domenica 21 dicembre 2025

Addio a Mick Abrahams, il chitarrista che scelse il Blues alla fama dei Jethro Tull

 


La notizia della scomparsa di Mick Abrahams porta con sé il peso di un’epoca che si chiude, quella del blues-rock britannico più autentico e viscerale. Per chi ha avuto il privilegio di incrociare il suo cammino, come accadde a me durante la Convention dei Jethro Tull ad Alessandria nel 2008, il ricordo dell'uomo non è meno vivido di quello del musicista. In quell'occasione, Abrahams si era mostrato esattamente per ciò che era: una persona schiva ma affabile, lontana anni luce dagli stereotipi della rockstar e profondamente legata alla sostanza della musica.

Mick Abrahams è stato il primo chitarrista dei Jethro Tull, colui che ha impresso il carattere blues e jazzato al loro album d'esordio, This Was (1968). Senza il suo tocco ruvido e la sua tecnica cristallina, brani come "Cat's Squirrel" o "A Song for Jeffrey" non avrebbero avuto lo stesso impatto.

Tuttavia, il suo percorso con la band fu segnato da una scelta drastica che definì l'intera sua carriera. Mentre Ian Anderson spingeva per un’evoluzione sonora che si allontanava dalle radici per abbracciare un rock progressivo più complesso e barocco, Abrahams scelse di rimanere fedele alla propria rettitudine artistica. Per lui, il blues non era una fase passeggera, ma l'essenza stessa del fare musica. Questa divergenza inconciliabile lo portò ad abbandonare il gruppo proprio nel momento del successo nascente, preferendo la libertà espressiva alla popolarità di un progetto che non sentiva più suo.

Dopo l'addio ai Tull, Abrahams non restò a guardare e fondò i Blodwyn Pig, una formazione che riuscì a fondere rock, blues e jazz con una libertà notevole. Album come Ahead Rings Out restano pietre miliari per gli appassionati, dimostrando che la sua capacità di scrittura poteva reggere il confronto con chiunque nella scena londinese di fine anni '60.

La sua carriera non è stata fatta di grandi stadi, ma di una costante ricerca della qualità. Negli anni ha continuato a pubblicare album solisti e a collaborare con vari musicisti, mantenendo sempre quell'integrità che lo aveva portato a preferire la coerenza alla fama facile.

La sua morte segna la perdita di un chitarrista che non ha mai cercato di sovrastare la melodia con il virtuosismo fine a sé stesso. Chi lo ha ascoltato dal vivo, o chi ha avuto la fortuna di scambiarci due chiacchiere in contesti intimi come quello di Alessandria, sa che Mick parlava attraverso le sue corde con la stessa onestà con cui aveva saputo dire "no" a Ian Anderson per restare fedele a sé stesso.