venerdì 7 ottobre 2011

La Coscienza di Zeno-Album



Vivere la musica dall’interno, qualunque sia il ruolo, permette di scoprire aspetti a cui difficilmente si arriverebbe senza quell’effetto domino legato alla casualità, ma favorito da un ambiente comune. Era luglio, e all’Arena del Mare di Genova era appena terminato un concerto quando mi … scontrai con La Coscienza di Zeno. Poco importanti i particolari, ma fu quasi immediata la ricerca di quei brani presenti in rete che fanno parte del primo album omonimo e che mi erano appena stati consigliati, con una certa timidezza. Rimasi colpito al primo ascolto, fatto per me fondamentale, all’interno della mia scala globale di valutazione.
L’intervista a seguire e la biografia a fine post svelano molto della filosofia musicale di questa band genovese dalle idee molto chiare.
CDZ si inserisce a pieno titolo nella categoria “progressive”, termine super sfruttato e dalle molteplici sfumature; in questo caso specifico giustificherei il termine affermando che il loro rock (la grande famiglia che tutto racchiude) è a tratti sinfonico, costituito da trame compositive ed espressive articolate, da testi curati con estrema attenzione (fatto non scontato), da una voce caratterizzante, da un mantenimento del passato (tra il classico e i miti prog anni ’70) e da una certa genuinità che rifugge dal colpo ad effetto del singolo a favore del gioco di squadra.
Lavoro molto complesso e direi sorprendentemente maturo, composto da sette brani di forte impatto.
Le influenze e le contaminazioni sono importanti e dichiarate e il grande merito della CDZ mi sembra proprio il mantenimento del DNA musicale con l’aggiunta di un proprio seme che, viste le premesse, non potrà che dare ottimi frutti.
Resta la forte curiosità di valutare le performance on stage, e a questo proposito fornisco a seguire alcune date in cui CDZ saranno impegnati dal vivo.
Ancora una parola per ricordare un’altra proposta, la rivisitazione di un grande brano degli YES, Homeworld, che entrerà a far parte di un disco tributo alla seminale band inglese. Anche in questo caso il risultato è notevole.
Da tenere d’occhio.


L’INTERVISTA

Partiamo dal nome della band, un aspetto che rappresenta quasi sempre qualcosa di più di un “ effetto speciale”, ma, a volte a livello inconscio, riconduce alla filosofia musicale che si sceglie di seguire. Perché “La Coscienza di Zeno”?
Andrea O Il nome che abbiamo scelto non è casuale e ci è sembrato potesse ricondurre a temi che ci interessano molto, come il conflitto interiore e la ricerca dell’identità tipici dell’essere umano in quanto collocato nel mondo post-industriale, di cui Svevo è secondo noi un interprete straordinario. Questo non significa che il termine “coscienza” non possa richiamare, in senso più ampio, la ricerca dentro di sé, indipendentemente dalle coordinate storiche o sociali in cui si manifesta. In generale troviamo molto stimolante l’idea che la musica e i testi possano esprimere, seppur in forme diverse, questo viaggio nell’interiorità di ognuno di noi.

Nelle note che ho ricevuto è sottolineato “… formazione di stampo progressivo…”. Che cosa porta dei giovani verso una musica non certo semplice e, soprattutto, temporalmente molto lontana?
Davide Essendo io uno dei più giovani della band, posso dire per quel che mi riguarda che mi sono avvicinato al genere progressive parecchi anni fa. Conseguentemente a questo i miei gusti musicali sono presto cambiati e sono andati in generale in direzioni che, almeno io, ritengo più mature di altre. Il fatto che il progressive sia ormai lontano una quarantina d’anni da noi non ha inficiato la voglia – che è seguita ai miei primi ascolti – di studiare cose che i più ritengono“troppo difficili”; in effetti trovo che il progressive sia un genere che davvero porta a crescere, sia mentalmente che tecnicamente. Lo trovo decisamente più stimolante, proprio per la complessità che ne è sottesa, di altri stili musicali: diciamo che in generale ho una passione per le cose complicate… ma non si pensi però che per me il “complicato” sia necessariamente più bello; più che altro sono convinto del fatto che le cose semplici (per quanto belle) diano poche possibilità di manovra - soprattutto ad oggi - data l’enorme mole di produzione musicale che, in ogni ambito, abbiamo alle spalle.

