?

Una delle cose uniche che riguarda The Aaron Clift Experiment è che tutti noi abbiamo una cultura basata sulla musica classica e sul jazz - io (tastierista e vocalist) e Eric Gutierrez (chitarra) abbiamo ottenuto una laurea in composizione musicale, Devin Nord (basso) sta per ottenere la laurea in musica e Joe Resnick (batteria) ha fatto buona esperienza suonando in un'orchestra sinfonica. Dal momento che abbiamo suonato tanti generi musicali differenti, non solo rock, abbiamo coltivato gusti trasversali all’interno del mondo musicale, e credo che questo aiuti nel dare un tocco di diversità al nostro songwriting.

Vivete ad Austin, e quando penso a quella città mi vengono in mente Janis Joplin e Steve Ray Vaughan: che spazio ha una musica così difficile come la vostra in un paese come il Texas, più vicino al rock blues?

La nostra proposta, ovviamente, non si adatta sempre al modello blues, country e indie rock per cui Austin è famosa, ma siamo stati in grado di trovare uno spazio significativo che ci consente di proporre con semplicità e continuità la nostra musica. Siamo stati molto fortunati a lavorare con un sacco di talentuose band di rock progressive locali, come Transit Method, Groove Think, Opposite Day, and Wonderbitch. Direi che questo è un buon momento per venire ad Austin e verificare la crescita della scena progressive rock.

 Recentemente avete rilasciato il vostro secondo album, Outer Light, Inner Darkness: puoi spiegarmi il significato del titolo e la sua eventuale concettualità?

“Outer Light, Inner Darkness è un album sulla dualità. Tutte le canzoni dell'album in qualche modo raccontano storie di forze opposte in conflitto tra loro - i brani della prima metà dell'album si focalizzano sui conflitti mentre le canzoni poste nella seconda parte del disco rappresentano un viaggio verso la conciliazione. Il titolo dell'album si riferisce all'idea che tutte le persone posseggano un lato chiaro e uno oscuro, insiti loro natura, aspetti che fatalmente si intrecciano. L'ultima canzone dell'album, "Bathed in Moonlight", è una canzone che parla di come l'umanità possa imparare ad unire la sua luce esterna con l’oscurità interiore, facendo diventare il tutto un’unica unità che contiene in sé entrambi i lati della sua natura.

Come si è evoluta la vostra musica a partire dall’album di debutto sino ad oggi?

Il più grande cambiamento nel nostro sound è avvenuto con l'introduzione di Eric (chitarra) e Devin (basso), che hanno sostituito i membri originali. Nel primo album ho scritto e organizzato io tutte le canzoni, ma in “Outer Light, Inner Darkness" ho collaborato con Eric e Devin su molte delle creazioni. Il vantaggio di avere altri due cantautori di grande talento nella band è che il nostro sound è diventato molto più diversificato, e che siamo stati in grado di spingerci l’un l'altro nello scrivere al di fuori della nostra zona conosciuta.

Come definiresti, a parole, la vostra musica, per qualcuno che ancora non la conosce?

The Aaron Clift Experiment è una moderna progressive rock band con influenze diversificate, modellate attraverso l’hard rock, la classica e il jazz.

Che cosa avete pianificato per il futuro?

Stiamo finendo il 2015 con una serie di concerti ad Austin. Entro la fine dell'anno rilasceremo un EP live di registrazioni del nostro album, "Outer Light, Inner Darkness", uscito il 27 agosto. Per il 2016 stiamo progettando di aumentare i nostri live shows, soprattutto al di fuori di Austin. Abbiamo un sacco di fan in Europa e speriamo di partecipare ai festival che si realizzeranno nei prossimi due anni. Oltre a pensare all’incremento del numero dei concerti, stiamo continuando a scrivere e registrare nuova musica: non possiamo aspettare che cosa il futuro ha deciso di riservarci!


Line up

Aaron Clift – Vocals/Keyboards

Eric Gutierrez – Guitar

Joe Resnick – Drums

Devin North – Bass



martedì 13 ottobre 2015

CONQUEROR:Un’altra verità, CD +DVD


Conqueror
&
Maracash Records
presentano:

UN'ALTRA VERITA'
Live Naxos May 16th 2014
Maracash Records/distribuzione Self
11 pezzi, 103 minuti

