lunedì 31 ottobre 2011

TIN PAN ALLEY hot jazz trio


Nella mia costante ricerca della qualità musicale, indipendente dal genere proposto, mi sono imbattuto nel TIN PAN ALLEY hot jazz trio, di cui riporto una biografia subito dopo l’intervista.
A incuriosirmi è stata l’originalità del progetto che prevede tre protagonisti non contaminati, almeno nell’occasione, da tecnologia avanzata, e propositori di musica “antica”-anni’30/40-che portano on stage utilizzando violino, ukulele, voce e… abiti adeguati. Musica, teatro e stile di vita, come verrà evidenziato nello scambio di battute a seguire.
C’è un altro motivo che mi ha spinto ad approfondire, e cioè la presenza di un ukulele, uno strumento dalle incredibili potenzialità, incasellato in ambito ristretto dal comune pensare, anche se in realtà presenta una versatilità-e praticità- unica.
Nella scuola di musica di questi giovani artisti esistono corsi dedicati a questo strumento dalle dimensioni contenute e dalle enormi possibilità espressive:
Ma leggiamo il pensiero del TIN PAN ALLEY hot jazz trio.



L’INTERVISTA

Mi hanno parlato in termini entusiastici della vostra proposta, sicuramente originale, ma non certo semplice. Se è vero che si suona soprattutto per rispondere ad esigenze personali è anche vero che occorre cercare un link diretto con chi ascolta. Che cosa vi ha portato su questo percorso che, mi pare, copra uno spazio che stava aspettando di essere riempito?

In tutta sincerità il progetto è nato quasi per caso, due anni fa circa ho chiesto a Luca “El Bastardo” di imparare a suonare “Whispering” perchè mi sarebbe piaciuto provare a cantarla, da li il passo è stato breve: quando inizi una ricerca di pezzi standard anni ’20 per l’ukulele è come aprire il vaso di Pandora! Scopri canzoni bellissime purtroppo cadute nel dimenticatoio e che mai hanno fatto parte della cultura popolare Italiana nemmeno in quel decennio... e una canzone dopo l’altra strimpellata in casa El Bastardo ha proposto di ampliare il progetto, di concretizzarlo perchè secondo lui era troppo bello e divertente per restare chiuso fra le mura di casa nostra... abbiamo subito coinvolto il violinista/mandolinista Tony Timone ( Antonio Fiori) e sono nati all’istante i “Tin Pan Alley-hot jazz trio” dopo il primo incontro.

Sempre per sentito dire (e per alcune visualizzazioni su youtube), mi pare che l’aspetto scenico/ teatrale faccia parte della performance. Come si miscela tutto questo con la musica?

In effetti per noi una componente fondamentale è cercare di trasportare il pubblico indietro nel tempo, ci piace proporci come un tipico trio dell’America del proibizionismo, di conseguenza anche l’abbigliamento ha la sua importanza: i due uomini della band suonano sempre in tight o completo gessato, mentre io indosso abiti anni ’30 principalmente... e rigorosamente originali vintage! Ma questa è un’altra mia passione e devo stare attenta a non dilungarmi troppo, basti dire che io vesto tutti i giorni anni ‘30-’40 e vado a fare la spesa o prendere l’aereo con i bigodini in testa coperti da un foulard!

Credo che pochi sappiano che tipo di soddisfazione( enorme) si prova nel suonare strumenti come Mandolino e Ukulele, associati erroneamente ad una musica settoriale. Se Aonzo è un buon traino per la diffusione del primo (lo ringrazierò per tutta la vita!), per quanto riguarda il secondo… se ne parla poco. Mi raccontate qualcosa del vostro progetto dedicato?

A questa domanda lascio rispondere El Bastardo, uno dei pochi insegnanti in Italia di ukulele e organizzatore dell’ Avigliana Ukulele Jamboree che si è appena svolto ed è stato un enorme successo.
Eccomi!
L’Ukulele in Italia è da poco tornato alla ribalta delle cronache, la gente ha ricominciato ad essere incuriosita, i musicisti hanno ricominciato a vederlo con la sua (più che concreta!) dignità di strumento musicale. Personalmente, da bravo chitarrista, anche io per anni ho “strimpellato” lo strumento vedendolo più come un giocattolo. Poi un giorno mi sono ritrovato fra le mani un video dove compariva Roy Smeck (uno dei grandi virtuosi degli anni 20/30) e mi sono reso conto che le cose erano del tutto differenti! Tanto è vero che ho iniziato a studiare l’ukulele approfondendo il più possibile e a proporre i miei spettacoli “a solo”, che di solito mi vedono con chitarra acustica, resofonica etc, anche in versione ukulelistica. Due anni fa ho deciso di introdurre all’Honky Tonk School i corsi di Ukulele soprattutto per avere l’occasione di spiegare a chi lo approccia che la nostra pulce saltellante porta con sé’ un retaggio culturale, oltre che ovviamente musicale, incredibile e che va rivalorizzato! L’hawaiian swing, l’hot jazz, il primo blues e addirittura un po’ di country e bluegrass.. i primi 50 anni del secolo scorso sono stati caratterizzati in gran parte dall’ukulele!! Tornando a El Bastardo, all’Honky Tonk School e al Tin Pan Alley hjt da li in poi il resto è storia, a Settembre di quest’anno abbiamo anche dato vita all’Ukulele Club Torino e stiamo lavorando duramente per divertirci facendo un po’ di cultura.

Qual è la soddisfazione maggiore che provate nel confronto diretto col pubblico? Che tipo di emozione vi da “il live”?

Il live è assolutamente la mia droga preferita! Specialmente per me che sono la “novellina” del trio ( sia El Bastardo sia Tony Timone sono artisti piuttosto noti e hanno esperienza da più di 20 anni!). E’ fantastico vedere il pubblico andare in visibilio per canzoni che probabilmente non hanno mai sentito prima! Credevo fosse una sfida proporre il genere Hot Jazz, specialmente in Italia, in realtà il pubblico ci ha stupiti in positivo fin dalla prima esibizione, e il commento da me più apprezzato e che davvero spesso sento dirmi è: “ è stato divertentissimo, non mi sono reso conto che sia passata un’ora e mezza!”.