Ho letto dell’importanza che date alle liriche, fatto non certo scontato. Quanto si può essere efficaci nel cercare di trasferire dei messaggi attraverso la musica? Può essere la sola musica il veicolo per “parlare” al cuore e alla mente della gente?
Davide: Certamente è vero che diamo molta importanza alle liriche, ma altrettanta importanza è attribuita, nel nostro progetto, all’aspetto strumentale (si pensi alla quantità di parti strumentali presenti nel nostro disco). Questo è indicativo della fiducia che ci guida nel pensare che la sola musica sia in grado di dire molto. Ascoltando anche il più classico progressive si può infatti notare la forza espressiva che gli incastri tra gli strumenti sono in grado di evocare. Quando poi questa viene avvicinata ad una buona linea vocale allora si ha davvero qualcosa di eccezionale.

So del vostro lavoro su “Homeworld”, brano tra i miei preferiti. Cosa vi lega in particolare al mondo “YES”?
Gabriele Personalmente sono nato con gli Yes nelle orecchie. Non passa giorno in cui per la testa non “transiti” una loro canzone. Di loro adoro le voci e soprattutto quel dono unico di riuscire a far sembrare facili delle cose difficilissime. Ho scelto io “Homeworld”: la ritengo il simbolo di cosa gli Yes potessero ancora dire dopo decenni di musica. In pratica è un “bignami” del “Yessound”: relativamente semplice per le orecchie, mostruosamente complicato sulle dita. Ogni volta che mi avvicino ad un brano degli Yes, rimango sempre colpito dalla molteplicità di sfumature presente in ogni loro brano.

Sempre nelle vostre note ufficiali si intravede un nuovo lavoro dedicato al Decameron. Cosa pensate della tendenza diffusa tra le “nuove leve” di riunire in un unico contenitore arti differenti, come pittura, teatro, fotografia e, ovviamente, mondo dei suoni?
Davide Ogni forma d’arte merita, a nostro avviso, si essere esplorata. La combinazione di diverse forme espressive non può che generare un nuovo modo – che tendenzialmente è recente - di intendere l’arte in generale. Si pensi alla Land Art (fare del paesaggio naturale un fatto estetico) o alla Body Art (fare del proprio corpo una “tela” d’artista); o alla tendenza a visualizzare immagini sul palco musicale; o al classico musical: tutto questo è unione di forme artistiche differenti, che si rivolgono a più modi percettivi contemporaneamente. Penso che non si possa che apprezzare almeno l’intento di fondare nuovi generi artistici. Per quanto riguarda la nostra partecipazione al progetto sul Decameron di Boccaccio, l’idea di riproporre un grande classico della letteratura in forma di musica ci ha convinti da subito. Anche il nome del gruppo è un riferimento a questo nostro gusto, emblematico della volontà di riproporre temi classici in forma (si spera) originale.

Domanda per me d’obbligo. Cosa pensate dell’attuale business che ruota attorno alla musica? E… come vi aiuta e quanto vi penalizza internet?
Gabriele Personalmente penso che per suonare progressive oggi si debba essere coraggiosi: si deve sapere innanzitutto che esso funziona diversamente dal mercato musicale in generale e forse, ancora prima di questa regola fondamentale, è necessario essere consapevoli che difficilmente la propria musica potrà portare ad un ritorno economico. Attualmente, considerando la Coscienza di Zeno come un gruppo all’esordio assoluto, internet ci sta procurando dei vantaggi che solo una decina di anni fa erano assolutamente impensabili: il nostro nome inizia ad essere conosciuto e questo è merito soprattutto della rete. Purtroppo, però, tutti questi vantaggi vengono rimaneggiati dagli scarichi selvaggi, che certo contribuiscono a diffondere la nostra musica, ma sicuramente tolgono ogni remota possibilità di un guadagno anche minimo.
Davide In buona parte sono d’accordo con Gabriele. Credo che Internet sia uno strumento forte per diffondere e conoscere idee, ma non si deve confondere un mero strumento per un punto d’arrivo: il fatto che tutto sia alla portata di un click non è molto vantaggioso - almeno a mio parere - per nessun business, a maggior ragione se ogni mercato diventa potenzialmente “gratuito”. Se non si potranno più raccogliere i frutti del proprio lavoro – se non nel senso della sola soddisfazione – il lavoro diverrà presto uno svago, e ciò che prima si faceva per vivere diverrà un hobby. Questo è un grosso rischio, sia per ogni forma d’artista (che sarebbe portato ad esporre il proprio lavoro gratuitamente in rete) che per ogni forma di “divulgatore” di cultura in senso generico (si pensi ad esempio alle riviste on-line o ai libri in formato elettronico).

Quanto conta la coesione, la condivisione e l’amicizia in una band che decide di delineare un progetto? Non basta essere professionisti (o almeno professionali) per arrivare alla fine con soddisfazione?

