mercoledì 9 ottobre 2024

My Generation-The Who-59 anni ben portati


I hope I die before I get old

(Spero di morire prima di diventare vecchio)

 

Era il 1965 quando The Who scrissero un inno generazionale, “My Generation”. Per l’esattezza era il 28 ottobre, ben 59 anni fa, quando terminarono le registrazioni del terzo singolo del gruppo.

Non voglio ripercorrere la storia della band, più volte presente nei miei spazi in rete, ma evidenziare che Pete Townshend, Roger Daltrey, Keith Moon e John Entwistle, hanno percorso un lungo cammino, a dispetto del loro dichiarato, indecente e provocatorio proposito iniziale.

Keith e John si sono fermati a precedenti tappe temporali, ma continuano a vivere con noi che li abbiamo sempre e incondizionatamente amati. Di certo non avrebbero mai potuto pensare che ciò che stavano per far nascere avrebbe di fatto negato quel pensiero primitivo, perché attraverso la musica, e che musica, hanno trovato il modo per diventare immortali.

My Generation” è uno degli inni del movimento mod. La canzone è caratterizzata da un riff d'introduzione di due note, seguito da un'alternanza di voce e coro. Fece ovviamente scalpore all'epoca il verso: «I hope I die before I get old» ("Spero di morire prima di diventare vecchio").

Come in molte altre tra le prime composizioni del gruppo, influenzati dalla cultura mod, sono presenti influenze del R&B statunitense, più esplicitamente nella forma a "domanda e risposta" dei versi della canzone con Daltrey che canta arrivando a balbettare dalla frustrazione e la ripetizione ossessiva del coro "Talkin' 'bout my generation".

E il balbettio di Daltrey?

Keith Moon riferì che: «Pete aveva scritto le parole della canzone su un foglio di carta e lo diede a Roger, che non le aveva mai lette prima. Così, mentre le leggeva per la prima volta, balbettò. In studio c'era Kit Lambert, che disse a Roger: "Quando canti continua a balbettare". Così fu, e il risultato lasciò tutti senza fiato. E pensare che tutto accadde solo perché Roger quel giorno aveva il raffreddore!».

Rivoluzionario l’assolo di basso elettrico di John Entwistle.

Quante canzoni contenevano assolti di basso elettrico nel 1965? Le altre band, del resto, non avevano John Entwistle. «Stava diventando il più rivoluzionario bassista del momento» ha scritto Townshend «e volevo fornirgli un mezzo per esprimere il suo incredibile modo di suonare». All’epoca, Entwistle usava bassi Danelectro con corde sottili che tendevano a rompersi ed erano difficili da trovare. Quando si rompevano, cambiava basso. Nel corso delle varie session durante le quali il pezzo fu inciso usò tre diversi bassi Danelectro e per la registrazione definitiva un Fender Jazz.

Non resta che ascoltarla come sottofondo di immagini che riguardano quella generazione!








Sister Rosetta, la madrina del Rock'n'Roll


Girovagando tra i filmati presenti in rete mi sono imbattuto in una grande musicista del passato la cui storia non avevo mai approfondito: Sister Rosetta.

Il blues e il gospel sono miei amori… collaterali, alimentati dalle mie esperienze americane, luoghi la cui visita mi ha permesso di vivere da vicino esperienze musicali incredibili, immerso in un mondo dove la vera musica la si può trovare nelle strade di Beale Street, a Memphis, così come ad Harlem, nel corso di una qualsiasi funzione domenicale del quartiere newyorchese.

Il filmato a seguire mi ha colpito, affascinato, e riportato ad un mondo in bianco e nero che non esiste più, anche se resta l’essenza di quella musica.


Riporto alcune notizie relative a Rosetta, recuperate in rete...


Rosetta Tharpe (Cotton Plant, 20 marzo 1915 – Filadelfia, 9 ottobre 1973) è stata una cantante e chitarrista statunitense, pioniera della musica gospel.

Fu anche compositrice ed ebbe una grande popolarità negli anni Trenta e quaranta grazie alla particolare fusione di spiritual e blues presente nei suoi lavori musicali. È considerata la prima grande star del gospel fin dal 1930 ed è famosa come la "original soul sister" della musica su vinile. Ritenuta la primogenitrice del rock and roll, ha influenzato molti musicisti fra cui Chuck Berry, Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash e Little Richard.

È conosciuta anche con il nomignolo di "Madrina del Rock'n'Roll". Nacque, Rosetta Nubin, in una piantagione di cotone, nell'Arkansas; i genitori, Katie Bell Nubin e Willis Atkins, erano raccoglitori di cotone. Suo padre, la cui biografia rimane oscura, era un cantante.

Nel 1921, sua madre si separò dal marito per diventare un'evangelista itinerante per la Church of God in Christ (COGIC).Tharpe iniziò a esibirsi all'età di quattro anni, presentata come "Little Rosetta Nubin, canto e chitarra miracolati", accompagnando la madre che suonava il mandolino e predicava in tutto il sud degli Stati Uniti. La sua famiglia si trasferì a Chicago alla fine del 1920, eseguendo musica gospel in concerti pubblici, suonando anche, in privato, musica jazz e blues.

