lunedì 3 febbraio 2025

Stefano Pantaleoni-"Isoledipensiero 9-Incorporale"

 


Ho conosciuto Stefano Pantaleoni con molto ritardo, come tastierista della nuova versione degli Acqua Fragile, e poco dopo ho scoperto il suo ruolo di reale maestro delle tastiere, con un occhio speciale al vintage, testimoniato nel seguente articolo, comparso successivamente in molti spazi:

https://athosenrile.blogspot.com/2020/05/pantaleoni-stefano-tastiere.html

È da poco uscito l’upgrade del progetto, “Isoledipensiero”, il nono aggiornamento, dal titolo “Incorporale”, edito da Accademia 2008.

Racconta l’autore: “L’opera è ispirata alle tematiche dell’incorporalità - Dio, luce, fantasma, velo… - qua intesa come una sorta di trasversalità spirituale che si materializza attraverso costrutti sonori, in absentia, volti a rappresentare tale concetto nel duplice significato tecnico e poetico. Da qui l’intuizione del poeta Attilio Bertolucci che ancora oggi non smette di affascinare: “Assenza, più acuta presenza”.

Assenza

Attilio Bertolucci 

Assenza,

più acuta presenza. 

Vago pensiero di te

vaghi ricordi

turbano l’ora calma

e il dolce sole.

Dolente il petto

ti porta,

come una pietra

leggera.

L’opera si avvale di una caratteristica compositiva la cui cifra stilistico-estetica è l’esaltazione degli stati e delle immagini emotive che mirano a contagiare spiritualmente, cognitivamente e anche fisicamente l’ascoltatore. Vorrei comunicare gli affetti propri del mio pensiero poetico e musicale, alla ricerca di una perfetta sintonia con ciò che ho vissuto e sentito nell’atto creativo, sperando che le emozioni e le immagini evocate dalla mia musica possano incarnarsi in chi ascolta suscitando meccanismi di simulazione, trasmettendo così uno stato corporeo/spirituale condiviso.

Rispetto ai precedenti isoledipensiero, qua si attenua l’utilizzo massiccio della totalità dei synth elettronici che da sempre hanno caratterizzato le precedenti release, orientando questa volta il focus su una cifra strumentale più variegata e comunque legata alla strumentazione tastieristica tipica del rock progressivo, proprio come già avvenne in Isoledipensiero 5 – Canto di Prog: organo Hammond, Eminent 310, Mellotron 400, Moog, Piano rhodes, ecc., oltre ad interventi strumentali di natura acustica ed elettroacustica e funzionali all’idea poetica”.

Mi risulta complesso un commento tradizionale, trovandomi al cospetto di un progetto che richiede, oltre a competenze specifiche approfondite, una maggior conoscenza del processo creativo dell’autore.

Quello che posso fare è mettere sul piatto il caleidoscopio di sensazioni derivanti da un attento ascolto solitario, più pancia che testa, elementi che non saranno forse di aiuto alla comprensione del lavoro in toto, ma sono il frutto di una onirica esperienza uditiva.

Provo a leggere tra le righe il pensiero di Pantaleoni, decodificando il concetto di "incorporalità" da lui proposto, come una sorta di trasversalità spirituale che si materializza attraverso i suoni, un processo affascinante e complesso, mentre sembra nascere una spinta verso un'esperienza mistica, in cui l'assenza di una forma fisica rappresentata da Dio, o dalla sua luce, evidenzia una presenza ancora più intensa e pervasiva.

Dio, luce, fantasma, velo, figure simboliche spesso associate all'immateriale, al divino, al mistero, e l'utilizzo di queste immagini crea un'atmosfera sacrale e trascendente.

L'idea che l'incorporalità possa essere rappresentata attraverso "suoni in assenza" è particolarmente suggestiva. Il suono, in quanto vibrazione, è inteso come una manifestazione energetica che trascende la materia.

Esiste un doppio piano costruttivo, quello tecnico (ovvero gli strumenti utilizzati) e quello poetico (cioè, il significato simbolico ed emotivo che i suoni evocano).

Il riferimento al poeta Attilio Bertolucci sintetizza l'idea che l'assenza di qualcosa possa, paradossalmente, renderne più intensa la presenza, e quindi, nel contesto dell'incorporalità, questa affermazione suggerisce che l’assenza di una forma fisica non implichi necessariamente una mancanza di essenza o di significato.