Nel vostro repertorio esistono anche brani di vostra realizzazione?

Al momento no, anche se non nego che stiamo lavorando da qualche mese ad alcune canzoni... ma non è una priorità, mi ripeto ma: la musica e le canzoni che sono state composte dalla fine degli anni ’10 fino a metà anni ’30 sono davvero dei capolavori, e ci piace l’idea di farli scoprire nel 2011 e farli rivivere... è un vero onore!

La “Tin Pan Alley” può essere anche uno stile di vita?

Sì, e noi ne siamo l’esempio: io e Luca (El Bastardo) abbiamo fondato da un anno e mezzo una scuola a Torino, la “Honky Tonk School”, dove si insegnano arti varie pre 1950: da noi trovi lezioni e corsi di strumenti musicali come ukulele, violino, mandolino, chitarra Bluegrass, country/ blues e resofonica, armonica a bocca, banjo, canto e non solo: ballo tip-tap, boogie woogie, burlesque, make up e acconciatura storico... insomma siamo convinti di vivere negli anni ’30 e stiamo trascinando nel nostro mondo centinaia di torinesi!

Se pensate ad un percorso futuro, immaginate una possibile evoluzione della line up?

In molti ci pongono questa domanda, in effetti la nostra formazione è molto particolare e scarna: voce-violino-ukulele, ma lo reputiamo anche il nostro punto di forza. Il Tin Pan Alley hot jazz trio è perfetto così.. non nego che l’inserimento ad esempio di un contrabbasso sarebbe fantastico, o anche uno slide-trombone, ma allargare la band comporta purtroppo, oltre a una modifica del sound che potrebbe modificare troppo quello attuale, vari problemi logistici: noi siamo musicisti di professione e le prove sono fondamentali, come le date; la maggior parte dei musicisti invece hanno altri lavori e svariati impegni che difficilmente collimano con quelli della band... Inoltre resta anche il triste problema del cachet, come puoi immaginare è sempre difficile in questi anni ottenere una paga adeguata, e se aumentassero i componenti... la deduzione è logica!

Pensate che la generica musica italiana di qualità, quella che non guarda al mero aspetto commerciale, abbia una direzione ben precisa, un percorso con una meta, o è l’insieme di tanti battitori liberi che usano il proprio talento e gusto per soddisfare le proprie intime esigenze?

La scena Indipendente italiana da sempre è controversa, abbiamo incontrato davvero poca gente che suona con l’attitudine giusta e con il coraggio di farlo sul serio (intendo, pagarci l’affitto a fine mese). è più facile incontrare egocentrici e professori vari.. che poi è la stessa cosa! purtroppo la nostra esperienza è questa. C’è generalmente poca umiltà, poco rispetto degli altri, troppa concorrenza inutile e ingiustificata.

Mi riallaccio ad una domanda precedente: che cosa vi spaventa di più quando proponete la vostra musica in un luogo impreparato ad accoglierla?

Diciamo che non ci spaventa nulla! Eravamo pronti fin dalla prima data ad avere volti con espressioni sconcertate davanti a noi, invece nella maggior parte dei casi avviene che le persone ci guardino con curiosità mentre ci prepariamo sul palco, ma poi come iniziamo a suonare le espressioni diventano dapprima stupite e poi divertite! Ovviamente ci sono sempre persone che restano nelle retrovie e che nemmeno si accorgono di quello che sta accadendo, che continuano a parlare ad alta voce e guardano male come ad intendere che li stai disturbando... ma questo è il frutto dell’indifferenza totale che si è sviluppato negli anni 2000. Ho assistito a questa tipica scena varie volte a concerti di persone molto più brave di me, e ho sempre pensato: poverina/o chissà che fastidio e delusione sta provando... e avevo paura di questo, credevo che se fosse successo a me, mi sarei svilita. Ebbene invece no: la realtà è che ti basta il calore e l’attenzione delle persone davanti al palco per dimenticare tutto il resto!

Cosa avete pianificato per il vostro futuro musicale?

Al momento la priorità è incidere un cd, sempre più persone al termine di una nostra esibizione chiedono dove poterlo comprare, ma purtroppo non esiste ancora. Siamo in trattativa con un paio di label, anche se rimaniamo fermamente convinti di autoprodurci il tutto.. Rimanete sintonizzati!

BIOGRAFIA
TIN PAN ALLEY hot jazz trio
EL BASTARDO outlaw picker: ukulele, kazoo, rhythm ring, armonica, voce
TONY TIMONE: violino, mandolino, shaker, cori
LA TERRIBILE: voce, wooden a go-go, shaker, triangolo
"I TIN PAN ALLEY nascono come trio nel 2011, il loro repertorio è composto prevalentemente da pezzi standard della tradizione americana del 1920-30 (ossia la conosciuta "Tin Pan Alley era") con qualche incursione nei classici dell'hawaiian swing.
La scelta di essere un trio è per motivi di essenzialità: con soli tre elementi acustici si riesce ad assaporare l' anima di questo jazz, agli antipodi rispetto al 'jazz freddo', nato in strada in periodi difficili ma con la voglia di suonare.
Tre elementi ma repertorio vario e spettacoli roventi!
In pochi mesi di attività sono diventati uno dei "casi" musicali più interessanti del panorama, suonando in locali di tutti i generi, dai festival estivi ai teatri, e in manifestazioni importanti quale l'International Acoustic Guitar meeting di Sarzana e con artisti di fama come Sue Moreno.
El Bastardo outlaw picker artista indipendente noto in Italia e all'estero, dopo anni da one man band country-blues si lancia in questo nuovo progetto parallelo assecondando la sua personale passione per l'ukulele e il jazz tradizionale.
Tony Timone approda all'Hot Jazz, al Blues, al Ragtime dopo anni di orchestra e come mandolinista nel quartetto di Carlo Aonzo, affascinato da questo lato più passionale e 'sporco' della musica.
La Terribile, cantante giovane e di gran talento, conduce i giochi con maestria come una shouter dei tempi andati e in pochi mesi è riuscita a stregare il pubblico cantando, danzando charleston e hula."