Nel 1934, sposò il predicatore Thomas Thorpe (da cui "Tharpe", cognome nato da un errore ortografico). Il matrimonio non fu felice, Thorpe venne descritto come "un tiranno" dalla stessa Rosetta. Nel 1938, lasciò il marito, e con la madre si trasferì a New York City. Nel corso della sua vita, sebbene si risposò più volte, mantenne sempre il cognome Tharpe.


Il 31 ottobre 1938, all'età di 23 anni, Tharpe registrò per la prima volta – per la Decca Records – sostenuta dalla "Lucky" Jazz Orchestra di Millinder con il quale aveva firmato un contratto di sette anni. Le sue registrazioni causarono scandalo fra i molti fedeli che restarono scioccati dalla miscela di musica sacra e profana, ma il pubblico laico rimase estasiato.

La presenza all'evento di John Hammond From Spirituals to Swing in quello stesso anno e presso il Cotton Club e il Café Society insieme ad altri grandi nomi come Cab Calloway e Benny Goodman la resero ancora più popolare.

Canzoni come This Train e Rock Me, che coniugavano i temi evangelici con un sound innovativo per i tempi, sono diventati successi tra il pubblico con pochi precedenti nella storia della musica gospel. Il brano è entrato nella Grammy Hall of Fame Award 2016.

Tharpe continuò a registrare durante la Seconda guerra mondiale. La sua canzone Strange Things Happening Every Day, registrata nel 1944 con Sammy Price, pianista di boogie woogie di casa alla Decca, mostra il suo virtuosismo come chitarrista e l'originalità dei suoi testi. Fu la prima canzone gospel a entrare nella top ten della Hit Parade di Billboard. La Tharpe ottenne più volte questo risultato durante la sua carriera. Fu in tour per tutto il 1940, sostenuta da vari quartetti gospel.

Dopo il periodo Decca, registrò in coppia con Marie Knight, e la loro più grande hit fu Up Above My Head.

Negli anni Sessanta, con la riscoperta del blues, girò l'Europa, accanto a star del calibro di Muddy Waters.

Colpita da un ictus nei primi settanta, dovette ridurre il numero di esibizioni in pubblico. Le fu amputata una gamba, causa complicazioni col diabete.

Morì nel 1973, alla vigilia di una sessione di registrazione da tempo programmata.

Fu sepolta nel cimitero di Northwood a Philadelphia, in Pennsylvania.



martedì 8 ottobre 2024

Gli Yes e Richie Havens… forse non tutti sanno che…


 

Gli Yes e Richie Havens… forse non tutti sanno che…

 

Time and a Word è il secondo album degli Yes.

Pubblicato da Atlantic Records a metà del 1970 in Europa e in novembre negli Stati Uniti, fu l'ultimo realizzato dalla formazione originale del gruppo composta da Jon Anderson, Chris Squire, Peter Banks, Tony Kaye e Bill Bruford.

L'album rappresenta un tentativo ambizioso di far coesistere la musica rock dei primi anni Settanta con un accompagnamento di orchestra sinfonica (operazione in seguito ripetuta dagli Yes con l'album Magnification del 2001). Banks e Kaye si lamentarono del fatto che l'orchestra aveva sottratto spazio ai loro strumenti e fu per queste motivazioni che Banks fu costretto ad abbandonare il gruppo agli inizi del 1970 dopo le prime date del tour.

Time and a Word giunse alla posizione 45 delle classifiche inglesi di vendita, risultato che poteva essere considerato un successo rispetto al precedente album di debutto. Tuttavia, subito dopo la Atlantic iniziò a fare pressioni sul gruppo, minacciando di sciogliere il loro contratto se non avessero avuto successo col terzo album.

Fra i brani di Time and a Word, come nel precedente Yes, si trovano alcune cover, come Sweet Dreams (un brano in seguito riproposto occasionalmente dal vivo durante gli "assoli" di Anderson) è cofirmato da David Foster, con cui Anderson aveva suonato nella band The Warriors e che in seguito suonò con Kaye nei Badger. E poi No Opportunity Necessary, No Experience Needed, di Richie Havens, che ripropongo nelle due versioni.


 

Tracce

Edizione originale in vinile

 

Lato A

No Opportunity Necessary, No Experience Needed (Richie Havens) - 4:47

Then (Jon Anderson) - 5:42

Everydays (Stephen Stills) - 6:06

Sweet Dreams (Jon Anderson/David Foster) - 3:48

 

Lato B

The Prophet (Jon Anderson/Chris Squire) - 6:32

Clear Days (Jon Anderson) - 2:04

Astral Traveller (Jon Anderson) - 5:50

Time And A Word (Jon Anderson/David Foster) - 4:31

 

Edizione CD

No Opportunity Necessary, No Experience Needed (Richie Havens) - 4:48

Then (Jon Anderson) - 5:46

Everydays (Stephen Stills) - 6:08

Sweet Dreams (Jon Anderson/David Foster) - 3:50

The Prophet (Jon Anderson/Chris Squire) - 6:34

Clear Days (Jon Anderson) - 2:06

Astral Traveller (Jon Anderson) - 5:53

Time And A Word (Jon Anderson/David Foster) - 4:32

L'album è stato rimasterizzato e ripubblicato nel 2003, con l'aggiunta di diverse tracce bonus.

