Se oggi fosse ancora tra noi, Pete
Sinfield spegnerebbe le candeline
su una torta che probabilmente avrebbe i colori psichedelici e i contorni
mitologici dei suoi testi. Ci ha lasciati poco tempo fa, nel novembre del 2024,
ma la sensazione è che la sua penna non smetterà mai davvero di vibrare tra i
solchi dei dischi che hanno fatto la storia.
Parlare di Sinfield significa parlare dell'uomo che, senza
imbracciare una chitarra sul palco, è riuscito a definire l'identità di un
intero genere musicale. Quando pensiamo ai primi King Crimson, la mente
corre subito ai suoni taglienti di Robert Fripp, ma è stata la fantasia
di Pete a dare un nome e un volto a quella creatura. Fu lui a battezzare la
band, lui a immaginare lo "Schizoide" e lui a dipingere con le parole
quelle corti medievali e quegli specchi d'acqua che hanno reso il rock progressivo
un'esperienza quasi letteraria.
La cosa affascinante di Pete è che non si considerava un
musicista in senso stretto, eppure era ovunque. Nei primi concerti dei Crimson
controllava le luci e il missaggio, quasi fosse un regista che curava
l'atmosfera per permettere alla musica di esplodere. E quando il sodalizio con
Fripp si interruppe, non si fermò affatto. Anzi, portò la sua sensibilità
europea e un po' magica anche in Italia, diventando l'architetto del successo
internazionale della PFM. Se oggi il prog italiano è amato nel mondo, lo
dobbiamo anche al modo in cui lui seppe tradurre quelle emozioni per il
pubblico anglosassone.
Ma la vera sorpresa della sua carriera resta quella virata
incredibile verso il pop degli anni successivi. Vedere lo stesso uomo che
scriveva di "profeti che scrivono sui muri" firmare hit
mondiali per Celine Dion o Cher fa capire quanto fosse profonda
la sua comprensione della parola scritta. Sapeva passare dall'oscurità più
profonda alla luce del pop con una naturalezza disarmante.
Oggi lo ricordiamo come paroliere, e come un visionario che
ha saputo elevare la canzone a forma d'arte, mescolando poesia, filosofia e un
pizzico di sana follia. Riascoltare oggi una canzone come Epitaph o
Islands è il modo migliore per fargli gli auguri: perdersi in
quei mondi che lui ha costruito dal nulla, solo con la forza della sua
immaginazione.