domenica 30 ottobre 2011

Notte Prog... a Castel San Giovanni



Ancora una magnifica serata all’insegna della musica progressiva, ancora un momento significativo con un fine benefico. Questa volta la sede scelta è il Teatro Moderno di Castel San Giovanni (PC).
Nell’occasione è il Dott. Rossi, presidente della ONLUS “Fondazione Cura Mini-Invasiva Tumori” che anticipa il concerto, indicando con parole chiare e semplici la necessità di trovare fondi per la ricerca, sottolineando le carenze “ufficiali” e la conseguente spinta verso strade alternative.
Teatro pieno e quindi grande risposta del pubblico.
Organizzazione sul sito a cura di Dante Tassi, mentre Franco Taulino ha come sempre il doppio ruolo di musicista e di realizzatore dell’organigramma artistico.
Sul palco il solito sogno che diventa realtà, con la Beggars’ Farm che agevola le performance di alcuni ospiti tra i più illustri della scena prog italiana e non solo: David Jackson, Aldo Tagliapietra, Bernardo Lanzetti, Lino Vairetti, Gianni Leone. Piccola partecipazione per un grande cantautore, Aldo Ascolese, ma in certe occasioni il piacere della compagnia, il gusto della presenza, è forse superiore alla necessità di visualizzazione personale, tipica dei concerti “singoli”.
Buone le premesse quindi, anche se alcuni problemi tecnici, fortunatamente risolti, hanno fatto temere il peggio.
Si inizia con una sorpresa, un tributo a Battisti con un artista locale, Barristi Rosario De Cola, che viene accolto con un certo “calore”, e che propone due canzoni tipiche del Lucio nazionale (“La Canzone del Sole “ e “I Giardini di Marzo”), inaspettate ma apprezzate dal pubblico.
Il primo big è Aldo Tagliapietra che presenterà alcuni dei suoi brani storici, come “Gioco di Bimba”, “Amico di Ieri” e “Canzone d’amore”. Niente basso , ma chitarra acustica e voce inconfondibile, che anche a distanza di tempo provoca emozioni a gettito continuo. I suoi compagni di palco si chiamano Beggar’s Farm, Franco Castaldo e… David Jackson, quest’ultimo conoscente di vecchissima data.
Un bel momento… un inizio alla grande.


Il secondo ospite è Bernardo Lanzetti che “mantiene”on stage Jackson, presenza necessaria per proporre due brani dei Van der Graaf Generator, “Refugees” e “Killer”, molto complicati da eseguire. “Refugees” rappresenta uno dei momenti poetici più alti di Hammil e soci, e la versione ascoltata nell’occasione ha emozionato un pubblico attento.


Non potevano mancare brani della PFM, come “Traveller” e “Out of the Rondabout” o, nel bis, “Impressioni di settembre”. Carino il gesto di Lanzetti che ha ricordato che tra il pubblico era presente Giorgio “Fico” Piazza, primo bassista della PFM, e quindi reale protagonista di “Storia di un minuto”.
Tra gli autori di “Impressioni di Settembre” anche Mogol e quindi l’iniziale angolo “Battistiano” si incastra correttamente nella filosofia musicale della serata.
Lanzetti utilizza anche il suo “glovox” e si dimostra in piena forma, per la delizia dei presenti che apprezzano molto le sue doti di uomo da palco. Inclinazione che si mette in evidenza quando, in occasione del tributo a Demetrio Stratos, “Maestro della voce”, Bernardo riesce a coinvolgere il pubblico, “costringendolo” a battere le mani a tempo e a … tirare fuori la voce.
Fine prima parte per tirare il fiato e per cercare la socializzazione, naturale tra persone che amano la musica… questo tipo di musica.
Si riprende col bravo Ascolese che… “Volta la carta”, ma esce dai giochi un po’ troppo presto, anche se lo si rivedrà per il brano finale.
Arriva il momento delle Prog Family di Lino Vairetti che, con David Jackson, ripropone l’album condiviso un paio di anni fa. Vairetti compare con la sua usuale maschera dipinta in volto e presenta un sunto dell’album, mentre sullo sfondo scorrono le immagini storiche, che molto si addicono alla serata. Grande energia e tocco di allegria che colpisce l’audience.
L’ultimo ospite ad apparire è Gianni Leone, che con l’aiuto di Andrea Garavelli al basso e Sergio Ponti alla batteria, ricostruisce uno dei momenti migliori del suo storico passato con il Balletto di Bronzo. Appare in stato di grazia e colpisce anche dal punto di vista strettamente teatrale. Bello il pezzo di Todd Rundgren che Gianni ha già presentato in altre occasioni, anche se la versione con Jackson è quella che prediligie. Ormai ha spazio fisso nei nuovi Osanna e lo ritroviamo in “Everybody Gonna See You Die “, uno dei massimi momenti di pura energia della serata.