 

Formazione

Jon Anderson: voce, percussioni

Chris Squire: basso, seconde voci

Peter Banks: chitarra acustica, chitarra elettrica, seconde voci

Tony Kaye: pianoforte, organo, sintetizzatore

Bill Bruford: batteria, percussioni

 




Il Club dei 27

 


Spesso si fa riferimento, soprattutto nel mondo musicale, ad un club famoso e funesto. Qualche nota in merito...


Il Club dei 27 è una lista informale composta principalmente da musicisti conosciuti, artisti, attori e altre celebrità, tutti morti all'età di 27 anni.

Sebbene la teoria di un "picco statistico" per la morte di musicisti a quell'età sia stata confutata dalla ricerca scientifica, rimane un fenomeno culturale che documenta la morte di artisti famosi, molti noti per i loro stili di vita ad alto rischio.



Fenomeno culturale 

A partire dalla prematura dipartita (27 anni) di diversi musicisti molto noti, tra il  1969 e il 1971, morire a quell'età è diventato e rimane un argomento immancabile della cultura popolare, del giornalismo delle celebrità e della tradizione dell'industria dell'intrattenimento.

Questo fenomeno noir, che divenne noto come il "Club dei 27", attribuisce un significato speciale a musicisti, artisti, attori e altre celebrità che morirono all'età di 27 anni, spesso a causa di abuso di droghe e alcol o mezzi violenti, come omicidi, suicidi o incidenti legati ai trasporti. Diverse mostre sono state dedicate all'idea, così come romanzi, film e spettacoli teatrali. 

La suggestione/convinzione ha anche dato origine a una leggenda metropolitana secondo cui le morti delle rock star sono più comuni a 27 anni, un'affermazione che è stata confutata dalla ricerca statistica.

Storia 

Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison morirono tutti all'età di 27 anni, tra il 1969 e il 1971. All'epoca, la coincidenza diede origine ad alcuni commenti allusivi, ma solo alla morte di Kurt Cobain, nel 1994, avvenuta alla stessa età, prese forma nella percezione pubblica l'idea di un "27 Club".

Il bluesman Robert Johnson, morto nel 1938, è stato uno dei primi musicisti  ad essere incluso in tutte le liste dei 27.

A tal proposito la teoria legata al fantomatico patto col diavolo stretto dai membri del club, deriva dal brano “Me and the Devil Blues”, di Robert Johnson, in cui sono presenti le frasi: "Hello Satan, I believe it's time to go"; "You may bury my body down by the highway side, so my old evil spirit can get a Greyhound bus and ride". E poi è nota la leggenda che descrive l'autore incontrare per la prima volta il diavolo al famoso “crocicchio”.

Secondo Charles R. Cross, il biografo di Hendrix e Cobain, la crescente importanza dei media - Internet, riviste e televisione - e la risposta data  nel corso di un'intervista dalla madre di Cobain, furono corresponsabili di tali teorie.

Ecco un estratto da una dichiarazione di Wendy Fradenburg Cobain O'Connor, comparsa sul quotidiano The Daily World di Aberdeen, a Washington: "Ora se n'è andato e si è unito a quello stupido club. Gli avevo detto di non farlo"… - riferito a Hendrix, Joplin e Morrison che morirono alla stessa età, sempre secondo Cross.

Altri autori condividono il suo punto di vista. Ma c’è chi, come Eric Segalstad, scrittore di The 27s: The Greatest Myth of Rock & Roll, presumeva che la madre di Cobain si riferisse alla morte dei suoi due zii e del suo prozio, che si erano  suicidati. Secondo Cross, gli eventi hanno portato una "serie di teorici della cospirazione a suggerire l'assurda idea che Kurt Cobain abbia intenzionalmente programmato la sua morte in modo da poter unirsi al Club 27".

Nel 2011, diciassette anni dopo la morte di Cobain, Amy Winehouse fece la stessa fine, alla stessa età, provocando ancora una volta una rinnovata ondata di attenzione dei media nei confronti del credo ormai diffuso. Tre anni prima, aveva espresso la paura di morire a quell'età.

Ma un individuo non deve necessariamente essere un musicista per qualificarsi come "membro" del 27 Club. Rolling Stone ha incluso nella lista l'attore televisivo Jonathan Brandis, che si è suicidato nel 2003. Anton Yelchin, che aveva suonato in una band punk rock ma era principalmente conosciuto come attore cinematografico, è stato descritto anch’esso come membro del club alla sua morte, nel 2016. Allo stesso modo, Jean-Michel Basquiat è entrato in classifica, nonostante la relativa brevità della sua carriera musicale e la sua importanza come pittore.