Andrea O: In un gruppo la coesione e la condivisione sono aspetti fondamentali: essere in un gruppo significa porsi degli obiettivi chiari e lavorare uniti per raggiungerli, facendo un passo indietro e sacrificando la propria individualità, se è necessario. Purtroppo non sempre questo avviene, perché talvolta non si ha la maturità che porta a riconoscere i propri limiti, e si è spinti a dire a se stessi “anche io voglio fare vedere quanto valgo in questo o quell’ambito”, quando invece la forza di un gruppo è anche (ma non solo) la consapevolezza dei ruoli e dei limiti di ognuno. Il narcisismo è il nemico più temibile di un gruppo (in termini psicologici comporta la mancanza di riconoscimento degli altri e di conseguenza l’identificazione degli altri in se stessi) e a volte, a livello inconscio, chi ha strumenti intellettuali raffinati lo maschera con un atteggiamento falsamente disponibile, aperto al confronto e democratico, ma in realtà sta solo cercando di realizzare se stesso, e questo danneggia la reale coesione in un gruppo. Quindi l’amicizia, le bevute in compagnia e le battute sono importanti, ma a condizione che alla base ci sia il reale rispetto e riconoscimento dell’altro e, aggiungo, grande sincerità e autenticità nei rapporti.
Per quello che ho appena detto, si può essere un insieme di musicisti molto professionali e ciò nonostante non essere un vero gruppo. La professionalità è una condizione necessaria per ottenere risultati, ma se non c’è anche coesione è molto più difficile che questo accada.

Quando pensate ad innovazioni relative alla vostra musica cosa vi viene in mente… nuova tecnologia o strumenti antichi, inusuali, magari tipici di qualche cultura esotica?
Gabriele ritengo che CdZ, prima di intraprendere discorsi innovativi, debba necessariamente costruirsi un proprio linguaggio. Solamente dopo aver “inventato un proprio mondo”, fatto d’immagini e suoni perfettamente assimilabili a noi, si possa iniziare a pensare a ciò che di “diverso gira intorno”. In altre parole, prima maturiamo e poi ci evolviamo, laddove paradossalmente maturità non corrisponde ad evoluzione. Personalmente sono sempre stato affascinato dalle melodie mediterranee ed ho sempre sognato di collaborare/suonare con un gruppo che sapesse fondere più stili tradizionali diversi come ad esempio hanno fatto egregiamente gli Indaco o anche i mai abbastanza noti Daniele Sepe ed Eugenio Bennato. Evolversi, nel nostro caso, corrisponde all’aprirsi ad altri mondi musicali che non siano necessariamente di stretta appartenenza progressiva. Per quanto riguarda CdZ, quindi, prima va consolidato un proprio “sound” e solo dopo andrà ricercato il “relativamente nuovo”.
Davide: Sono in parte d’accordo. Riguardo l’innovazione, personalmente, ritengo che oggi le strade possibili siano diverse: da un lato si possono rilanciare vecchie mode, o antiche tradizioni, utilizzando come proponi tu strumenti inusuali o antichi, e magari proporre un genere musicale che sia l’accostamento di elementi siffatti ad elementi nuovi, o comunque più moderni; da un altro lato si può proporre qualcosa di radicalmente innovativo, ma è necessaria una certa “scintilla” per partorire qualcosa del genere, e non è possibile, a mio avviso, programmare questo tipo di cose; infine si può utilizzare quello che si ha, e puntare sul creare qualcosa di nuovo semplicemente mediante la combinazione di differenti gusti ed esperienze musicali: del resto, nel momento creativo della musica, i sentimenti sono quasi tutto ciò che conta. Questo è quello che, in parte, sta facendo CdZ, ed è compatibile con le idee esposte da Gabriele: il nostro sound si consoliderà di pari passo con la nostra maturazione, ma non potrà prescindere dalle diverse sensibilità musicali che ci caratterizzano.

Ogni band ha un segno di distinzione, che non vuol dire obbligatoriamente estrema qualità, ma riconoscimento immediato, dopo poche note. Più facile quando tale elemento distintivo arriva dal vocalist. Quale pensate sia il vostro “immediato biglietto da visita”?
Davide Probabilmente l’aspetto sinfonico e la passione per atmosfere malinconiche attraversano tutto il progressive di un certo tipo, e per questo investono anche la nostra produzione. Ma a questo elemento - che da solo non ci contraddistingue da altri gruppi storici, anche se è un nostro tratto essenziale – va aggiunta la fusione con stili diversi, come un gusto notevole per il cantautorato italiano e per atmosfere d’ispirazione jazz-rock. Infine poi la già citata cura per i testi e il timbro vocale di Alessio, che non ricalca esattamente il cantante tipico di una band progressive, direi che rendono il tutto ben riconoscibile, ma purtroppo penso che a questa domanda sia più adatta una risposta da un ascoltatore esterno.

