lunedì 18 marzo 2024

The Samurai of Prog- “Omibus 3”


Nuovo sontuoso cofanetto per i The Samurai of Prog, intitolato “Omibus 3”, un nuovo riassunto dell’immenso lavoro di questa compagnia musicale allargata, fatta di talento e di amore per il genere specifico.

Cliccando sul link a seguire è possibile trovare le fondamenta della storia dei Samurai…

https://athosenrile.blogspot.com/2024/02/biografia-dei-samurai-of-prog.html

Il materiale presente su “Omnibus 3” - ben 4 CD - è già stato rilasciato in passato, ma si aggiungono ora tracce nuove e quindi proverò a fare un riepilogo del contenuto, aiutandomi con le note inserite nel meraviglioso cofanetto fornito con la musica.

I quattro album riproposti sono “The Lady And The Lyon” (2021), “The White Snake” (2021), “The Spaghetti Epic 4” (2022) e “Anthem To The Phoenix Star" (2022).

Sono state inserite 5 bonus track inedite, il che porta ad aggiungere 40 minuti di musica "nuova".

Vado per ordine, fornendo descrizione sommaria ma aggiungendo il link alla mia recensione fatta in occasione delle singole uscite.

 

1-The Samurai Of Prog - “The Lady And The Lyon” (And Other Grimm Tales-I)

https://athosenrile.blogspot.com/search/label/The%20Samurai%20Of%20Prog%20-%20%E2%80%9CThe%20Lady%20And%20The%20Lyon%E2%80%9D%20%28And%20Other%20Grimm%20Tales-I%29

L’album è ispirato alle storie dei fratelli Grimm. In quella occasione ebbe ruolo importante Alessandro Di Benedetti, che partecipò al progetto con due brani, e compare in questo nuovo disco con altri due pezzi.

In origine Di Benedetti scrisse “White Skyes”, Steve Unrhu aggiunse nuove parole e preparò un arrangiamento per una formula teatrale. Inoltre, Steve cantò con Valerie Gracious quella versione che divenne “A Queens’ Wish”, che concludeva l’album. “White Skyes” fu cantata da Daniel Fäldt. Per questo cofanetto sono state inserite entrambe le versioni e Alessandro ha composto separatamente “Prologue for white skyes”.

Un’altra canzone di Di Benedetto, nuova rispetto al disco originale, è “From midnight to Dawn”, realizzata con Ruben Alvarez, Marek Arnold e Lauren Trew.


2-The Samurai Of Prog - “The White Snake

https://athosenrile.blogspot.com/2021/06/the-samurai-of-prog-white-snake-and.html GIUGNO 21

Nel corso della preparazione di “The Lady And The Lyon” rimasero fuori molti brani e sembrava uno spreco non utilizzare delle canzoni importanti; fu così decisa la realizzazione di un sequel, pertanto, il nuovo format contiene cinque “storie Grimm” in più. Fu quella la prima collaborazione con Marco Grieco.

Nel disco originale Mimmo Ferri scrisse il brano “The Devil with the three golden hairs” e per questo box ha preparato una nuova traccia, “The three feathers”, tratta da un’altra storia Grimm.


3-The Samurai of Prog-“The Spaghetti Epic 4”

https://athosenrile.blogspot.com/2022/06/the-samurai-of-prog-spaghetti-epic-4.html GIUGNO 22

I primi tre “The spaghetti epic albums” furono realizzati tra il 2004 e il 2009 da Musea con Finnish Progressive Rock Association Colossus. Come rivelato dal titolo l’album si ispira a film italiani inseriti nel filone “Spaghetti western”, per cui la musica risultante è un prog col sapore dei western italiani dell’epoca. Tutti gli album sono stati prodotti da Marco Bernard e includono performance di vari artisti. Dopo 13 anni, era venuto il momento di realizzare la continuità con i 3 precedenti e il 4° capitolo fu realizzato con Seacrest Oy e sotto il nome di una sola band, i TSoP, che in ogni caso hanno goduto di ospiti di talento.

Anche qui troviamo una novità, la traccia “Secondo Millennio”.

 


4-The Samurai Of Prog featuring Marco Grieco-"Anthem To The Phoenix Star" AGO 22

https://athosenrile.blogspot.com/2022/08/the-samurai-of-prog-featuring-marco.html


L’album fu composto interamente da Marco Grieco che qui aggiunge la bonus track “Rebirth”.

Le parole di Grieco: “L’album è un eccitante viaggio musicale che esplora e sviluppa i più rappresentativi stili di rock progressive dai ’70 ad oggi, risollevandosi molte volte dalle ceneri. “Anthem…” è un inno corale di rinascita, l’ostinazione di non arrendersi mai, guardando con umiltà al passato per costruire con coraggio un futuro migliore”.