Stefano Pantaleoni punta a creare un'opera che va oltre la semplice esperienza auditiva, cercando di coinvolgere l'ascoltatore su molteplici livelli:

-quello emotivo, con l'obiettivo di suscitare emozioni profonde e autentiche, trasmettendo i suoi affetti personali;

-quello cognitivo, mirando a stimolare la riflessione e l'immaginazione dell'ascoltatore, evocando immagini e concetti che conducano a una comprensione più profonda dell'opera.

-quello fisico, che spinge verso quella magnifica sensazione che il fruitore sensibile e virtuoso dovrebbe poter provare durante ogni tipologia di ascolto, come una sensazione di brivido, di calma o di eccitazione.

Ho avvertito da parte dell'autore la voglia di connessione totale col mondo, un contagio emotivo alla ricerca di una esperienza condivisa col pubblico, tanto da poter provare, ognuno sulla propria pelle, le emozioni evocate dalla musica.

Definirei il tutto con il concetto di “approccio multisensoriale”, perché non sarà il solo udito ad essere coinvolto.

Il tutto può apparire assai complesso - e credo lo sia tecnicamente parlando - ma non credo che la volontà del pubblico sia quella di entrare nella profondità dell’atto creativo, così come sarebbe un errore - e una limitazione - rivolgersi ad un target preciso, una nicchia di nobili fruitori. Mi appare molto semplice invece immaginare un’esperienza libera, dove ognuno possa creare la propria isola di pensiero, la propria verità.

Buon ascolto e … buona interpretazione!


I brani:

Lascia in pace Dio 

Nei silenziosi tormenti della notte

Allegro spirito

La luce nuova del mattino

Paure velate

Il fantasma impaurito

Incorporale


Per avere maggiori informazioni su isoledipensiero cliccare sul seguente link:

https://www.stefanopantaleoni.it/isoledipensiero/la-produzione/





I Genesis a Torino il “03.02.1974”: il mio sbiadito ricordo da adolescente

 

Era il mese di febbraio dell’anno di grazia 1974, più precisamente il giorno 3.

Per gli italiani antichi, amanti dei Genesis e della musica di quei giorni, è meglio segnalare la data con la cifra numerata: “03.02.1974”, più facile da abbinare al concerto torinese in cui la band inglese propose “Selling England by the Pound”.

Ho ricordi lontani legati alla mia adolescenza, ma sono rimaste tracce che mai si cancelleranno e che cercherò di delineare.

Il concerto era previsto per le ore 18, al Palasport di Torino. I miei 17 anni suonati mi davano la possibilità di una concessione genitoriale, nonostante dopo poche ore mi aspettasse la scuola. Non ricordavo esattamente che giorno fosse, ma avevo ben nitido il monito dei miei genitori che mi esortavano a tornare velocemente a casa, perché il giorno dopo avrei avuto lezione. Una rapida ricerca su internet mi ha chiarito le idee sulla data: era domenica.

Conoscevo già molto bene “Selling England by the Pound”, “oggetto” promozionale del tour, album uscito da pochi mesi.

Credo sia interessante mettere in rilievo come la musica “nobile” di quel tempo, anche se il fenomeno si sarebbe poi rivelato di breve durata, fosse una fantastica malattia contagiosa. I tempi sono cambiati e certe rappresentazioni si vivono con maggior distacco, perché rientrano nella sfera della normalità, ma in quei giorni era possibile una mobilitazione generale per un evento musicale che, nel mio caso, avveniva a 150 km di distanza da percorrere in treno, di sera, con ritorno notturno. Il quartiere in cui sono nato e in cui abitavo, si chiama Santa Rita, e avrà contato una trentina di persone con età simile alla mia, e una buona parte di quelle anime si ritrovò al Palasport di Torino. 

In piedi da sx: Luciano Rizzo, Ermanno Falcone e Guido Ciurli)
Seconda fila da sx: Paolo Macchia, Claudio Manfredi e Sergio Torrengo)
In basso da sx Athos Enrile, Dario Piccinini e Emanuele Iran
Fotografia di Tiziano Baeli, che si è sacrificato e non compare!