Doveroso rimarcare l’apporto determinante dei Beggar’s Farm- fatto ormai scontato- con una grande varietà di musicsiti: oltre ai già citati Garavelli e Ponti, Marcello Chiaraluce (chitarre), Kenny Valle (tastiere), Andrea Rogato (tastiere), Matteo Ferrario (violino), Christian Gazzetta (Chitarra acustica) e Paola Gemma, unica donna sul palco nel ruolo di corista.
Il canonico bis si divide in tre parti, anche se l’immagine più significativa è quella che riunisce tutti i protagonisti sul palco.
Franco Taulino, per una sera più organizzatore che musicista, chiama a se i “suoi uomini”, nominandoli uno ad uno, per una fantastica “Theme One” in onore di David Jackson.
Un’altra serata da ricordare, nel segno della buona musica.
Ma è nell’aria una nuova, grande magia prenatalizia!!!

sabato 29 ottobre 2011

Le Maschere di Clara-"Anamorfosi"


Anamorfosi” è la fresca uscita di “Le Maschere di Clara”, band che già sulla carta è facile definire “unica”.
Vediamo perché.
La biografia racconta di tre musicisti che dopo approfonditi studi classici incontrano il rock, elemento che fornisce una garanzia di assoluta qualità tecnica al servizio del ritmo, fatto non sempre scontato in caso di nuovi gruppi.
Il “trio musicale” è situazione comune, ma non è certo usuale l’utilizzo del violino come terzo elemento base, con un compito prettamente melodico, e a memoria non ricordo un solo esempio simile.
Il nome del gruppo ed il titolo dell’album sono anch’essi portatori di messaggi precisi, e nel corso dell’intervista sono evidenziati interessanti particolari che chiariscono gli intenti di questi giovani artisti.
Sulla carta tutto questo é sufficiente per stimolare la giusta curiosità.
E l’ascolto dell’album porta a belle conferme.
La proposta è raffinata, complicata e sicuramente non per palati facili, ma pare di capire che MdC abbiano in mente tutto fuorché degnare di un minimo sguardo l’aspetto commerciale. Le sensazione è di assoluta libertà espressiva, con l’obiettivo ambizioso di creare musica che non abbia paragoni, cercando di soddisfare in primis le esigenze personali, ma traendo enorme piacere dall’accettazione incondizionata riscontrabile in fase live.
Basso/piano e batteria, violino e voce, cinque strumenti capaci di creare pictures coinvolgenti ed inquietanti che lasciano in piena tensione per l’intera durata dell’album.
Ciò che ascolto mi induce a istintive similitudini e a flash back, perché niente come la musica stimola i ricordi, che attraverso di essa restano incancellabili per la vita intera; ascoltare “Anamorfosi” mi ha riportato ad uno dei momenti musicali significativi della mia adolescenza, quando nei primi anni ’70 ebbi la possibilità di vedere i King Crimson nel tour di Larks’ Tongues in Aspic.
La tensione provocata dal violino di David Cross, inserita in un contesto “dosato” alla perfezione, poteva provocare lunghi brividi e un po’ di angoscia, stessa sensazione provata con “Anamorfosi”, anche se i lavori in studio hanno scopi e utilizzi differenti rispetto al concerto.
Le indicazioni che MdC forniscono a seguire, riportano ad una concezione musicale ”visiva”, ad immagini che credo sgorghino a getto continuo, e a mio giudizio non è necessario un posizione mentale precisa per poterle decodificare, essendo più proficuo il lasciarsi andare reinterpretando in modo personale ciò che si capta, piuttosto che sforzarsi di comprendere gli esatti intendimenti di chi propone musica così aschematica, viscerale e lontana da forme tradizionali di espressione.
Anamorfismo significa anche “distorsione”, e conseguente ricerca di un punto preciso per stabilire la verità di cui sempre abbiamo bisogno, ma… Le Maschere di Clara propongono qualcosa di estremamente chiaro, perché limpide sono le idee base e ragguardevoli l’intergrità e la filosofia musicale che li guidano nel percorso. Ora la curiosità è tutta sul versante live, ma, chissà perche, ho la certezza che non ci saranno delusioni.


l’INTERVISTA

Il nome di un una band non è mai casuale, magari a livello inconscio, esiste sempre una motivazione dietro alla scelta. Che link esiste tra la vostra musica e Clara Wieck? In che modo rappresentate le sue maschere?
Clara è stata indubbiamente una grande musicista e la moglie del compositore Schumann. Le maschere che portava nel “dividersi” tra le cure al marito malato e il caro amico Brahms ci hanno dato l’ispirazione per la scelta del nome.
La vostra è una proposta originale, ma si può fare musica”alternativa”- e soddisfacente- con quattro… cinque… dieci musicisti e rispettivi strumenti. Perché il vostro progetto-molto complesso- prevede tre elementi … c’entra anche qualche sentimento che non ha niente a che vedere con tecnica e professionalità… l’amicizia ad esempio.?
Certo l’amicizia, ma anche il fatto che io (Lorenzo) e Laura siamo fratelli e suoniamo insieme fin da piccoli, rispettivamente al pianoforte e violino. L’essere in tre ci permette di lavorare armonicamente sul concetto di contrappunto Bachiano utilizzando il basso come tappeto armonico tonale e il violino per quanto riguarda la melodia. La voce alla fine si intreccia tra i due strumenti creando una sorta di trio da camera, condito dalla precisione ritmica della batteria.
I vostri studi classici si sono mischiati alla voglia di rock. Esistono delle band o degli album guida, su cui concordate, che vi hanno segnato per la vita?
Per quanto mi riguarda, nel nostro contesto musicale, non esistono band di riferimento, ascolto prevalentemente musica classica per trarre ispirazione. Volendo si potrebbe parlare di alcune band prog degli anni 70, che nel loro fermento musicale hanno utilizzato stilemi prettamente classici. Ma il contesto culturale e sociale degli anni 70 è ben diverso da quello che cerchiamo di proporre noi attualmente. Il rock che rigetto nei miei pezzi arriva da certi gruppi noise, grunge,s toner degli anni novanta. Quello è stato l’ultimo grande periodo rock della sua storia.
Cosa accade -se accade- di magico nei vostri concerti?
L’ultimo giornalista che ha parlato di un nostro live, l’ha descritto come una sorta di trance emotiva nella quale il pubblico era totalmente assorto nell’ascolto dei pezzi, tanto che a tratti il silenzio nella sala stracolma sembrava irreale. Il live è senza ombra di dubbio la nostra essenza, in quel momento possiamo catturare il pubblico e avvolgerlo spingendolo oltre il semplice ascolto.
Non amo le etichette musicali per cui chiedo a voi come vi si può inquadrare in fase di presentazione, per soddisfare l’esigenza di chi si avvicina alla vostra musica, senza averla ancora ascoltata.
Ricerca di nuove forme musicali. Anticonformismo tonale.
Si scrive musica per se stessi, ma nel momento in cui si viene allo scoperto nasce l’esigenza di diffondere il più possibile la propria filosofia musicale. A chi vi rivolgete principalmente, tenuto conto della particolarità della proposta, che richiede impegno compositivo, ma anche concentrazione nell’ascolto?
Abbiamo la fortuna di lavorare con persone che credono in questo progetto e che stanno spingendo affinché si possa aprire un sentiero nell’attuale melma musicale generale. Vista l’affluenza di persone ai nostri concerti e le tante recensioni entusiastiche di questo periodo posso dire che c’è interesse e voglia di spostare i propri orecchi verso nuove terre.
Che tipo di evoluzione rappresenta “Anamorfosi” nel vostro percorso musicale?
L’inizio di un viaggio interiore che non ha fine. Estrapoliamo ogni nostra emozione interna cercando di ridipingerla su enormi tele musicali.
Perché il titolo “Anamorfosi”?
Perché chi ci ascolta deve partire dall’idea di assorbire la nostra musica da un punto “visivo” ben preciso, così da poterla vedere nitida e prospetticamente perfetta.
Cosa pensate dell’attuale businnes che ruota attorno alla musica?
Non mi interessa. Non faccio musica per soldi.
Quanto spazio occupa nei vostri pensieri l’utilizzo di nuova tecnologia in fase creativa?
Preferisco parlare di nuova armonia in fase creativa. Poi lo strumento con la quale si realizza il tutto ha poca importanza.
Provate ad esprime i vostri desideri musicali, da realizzare nei prossimi tre anni.
Tre dischi, uno di questi con orchestra sinfonica. Trecento concerti. Un tour all’estero.