 


Il pensiero di un altro Samurai, Kimmo Pörsti:

Abbiamo sempre avvertito che la nostra musica non è completa senza un grande e fantasioso artwork e una confezione adeguata. L’artwok supporta la musica e viceversa ed è questo il motivo per cui la nostra proposta non si trova molto sulle piattaforme digitali. Ed Unitsky è il responsabile del meraviglioso artwork di “Omnibus 3”.

E come sempre, non avremmo potuto realizzare questi progetti senza l’inestimabile contributo dei “nostri” ospiti, compositori, musicisti e strumentisti, e siamo grati di poter lavorare con simili talenti.

Parlando di “persone”, nel primo Omnibus scrissi: “Che si tratti di cover o di originali, l’idea basica della musica dei TSOP è sempre stata la stessa sin dall’inizio: fare musica di alta qualità con cuore e sentimento aggiungendo il nostro suono e il nostro tocco. Sebbene le moderne tecnologie vengano talvolta utilizzate, la musica è ancora creata e suonata da esseri umani e non da macchine, e il concetto è ancora valido oggi come lo era per i nostri primi lavori.

Continuo a pensare e a scrivere che sia questa la vera musica, quella che, al di là delle etichette, io abbino al concetto di qualità assoluta.

I TSoP propongono in ogni occasione il concetto di bellezza (sonora, estetica, materiale) e la maniacale cura dei particolari esalta i progetti che si susseguono, uno dopo l’altro, con qualche sosta di ricapitolazione che ci ricorda che il pregresso non invecchia e non va dimenticato.

Ai loro progetti associo il significato di “piacere”, legato all’ascolto, al tatto, alla visione e a tutti i particolari che mi colpiscono all’impatto quando sono al cospetto di un loro lavoro.

Trovo che dei TSoP si possa parlare in termini di “perfezione” concettuale, e sono certo che un ascolto intellettualmente onesto potrebbe colpire positivamente chiunque, indipendentemente da gusti ed età.

Io mi godo il cofanetto, che dopo ascolto inserirò in spazio apposito, quello esclusivo che ho dedicato alla multinazionale finlandese del prog.

Altro progetto top che consiglio incondizionatamente!





sabato 16 marzo 2024

Il Club dei 27

 


Spesso si fa riferimento, soprattutto nel mondo musicale, ad un club famoso e funesto. Qualche nota in merito...


Il Club dei 27 è una lista informale composta principalmente da musicisti conosciuti, artisti, attori e altre celebrità, tutti morti all'età di 27 anni.

Sebbene la teoria di un "picco statistico" per la morte di musicisti a quell'età sia stata confutata dalla ricerca scientifica, rimane un fenomeno culturale che documenta la morte di artisti famosi, molti noti per i loro stili di vita ad alto rischio.



Fenomeno culturale 


A partire dalla prematura dipartita (27 anni) di diversi musicisti molto noti, tra il  1969 e il 1971, morire a quell'età è diventato e rimane un argomento immancabile della cultura popolare, del giornalismo delle celebrità e della tradizione dell'industria dell'intrattenimento.

Questo fenomeno noir, che divenne noto come il "Club dei 27", attribuisce un significato speciale a musicisti, artisti, attori e altre celebrità che morirono all'età di 27 anni, spesso a causa di abuso di droghe e alcol o mezzi violenti, come omicidi, suicidi o incidenti legati ai trasporti. Diverse mostre sono state dedicate all'idea, così come romanzi, film e spettacoli teatrali. 

La suggestione/convinzione ha anche dato origine a una leggenda metropolitana secondo cui le morti delle rock star sono più comuni a 27 anni, un'affermazione che è stata confutata dalla ricerca statistica.



Storia 


Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison morirono tutti all'età di 27 anni, tra il 1969 e il 1971. All'epoca, la coincidenza diede origine ad alcuni commenti allusivi, ma solo alla morte di Kurt Cobain, nel 1994, avvenuta alla stessa età, prese forma nella percezione pubblica l'idea di un "27 Club".

Il bluesman Robert Johnson, morto nel 1938, è stato uno dei primi musicisti  ad essere incluso in tutte le liste dei 27.

A tal proposito la teoria legata al fantomatico patto col diavolo stretto dai membri del club, deriva dal brano “Me and the Devil Blues”, di Robert Johnson, in cui sono presenti le frasi: "Hello Satan, I believe it's time to go"; "You may bury my body down by the highway side, so my old evil spirit can get a Greyhound bus and ride". E poi è nota la leggenda che descrive l'autore incontrare per la prima volta il diavolo al famoso “crocicchio”.

Secondo Charles R. Cross, il biografo di Hendrix e Cobain, la crescente importanza dei media - Internet, riviste e televisione - e la risposta data  nel corso di un'intervista dalla madre di Cobain, furono corresponsabili di tali teorie.