La stazione di Savona era poi il punto di riferimento in cui si raccoglievano i ragazzi che arrivavano dai paesi periferici e tra le immagini confuse rimaste in testa, una riguarda un gruppo molto nutrito di giovani, tutti visi conosciuti, magari amici degli amici, tutti con lo stesso obiettivo.

Non ricordo nulla dei discorsi dell’andata, ma posso immaginare l’argomento.

La picture che segue è relativa al palco e a un fiume umano, che probabilmente mi parve tale perché messo in relazione al pubblico pomeridiano del genovese Teatro Alcione che normalmente frequentavo.

Sicuramente lo spazio non era adeguato all’evento, perché ricordo molti ragazzi lamentarsi all’esterno per l’impossibilità di trovare un biglietto.

Forse nacque anche qualche tafferuglio, ma non ne sono certo.

L’immagine successiva è quella di Peter Gabriel che compare con uno dei suoi abiti spettacolari e presenta l’enorme vuoto di capelli nella parte centrale della testa, una sorta di “riga ampliata”, come era solito fare in quel periodo.

Non sono in grado di ricordare la set list (che ho recuperato dalla rete e propongo a seguire), ma ricordo con estrema chiarezza un forte brivido che mi percorse la schiena, lo stesso che ho sentito le volte successive in cui ho ascoltato Steve Hackett proporre i Genesis - quindi anni 2000 - performance che per un attimo mi ha fatto tornare indietro a quel lontano ’74, quando partì il piano di “Firth or Fifth”.

E poi mi appare il vuoto sugli elementi oggettivi, ma rimane l’eccitazione, la partecipazione, la sensazione, già allora, di aver preso parte a qualcosa di storico. Negli anni a seguire, quel tour sarà ricordato come l’ultimo, vero, dei Genesis targati Gabriel.

Faccio estrema fatica ad andare oltre con la memoria, ma ho bene in mente come, nei giorni a seguire, l’argomento principe di quei ragazzi di Santa Rita, che vivevano a pane e CIAO 2001, fosse la rivisitazione dell’esperienza vissuta.

In alto da sx Luciano Rizzo e Ermanno Falcone
In basso da sx Emanuele Iran, Dario Piccinini, Paolo Macchia, Athos Enrile e Guido Ciurli
Fotografia di Tiziano Baeli, che si è sacrificato e non compare!


Esperienza simile ma che costò molto cara ad elementi del nostro gruppo, l'anno successivo (tour di "The Lamb...") quando qualche “bravo ragazzo” si fermò in stazione sino a notte inoltrata e compì qualche sciocchezza (prelievo di giornali impacchettati, in attesa di essere smistati). Cose tutto sommato innocenti, ma che ebbero importanti implicazioni giudiziarie.

Mai avrei pensato che, a distanza di una quarantina di anni, avrei conosciuto e intervistato su di un palco Steve Hackett!

 


SET LIST 

Watcher of the Skies

Dancing with the Moonlit Knight

The Cinema Show

I Know what I Like

Firth of Fifth

The Musical Box

More Fool me

The Battle of Epping Forest

Supper's Ready

Bis: The Knife


Un mio caro amico e compagno di concerti, nonché batterista del nostro primo gruppo, Paolo Macchia, ha conservato il biglietto che io ho perso chissà dove.

Mi sembra un bel modo per tornare sull’evento.





Scrive Paolo Barotto...

"Il manifesto che si vede nella foto venne fatto dallo studio virus; l'artista che lo disegnò all'epoca mi ha venduto il quadro in copia unica".





Ci ha lasciato Gabriel Yacoub, cantante del gruppo francese Malicorne


Il 22 gennaio del 2025 è venuto a mancare Gabriel Yacoub, musicista e artista visivo francese nato a Parigi il 4 febbraio 1952.

Figura di spicco nel panorama della musica tradizionale francese, Yacoub è stato un pioniere nel rinnovare questo genere, portando nuova linfa e interesse verso le radici musicali del suo paese.

La sua carriera è stata caratterizzata da una profonda esplorazione delle tradizioni musicali francesi, con un approccio innovativo che ha saputo mescolare elementi moderni con strumenti antichi, creando un suono unico e affascinante.

Yacoub ha iniziato la sua storia musicale negli anni '70, diventando membro del gruppo di musica celtica Alan Stivell.