Studi scientifici

Cross prosegue: "Il numero di musicisti che sono morti a 27 anni è davvero notevole sotto ogni punto di vista. Anche se gli esseri umani muoiono regolarmente a tutte le età, c'è un picco statistico per i musicisti che muoiono a 27 anni.”

Ma tutto ciò appare come una leggenda metropolitana, confutata dalla ricerca scientifica.

Uno studio condotto da accademici universitari, pubblicato sul British Medical Journal nel dicembre 2011, ha concluso che non vi era alcun aumento del rischio di morte per i musicisti all'età di 27 anni, affermando che c'erano dati altrettanto importanti all'età di 25 e 32 anni.

La ricerca ha rilevato invece che i giovani artisti adulti hanno un tasso di mortalità più elevato rispetto alla popolazione coeva di "normal people", ipotizzando che "la fama può aumentare il rischio di morte tra i musicisti, ma questo rischio non è legato ad un’età precisa".

Un articolo del 2014 su The Conversation ha suggerito che le prove statistiche mostrano che i musicisti popolari hanno maggiori probabilità di morire all'età di 56 anni (2,2% rispetto all'1,3% a 27).


Ecco una lista esaustiva di artisti conosciuti...


Robert Johnson-Stati Uniti (8 maggio 1911/16 agosto 1938)

Rudy Lewis-Stati Uniti (23 agosto 1936/20 maggio 1964)

Brian Jones-Regno Unito (28 febbraio 1942/3 luglio 1969)

Alan Wilson-Stati Uniti (4 luglio 1943/3 settembre 1970)

Jimi Hendrix-Stati Uniti (27 novembre 1942/18 settembre 1970)

Janis Joplin-Stati Uniti (19 gennaio 1943/4 ottobre 1970)

Jim Morrison-Stati Uniti (8 dicembre 1943/3 luglio 197119

Pigpen McKernan-Stati Uniti (8 settembre 1945/8 marzo 1973)

Pete Ham-Regno Unito (27 aprile 1947/24 aprile 1975)

Gary Thain-Nuova Zelanda (15 maggio 1948/8 dicembre 1975)

Dave Michael Alexander-Stati Uniti (3 giugno 1947/10 febbraio 1975)

Michael Strunge-Danimarca (19 giugno 1958/9 marzo 1986)

Jean-Michel Basquiat-Stati Uniti (2 dicembre 1960/12 agosto 1988)

Pete de Freitas-Regno Unito (2 agosto 1961/14 giugno 1989)

Kurt Cobain-Stati Uniti (20 febbraio 1967/5 aprile 1994)

Kristen Pfaff-Stati Uniti (26 maggio 1967/16 giugno 1994)

Fat Pat-Stati Uniti (4 dicembre 1970/3 febbraio 1998)

Jeremy Michael Ward-Stati Uniti (5 maggio 1976-25 maggio 2003)

Jonathan Brandis-Stati Uniti (13 aprile 1976/12 novembre 2003)

Amy Winehouse-Regno Unito (14 settembre 1983/23 luglio 2011)

Geno Cultshit-Stati Uniti (5 maggio 1988/15 agosto 2015)

Kim Jong-Hyun-Corea del Sud (8 aprile 1990/18 dicembre 2017)

Fredo Santana-Stati Uniti (4 luglio 1990/19 gennaio 2018)

Yoo Joo-Eun-Corea del Sud (3 maggio 1995/29 agosto 2022)







lunedì 7 ottobre 2024

Martò e la furiosa battaglia fra giovani beat bolognesi nel 1966

Mentre la mente vagava sui ricordi musicali del passato, mi è venuto in mente una coverizzazione di Hey Joe che, quando avevo 10/11 anni, mi rimase impressa per via del musicista che la proponeva in televisione: in quei giorni ero molto influenzabile!


Lo ricordavo come “Martò” e, chissà perché, pensavo fosse francese, tanto che in questi giorni ho iniziato la ricerca col nome “Marteau”, che in quella lingua significa “martello”.

E invece no, è proprio “Martò”, con l’accento sulla “o”, e il suo vero nome era Giancarlo Martelli, che compare col nickname sulla copertina del suo unico singolo a 45 giri del 1967, "Anima crudele" e, come b-side, "Hey Joe" (a fine articolo), col testo di Francesco Guccini.

Martò era in "pausa" come cantante del complesso bolognese dei JUDAS per tentare la carriera solista al Cantagiro '67. Si narra che, preso da sconforto per l'andamento negativo del Cantagiro - in cui aveva proposto il brano in questione - lo stesso Martó lanció/gettó per la strada moltissime copie del disco rendendo le poche rimaste molto preziose...

Martó dopo questa "parentesi" ritornò a cantare con i Judas.