Ecco un estratto da una dichiarazione di Wendy Fradenburg Cobain O'Connor, comparsa sul quotidiano The Daily World di Aberdeen, a Washington: "Ora se n'è andato e si è unito a quello stupido club. Gli avevo detto di non farlo"… - riferito a Hendrix, Joplin e Morrison che morirono alla stessa età, sempre secondo Cross.

Altri autori condividono il suo punto di vista. Ma c’è chi, come Eric Segalstad, scrittore di The 27s: The Greatest Myth of Rock & Roll, presumeva che la madre di Cobain si riferisse alla morte dei suoi due zii e del suo prozio, che si erano  suicidati. Secondo Cross, gli eventi hanno portato una "serie di teorici della cospirazione a suggerire l'assurda idea che Kurt Cobain abbia intenzionalmente programmato la sua morte in modo da poter unirsi al Club 27".

Nel 2011, diciassette anni dopo la morte di Cobain, Amy Winehouse fece la stessa fine, alla stessa età, provocando ancora una volta una rinnovata ondata di attenzione dei media nei confronti del credo ormai diffuso. Tre anni prima, aveva espresso la paura di morire a quell'età.

Ma un individuo non deve necessariamente essere un musicista per qualificarsi come "membro" del 27 Club. Rolling Stone ha incluso nella lista l'attore televisivo Jonathan Brandis, che si è suicidato nel 2003. Anton Yelchin, che aveva suonato in una band punk rock ma era principalmente conosciuto come attore cinematografico, è stato descritto anch’esso come membro del club alla sua morte, nel 2016. Allo stesso modo, Jean-Michel Basquiat è entrato in classifica, nonostante la relativa brevità della sua carriera musicale e la sua importanza come pittore.


Studi scientifici


Cross prosegue: "Il numero di musicisti che sono morti a 27 anni è davvero notevole sotto ogni punto di vista. Anche se gli esseri umani muoiono regolarmente a tutte le età, c'è un picco statistico per i musicisti che muoiono a 27 anni.”

Ma tutto ciò appare come una leggenda metropolitana, confutata dalla ricerca scientifica.

Uno studio condotto da accademici universitari, pubblicato sul British Medical Journal nel dicembre 2011, ha concluso che non vi era alcun aumento del rischio di morte per i musicisti all'età di 27 anni, affermando che c'erano dati altrettanto importanti all'età di 25 e 32 anni.

La ricerca ha rilevato invece che i giovani artisti adulti hanno un tasso di mortalità più elevato rispetto alla popolazione coeva di "normal people", ipotizzando che "la fama può aumentare il rischio di morte tra i musicisti, ma questo rischio non è legato ad un’età precisa".

Un articolo del 2014 su The Conversation ha suggerito che le prove statistiche mostrano che i musicisti popolari hanno maggiori probabilità di morire all'età di 56 anni (2,2% rispetto all'1,3% a 27).


Ecco una lista esaustiva di artisti conosciuti...


Robert Johnson-Stati Uniti (8 maggio 1911/16 agosto 1938)

Rudy Lewis-Stati Uniti (23 agosto 1936/20 maggio 1964)

Brian Jones-Regno Unito (28 febbraio 1942/3 luglio 1969)

Alan Wilson-Stati Uniti (4 luglio 1943/3 settembre 1970)

Jimi Hendrix-Stati Uniti (27 novembre 1942/18 settembre 1970)

Janis Joplin-Stati Uniti (19 gennaio 1943/4 ottobre 1970)

Jim Morrison-Stati Uniti (8 dicembre 1943/3 luglio 197119

Pigpen McKernan-Stati Uniti (8 settembre 1945/8 marzo 1973)

Pete Ham-Regno Unito (27 aprile 1947/24 aprile 1975)

Gary Thain-Nuova Zelanda (15 maggio 1948/8 dicembre 1975)

Dave Michael Alexander-Stati Uniti (3 giugno 1947/10 febbraio 1975)

Michael Strunge-Danimarca (19 giugno 1958/9 marzo 1986)

Jean-Michel Basquiat-Stati Uniti (2 dicembre 1960/12 agosto 1988)

Pete de Freitas-Regno Unito (2 agosto 1961/14 giugno 1989)

Kurt Cobain-Stati Uniti (20 febbraio 1967/5 aprile 1994)

Kristen Pfaff-Stati Uniti (26 maggio 1967/16 giugno 1994)

Fat Pat-Stati Uniti (4 dicembre 1970/3 febbraio 1998)

Jeremy Michael Ward-Stati Uniti (5 maggio 1976-25 maggio 2003)

Jonathan Brandis-Stati Uniti (13 aprile 1976/12 novembre 2003)

Amy Winehouse-Regno Unito (14 settembre 1983/23 luglio 2011)

Geno Cultshit-Stati Uniti (5 maggio 1988/15 agosto 2015)