Nel 1973, ha fondato insieme alla moglie Marie Sauvet il gruppo Malicorne, una delle band più importanti e influenti nella scena folk francese che ha saputo combinare la musica tradizionale con sonorità moderne, aprendo nuove strade per il genere e ispirando numerosi artisti successivi.

Dopo lo scioglimento dei Malicorne nel 1986, Yacoub ha continuato la sua carriera da solista, pubblicando album acclamati dalla critica e dal pubblico.

La sua musica è un viaggio attraverso la storia e la cultura francese, con testi poetici e melodie evocative che richiamano le antiche tradizioni del paese.

Yacoub è stato un artista eclettico e versatile, capace di spaziare tra diversi generi musicali, dalla musica tradizionale al folk, al rock, al jazz.

La sua eredità musicale è immensa, e la sua influenza si fa sentire ancora oggi nella scena musicale francese e internazionale.

Oltre alla sua attività musicale, Yacoub è stato anche un apprezzato artista visivo, realizzando illustrazioni e dipinti che riflettono il suo amore per la natura e per le tradizioni popolari.

 






Melanie-Carnegie Hall, New York, 3 febbraio 1970


Carnegie Hall, New York, 3 febbraio 1970


Più che un love-in hippie sembrava la terapia dell’urlo primordiale stile John Lennon

Melanie era la principessa della lacrima facile del flower power, la prima ragazzina hippie in crisi di indentità. Contemporanea di Carole Kink, Carly Simon e Joni Mitchell, era spiritualmente più affine a Kurt Cobain: canzoni d’amore, sconfitta e solitudine, canzoni che da delicate diventavano rumorose, da tragiche diventavano trascendentali nel giro di pochi secondi, canzoni strimpellate con l’implacabile ferocia di una punk. Piccola di statura, dotata di una voce deliziosa, per nulla in sintonia con le buone maniere e la moderazione post hippie, Melanie non teneva nascosto nulla.

Presente a quasi tutti i più importanti festival rock, Melanie poteva contare su un fedele seguito di fan adoranti che la consideravano un faro solitario dell’innocenza e sincerità della “Love Generation”.
Alla Carnagie Hall, “nel luogo dove sono cresciuta”, e in occasione del suo ventitreesimo compleanno, il pubblico svolse un ruolo più che decisivo nel denudamento rituale dell’anima post psichedelica. Fu una notte di silenzi in cui si poteva sentir cadere uno spillo, e di invasioni di palco, di monologhi impudichi e di risate timide. A un certo punto, proprio mentre le richieste della platea per questa o quella canzone diventavano sempre più pressanti e isteriche, una voce solitaria si fece largo fra le altre;” Canta quello che vuoi!”
Presa coscienza della propria insensibilità, la folla approvò con un potente “!”.
Proprio a causa di quel seguito adorante, Melanie aveva ricevuto accuse di banalità artistica (le stesse rivolte in Gran Bretagna ai T. Rex) solo in parte giustificate. 
Accanto alle canzoncine da battimani ritmico come “I Don’t Eat Animals e Psychotherapy”, ce n’erano altre che corrispondevano perfettamente alla dichiarazione di principio enunciata nei versi di Tuning MyGuitar: “Canterò la vita che vivo/e cercherò di alleviare il dolore di quelli intorno a me…”
Se si vuole parlare di catarsi musicale, allora sarà difficile trovare qualcosa di più catartico dei quattro palpitanti brani che aprirono il concerto alla Carnagie Hall: Close To It All, Uptown and Down, Mama Mama e The Saddest Thing. Ma fu con Tuning My Guitar che toccò vette epiche in grado di fare impallidire Judy Garland. “Non mi importa chi sei tu”, urlò a un certo punto Melanie nel corso di quella straordinaria esibizione immortalata nell’album Leftover Wine.







domenica 2 febbraio 2025

Fabrizio Poggi a Celle Ligure-un po' di commento e tracce video

 

Carla Camoirano, Lilia Valente, Fabrizio Poggi e Athos Enrile


Fabrizio Poggi arriva a Celle Ligure il 1° di febbraio per la presentazione del suo libro “Believe-conversazioni con Fabrizio Poggi”, scritto a quattro mani con la giornalista Serena Simula, in un fine settimana dove le avversità - modeste, nulla di grave! - sembravano poter minare un evento nato ad ottobre, realizzato a tempo di record attraverso una triangolazione tra Carla Camoirano (CELLELAB2), Angelina Megassini (moglie e  manager di Poggi) e lo scrivente, un accordo andato in porto in 16 minuti esatti, cosa non facile nell’ambito dell’organizzazione degli eventi.

