domenica 17 dicembre 2023

Nel ricordo di Captain Beefheart



«Non voglio vendere la mia musica... vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla»(Don Van Vliet)

Il 17 dicembre del 2010 ci lasciava Don Van Vliet, meglio conosciuto come Captain Beefheart.


Leggendo una delle biografie di Frank Zappa il nome di Don Vliet emerge in continuazione.
L’immagine che traggo dal libro è quella di un genio, stimato enormemente da Zappa (non mi sembra una cosa frequente), confusionario e sconclusionato, forse incompreso.
Autoritario, accentratore, capace di “rinchiudere” in casa la sua band, per otto mesi, periodo durante il quale gli manca l’ispirazione.
Ho iniziato ad interessarmi a lui e alla sua musica e ho preso dalla rete un po’ di notizie che propongo a seguire.

Captain Beefheart, pseudonimo di Don Van Vliet, nasce a Glendale, in California, il 15 gennaio 1941.
Cantante, musicista e pittore, è tra i precursori e maggiori esponenti del rock sperimentale statunitense.
Personaggio fra i più pittoreschi che la storia del rock ricordi, Captain Beefheart, nemesi di Frank Zappa, con il suo peculiare rock-blues ha firmato alcuni capolavori degli anni ’60 e, forse, dell’intera musica rock.
Troppo lontano dalle classifiche per poter essere considerato dal grande pubblico, la sua produzione appare in crescendo, per raggiungere il culmine nel 1969, con lo straordinario Trout Mask Replica.
Musicista completo, dotato di mezzi espressivi inusitati e di una fantasia che trascende i generi, realizza nel 1965, “Mirror Man” , nel quale la sua arte risulta ancora in uno stato embrionale, con una forte matrice blues.
Il suo primo capolavoro, anch’esso omaggio al blues, è datato 1967.
"Safe As Milk" può essere considerato tranquillamente uno dei massimi capolavori della storia del rock, in virtù di una varietà di stili che si dipanano in un unico disco.
In un certo senso appare il punto di partenza e di arrivo di tutto il rock delle origini, musica totale nel vero senso del termine.
L’album passa da brani spiccatamente blues sino ad arrivare ai primi vagiti dell’hard-rock , utilizzando frasi musicali sconnesse, canto killer, violino lamentoso, gusto per i contrappunti, manipolazioni elettroniche .
A questo si alternano frasi più melodiche ,fraseggi di chitarra sconnessi e suoni quasi esotici .
Nessun brano sembra predominare sull’altro, sono tutti piccoli gioielli di musicalità e genialità, che sembrano aprire la strada ad un rock diverso, ben altra cosa rispetto a ciò che si suonava in quegli anni.
Beefheart, infatti, ripartiva dalle stesse origini musicali di certi suoi coetanei (Byrds e interpreti dell'acid rock di San Francisco e di Los Angeles, ma li rivisitava con una genialità tutta sua.
I brani di questo album diventeranno tutti dei classici del rock, ma sembrava che Beefheart li intendesse solo come prove generali di qualcosa di molto più importante.
"Trout Mask Replica" uscirà nel 1969 ed avrà lo stesso effetto di un colpo d’ascia in un mare di ghiaccio.
Il disco è l’esatto contrario di tutto ciò che la logica, il buon gusto e il buon senso musicale potessero suggerire.
Non è solo un esperimento musicale, una pura trasgressione, un’ode al caos.
E’ il tentativo di ripristinare un nuovo ordine musicale, facendo a brandelli tutto ciò che in precedenza fosse stato inventato.
Rumore e dissonanza ovunque.
Ne deriva un’opera impossibile ed inconcepibile, specialmente se osservata muovendo dagli stilemi classici del rock.
Melodia e ritmo vanno per conto loro, ogni musicista ha la massima libertà espressiva.
In questo si riscontrano non pochi parallelismi con certo free-jazz.
Al pari di "Safe As Milk", nessun brano predomina sull’altro.
Il disco deve essere considerato come un unico blocco di canzoni, nel quale hanno rilevanza anche le performance vocali ,come quelle strumentali e distorte, passando per brani di difficile catalogazione.
Di indubbio minore impatto le successive prove di Captain Beefheart, che, incompreso dal grande pubblico, si ritirerà a vita privata, dedicandosi alla pittura.
L’arte di Beefheart farà non pochi proseliti, e sarà fonte d’ispirazione di molti musicisti a venire.
All'inizio, la sua carriera di pittore venne vista dalla critica come l'ennesima trovata egocentrica di un musicista rock.
Col passare degli anni, però, i suoi dipinti (così come con la musica), sono stati reputati molto innovativi ed alcune sue opere sono state esposte in musei molto importanti (su tutti il MOMA) e vendute a prezzi particolarmente alti.

Van Vliet soffriva di sclerosi multipla, malattia che divenne aggressiva negli ultimi anni della sua vita, passati nel sud della California. Ci ha lasciato il 17 dicembre del 2010, all'età di 69 anni. 





1 commento:

Anonimo ha detto...

Accidenti che tempismo! "Trut musk replica" l'ho ascoltato proprio l'altro giorno e ho lasciato anche un commento a caldo sul forum itullians durante l'ascolto...era più o meno questo.... "mi fa l'effetto della prima volta sulle montagne russe, lì' per lì' mi viene da vomitare, ma non posso scandere, ( oerchè dovrei gettarmi di sotto!), allora resto su e piano piano ci prendo gusto...! Mi sa che ci faccio un altro giro...che dire di più?
Ciao Raffa