Le Maschere Di Clara - Anamorfosi



Tracklist:
01 – 23:23
02 – Habanera
03 – Acheronte (feat. Bologna Violenta)
04 – Apidistra
05 – Gustavo Rol
06 – L'Essenza
07 – Piombo (feat. Bologna Violenta)
08 – Sonata In Re Minore
09 – Venere
10 – Porpora
11 – Vienna Dorme
Line up:
Lorenzo Masotto: basso,pianoforte e voce.
Laura Masotto: violino e voce
Bruce Turri: batteria


Immagini di repertorio

venerdì 28 ottobre 2011

Ricordi di una adolescente... era il 1973...




Ho trovato su il sito (non ufficiale) di Ciao 2001 una lettera di Mary, una giovane che nel 1973 aveva 19 anni.
La ripropongo senza alcuna modifica, errori compresi.
Anche lei amava la musica dei Jethro Tull, pur criticando apertamente ciò che secondo lei non andava bene.
E chissà che Mary non si rifaccia viva!


Un concerto dei Jethro Tull

23 marzo 1973

Sì, sono un’universitaria, ho 19 anni e faccio il I° anno di lingue. Non è che sia qui per vocazione, ma perché non sapevo dove sbattere la testa dopo il liceo e per levarmi dai piedi (dei miei naturalmente). Dove sono, a Verona, non è che mi senta perfettamente a mio agio ma sono libera di fare quello che voglio, insomma non ho nessuno che mi controlla. Finora, per esempio, ho potuto andare a veder i concerti dei Black Sabbath e dei Jethro a Vicenza senza avere grane in casa.

(…)

Io adesso posso muovermi liberamente ma mia sorella (17 anni) no, da sola [i miei] non la lasciavano andare di sicuro così ho dovuto andare a rivedere qual pagliaccio di Ian Anderson, pagare 3.000 (dico 3000) £ da quei porki di bagarini (se non fossimo state con gli altri non avremmo fatto il loro sporco gioco di sfruttatori) e subire le conseguenze a casa il giorno dopo [Avevamo chiesto il permesso, ma avevamo preso “papà” in contropiede e in queste situazioni papà da bravo indeciso disse “mah, guardate voi” e noi via prima che ci ripensasse, perché poi ci ripensava sempre!], mia madre poi aveva saputo degli incidenti, della polizia, degli arresti, gas lacrimogeni etc. (per fortuna mio padre non ne sa niente). Comunque tornando a parlare di musica: niente da dire sulla musica dei Jethro, favolosa come al solito; ma se avessero fatto solo quella!!! A Vicenza mi ero già abbastanza scocciata per quelle pagliacciate, che non avevano niente a che fare con la musica e che non erano neppure intelligenti (telefono che suona nel mezzo del brano, palombaro che va a rispondere, ultime notizie e bollettino del tempo, etc. veramente deprimenti!); puoi immaginarti a Bologna quando mi hanno rifatto le stesse cose allo stesso punto e uguali nel minimo dettaglio. Pensavo che almeno certi gesti, certi atteggiamenti fossero dovuti al feeling del momento, che fossero spontanei: niente, niente di spontaneo, di diverso, hanno recitato la loro parte facendoci tutti fessi (io mi mangiavo il fegato 5000 £ per quel buffone; cose da pazzi…). A dire il vero fischi ne hanno presi durante le cretinate + grosse, ma non erano abbastanza. Sanavio ha detto che a Roma hanno tirato oggetti (non si sa cosa) contro Anderson colpendolo alla faccia, peccato! non ha capito il messaggio visto che non è cambiato. Bè adesso vado, è mezzanotte e ho sonno.

