Ieri, 15 dicembre, avremmo dovuto festeggiare il
compleanno di un uomo la cui azione, apparentemente semplice, è stata
fondamentale per la storia della musica e della controcultura: Max Yasgur.
Nato a New York nel 1919, Max Yasgur non era un organizzatore di festival, né un musicista, ma un lattaio e agricoltore con una fattoria di 600 acri a Bethel, New York. Ed è proprio il suo nome che, quasi accidentalmente, è inciso a fuoco nella leggenda.
L'estate del 1969 fu un periodo di grandi tensioni sociali,
cambiamenti e sogni. Quando gli organizzatori del "Woodstock Music and Art
Fair" furono respinti da diverse località, si ritrovarono in una
situazione disperata. Fu allora che Max Yasgur intervenne, offrendo una parte
del suo vasto campo in affitto.
Questa non fu una decisione facile. Molti suoi vicini erano apertamente ostili all'idea di ospitare centinaia di migliaia di "hippies" nella loro tranquilla comunità rurale. Yasgur ricevette minacce e fu oggetto di boicottaggi. Nonostante la pressione e le sue convinzioni politiche conservatrici, decise di andare avanti. La sua motivazione non era principalmente economica, ma un profondo senso di tolleranza e il desiderio di dare ai giovani una possibilità.
Dal 15 al 18 agosto 1969, il campo di Yasgur ospitò
circa 400.000 persone, trasformandosi nel palcoscenico del festival
che definì una generazione. Il suo momento più iconico, immortalato anche nel
film-documentario di Woodstock, avvenne la domenica mattina.
Di fronte a una folla stanca, affamata, ma unita, Yasgur salì
sul palco. Con il fango sotto i piedi e il rumore degli elicotteri sopra la
testa, pronunciò un breve discorso che è rimasto un simbolo di unità:
“Sono un agricoltore. Non so cantare una canzone, ma so
parlare con la gente. La cosa principale che avete dimostrato al mondo è che
mezzo milione di giovani possono riunirsi e divertirsi. E io… io vi amo per
questo.”
In quel momento, Max Yasgur non era più solo l'agricoltore che aveva affittato il suo terreno; era l'incarnazione di una speranza, l'uomo che aveva fatto da ponte tra due mondi in apparente conflitto.
L'agricoltore del latte morì pochi anni dopo, nel 1973, ma il
suo campo è rimasto un luogo di pellegrinaggio. Oggi, il sito ospita il Bethel
Woods Center for the Arts e il Museo di Woodstock,
onorando la memoria di quel fine settimana e, non da ultimo, la generosità del
suo proprietario.
Max Yasgur ci ha lasciato la lezione che a volte, per cambiare il mondo, basta un atto di coraggio e la volontà di aprire il proprio cancello—e il proprio cuore—al prossimo. Ieri, nel giorno in cui avrebbe compiuto 106 anni (se fosse ancora con noi), ricordiamo l'agricoltore repubblicano che regalò al mondo un "Acres of Love and Peace".