Mi sono avvicinato alla musica dei Conqueror nel 2010, quando commentai l’album “Madame Zelle”. Successivamente mi parlò di loro Bernardo Lanzetti, ospite in un loro concerto, e il suo giudizio, abbinato all’ascolto dell’album, mi ha permesso la definizione di un quadro preciso, che trovo riassunto nel loro ultimo lavoro, Un’altra verità.
Per chi si avvicinasse solo ora alla loro musica, una rapida immersione nel sito di riferimento fornirebbe un’idea di massima delle passioni comuni al gruppo, perché la sola lettura della discografia, che conduce alla sezioni “partecipazione ai tributi”, permette di  sentire odore di Genesis, Pink Floyd, YES, Marillion, Mody Blues e Santana.
Insomma, soprattutto prog!
I Conqueror sono siciliani, e la loro lontananza rispetto all’epicentro della musica progressiva, posto un po’ più a nord, determina qualche problema supplementare che si aggiunge a quelli conosciuti, che hanno trasformato, ormai da molto tempo, il genere in nicchia.
Gli spazi si accorciano e i chilometri perdono il significato originale, la musica vola, la tecnologia fa miracoli, ma la performance live resta un momento insostituibile, che permette il contatto diretto col pubblico e diventa grande occasione di diffusione.
Dice il leader della band, Natale Russo: “Nella nostra Sicilia la situazione è anche peggio che al nord Italia, infatti spesso nei concerti siamo costretti nostro malgrado ad inserire cover dei gruppi famosi di un tempo per accattivarci qualche simpatia. Addirittura suonando in zone più decentrate siamo visti come dei “marziani”, poichè al sud i gruppi prog sono una rarità…”.
Un’altra verità colma in parte il vuoto concertistico e assume molti significati.
Parto col dire che si tratta di un live, realizzato il 16 maggio 2014 a Giardini Naxos: da quella performance sono stati estratti un CD e un DVD - molto completo e professionale, fatto non certo scontato per i supporti visivi.
A seguire propongo le tracklist, ma sintetizzo dicendo che il contributo maggiore arriva dall’album Stems (Gina, Di notte, False idee, Un’altra realtà, Sicurtà, Echi di verità), disco uscito nel 2014, e quindi pubblicizzato dal vivo; due sono i brani tratti da 74 giorni, del 2007 (Cormorani e L'ora del parlare), mentre No photo è estrapolato da Storie fuori dal tempo, del 2005. I brani più antichi  (La strada del Graal e Pensieri fragili) nascono nel 2003 e sono contenuti in Istinto.
DVD davvero superlativo.
Un concerto è sempre l’apice del rapporto tra audience e musicisti, e la bellezza delle immagini, abbinate alla musica dei Conqueror, permette di vivere, seppur in dimensione ridotta, l’atmosfera dell’evento, e credo che dal punto di vista meramente tecnico la registrazione sia una delle migliori che ho potuto vedere.
Da segnalare Inside Conqueror, una lunga intervista a tre dei protagonisti (Natale Russo -batteria - Simona Rigano - tastiere e voce - Ture Pagano - chitarre.
Il quarto elemento è il bassista Peppe Papa, che ha lasciato la band dopo la registrazione.
Ed è proprio la dinamicità di formazione una delle caratteristiche dei Conqueror. E’ sempre Russo che racconta: “Dai cambiamenti di solito guadagnamo sempre, perché ogni elemento porta del suo e quindi abbiamo sempre qualche nuovo stimolo musicale. Non vivendo solo di musica purtroppo qualcuno va e qualcuno viene, le basi ben piantate per terra ci sono sempre state poiché tastiere, voce e batteria sono rimaste inalterate nel tempo”.
Come si potrebbe definire la loro musica, indagando e scalfendo la patina prog, protettiva per certi versi, ma usata spesso a sproposito?
Indubbia la capacità delle band di rispettare i canoni del genere, che non significa allinearsi a idee stereotipate, ma rispondere i primis a passioni personali, e la musica progressiva pare il campo perfetto per la semina ed il successivo raccolto dei Conqueror. Ma è molto forte la componente melodica, il mantenimento della tradizione, la miscela dei generi, l’utilizzo di atmosfere semplici abbinate, magari, a tempi composti, guidati dalla vocalità… educata di Simona Rigano, una cesellatrice da molti punti di vista.
Pare non esistano paletti ideologico musicali, a volte elementi capaci di conferire autorevolezza, ma non necessari alla musica dei Conqueror che, occorre evidenziarlo, propongono questo Un’altra verità dopo 5 dischi studio e numerosi altri episodi fruibili dalla loro discografia ufficiale.
Si può considerare Un’altra verità la fermatura del cerchio?
Loro raccontano: “L'uscita del live coincide con la chiusura di un ciclo e l'apertura di una nuova fase: i Conqueror hanno ideato un concerto speciale di rivisitazione dei classici di Fabrizio De André debitamente "conquerorizzati" e hanno appena terminato la loro versione di "Repent Walpurgis" per l'attesa compilation di tributo ai Procol Harum della Mellow Records. Ma molte altre cose bollono in pentola...”.

In attesa di nuovi episodi godiamoci questo piccolo gioiello, che racchiude una vita di passioni in musica: imperdibile per gli amanti della buona musica rock!