Cosa vorreste capitasse, musicalmente parlando, alla CDZ, da qui al 2015?
Gabriele per prima cosa vorremmo che CdZ venisse musicalmente capita ed apprezzata per come crediamo che meriti; spesso non tutti i gruppi validi (spero che sia il nostro caso, ovviamente) vengono conosciuti adeguatamente. Insomma, non vorremmo divenire il classico gruppo meteora del prog italiano. Fatta questa premessa, il primo obiettivo è riuscire a fare il secondo disco entro tempi ragionevoli, poi se dovessimo esprimere un desiderio… vorremmo una CdZ musicalmente più elegante e distinta, ma su questo stiamo lavorando alacremente e crediamo che qualche “sentore” di questo desiderio si stia manifestando nei nostri nuovi brani come ad esempio “Il paradiso degli altri”. Poi ci sono i sogni: il primo su tutti è quello di suonare molto dal vivo, in Italia e all’Estero (soprattutto, ma questo è un mio sogno personale, suonare negli U.S.A.). La speranza è sempre l’ultima a morire e davvero nella vita … non si sa mai!



Prossimi concerti:


Venerdì 14 ottobre 2011 - ore 22,00 - New Bulldog Pub (Via Pelissa - Serra Riccò - GE):


Unica band. Presentazione di tutto l’album più un inedito (che uscirà per la Musea nella raccolta sul Decameron), più varie cover.


Sabato 22 ottobre 2011 - ore 22,00 - Angelo Azzurro Club (Via Borzoli 39C/132T - Borzoli - GE):


Band di apertura con presentazione di soli brani di propria produzione. A seguire i Fungus (compagni di scuderia)


BIOGRAFIA
La Coscienza di Zeno (CDZ) è una formazione di stampo progressive che nasce nell’ottobre del 2007 a Genova. Nel luglio 2008 la band è formata da Gabriele “Estunno” Guidi Colombi al basso (Trama, Narrow Pass, Armalite, Il Tempio delle clessidre, Hidebehind), Andrea Orlando alla batteria (Finisterre, Malombra, Real Dream), Alessio Calandriello nel ruolo di vocalist (Narrow Pass, Hidebehind, Lucid Dream) e Stefano Agnini alle tastiere. Ed è questa formazione che registrerà il primo brano: Parergon. Questo viene inserito in una raccolta della Mellow Records dedicata ai gruppi progressive esordienti della scena italiana.
La CDZ si prefissa, oltre all'usare uno stile musicale lontano dai clichè del rock moderno, l’obbiettivo di curare particolarmente i testi, portando la formazione (soprattutto Stefano, lo scrittore dei testi) alla ricerca di un linguaggio che, pur conservando i segni e le cifre stilistiche che caratterizzano la forma canzone pop, sia veicolo di significati ben delineati.
Nel settembre del 2008, dopo aver cercato a lungo un elemento proteso al discorso della CDZ, entra nella formazione il chitarrista Davide Serpico. Nell'agosto 2009 entra invece Andrea Lotti, per dedicarsi alle tastiere e occasionalmente alle chitarre, ampliando la gamma di suoni e di possibilità del gruppo.
Nel maggio del 2010 la band entra in contatto con l’Hilary Studio, decisa finalmente a registrare il primo album; e a giugno si comincia. Grazie all’ambiente più che produttivo la band riesce a fare ordine in questo complicato progetto. Il disco prevede infatti numerose collaborazioni con strumentisti ospiti: alla fisarmonica Luca Scherani; Joanne Roan al flauto; Lidia Molinari recita in due brani; Rossano Villa, dello studio, si dedica all’arrangiamento degli archi in alcune tracce. La presenza di molti strumenti, anche all’interno del gruppo stesso, rendono il lavoro davvero complesso. Ma nel novembre dello stesso anno il disco è ormai concluso. Questo comprende sette braniCronovisione, Gatto Lupesco, Nei cerchi del legnoIl fattore precipitante, Il Basilisco, Un insolito baratto alchemico, Acustica Felina.Concluso l’album le strade di Stefano Agnini e della band si dividono, mantenendo i contatti solo per quanto riguarda la composizioni delle parti vocali.
Parallelamente all’album la CDZ lavora ad un brano degli Yes, “Homeworld”, destinato ad entrare a far parte del disco tributo (“Tales from the edge”) alla storica band, raccolta di numerosi brani prodotta dalla Mellow Records. Anche questo brano viene registrato, mixato e masterizzato dall’Hilary Studio.
Nel maggio 2011 il primo album de La Coscienza di Zeno, dal titolo omonimo, vede la luce sotto l’etichetta Mellow Records. Nello stesso periodo la band lavora ad un brano per la futura raccolta dedicata al Decameron di Boccaccio, proposta da Musea Records.

Genere: Progressive
Posizione Genova, It
Etichetta Mellow Records
Tipo di etichetta Senza contratto