Kim Jong-Hyun-Corea del Sud (8 aprile 1990/18 dicembre 2017)

Fredo Santana-Stati Uniti (4 luglio 1990/19 gennaio 2018)

Yoo Joo-Eun-Corea del Sud (3 maggio 1995/29 agosto 2022)







venerdì 15 marzo 2024

Luca Di Martino - "NON IMPORTA LA META"


Luca Di Martino 

"NON IMPORTA LA META"

802 Records

 

È da poco uscito "NON IMPORTA LA META", di Luca Di Martino e, come spesso capita, mi sono ritrovato tra le mani un comunicato da diffondere, cosa che faccio sempre con estremo piacere, proseguendo la mia “missione” di condivisione della musica di qualità.

In questo caso - ma non succede sempre - il video abbinato mi ha colpito, la canzone mi ha toccato e ho sentito il bisogno di approfondire, avendo la fortuna di poter afferrare il piacere sonoro dopo soli pochi secondi di ascolto.

Di Martino è giovane ma non è un pivello, perché ha una lunga storia alle spalle, fatta di studio ed esperienze diversificate ma, se parliamo di veste cantautorale, questo album rappresenta un esordio.

A fine articolo propongo la biografia ufficiale di Di Martino che, a proposito del disco, ci regala il suo pensiero specifico:

Una pagina bianca e una vita da inventare... Aver perso la bussola sembra essere la condizione ideale per intraprendere il viaggio. Un invito alla calma, al non omologarsi alla massa e dare risalto alla propria identità, alle proprie aspirazioni. Rimanere eterni viaggiatori senza considerare la meta, ma godere della bellezza del tragitto che ci conduce ad essa in una lenta scoperta di sé stessi e dell’altro”.

Per inciso, ho letto queste sue parole prima dell’ascolto: buoni intenti a cui però dovevo unire un progetto provando ad interpretare sentimenti terzi.

Il commento del lavoro musicale altrui mi riesce più facile se riesco a trovare punti di contatto, cosa che è avvenuta mentre i 10 episodi della tracklist scorrevano veloci, uno dopo l’altro.

Ogni brano dell’album vive di luce propria, ma esiste un fil rouge che unisce le tessere del mosaico, e in ogni traccia ho trovato parte di me.

Ora, la domanda che mi sono posto è la seguente: “Come può una persona così giovane regalare tanta saggezza?”.

Di Martino si apre e si racconta, attraverso dieci “dipinti” - due dei quali realizzati in dialetto siciliano -, ed il suo “viaggio” a un certo punto è diventato il mio, e ad ogni “stop in stazione” ho sentito la necessità di fermarmi, di rallentare, e di realizzare quanto la musica e le parole che la completano (o viceversa) possano fornire emozioni basiche, portando alla riflessione o al solo piacere di ascolto.

Il concept album di cui parlo è così descritto da Luca:

Il disco ha come filo conduttore il tema della vita, intesa anche come “viaggio”; racconti, visioni, riflessioni, dipinti di una società accostati alla dimensione e ai sentimenti del singolo individuo e alla vera essenza dell’umanità”.

Nella mia interpretazione vedo il ritrovamento delle proprie radici, la pace interiore legata al vivere al meglio le cose semplici, l’altalenare dei percorsi della nostra esistenza, il dolore e l’amore interconnessi, i sogni e il futuro da vivere al meglio, la speranza e la delusione come facce della stessa medaglia.

 A seguire propongo il video che ha preceduto l’uscita del disco, la title track,  ma vorrei citare altri episodi che mi hanno colpito, come la iniziale “Il buon odore della terra”, che mi ha sollecitato le sensazione che provo ogni volta che ritorno nei luoghi a cui sono particolarmente legato; “Nuda realtà”, che riporta ad un importante problema sociale legato al mondo di chi viene definito “pazzo”; e poi la conclusiva “Poche parole”, quelle che diventano tali quando siamo al cospetto del piacere legato ad un luogo, ad una persona speciale, agli affetti più vicini, ad una rappresentazione dell’arte.

Luca Di Martino si propone in modo semplice ma diretto, lontano dall’ermetismo di alcuni suoi illustri predecessori.

La sua poetica colpisce, il suo tocco chitarristico è sapiente, la sua voce è il compendio di tutti i suoi mood.

Davvero un disco riuscito per un artista che merita l’occasione di poter diffondere il suo verbo.