Ciao,
Mary

giovedì 27 ottobre 2011

Banda Fratelli-Buongiorno disse il metronotte



Buongiorno disse il metronotte”, album di fresca uscita di Banda Fratelli, rappresenta la descrizione musicale del viaggio notturno di un lavoratore particolare, percorso costellato da “tappe di controllo”, e ad ogni sosta corrispondono un brano ed un pensiero differente.
Sì, un pensiero profondo, anche se nascosto da un “metodo di racconto” che ad analisi superficiale potrebbe ingannare.
Nel corso dell’intervista emerge come uno degli obiettivi di questo gruppo sia “riflettere sorridendo”, che è poi una filosofia di vita ideale, anche se non sempre facile da attuare.
Ascoltando una nuova musica, viene automatica la ricerca della comparazione, della somiglianza a qualcosa che già ci appartiene. Banda Fratelli non sfugge alla regola ed evoca autorevoli figure che hanno saputo lasciare il segno scrivendo pagine che sono ormai dei classici inossidabili al tempo che passa. Nel comunicato stampa si fa accenno a Gaber, Buscaglione, Carosone, nomi che vengono facili sin dal primo ascolto, ma io considererei B.F. come una sorta di evoluzione che tiene conto di testi importanti, sarcasmo e ironia, tecnica musicale di qualità e, probabilmente, grande capacità di comunicazione e interazione col pubblico.
Titoli come “Salsa e Meringhe”, o “Non c’è trippa per gatti”, o ancora “Il pirata in frack” sono solo la maschera allegra che copre un viso estremamente serio, preoccupato dai problemi che affliggono un po’ tutti, e una volta arrivati all’epilogo la maschera cade e la triste realtà non trova più angoli in cui nascondersi: “ Cerco le cose da salvare e non riesco a non pensare che mi sono affezionato a qualcosa di sbagliato. Immagini da ricordare, oggetti da aggiustare, libri da scoprire prima di dormire. Su una scialuppa di fortuna ho la sfortuna di sentirmi un giovane Noè senza animali. Cerco le cose da salvare dal diluvio universale prima di sprofondare giù.”
Scopriamo meglio Banda Fratelli, attraverso sito di riferimento, intervista e musica.

L’INTERVISTA

Il nome di una band è spesso casuale, ma molte volte esiste uno stretto collegamento, magari inconscio, col progetto che si desidera realizzare. Perché “Banda Fratelli?”
In realtà, la scelta del nome è stata abbastanza casuale, frutto di una serata tra amici. Nel corso del tempo, però, le due componenti (“Banda” e “Fratelli”) si sono tatuate nella carta d’identità del gruppo. Siamo Banda, perché siamo monelli troppo cresciuti, mascalzoni ben pettinati. Siamo Fratelli, perché un gruppo musicale è prima di tutto una famiglia.

Da dove nasce il vostro amore per certa musica… a chi si può attribuire “la colpa” antica delle vostre scelte attuali?
La nostra musica è una miscela di tantissime influenze. Sicuramente, la canzone d’autore ha segnato profondamente il nostro stile. In ogni caso, ci piace contaminare e mischiare tutte le nostre conoscenze di generi più o meno orecchiabili.

Esiste un musicista o una band che ritenete “la perfezione”… l’esempio di una strada da seguire ad ogni costo?
Siamo grandi appassionati di molti gruppi, i cui album si sono consumati nei nostri stereo. Tutti questi artisti sono chiaramente esempi da seguire, ma non credo di poter parlare di “perfezione”. Come dicevo prima, nel nostro DNA, tutte le influenze e i modelli da seguire sono fusi in una patchanka che cerchiamo di esprimere in ogni concerto, in ogni canzone.

Ho letto della vostra attitudine ad interagire col pubblico… che cosa rappresenta per voi una performance live? Da prediligere rispetto al lavoro in studio?
La Banda Fratelli nasce come gruppo live. Il palco è stato importantissimo per farci capire chi eravamo e far uscire i nostri talenti alla luce del sole. È proprio dall’esperienza che sono nate le gag e le interazioni con il pubblico. L’adrenalina di un concerto è per noi necessaria, e non possiamo farne a meno per più di due settimane senza avere crisi di astinenza. In realtà, però, non prediligiamo il concerto rispetto al lavoro in studio, perché sono due cose molto diverse, entrambe divertenti e stimolanti.

Riuscite a concepire un brano privo di testi? Il messaggio può passare solo attraverso le liriche?
Fino ad ora non abbiamo composto brani senza testo. Credo però che la musica delle nostre canzoni sia spesso in linea con il testo, una sorta di complemento e non semplice contorno. Musica e testo, nelle nostre canzoni, sono profondamente legate insieme: si spiegano a vicenda.

L’ironia è alla base delle vostre creazioni. E’ una scelta legata alle vostre caratteristiche personali o ritenete che il messaggio passi in modo più efficace se si riesce anche a far sorridere… riflettendo?
Sicuramente cerchiamo di far “sorridere riflettendo”…anzi, meglio dire “riflettere sorridendo”. L’ironia non è il fine, ma il mezzo con cui raccontiamo una storia su cui riflettere. Questo modo di argomentare è leggero, ma non superficiale. L’obiettivo è raccontare storie con significati profondi, utilizzando un lessico semplice e pervaso di ottimismo.

Sono rimasto incuriosito dalla piantina dei vostri brani, inserita nel CD, con tanto di coordinate per localizzarli e simboli che riportano ai titoli dei brani. Qual è l’intento?
Al centro di tutte le attività che abbiamo seguito per la realizzazione dell’album e dell’omonimo video, c’è la figura del metronotte. Un personaggio retrò, che con la sua bicicletta veglia sulla città mentre tutti dormono. La cartina all’interno dell’album è un espediente grafico per richiamare alla mente il percorso del metronotte durante le ore di lavoro. Ogni canzone è una tappa del suo viaggio.

Avete alle spalle cinque anni di vita di gruppo. Quale potrebbe essere il bilancio di questo lustro?
Il progetto “Banda Fratelli” ci ha dato tante soddisfazioni, sia artisticamente che emotivamente. È stato molto bello aprire concerti importanti, realizzare un album che ci piace, conoscere tante persone che ci hanno stimolato e affascinato. Il bilancio è assolutamente positivo, speriamo che lo sia anche tra cinque anni.