Ma ciò che sembrava consolidato da mesi ha trovato un serio ostacolo all’ultima ora, quando la location fissata è … venuta a mancare.

Inutile indagare e polemizzare, ma è buona cosa mettere in evidenza la capacità di reazione di Carla, driver di un immediato “PIANO B”, che ha permesso di convogliare l’incontro nel prestigioso Ente Morale Nicolò Aicardi, aperto da poco più di un anno.

A peggiorare ulteriormente la situazione, un tempo uggioso e piovoso, di quelli da divano e TV, che però non ha impedito una partecipazione di pubblico importante.

Da segnalare la presenza della troupe televisiva di “Varazze Televideo Amaliguria” che, attraverso il servizio di Pietro Spotorno e le riprese e il montaggio di Giuseppe Bruzzone, ha registrato l’intero meeting, poi andato in onda alle 21 del giorno successivo su CH 99 DGT e CH 5099 su impianto SKY.

Non era presente Serena Simula ma è stato gradevole porre domande a Fabrizio in piena condivisione con Lilia Valente che, oltre a commenti personali suscitati dal book, ha proposto alcune letture da esso estrapolate.

Il mio pensiero relativo al libro è fruibile al seguente link e conduce al commento rilasciato alla sua uscita:

https://athosenrile.blogspot.com/2024/08/serena-simula-believe-conversazioni-con.html

Fabrizio Poggi è unico e, a mio giudizio, non sono solo le doti tecniche, seppur notevoli, che possono fare la differenza quando si decide di proporre la propria visione di blues laddove il movimento è nato (è un errore guardare al blues pensando esclusivamente ad un genere musicale!).

Con Angelina

Capacità di sognare, estrema tenacia, un aiuto costante di Angelina - e un minimo di vento propizio (tra i momenti citati l'aver avuto la possibilità di collaborare con Guy Davis) - sono le caratteristiche che gli hanno permesso di diventare l’unico bluesman italiano ad essere candidato ai Grammy Awards del blues, in competizione con i suoi miti giovanili, i Rolling Stones… e se non sono sogni realizzati questi!

Il pubblico ha gradito l’iter narrativo di giornata, ponendo anche alcune interessantissime domande, ma per avere una chiara idea di quanto accaduto presento un buon condensato video realizzato da Raffaella Bergonzi.

Alla fine della clip Fabrizio Poggi estrae l’armonica e regala una emozionante versione di “Amazing Grace”.

E mentre ricorda a tutti ciò che riportano i sacri testi (“Chi non ama il blues ha un buco dell’anima!”), gli attenti presenti, ne sono certo, realizzano che l’uomo con l’armonica a bocca, proprio lì, davanti a loro, ha  qualcosa di davvero speciale!





Il 1° febbraio 1949 la RCA pubblica il primo singolo della storia su un disco a 45 giri

 


Il 1° febbraio 1949 la RCA pubblica il primo singolo della storia su un disco a 45 giri 


Il 1° febbraio 1949, 74 anni fa, la Radio Corporation of America (RCA) pubblicò il primo singolo su un disco a 45 giri della storia.

Era “Texarkana Baby del cantante country Eddy Arnold. In vinile verde, venne poi messo ufficialmente in vendita dal 31 marzo e fu una risposta al 33 giri immesso sul mercato dalla Columbia Records l'anno prima.

 

"Texarkana Baby" non sarebbe rimasta nella storia della musica se non avesse avuto una valenza simbolica, una sorta di segnale di guerra, sul piano industriale: con questo agile disco la RCA reagiva al 33 giri. Entrambi i formati erano destinati a superare, per versatilità e comodità d'uso, il vecchio 78 giri d'anteguerra.

Il singolo, basato sul progetto di Thomas Hutchinson, venne presentato dal massimo dirigente della RCA David Sarnoff ma rischiò di non trovare il consenso dei consumatori, anche per i problemi di impiego sui giradischi tarati sui 33: occorreva, tra l'altro, ricorrere a uno "spider" che consentisse l'adattamento della velocità e la compatibilità con il buco centrale. Per garantire il successo del suo prodotto, la RCA investì 5 milioni di dollari nella campagna pubblicitaria, e già nel 1954 erano 200 milioni i pezzi venduti nel mondo.