CREDITI ALBUM (Prodotto da Luca Di Martino e 802records) 

Testi e musiche: Luca Di Martino 

Arrangiamenti: Aldo Giordano/Luca Di Martino 

Hanno suonato, Luca Di Martino: Chitarre e voce 

Aldo Giordano: piano, synth and additional sound 

Registrazione Mix e Mastering di Aldo Giordano presso RECStudio di San Cataldo (CL)

 

TRACK LIST

1.       •IL BUON ODORE DELLA TERRA

2.       •NON IMPORTA LA META

3.       •TUTTO E NIENTE

4.       •NUDA REALTÀ

5.       •TORNA NATALI

6.       •NEL CUORE DI UNA FAVOLA

7.       •IO VADO AVANTI,

8.       •CU TEMPU

9.       •RICANTAMI UNA NINNA NANNA

10.    •POCHE PAROLE

 


BIOGRAFIA

LUCA DI MARTINO Chitarrista, Autore e Compositore, originario di Isnello (PA) è nato a Palermo nel 1987. Fin dal primo approccio alle note, si è subito sentito attratto dalla possibilità di “creare musica”, che da sempre è l’impulso che accompagna le sue giornate.

Diplomato in chitarra classica al Conservatorio Bellini di Palermo nel 2012, è attivo dal vivo e in studio da molti anni.  Ad oggi ha infatti realizzato otto album in studio (cinque da solista), ha collaborato con diversi musicisti e si è esibito in svariate manifestazioni ottenendo notevoli consensi.

Il 2017 è l’anno del suo debutto discografico da chitarrista solista con “Di Istinti e di Istanti”, a cui fanno seguito “Dalla mia parte” pubblicato nel gennaio 2022 e “Il richiamo e l’abbandono”, pubblicato con l’etichetta 802records nel settembre 2023.

Tre lavori di composizioni originali dedicati alla chitarra classica dove emerge chiaramente la sua visione personale del “fare musica”; sempre nel 2023 pubblica anche l’album “A bassa voce”, un sentito omaggio alla musica dell’artista casertano Fausto Mesolella.

Ha anche all’attivo due pubblicazioni indipendenti di spartiti di musica originale per chitarra sola: “Nel Tempo” (2021) e “Silenzi” (2022).

È stato ideatore e Direttore Artistico per cinque anni dell’Isnello Guitar Festival, una rassegna internazionale dedicata alla chitarra che ha ospitato grandi nomi del panorama chitarristico come Irio De Paula, Fausto Mesolella, Mauro di Domenico, Francesco Buzzurro e tanti altri.

Per un ventennio ha militato nella band dei “Vorianova”, con la quale ha svolto numerosi concerti, ha inciso tre album in veste di chitarrista, autore di testi e soprattutto compositore delle musiche ed ha ottenuto pregevoli riconoscimenti (tra gli ultimi “Premio AVI 2020”, premio per il miglior arrangiamento a “Botteghe d’Autore 2021”, Targa Tenco 2021 per il miglior album a progetto per il disco “Ad esempio a noi piace Rino”).

A dicembre 2023 inaugura il suo percorso da cantautore con la partecipazione al festival “Autori al centro”, tenutosi al Teatro Castagnoli di Scansano (GR), dove si aggiudica il premio “miglior testo” col brano “Io vado avanti”.

 


mercoledì 13 marzo 2024

Ricordando Daevid Allen


Il 13 marzo 2015 ci lasciava Daevid Allen
Dalle pagine del SECOLO XIX lo ricordavo così…

La notizia è fresca, attesa, ma toccante per chi ha vissuto un’epoca musicale felice e si accorge che, ad uno ad uno, i tasselli scompaiono. Daevid Allen non era più giovanissimo, aveva 77 anni, ma faceva parte di quel gruppo di miti musicali che sembra non possano mai avere fine terrena: i suoi followers sapevano bene che aveva i giorni contati. Difficile in poche righe raccontare di lui, probabilmente conosciuto esclusivamente dagli addetti ai lavori e dagli appassionati del genere, ma è indubbio che il suo genio abbia dato contributo fondamentale a quella corrente musicale conosciuta come il  Canterbury Sound. Poeta, musicista, artista poliedrico, Daevid parte dall’Australia per approdare in Europa, dove il suo genio troverà terreno fertile nella Beat Generation. Siamo all’inizio degli anni ’60, e l’Inghilterra è scossa -successivamente assuefatta- dalla musica di Beatles e Stones, e ciò che Allen, Hugh Hopper e Robert Wyatt propongono - sono loro i suoi iniziali compagni di viaggio- è qualcosa di decisamente alternativo, tra jazz e psichedelica, rock e sperimentazione - musicale e di vita -, il tutto nell’ottica dell’estremizzazione del concetto di arte. E’ un fenomeno talmente precoce che anticipa il movimento prog, sbocciato nel passaggio tra i due decenni, contenitore perfetto per chi ha idee, talento e voglia di osare in totale libertà, senza soffermarsi sulle separazioni e distinzioni di genere, tipiche sino a quel momento. Se si volesse dare un’immagine che ricalca l’idea comune, si potrebbe disegnare il filone della musica progressiva con tante branchie, e una di queste simboleggia il “gruppo” di Canterbury, erroneamente sottolineo, se si osservano i fenomeni dal punto di vista cronologico. Le storie di Allen e amici superano l’elemento musicale, perché il dare vita al nuovo assoluto è qualcosa che assume valore didattico, nel senso del metodo -anche un “non metodo” può rappresentare una scelta precisa-, dell’innovazione che arriva senza magari rendersene conto, del saper captare la musica che gira intorno, che aspetta solo di essere afferrata: King Crimson, Pink Floyd, Jethro Tull, YES, Genesis, VdGG, Gentle Giant, ELP, prototipi prog, inventarono ciò che prima non esisteva. Non tutto è di facile presa, e fu per me davvero complicato assistere ad un concerto dei Soft Machine -credo fosse il 1973- che proponevano il loro free-jazz, con il mitico Elton Dean al sax, il cui virtuosismo era noto a noi adolescenti che lo ascoltavamo, quasi per obbligo, sui vinili. La sottolineatura della figura di Daevid Allen dovrebbe far scattare un minimo di curiosità, quello stato che sono uso chiamare “effetto domino”, e sono certo che la scoperta delle sue creazioni musicali sarebbe in grado di stupire anche i meno aperti verso mondi musicali sconosciuti. 