Che analisi vi sentite di fare sullo stato della musica attuale? Crisi di talenti… di opportunità o va tutto bene così?
Siamo in una fase di trasformazione. Il mercato della musica ha funzionato in un certo modo fino a pochi anni fa, ma adesso stenta a trovare un nuovo modello da seguire per sopravvivere. Quello che percepiamo noi, dal basso, è un fermento straordinario di idee e contaminazioni che, al momento, difficilmente riescono a uscire dal bar sotto casa, o addirittura dalla sala prove. La materia prima, per intenderci, non manca. Per quanto riguarda le opportunità, Internet è un palco meraviglioso e potentissimo, ma deve ancora sviluppare tutte le sue potenzialità.

Esprimete un desiderio e disegnate il vostro percorso musicale da qui al 2015.
2012: Vinciamo Sanremo. 2013: Suoniamo al SuperBowl. 2014: Oscar per la colonna sonora di un film. 2015: Diventiamo Presidenti degli Stati Uniti. Un desiderio: una pizza con patatine, grazie.


mercoledì 26 ottobre 2011

La Prog Exibition 2011 raccontata da Augusto Croce


Anche quest’anno Augusto Croce, autorevole penna prog, racconta su questo blog la sua Prog Exhibition.

Prog Exhibition – Roma 21-22 ottobre 2011
La seconda edizione del Prog Exhibition si preannunciava fin dal programma di tono leggermente inferiore rispetto allo scoppiettante debutto dello scorso anno. La volontà di ripetersi ha spinto gli organizzatori a mettere insieme un cast di ottimi musicisti e ospiti internazionali di rilievo, ma senza i grandi nomi di richiamo dell’edizione precedente. Nonostante questa premessa, confermata da una partecipazione di pubblico discreta ma non esaltante, il festival ha offerto alcuni spunti notevoli, alternando, come inevitabile in manifestazioni di questo genere, luci e ombre.

Venerdì 21 ottobre
L’inizio è un po’ in sordina, con i bolognesi Stereokimono chiamati a esibirsi davanti a pochi ardimentosi in una sala dalla temperatura decisamente gelida. Nonostante un buona tecnica, i quattro musicisti mi sono sembrati poco originali e coinvolgenti e il loro breve set non ha lasciato tracce particolarmente significative.
Si prosegue con gli Oak dell’eclettico Jerry Cutillo, gruppo legato alle sonorità dei Jethro Tull e arricchito dalla presenza di Maartin Allcock, che con quel gruppo aveva militato a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90. Purtroppo il concerto di Allcock è stato funestato da una serie di problemi tecnici apparentemente irrimediabili che gli hanno permesso di suonare pochissimo. Nonostante qualche spunto interessante l’esibizione di questo gruppo non mi è sembrata interamente convincente, dato anche il poco tempo a loro disposizione.
Il primo dei grandi nomi in scena è stato quello di Jenny Sorrenti con i suoi Saint Just Again, gruppo senza nessun collegamento con quello che produsse due splendidi album nel 1973 e 1974, ma di grande qualità tecnica per la presenza di Ernesto Vitolo alle tastiere e Marcello Vento alla batteria, oltre al chitarrista Elio Cassarà e al bassista Cristiano Argentino. Il concerto si è basato su brani dall’album “Prog Explosion”, con un bel suono d’insieme e la voce di Jenny, a parte qualche esitazione iniziale, che ha confermato le sue eccellenti doti. Momento di spicco del set doveva essere la presenza di Alan Sorrenti, che però si è rivelata piuttosto deludente sia per l’appannamento della sua leggendaria voce che per la scelta di un arrangiamento francamente imbarazzante per la sua “Vorrei incontrarti”.
Aggiunti all’ultimo momento in programma, gli Ut, descritti come “L’anima prog dei New Trolls” rappresentano l’ultimo tassello della tormentata saga del gruppo genovese. Formato da due componenti storici dei New Trolls, il batterista Gianni Belleno e il tastierista Maurizio Salvi, oltre al bassista Massimo Gori (ex Latte e Miele), al chitarrista Claudio Cinquegrana e al tastierista Andrea Perrozzi, questo gruppo si è esibito per soli 15 minuti a causa della recentissima formazione che non ha permesso un repertorio più ricco ed elaborato, ma la classe dei musicisti si sente tutta, e i rifacimenti dell’Adagio dal “Concerto Grosso” e di “Nato adesso” sono stati molto apprezzati.
Già presente lo scorso anno come ospite degli Osanna, Gianni Leone si è presentato stavolta con lo storico nome di Balletto di Bronzo, coadiuvato dal giovane bassista Ivano Salvatori e dall’esperto batterista Alfondo Ramundo. L’unica cosa certa di Gianni Leone è la sua imprevedibilità e, anche questa volta, il tastierista ha confermato le sue doti tecniche e sceniche, sorretto da una potente base ritmica e riproponendo ampi estratti dal classico “Ys”, con un suono forse a tratti eccessivamente pieno.
Ospite d’onore per il Balletto è stato Richard Sinclair, con un’imponente doppio manico chitarra 6 corde + basso fretless 4 corde. Sinclair è musicista eccellente e ottimo cantante e lo spazio che gli è stato concesso per una delle sue composizioni è stato tra i momenti più belli di questo Prog Exhibition. Forse il connubio con il Balletto di Bronzo non era dei più azzeccati, ma questo è un altro discorso….
La chiusura della prima serata è con gli Arti & Mestieri, gruppo sempre attivissimo dal vivo, che personalmente avevo già visto diverse volte, sempre con qualche novità nella formazione. Anche stavolta una nuova line-up, con il nuovo entrato Roberto Puggioni al basso e il graditissimo ritorno per l’occasione di Gigi Venegoni, uno dei fondatori del gruppo. L’ospite straniero Darryl Way (dei Curved Air) è stato sostituito all’ultimo momento da Mel Collins, previsto solo per la seconda serata.
Per chi non li avesse visti dal vivo gli Arti & Mestieri hanno un suono potentissimo, scandito dall’impressionante drumming di Furio Chirico e sorretto dal buon lavoro di basso di Puggioni. Il chitarrista titolare Marco Roagna era assistito in questo caso dall’eccellente Venegoni, mentre le tastiere di Beppe Crovella hanno spesso un ruolo trainante nelle composizioni del gruppo. Infine il vocalist Iano Nicolò, che interpreta con personalità le limitate parti vocali presenti nella produzione del gruppo.
Ottima aggiunta al già ricco suono degli Arti & Mestieri, il sax di Mel Collins, musicista esperto e raffinato che ha impreziosito alcuni momenti del concerto (immancabile la presenza del sax in “Giro di valzer”) pur avendo potuto provare poco.