Una curiosità: inizialmente i vinili avevano un colore che indicava il genere musicale d'appartenenza. I brani country erano colorati di verde, quelli classici di rosso, quelli per bambini di giallo e quelli R&B e gospel di arancione. Successivamente si impose il 45 giri nero.



l 45 giri in Italia 


In Italia, il 45 giri si è diffuso negli anni Cinquanta, superando per vendite il 78 giri nel biennio '57-'58 e raggiungendo l'apice tra il 1964 e il 1970, grazie anche all'avvento dei 'mangiadischi' portatili, che consentivano di ascoltare i vinili anche fuori casa. Un successo che ha accompagnato il boom economico di quegli anni.

Il 18 agosto 1990, con un accordo tra tutte le multinazionali discografiche, si decise di porre fine alla grande produzione che tuttavia continuò ancora fino al 1993.

L'Italia si distingue per essere stato l'unico Paese al mondo ad aver distribuito i 45 giri anche nell'edizione per juke box, ma solo a gestori di bar che ne possedevano uno. La caratteristica principale era il prezzo ridotto rispetto alle versioni normali, inoltre venivano venduti in anticipo e contenevano spesso più artisti o più etichette discografiche in un solo vinile.

Per evitare che i 45 giri per juke box venissero venduti dai commercianti a prezzi ridotti, la RCA cominciò a produrre 45 giri con l'etichetta di colore giallo con la dicitura "juke box".


LA RCA IN ITALIA





Graham Nash e Sid Vicious... quale il legame?


Il 2 febbraio accomuna due persone pubbliche, una ancora viva e l’altra scomparsa da tempo. Ho difficoltà nell’inquadrarli entrambi nella sfera musicale perché, mentre Graham Nash fa parte di diritto della storia della musica rock angloamericana, Sid Vicious del musicista non aveva molto, anzi, credo che non avesse idea di come si suonasse il basso o di come si usasse l’ugola per cantare. Eppure, appena si nomina “Sid”, le opzioni sono due… Barret o Vicious… e spero sarò perdonato per l’accostamento blasfemo.

Nash compie oggi gli anni, continua a dedicarsi  all'amore di una vita.
Inglese, grande musicista, grande voce, spicca presto il volo oltreoceano e da lì contribuisce alla costruzione di un pilastro su cui si è retta, e ancora oggi si regge, la musica della West Coast. 
Il mio ricordo più significativo è quello legato al festival di Woodstoock, dove appresi la magia dell’intreccio tra un caleidoscopio di voci e un manipolo di chitarre acustiche, con semi di sano rock ad invadere i binari creati da CSN&Y.
Non posso dire di avere delle rimembranze di Sid Vicious, non avendo mai amato né il genere punk, né le idee che guidavano il movimento.
Mi sono sforzato, in passato, di saperne di più su Vicious, per una sorta di morbosa curiosità che mi avvicina alle “cose andate a finire male”. Ho persino cercato di vedere “Sid & Nancy”, il film che parla di due vite disperate finite nell’unico modo possibile. Non sono riuscito ad arrivare alla fine, perché la violenza di certi atti, di certi comportamenti autodistruttivi (e l’impossibilità di capirli), mi ha impedito una visione completa. Davvero una (parziale) esperienza dolorosa la mia.
Tuttavia Sid Vicious è esistito e ha avuto ruolo rilevante come personaggio pubblico, seppure negativo, e oggi lo ricordo in parallelo a Graham Nash, nato il 2 febbraio (del 1942), stesso giorno in cui Sid Vicious moriva (ma nel 1979), a nemmeno 22 anni.


Un po’ di storia.

Graham William Nash nasce a Blackpool, il due febbraio del 1942.
Alla fine degli ‘60 è uno membri principali del gruppo pop-rock The Hollies, all'epoca fra i più conosciuti del panorama musicale inglese. Nonostante fosse l'autore di gran parte dei brani della band, raramente ne fu anche cantante. Nel 1968, dopo un viaggio negli USA, iniziò in compagnia di David Crosby l’utilizzo delle prime droghe. Successivamente lasciò gli Hollies per formare con Crosby e Stills un nuovo gruppo che inizialmente fu un trio e successivamente, con l'apporto di Neil Young, si trasformò nel quartetto CSN&Y, uno dei più apprezzati gruppi del panorama rock mondiale. 