Utilizzo un simbolo, un unico lavoro a cui non voglio dare una valutazione assoluta, ma rappresenta il mio incontro con Daevid e i suoi Gong, con cui creò il filone mitologico che li rese celebri; “Angel’s Egg”è l’album in questione, un disco che mi introdusse in un mondo nuovo, accessibile, con sonorità e atmosfere che a distanza di lustri non mi hanno ancora stancato, e tutto questo deve pur avere un significato! Cosa resta di quei giorni? Esiste ancora quel mondo? Cosa lascia Daevid Allen? Molti protagonisti se ne sono andati, altri resistono nonostante gli impedimenti fisici (da anni Robert Wyatt è paraplegico), altri si riciclano con grande difficoltà (Richard Sinclair è ormai italiano, ma… ha vissuto giorni migliori); ciò che resta è sempre la musica, e occorre riflettere su come il movimento globale del Prog, che ha avuto enorme visibilità per un solo decennio, sia… più vivo che mai, sebbene seguito da un popolo esiguo - mi riferisco all’Italia - nonostante la frequente complicatezza di certe trame, che non hanno mai avuto l’obiettivo dell’orecchiabilità.

Il folletto Daevid Allen non può più danzare per noi, ma la sua genialità musicale ha lasciato un segno indelebile, da preservare e diffondere, nella speranza che qualche giovane talentuoso sappia raccoglierne l’eredità. E noi, appassionati di musica, attendiamo fiduciosi.




martedì 12 marzo 2024

Tanti auguri James Taylor



Ripropongo oggi un mio vecchio post per ricordare James Taylor, che compie 76 anni, essendo nato il 12 marzo 1948 a Belmont, negli USA.

James Taylor fu il più celebre dei singer-songwriter che attaccarono il cliché del folk-singer durante gli anni '70.
Prototipo del cantautore colto e creativo degli anni '70, Taylor non e` mai riuscito a sfruttare appieno quella intuizione.
Taylor aveva esordito a New York nella Flying Machine, le cui registrazioni del 1967 verranno raccolte su "The Original Flying Machine" (1971).
La carriera di James Taylor e` sempre stata tormentata a causa dei suoi malanni personali (prima in un ospedale psichiatrico e poi tossico-dipendente), e le canzoni (che accompagna con la chitarra acustica traendo spunti dal jazz e dal rhythm and blues) riflettono le sue nevrosi interiori.

Dopo un primo album, "James Taylor" (1969), fatto di tenere ballate arrangiate con cura certosina, sul quale spiccavano "Carolina On My Mind" e" Something In The Way She Moves", si affermò con "Sweet Baby James" (1970), dove la sua poliedrica timbrica vocale, la sua tecnica chitarristica e il pianismo sentimentale di Carole King concorrono a cesellare le struggenti "Sweet Baby James", "Fire And Rain"," Country Road".

"Mud Slide Slim And The Blue Horizon" (1971), che si avvaleva di John Hartford e Richard Greene, aveva ancora "You Can CLose Your Eyes" e" Long Ago And Far Away", ma era gia` molto inferiore.

"You've Got A Friend", di King, lo piazzo` in testa alle classifiche, e la fama aumento` dopo il molto chiacchierato matrimonio con Carly Simon, e il loro duetto in "Mockinbird" (1974).

In realta` il frammentario" One Man Dog" (1972) e "Walking Man" (1973) avevano molto abbassato le sue quotazioni, e il tono domestico di "Gorilla" (1975), con l'ironica "Mexico", tradiva i limiti intellettuali del personaggio.