Sabato 22 ottobre
L’apertura della seconda serata, con un pubblico decisamente più numeroso, è affidata ai miei concittadini del Bacio della Medusa. Il gruppo umbro è giovane ma già molto apprezzato in campo internazionale, avendo realizzato due CD accolti molto bene dalla critica e dal pubblico e con un terzo lavoro in preparazione, del quale sono stati presentati due brani. Non ripeterò le lodi già fatte in altre occasioni, basti dire che il gruppo è sempre a proprio agio sul palco e, nonostante qualche problema di volume, ha avuto un’ottima accoglienza dal pubblico del Prog Exhibition.
Una piacevole sorpresa di questo festival è stato il ritorno di Vic Vergeat con i suoi Toad. Anche in questo caso il nome dello storico gruppo si identifica con quello del suo fondatore, visto che gli altri componenti del trio sono un’aggiunta recente. Coadiuvato da una possente sezione ritmica, costituita da Mickey Guaglio al basso e Jo Macrì alla batteria, entrambi di Domodossola come Vergeat, il buon Vic ha dato vita ad un bel set di rock blues molto apprezzato. Vergeat ha un bel tocco e una bella voce, forse il suo sound non è molto attinente al progressive, ma è piaciuto molto, a giudicare dai commenti sentiti in giro. Anche qui l’innesto dello special guest Mel Collins, già presente nella prima serata, ha aggiunto un tocco di classe ad un concerto di ottimo livello. Unica leggera stonatura per chi scrive i lunghi assoli di batteria e di basso (anche se di ottima fattura!), nella classica tradizione dei “power trio” degli anni settanta, ma forse non adatti ad un set di 40 minuti.
Un piccolo dubbio relativo al gruppo che si è esibito dopo i Toad: possono esistere i Garybaldi senza Bambi Fossati? Evidentemente sì, visto che in formazione c’erano due dei componenti storici del gruppo: Maurizio Cassinelli (voce, chitarra e batteria) e Angelo Traverso (basso e chitarra) e un altro, Marco Zoccheddu (uno dei fondatori dei Gleemen) era presente come “special guest”. Fossati è ormai assente dall’anno scorso per motivi di salute ed è un peccato, perché il nome del gruppo è legato a lui in maniera indissolubile e il suo sostituto Riky Pelle non ha lo stesso carisma. Il loro concerto è volato via in maniera abbastanza indolore, ma senza lasciare particolari ricordi, con un inizio zoppicante (“Moretto da Brescia” cantata da Cassinelli), un crescendo con rapido cambio di strumentazione tra tutti i musicisti e il finale con “La mia scelta” della Nuova Idea, cantata da Zoccheddu.
Di ben altro livello l’esibizione del Biglietto per l’Inferno.Folk, la reincarnazione dello storico gruppo di Lecco con una formazione di otto elementi, due dei quali (il tastieristy Pilly Cossa e il batterista Mauro Gnecchi) provenienti da quella che incise il primo storico album nel 1974. La loro scelta è stata piuttosto coraggiosa, se confrontata con tanti altri gruppi che si sono riformati suonando i brani originali più o meno come quarant’anni prima: riarrangiare il repertorio del Biglietto per l’Inferno, originariamente contraddistinto da sonorità piuttosto dure, con strumenti della tradizione popolare e un’inedita voce femminile.
Il risultato, per quanto molto distante dall’originale è molto piacevole e particolarmente coinvolgente in concerto. I musicisti sono bravissimi, la cantante Mariolina Sala ha un’ottima voce e una notevole presenza scenica e, in questo caso, l’apporto dello “special guest” straniero, Martin Barre, mi è sembrato particolarmente riuscito.
Personalmente li avevo già visti in un piccolo locale e l’impressione era stata ottima. Il dubbio era se sarebbero riusciti a superare l’esame del grande palco: esame passato a pieni voti! Concerto riuscitissimo, probabilmente tra le cose migliori di questi due giorni, e molte persone inizialmente in dubbio sulla possibilità di trasformare i brani del Biglietto in chiave folk si sono dovute ricredere.
Gruppo di punta della serata conclusiva i New Goblin di Claudio Simonetti, Massimo Morante e Massimo Guarini, accompagnati dalla solida ed esperta sezione ritmica di Bruno Previtali e Titta Tani. Inizio in ritardo per problemi tecnici alle tastiere di Simonetti, poi una lunga carrellata di brani dalla vasta produzione dei Goblin, tra cui le varie “Mad Puppet” e “Suspiria”. Concerto un po’ freddo e un po’ troppo lungo per i miei gusti, nonostante l’indubbia capacità di tutti i musicisti sul palco. Finale travolgente, con l’immancabile “Profondo rosso” e l’ingresso dell’ospite d’onore Steve Hackett per una bella versione di “Watcher of the skies”, con l’ottima voce di Vincenzo Misceo (della cover band The Lamb).
Per finire una breve, e totalmente improvvisata, jam session tra i vari musicisti ospiti delle due serate, riuniti da Franz Di Cioccio, quest’anno nella veste di padrone di casa; con Di Cioccio alla batteria c’erano Steve Hackett e Martin Barre alle chitarre, Mel Collins al sax, Richard Sinclair al basso e Maartin Allcock alle tastiere, con rifacimenti di “Locomotive Breath” e di “Crossroads” che chiudono alla grande un bel festival e fanno sperare che l’anno prossimo si possa continuare questa bella tradizione!