Graham Nash, soprannominato dai compagni di gruppo Willy, fu descritto come il collante che teneva unita la loro fragile alleanza. Una prova ne è l'aiuto spassionato da lui dato al suo amico Crosby, quando quest'ultimo fu sopraffatto dalla dipendenza da droga. La carriera solista di Graham Nash è stata spesso interrotta da riunioni col supergruppo; nelle sue opere soliste si denota, comunque, un amore per la melodia e le ballate, e anche nelle sperimentazioni più orientate al Jazz o all'elettronica, Nash non si allontana da uno stile tipicamente pop. La militanza politica di Nash si accentua dopo l'incontro con Crosby e Stills, e fra i suoi brani di quel periodo spiccano i temi legati all'antimilitarismo (Military Madness) e al sociale (Chicago -We Can Change the World e Immigration Man cantata in duo con David Crosby). Nash prese la cittadinanza statunitense il 14 agosto del 1978. Nel 1979 è stato fra i fondatori di Musicians United for Safe Energy; nel 2005 ha collaborato con i norvegesi A-ha per le canzoni Over the Treetops e Cosy Prisons. Nel 2006 Nash ha collaborato con David Gilmour e David Crosby nella title track del terzo album solista di Gilmour, On an Island, che raggiunse il numero uno nelle classifiche inglesi.


Simon Ritchie nasce il 10 maggio del 1957 in Inghilterra, e vive la sua adolescenza a Londra, lasciando la scuola all'età di 15 anni. Il soprannome Sid gli fu dato dall'amico Rotten quando un criceto (chiamato, appunto, Sid) lo morse a un dito, mentre Vicious gli venne attribuito per il suo atteggiamento (vicious in inglese significa "depravato", "cattivo"). Sebbene inizi la sua carriera di musicista come batterista, diventa famoso nell'industria discografica come bassista, ruolo che ricopre quando nel febbraio del 1977 si unisce ai Sex Pistols (Sid era un amico di Johnny Rotten, come detto), una band che da qualche mese va di moda tra i giovani inglesi, soprattutto per via della violenza e della trasgressione che caratterizzano ogni sua esibizione (cose piuttosto nuove per l'epoca - molti lavori della band vengono censurati in Gran Bretagna - e viste con disgusto dalla gente "comune"). E non ci poteva essere band più adatta, dato che queste caratteristiche rispecchiano in pieno il modo d'essere di Sid, che nel frattempo ha conosciuto ed ha iniziato una storia d'amore con Nancy Laura Spungen, una ragazza conosciuta a Londra. Nancy, figlia di Franklin (un benestante imprenditore di Filadelfia, negli Stai Uniti) e Deborah Spungen (una donna con un passato da tossicodipendente), fin da piccola ha avuto grossi problemi di salute (fisica e mentale), e a 15 anni era già tossicodipendente da eroina: questa condizione l'ha portata a tentare il suicidio più volte, e a lavorare come prostituta per qualche tempo a Londra. 