A partire da "In The Pocket" (1976), con "Shower The People", Taylor venne ri-definendosi come interprete sofisticato di canzoni orchestrali, in particolare cover di rhythm and blues.

La conversione all'easy-listening gli fruttò un album di platino, "JT" (1977), con "Handy Man". "Flag" (1979) sembra una raccolta di avanzi del disco precedente.
" Dad Loves His Work" (1981)," That's Why I'm Here" (1985) e " Never Die Young" (1987) ,proseguirono la discesa in un pop raffinato.

Migliore "New Moon Shine" (1991), che lo riporta a qualche atmosfera da brivido.

" Hourglass" (1997) e` anche piu` sofisticato, benche' abbia ormai poco o nulla in comune con la scena folk o rock.
Lo stile autunnale di questi dischi si sublima su "October Road" (2002), che sembra il testamento di un vecchio sul punto di morte.
"Greatest Hits" (1976) raccoglie gli hits del periodo d'oro.

You've got a friend




lunedì 11 marzo 2024

Bernardo Lanzetti a "The Voice Senior"

Era nell’aria… quei momenti in cui si sente il profumo di qualcosa che sta per accadere ma non si sa bene cosa sia!

E poi appare Bernardo Lanzetti, alfiere del prog, una delle voci più belle del panorama italiano e non, tra Acqua Fragile e PFM, uno che in tempi lontani era stato preso in considerazione per la sostituzione di Peter Gabriel nei Genesis, mica bruscolini!

Che c’è di strano!? La sua maturità, al contrario di molti suoi colleghi coevi, porta al miglioramento della voce, cioè il suo strumento, quello curato con attenzione per tutta la vita, quello utilizzato per sperimentare oltre i confini dell’ortodossia.

Di strano c’è che non siamo nel solito contesto di nicchia ma in uno degli spazi che maggiormente forniscono luce e visibilità, ovvero la RAI e una delle sue trasmissioni di punta, “The Voice Senior”.

Immagino che Lanzetti ci abbia pensato su per notti intere prima di accettare di esibirsi in una occasione per lui inusuale, e credo anche che qualche critica da parte dei puristi del prog arriverà, ma più che entrare nella testa di Bernardo vorrei dire ciò che mi hanno suscitato i dieci minuti di apparizione.

Nella clip immediatamente pubblicata su youtube manca la parte iniziale, quella che invece si trova su RAIPLAY.

In questa sezione che propongo a seguire troviamo l’impatto con Bernardo e Amneris (la moglie) e una chicca di cui avevo sempre sentito parlare, un brevissimo spezzone in bianco e nero dell'Acqua Fragile in RAI, l’unica apparizione della band sulla TV nazionale, una trasmissione intitolata "Alle 7 della sera", con Gianni Morandi.


Quando inizia la performance le note di “Impressioni di settembre” provocano qualche scossone e alimentano il gradimento del pubblico, e i quattro giudici daranno l’immediato consenso positivo.

Non entro nei rivoli del regolamento, ai miei occhi poco importanti rispetto alla figura gigantesca di un artista che non finisce mai di stupirmi.

Nei pochi minuti di apparizione Bernardo riesce a concentrare il succo del suo essere, una vita raccontata in pochi attimi, con la possibilità di presentare al pubblico italiano il suo genio oltre le doti naturali, una voglia di sperimentare che passa attraverso uno strumento inventato molti anni fa, il Glovox, e una dimostrazione rapida dei confini che si possono allargare quando si parla di possibilità vocali.

Ma lascio che siano le immagini ufficiali a parlare, in attesa di nuovi e imminenti episodi…





domenica 10 marzo 2024

The Kinks, i Nomadi... era il 1967

Il brano che propongo a seguire, “Death Of A Clown” (1967), è performato dal suo autore, Dave Davies, cantante, compositore e chitarrista inglese dei The Kinks, in cui suonava anche il fratello maggiore Ray Davies.



I Kinks si formarono a Londra nel 1963 e sono considerati tra i gruppi più influenti della British invasion.

Il loro scioglimento ufficiale risale al 1996.

Nel 2018, dopo anni di voci smentite su una possibile loro reunion - difficile a causa dei cattivi rapporti tra i due fratelli Davies e la complicata relazione tra il batterista Mick Avory e Dave - Ray e Dave Davies annunciarono di essere al lavoro per ricostituire la band. Tuttavia, alcuni commenti fatti da entrambi i fratelli Davies nel 2020 e 2021 hanno indicato che negli anni trascorsi dall'annuncio iniziale sono stati fatti pochi progressi circa un'effettiva possibilità di reincontro per incidere un nuovo album in studio.

Il brano diventò famoso in Italia grazie ai Nomadi, con un titolo accattivante per i tempi, “Un figlio dei fiori non pensa al domani”, firmato nel testo italiano da Guccini, che però fece semplicemente da prestanome per il vero autore (forse il frontman della band Daolio) che non era iscritto alla Siae.