Mi ha colpito questo fatto inusuale che riguarda i ragazzi di quell’epoca…

 

Furiosa battaglia fra beat

25 aprile 1966, 00:00

I Jaguars e la rivalità con i Judas: come Beatles e Rolling Stones 

Un centinaio di ragazzi, di età compresa tra i 16 e i 18 anni, se le danno di santa ragione nelle strade attorno alla Sala Sirenella, in zona San Donato. Si tratta di fans dei due più acclamati gruppi rock bolognesi: i Judas e i rivali Jaguars.

I Jaguars si sono costituiti nel 1960. Ai loro concerti vanno più di mille spettatori ogni serata.

I Judas, gruppo sorto nel 1965 per iniziativa di Franco Carotta e Giancarlo Martelli, in arte Martò, stanno avendo un grande successo in travolgenti esibizioni dal vivo.

I loro fans portano una rondella di ferro al collo e sfoggiano capelli lunghi, jeans e giacche istoriate, secondo la moda beat. Il talentuoso frontman Martò perirà prematuramente in un incidente stradale alcuni anni più tardi.

Tutto questo ha stimolato in me la voglia di saperne di più e… ho trovato un documento prezioso, fruibile cliccando sul link a seguire…

https://www.heyjoecovers.fr/albums/leaves-covers/marto_judas.pdf

 




My Way, una canzone, tante versioni!

 


"My Way" è una canzone resa popolare nel 1969 da Frank Sinatra sulla musica della canzone francese "Comme d'habitude", composta da Jacques Revaux con testi di Gilles Thibaut e Claude François ed eseguita per la prima volta nel 1967 da Claude François.

Il testo inglese della canzone è stato scritto da Paul Anka ed è adattato dalla canzone originale francese.

La canzone è stata un successo per una varietà di interpreti, tra cui Sinatra, Elvis Presley e Sid Vicious. La versione di Sinatra di "My Way" ha trascorso 75 settimane nella Top 40 del Regno Unito.

 

Sfondo 

Nel 1967, Jacques Revaux scrisse una ballata intitolata "For Me", con testo in inglese focalizzato su una coppia che si disinnamora. Secondo Revaux, la demo fu poi inviata a Petula Clark, Dalida e Claude François, senza alcun risultato. Revaux rifiutò una versione di Hervé Vilard, il cantante del successo internazionale “Capri c'est fini” e rielaborò il brano in “Comme d'habitude” ("Come al solito") con l'aiuto di Claude François. Fu pubblicato nel novembre 1967 e rimase in cima alla classifica pop francese per una settimana, nel febbraio 1968.

Paul Anka ascoltò l'originale francese mentre era in vacanza nel sud della Francia. Volò a Parigi per negoziare i diritti della canzone.  Acquisì i diritti di adattamento, registrazione e pubblicazione per il corrispettivo nominale, ma formale, di un dollaro, soggetto alla clausola che i compositori della melodia avrebbero mantenuto la loro quota originale di diritti d'autore rispetto a qualsiasi versione che Anka o i suoi designati avessero creato o prodotto.

Tornato a New York, Anka riscrisse la canzone originale francese per Sinatra, alterando sottilmente la struttura melodica e cambiando il testo.

All'una di notte, mi sedetti davanti a una vecchia macchina da scrivere elettrica IBM e dissi: 'Se Frank stesse scrivendo questo, cosa direbbe?

Anka finì la canzone alle 5 del mattino: "Chiamai Frank in Nevada e gli dissi che avevo qualcosa di veramente speciale per lui".  Anka affermò successivamente: "Quando la mia casa discografica ne venne a conoscenza, si arrabbiò molto perché non tenni il brano per me, e io risposi che potevo scriverla, ma non ero il tipo giusto per cantarla, solo Frank lo era”.

Nonostante ciò, Anka registrò la canzone nel 1969 poco dopo l'uscita della registrazione di Sinatra. La registrò anche altre quattro volte: nel 1996 (in duetto con Gabriel Byrne, eseguita nel film “Mad Dog Time”); nel 1998 in spagnolo con il titolo "A Mi Manera" (duetto con Julio Iglesias); nel 2007 (in duetto con Jon Bon Jovi); e nel 2013 (in duetto con Garou).

Il 30 dicembre 1968, Frank Sinatra registrò la sua versione della canzone in una sola ripresa. "My Way" fu pubblicato all'inizio del 1969 sull'LP omonimo e come singolo. Diventò un successo stratosferico.

Nel 2000, l'uscita nel 1969 di "My Way" di Frank Sinatra su Reprise Records è stata inserita nella Grammy Hall of Fame.


Versioni

David Bowie scrisse il primo testo in lingua inglese della melodia originale di Claude François, anche se il testo e l'esecuzione furono registrati solo in modo informale e mai pubblicati commercialmente. La versione di Brook Benton raggiunse il numero 49 in Canada nel maggio 1970.

Nel bel mezzo delle molteplici corse di Sinatra nella UK Singles Chart, la cantante gallese Dorothy Squires pubblicò una versione di "My Way" nell'estate del 1970. La sua registrazione raggiunse il numero 25 della UK Singles Chart e rientrò in classifica altre due volte durante quell'anno.