Tracklist

DVD-1 Gina
DVD-2 Di Notte
DVD-3 False Idee
DVD-4 Un'altra Realtà
DVD-5 Sigurtà
DVD-6 Echi Di Verità
DVD-7 Pensieri Fragili
DVD-8 No Photo
DVD-9 La Strada Del Gral
DVD-10          Cormorani
DVD-11 L'ora Del Parlare (End Entropia)
Bonus Features
DVD-12 Inside Conqueror (Interview With Simona; Natale; Ture)

Guest Valerio Valenti -chitarra acustica

CD-1   Gina    11:13
CD-2    Di Notte         7:25
CD-3    False Idee       7:31
CD-4    Un'altra Realtà          6:29
CD-5    Sigurtà           9:37
CD-6    Pensieri Fragili          7:48
CD-7    No Photo       6:44
CD-8    La Strada Del Gral     6:07
CD-9    Cormorani     1:07
CD-10 L'ora Del Parlare (End Entropia)     6:58
Companies, etc.
Mixed At – Ludnica Recording Studio

Credits
Bass – Peppe Papa
Drums, Executive-Producer, Supervised By [Audio & Video] – Natale Russo
Engineer [FOH] – Rocco Cassaniti
Film Technician [Assistant] – Chiara Trimarchi
Film Technician [Video Operator] – Marcello Panebianco
Film Technician [Video Operator], Video Editor – Gianfranco Stracuzzi
Graphics, Design – Enzo Puglisi
Guitar – Ture Pagano
Lighting – Antonino Siligato
Photography By – Carmine Prestipino
Producer – Ma.Ra.Cash Records
Translated By [Subtitles] – Isabella Miano
Vocals, Keyboards, Synth – Simona Rigano
Written-By, Arranged By, Producer – Conqueror (5)
Notes
Recorded live in Giardini Naxos - Teatro Comunale May 16th 2014 - STEMS tour. Audio & video editing from July 2014 to March 2015.


BIO
Da un'idea del batterista Natale Russo, i CONQUEROR nascono nel novembre 1994. Da subito la band si dirige verso composizioni originali che, staccandosi dalla forma canzone, combinano variazioni armoniche e cambi di tempo.
Il primo periodo (1994 > 99) serve al gruppo per maturare la propria identità stilistica.
Non riuscendo a trovare un vocalist stabile, la band rende le proprie composizioni sempre più elaborate prediligendo parti musicali a quelle vocali. Dopo un periodo di riassestamento, nel 2002 arriva Simona Rigano, che oltre al ruolo di tastierista si incaricherà anche delle parti vocali rendendo la proposta musicale più omogenea.
La band nel 2003 pubblica (autoproducendosi) ISTINTO. Da qui in poi le pubblicazioni dei CONQUEROR saranno curate dalla Maracash Records di Vigevano, quindi nel 2005 uscirà STORIE FUORI DAL TEMPO. Nel 2007 i CONQUEROR danno alle stampe il loro primo "concept-album" 74 GIORNI, lavoro che consolida l'ottima reputazione internazionale della band. Nel 2009 viene pubblicato il mini CD SPRAZZI DI LUCE, quasi un divertissement che la band realizza in attesa del nuovo "concept" MADAME ZELLE uscito nel 2010, disco che consacra il gruppo come una delle certezze del prog contemporaneo.
Parallelamente alla produzione discografica i CONQUEROR sono anche molto attivi dal vivo. Presenti in vari festival di musica progressiva organizzati in tutta Italia e anche qualche presenza all'estero. I CONQUEROR hanno diviso il palco con grandi nomi del prog Italiano ed Internazionale, tra cui: Pendragon, Metamorfosi, Arti e mestieri, Bernardo Lanzetti, Pure Reason Revolution, Delirium. Diverse sono le compilation di tributo a cui i CONQUEROR prendono parte con personali rivisitazioni di grandi classici. La band ha inciso per la Mellow Records brani di MOODY BLUES; SANTANA; MARILLION; STEVE HACKETT; YES; PINK FLOYD; PROCOL HARUM.
Nel 2014 esce il 5° cd intitolato STEMS, lavoro che riporta i CONQUEROR ad una formazione a 4 elementi: il cd viene presentato al teatro al parco di Parma dove la band registra un clamoroso sold out! Nel 2015 per festeggiare il 20° anno di attività, esce il primo live album UN’ALTRA VERITA’.
Dopo aver scritto musica per 6 dischi, la band ha cercato di prendersi una pausa creativa andando a scavare nella storia cantautorale Italiana, ed omaggiando uno dei più grandi. La scelta è caduta su Fabrizio De Andrè per ragioni quasi ovvie: la collaborazione di De Andrè con la PFM, quindi arrangiamenti molto vicini al  progressive rock, mondo che i CONQUEROR hanno sempre rappresentato. Per presentare in maniera completa le opere  di Fabrizio De Andrè  la formazione si per l’occasione si è allargata con due ospiti: violino e voce maschile.

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