Grazie a Beat-Club per il suggerimento...



venerdì 8 marzo 2024

Bakerloo: la prima Bourèe Rock...


Uno dei brani simbolo della produzione dei Jethro Tull è Bourée, una rielaborazione in chiave rock estratta dalla suite per liuto in mi minore, realizzata in origine da Johann Sebastian Bach.
Non tutti sanno che… il brano venne pubblicato dalla band britannica Bakerloo circa un mese prima della versione assai più nota di Ian Anderson.
Al posto del flauto la chitarra del noto Dave “Clem“ Clempson, all’epoca solo diciannovenne, che nell’occasione fornisce prova di talento e precoce maturità all’interno di una band in cui resterà solo un anno.
Clempson iniziò la carriera nei Bakerloo per poi approdare agli Humble Pie. Successivamente entrò a far parte dei Colosseum ('70, '72, '94) di cui fa parte ancor oggi.
I Bakerloo produssero il solo album omonimo, nel 1969, prima dello scioglimento.

Un ringraziamento al musicofilo e scrittore Innocenzo Alfano, che ci ha segnalato l’episodio.

Ascoltiamo quindi la loro versione, il cui titolo è … Drivin' Bachwards






giovedì 7 marzo 2024

Ritratto di Judee Sill


Un ricordo di una grande e sfortunata artista… ho catturato in rete un po' della sua storia che provo a sintetizzare.

Judee Sill nacque a Oakland il 7 ottobre del 1944.
Passò la maggior parte del periodo adolescenziale nell'area di Oakland, in California. Suo padre, un importatore di animali esotici utilizzati per il cinema, possedeva un bar dove Judee trascorse parte della sua infanzia, imparando a suonare il pianoforte in un contesto tutt'altro che idilliaco.
Quando il padre morì di polmonite, nel 1952, la madre decise di spostarsi a Los Angeles e portò con sé Judee e suo fratello. Lì, nello stesso anno, si risposò.
Dopo la morte di sua madre avvenuta nel 1963, Judee passò da un college all'altro. Le sue sperimentazioni con la droga la spinsero a frequentare un ladro. Se la cavò con qualche fortunata rapina nei negozi dei liquori, finché non venne catturata ad un distributore di benzina e spedita in un riformatorio in California, dove apprese molti motivi gospel che più tardi avrebbero influenzato la sua musica.
Judee tentò allora di riprendere gli studi collegiali ed iniziò al contempo a lavorare in un piano bar.

In questo periodo cominciò a far uso di LSD. Presto si trasferì da uno spacciatore di acido, iniziando ad esplorare gli abissi psichedelici che più tardi avrebbero improntato le sue propensioni liriche. Successivamente Judee ed una sua amica presero in affitto una casa dallo spacciatore, formando un trio jazz insieme ad un'altra ragazza.
In questo periodo incontrò e sposò il pianista Bob Harris. Dopo alcuni mesi, entrambi svilupparono un'opprimente dipendenza dall'eroina e si aprirono una carriera come musicisti a Las Vegas. 
Quando Judee ritornò in California, ricorse alla prostituzione per supportare economicamente la sua massiccia dipendenza. Una serie di violazioni dovute alle droghe ed a contraffazioni, la spedirono in prigione. Quando uscì, cominciò  a lavorare come compositrice di canzoni.

Judee Sill incontrò poi Graham Nash e David Crosby e per un periodo partecipò ai loro tour, aprendo i loro concerti. Dopo qualche iniziale interesse dell'Atlantic Records David Geffen le propose un contratto con la sua nuova etichetta, l'Asylum Label. Vendette così la sua canzone "Lady-O" ai Turtles e apparve sulla copertina di Rolling Stone.

Graham Nash produsse il primo singolo per il suo primo album “Jesus was a crossmaker”, che fu lanciato alla radio il primo ottobre 1971. L'album di Judee Sill uscì subito dopo, nello stesso mese.


Nel 1973 Judee pubblicò il suo secondo ed ultimo album, “Heart Food”. Seguirono una serie di incidenti d'auto che la portarono a effettuare invano operazioni, per correggere una dolorosa lesione alla schiena.

Judee lottò con la sua dipendenza da stupefacenti uscendo presto dalla scena musicale, infine morì di overdose di droga o di "acuta intossicazione di cocaina e codeina" il 23 novembre 1979, nel suo appartamento presso Morrison Street in North Hollywood. 
Le ceneri di Judee vennero gettate nell'Oceano Pacifico e seguì una cerimonia organizzata da pochi amici intimi alla Self-Realization Fellowship a Pacific Palisades, aLos Angeles.

Grande appassionata di Bach e Ray Charles, Judee Sill confidava ai suoi amici: "Voglio scrivere belle canzoni che tocchino profondamente la gente".