Elvis Presley iniziò a eseguire la canzone in concerto a metà degli anni '70, nonostante i suggerimenti di Anka che pensava che la canzone non andasse bene per lui. Ciononostante, il 12 e 14 gennaio 1973, Presley cantò la canzone durante il suo spettacolo satellitare Aloha from Hawaii via Satellite, trasmesso in diretta e in differita (per il pubblico europeo, che la vide anche in prima serata), in 43 paesi tramite Intelsat.

Il 3 ottobre 1977, diverse settimane dopo la morte di Presley, la sua registrazione dal vivo di "My Way" (registrata per lo speciale Elvis in Concert della CBS-TV il 21 giugno 1977) fu pubblicata come singolo. Negli Stati Uniti, diventò disco d'oro per le sue vendite di successo, oltre un milione di copie.

La versione di Presley è presente nel climax del film del 2001 3000 miglia a Graceland.

Il 15 dicembre 2023, lo YouTuber Jschlatt ha pubblicato una cover della canzone in risposta alle frequenti canzoni create dall'intelligenza artificiale utilizzando il suo modello vocale.

Il bassista dei Sex Pistols, Sid Vicious, fece una versione punk rock della canzone, in cui gran parte delle parole furono cambiate e l'arrangiamento fu accelerato. L'accompagnamento orchestrale è stato arrangiato da Simon Jeffes.

Intervistato nel 2007, Paul Anka ha detto di essere stato "un po' destabilizzato dalla versione dei Sex Pistols. Era un po' curioso, ma sentivo che lui Sid Vicious era sincero al riguardo".

 

Leonard Cohen ha detto della canzone:

Non mi è mai piaciuta questa canzone, tranne quando l'ha fatta Sid Vicious. Cantata in modo diretto, in qualche modo priva l'appetito di un certo sapore che vorremmo avere sulle nostre labbra. Quando Sid Vicious lo ha fatto, ha fornito l'altro lato della canzone; la certezza, l'autocompiacimento, l'eroismo quotidiano della versione di Sinatra viene completamente esplosa da questa voce disperata, folle, umoristica. Non posso andare in giro con un impermeabile a guardare la mia vita dicendo che l'ho fatto a modo mio – beh, per 10 minuti in qualche bar americano davanti a un gin tonic potresti essere in grado di farla franca. Ma l'interpretazione di Sid Vicious coinvolge tutti. Tutti sono incasinati così, tutti sono l'eroe pazzo del proprio dramma. Fa esplodere l'intera cultura in cui questa auto-presentazione può avvenire, quindi completa la canzone per me.

Il film del 1986 Sid and Nancy presenta una scena in cui Gary Oldman, che interpreta Vicious, esegue la sua versione di "My Way" durante le riprese del video musicale della canzone.

La versione di Vicious di questa canzone appare nel film di Martin Scorsese del 1990 Quei bravi ragazzi, dove suona sui titoli di coda.


Nel dicembre 2019 il filmato di Margaret Mackie, una residente della Northcare Suites Care Home di Edimburgo che soffre di demenza, che esegue "My Way" con il membro dello staff Jamie Lee Morley, è diventato virale dopo essere stato pubblicato online dalla figlia di Mackie.

Morley in seguito ha fatto in modo che la canzone fosse registrata professionalmente ed è stata pubblicata nel gennaio 2020 come singolo di beneficenza per raccogliere fondi per l'Alzheimer's Society e Dementia UK. Il singolo ha raggiunto la posizione numero quattro nella classifica iTunes top 40 UK Pop Songs live e la numero due nella classifica dei best seller di Amazon.  

In Giappone, Yūzō Kayama, che di solito è chiamato il Frank Sinatra giapponese, ha eseguito "My Way" nel 2008 in inglese. Il 23 e 30 aprile 2015, come parte di 2 sessioni vocali sovraincise, Yūzō Kayama ha eseguito "My Way" con il precedente disco di Frank Sinatra in duetto.


Adattamenti

Oltre a traduzioni più o meno fedeli all'originale, alcuni artisti hanno impostato testi non correlati sullo stesso brano.

Il cantante greco Giannis Poulopoulos ha reinterpretato la canzone nel suo album del 1988 Όπου πας θα πάω (Andrò ovunque tu vada).

Jozsef Gregor, il famoso basso-baritono/basso ungherese, ha registrato la canzone con il testo ungherese a tema d'amore di Andras Ruszanov nel 1996. Due anni dopo, la propose in uno dei programmi televisivi più popolari di Budapest. Da allora questa versione è stata permanentemente nelle playlist di numerose stazioni radio in Ungheria.

Il cantante messicano Vicente Fernández ne ha fatto una versione in lingua spagnola, intitolata "A Mi Manera".

Una versione della canzone con un testo leggermente diverso è stata utilizzata come jingle per uno spot pubblicitario di Cologuard nel 2022.

 

Uso pubblico

La canzone è popolarmente associata alla nostalgia per la vita di eventi di un individuo. I sondaggi a partire dal 2005 hanno spesso riportato che "My Way" è stata la canzone più frequentemente suonata ai servizi funebri nel Regno Unito. Nel suo libro di memorie Walk Through Walls, Marina Abramović ha espresso il desiderio che la versione di Nina Simone di "My Way" venga eseguita da Anohni al suo funerale.

"My Way" è anche una canzone karaoke popolare in tutto il mondo. Tuttavia, è stato segnalato che ha causato numerosi episodi di violenza e omicidio tra i cantanti di karaoke nelle Filippine, indicati dai media come gli omicidi di My Way, che hanno portato alla censura della canzone in molti bar filippini.

L’utilizzo del testo della canzone di Sinatra ha illuminato Mikhail Gorbaciov che ha permesso agli altri stati del Patto di Varsavia di prendere le proprie decisioni politiche, un modus soprannominato “La Dottrina Sinatra”, riferendosi al “… fare le cose a modo proprio”. Il termine è stato usato per la prima volta dal portavoce del ministero degli Esteri Gennadi Gerasimov nel 1987, che è stato citato per aver detto: "Ora abbiamo la dottrina di Frank Sinatra. Ha una canzone, I Did It My Way. Quindi ogni paese decide da solo quale strada prendere".

Nel 2024 la canzone è stata suonata al funerale di Alexei Navalny. La cantante francese Yseult l'ha cantata alla fine della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi estive del 2024 allo Stade de France di Parigi.





domenica 6 ottobre 2024

King Crimson: il 5 ottobre del 1974 usciva "Red", il settimo album in studio dei King Crimson, ultimo dei seventies

 


L’album RED è l'ultimo LP a nome "King Crimson" uscito negli anni Settanta (esclusi raccolte e dischi live). Viene spesso considerato dalla critica uno dei più grandi capolavori del rock progressivo.


Lunedì 1° luglio 1974 i King Crimson tengono il loro ultimo concerto americano a Central Park. Giovedì 4 Robert Fripp rientra a Londra in solitudine e il lunedì successivo il resto della band lo raggiunge agli Olympic Studios per iniziare le registrazioni di “RED”.

L’atmosfera è quella di un gruppo di separati in casa, con David Cross già licenziato all’unanimità eppur presente in “Providence”, e con lo stesso Fripp che annuncia la lavorazione in corso e la volontà di sciogliere la band.

Quest'ultima formazione dei King Crimson ha realizzato uno dei loro lavori più belli, "Red", poco prima di cadere a pezzi. Dopo cinque anni di musica sperimentale tra le più sorprendenti, dal loro straordinario debutto nel 1969 in poi, lungo diversi cambi di linea, i King Crimson morirono di morte improvvisa. In realtà, i King Crimson non sono mai stati un vero gruppo, ma un continuo processo musicale creativo realizzato da una delle menti musicali più brillanti, complesse e raffinate di sempre, Robert Fripp.

Accaddero molte cose prima di arrivare a questa decisione.

Alla fine del 1972 al batterista degli Yes, Bill Bruford, fu chiesto di unirsi a una nuova versione dei King Crimson, dopo che la prima formazione aveva perso il suo spirito. In due anni, il nuovo quintetto dei King Crimson si sviluppò molto rapidamente, e furono realizzati tre album, furono suonati molti concerti e due membri, il percussionista Jamie Muir e il violinista David Cross lasciarono il gruppo. Sebbene Cross abbia avuto un ruolo nella creazione di "Red", l'album è stato ufficialmente pubblicato dal trio Fripp, Bruford e Wetton, come si evince chiaramente dalla copertina. "Red" si è rivelato l'ultimo album in studio dei King Crimson degli anni '70 e sembra essere il preferito di molti fans.

Qualche nota di commento restando in superficie…

La title track apre l'album, ed è quanto di più tipico si possa sperare per questa versione dei King Crimson: un riff iniziale semplice ma potente, che porta avanti la traccia fino in fondo.

"Fallen Angel" presenta una forte linea vocale con il mellotron mixato, mentre il ritornello è molto più pesante ed elettrico.

"One More Red Nightmare" è un altro ottimo esempio di come Fripp abbia potuto usare un trame molto semplice per creare un brano di rock progressivo. L'album contiene anche un pezzo di nove minuti costituito da suoni e rumori apparentemente casuali in "Providence". Tuttavia, tutto passa in secondo piano poiché è in arrivo, forse, la più grande canzone dei King Crimson mai realizzata, "Starless". Pezzo di dodici minuti, è probabilmente la canzone definitiva dei King Crimson in quanto riesce a presentare ogni lato caratteristico del suono e della personalità della band. Inizia come una lenta e meravigliosa ballata intrisa di mellotron con un bellissimo tema principale. Si passa poi a una parte strumentale disarmonica che diventa via via più intensa prima di essere alleggerita da una potente jam in cui Wetton dimostra davvero quanto sia bravo al basso. Ma il vero climax non appare prima della fine, dove si ritorna al tema di apertura della canzone, ma “amplificato” da tutta l’azione della band, un suono maestoso e potente che da solo rende l'album degno di essere ascoltato.

"Red" è considerato uno degli album più importanti nella storia della musica rock progressiva, audace, innovativo, emozionante, un vero e proprio punto di riferimento per il prog.

Ascoltiamolo…


Lato A

Red – 6:20 (musica: Robert Fripp)

Fallen Angel – 6:00 (musica: Robert Fripp, John Wetton)

One More Red Nightmare – 7:04 (musica: Robert Fripp, John Wetton)

Durata totale: 19:24

 

Lato B

Providence – 8:08 (musica: David Cross, Robert Fripp, John Wetton, Bill Bruford)

Starless – 12:18 (musica: David Cross, Robert Fripp, John Wetton, Bill Bruford)




sabato 5 ottobre 2024

I Boom, band italiana dimenticata


I Boom fu una band beat degli anni '60 che pubblicò un unico album nel 1973, “Smash”.

Ad aprire la strada il cantante Vittorio Lombardi, che con il suo gruppo (rinominato Boom 67 o Boom 69) suonava spesso al Piper Club aprendo per artisti stranieri, come Spencer Davis Group e Small Faces.
Suonarono anche al Festival Pop Italiano tenutosi nell'aprile 1971 al Kilt Club di Roma.

Il suono de I Boom è ispirato a quello in voga negli anni Sessanta, e varrebbe la pena ascoltare l’unica testimonianza tangibile del loro lavoro, un disco raro e costoso che non è mai stato ristampato in nessuna forma.


Dopo aver suonato anche negli USA, il gruppo si sciolse e tre dei componenti dei Boom (il batterista Viola, il chitarrista Deni e il cantante-bassista Alan Farrington) formarono intorno al 1975 i Paco Andorra, gruppo di pop melodico autore di diversi singoli e un LP.
Il tastierista Saccucci incise con il nome “Marcello” un LP nel 1981 per la New Record dal titolo “L'amante”; in precedenza era uscito il singolo “Foggy eyes/I'll sing for you”, a nome Marcello Ucci.
Il cantante/bassista originale del gruppo, Vittorio Lombardi, ha avuto una lunga carriera solista con la sua orchestra.

L'album "Smash"...


Le Tracce:

A1-Luce E Vita
A2-La Soffitta
A3-Pazzo
A4-Improvvisamente Notte
B1-Il Padre Sono Io
B2-Realtà
B3-Preghiera di Povertà
B4-Senza Di Lei

Registrato agli Orthophonic Recording Studio, Roma

Formazione:

Alan Farrington (basso, voce)
Salvatore Deni (chitarra)
Marcello Saccucci (tastiere, voce)
Bracco (batteria)

Tecnici del suono-Pino Mastroianni, Sergio Marcotulli 
Produttore – Paolo De Leonardis

Pink Floyd a Pompei


The Pink Floyd
Pompei, 4-7-ottobre 1971
Tratto dal libro"Io C'ero", di Mark Paytress


I Pink Floyd sono sempre stati il meno appariscente fra i gruppi progressive.

Già nel 1966, quando erano in procinto di abbandonare il R&B in favore del nuovo suono psichedelico, i quattro timidi ragazzi amavano nascondersi dietro le frangette e le luci caleidoscopiche del palco. Nel 1971, uscito da tempo di scena Syd Barrett, il compositore più prolifico del gruppo, quest’attitudine elusiva non era ancora venuta meno. Stavolta però erano montagne di modernissime apparecchiature a celarli alle platee. Infine, nell’autunno di quell’anno, il progetto di un vero e proprio fil musicale li indusse a rinunciare del tutto alla presenza del pubblico.
L’idea era quella di riprendere un concerto, ma senza la situazione di contorno tipica di un teatro o di un college. Così, su suggerimento del regista Adrian Maben, i quattro si trasferirono in un anfiteatro fra le rovine di Pompei, un’ambientazione perfetta per i loro lunghi brani, quasi del tutto strumentali . Mentre vapori e acque calde sgorgavano dal Vesuvio, i paesaggi sonori del gruppo si dipanavano con l’epica maestosità di piccole sinfonie post psichedeliche come “ Echoes” e “Sacerful of Secrets”.

Il fatto che fosse girato in esterni e con immagini un po’ sgranate, compensò ampiamente l’assenza di pubblico. Era un posto straordinario, battuto dal vento, ma non sentimmo su di noi il peso della storia. Quando arrivammo con le apparecchiature non ci vennero in mente cose del tipo :” Ecco, mille anni dopo, invece dei leoni e dei cristiani , ci sono i Pink Floyd”. Ci sembrò più che altro un posto interessante. Ci rendemmo davvero conto dove eravamo quando, lasciato l’anfiteatro, visitammo le rovine intorno. La cosa più importante è che si tratta di una performance sorprendentemente buona, anche riascoltata dopo tanti anni. Era un periodo molto produttivo, forse il più produttivo nella storia del gruppo”.
Nick Mason, 2005.