E' proprio lei inoltre che spinge Sid ad assumere in dosi sempre più massicce eroina ed altre droghe pesanti e non. Quando, nel gennaio del '78, i Sex Pistols si sciolgono, Sid (dopo essere stato ricoverato il 20 per un overdose sul volo Los Angeles-New York) inizia a vivere a New York (dove lo ha raggiunto anche Nancy) e registra da solista una famosa cover di "My Way" di Frank Sinatra. Il 15 agosto del '77 effettua uno show d'addio a Londra (con Matlock, il ragazzo che ha sostituito quando si è unito ai Sex Pistols, al basso e Nancy ai cori, tra gli altri), prima di iniziare a vivere con Nancy al Chelsea Hotel, famoso alloggio situato sulla Ventitreesima Strada a New York, dove la loro relazione assume una piega sempre più tempestosa: i due, sin da piccoli, hanno avuto sempre dei problemi e questo si riflette sulla loro storia, che spesso assume tratti violenti. Alle 10 e tre quarti della mattina del 12 ottobre del '78 la polizia, chiamata dal portiere dell'hotel a sua volta avvertito dallo stesso Sid, entra nella loro camera al primo piano, la numero 100 (una camera da 30 dollari a notte), trovando Nancy in bagno in un lago di sangue, morta di una singola coltellata nel basso addome, inflittagli da Sid verso le 7 della stessa mattina. Avrebbe compiuto 21 anni il 27 febbraio dell'anno successivo. Sid, ancora sotto l'effetto delle droghe (così come Nancy quando è morta), nel primo pomeriggio viene arrestato per omicidio di secondo grado (il più grave nell'uccisione di un civile), visto che l'arma del delitto (un coltello con una lama da 5 pollici, regalatogli da Nancy il giorno prima) si trova ancora insanguinato nella camera e riporta le impronte di Sid. Intanto sua madre, Anne Beverley, lo ha raggiunto per stare con lui che viene rilasciato il 16 dietro una cauzione di 50.000 dollari pagata dalla Virgin. Sid nelle successive due settimane tenta due volte il suicidio, aumentando i sospetti che l'uccisione di Nancy sia stato un patto di suicidio tra i due fallito. Il 9 dicembre, mentre è in città con la sua nuova fidanzata Michelle Robinson, ha una disputa con il fratello di Patti Smith, Todd, e lo ferisce al viso con una i cocci di una bottiglia. Torna così in carcere, dove resta fino al primo febbraio del '79: il giorno stesso, per festeggiare il rilascio, si reca con madre e amici nell'appartamento di un amico a Greenwich Village. Nonostante in carcere sia stato sotto trattamento di disintossicazione, Sid assume una dose di eroina compratagli da sua madre stessa per il timore che lo arrestino nuovamente mentre compra la droga per strada. Sid si sente male, ma si addormenta. Nel mezzo della notte del 2 febbraio si sveglia, trova un po' di eroina nella borsa della madre, la prende e si addormenta nuovamente, non svegliandosi più. Non ha nemmeno 22 anni, li avrebbe compiuti il 10 maggio. La sera di qualche giorno dopo Beverley scavalca le mura del cimitero dove è sepolta Nancy, e vi getta sopra le ceneri di Sid, contro i voleri dei genitori della ragazza, a cui aveva chiesto di seppellire Sid a fianco di Nancy: è sicura che sua figlio avrebbe voluto così, ed è sicura, al contrario della autorità, che è morto volontariamente, per raggiungere la sua amata.
Sid Vicious, una vera e propria caricatura del punk, diventa a breve così, con la sua aggressività, la sua trasgressione, la sua incuranza delle regole ed anche la sua incapacità di suonare il suo strumento, il simbolo di un movimento; ma forse ingiustamente, dato che non è stato nemmeno il fondatore dei Sex Pistols, si è unito a loro quando ormai il loro stile l'avevano già creato ed ha contribuito veramente poco a poche canzoni della band.

Tra i suoi lavori da solista, da ricordare "Sid Sings", un live rilasciato nel dicembre del 1979 dalla Virgin registrato quasi interamente nel settembre dell'anno prima in due serate al Max's Kansas City di New York.








Riki Maiocchi: un piccolo ricordo a 21 anni dalla sua morte



Il 2 febbraio del 2004 ci lasciava Riki Maiocchi.
Lo ricordo con un mio post antico e con  le parole di Alessandro Germani.

Una testimonianza più recente è invece fruibile al seguente link che indirizza verso un'intervista che realizzai nel 2015 con la moglie Rosanna:



Enrico Maiocchi nasce a Milano nel 1940. La sua infanzia non è molto rosea; rimane orfano da parte del padre a 8 anni, e i rapporti con il suo patrigno non sono buoni.
Vive il periodo dei “Teddy Boys” in controtendenza; gli viene proibito di portare i jeans in casa, non ha le chiavi della sua abitazione e per la fatidica mezzanotte deve essere già rincasato.
Così a 18 anni, Riki decide di fuggire dalla realtà abitativa. Si mantiene facendo vari lavori.
Già con il desiderio di fare musica, si mette in cerca di altri componenti per formare un complessino. Comincia suonando nelle balere tre volte a settimana.
Nel 1964, è la casa discografica Emi - Columbia che lo scrittura.
Il suo primo 45 giri è “La tua vera personalità’”.
L’anno dopo, è la volta di un altro 45 giri, "Non dite a mia madre”, versione italiana della canzone “The House of the Rising Sun” del gruppo degli Animals. Il testo italiano è scritto dallo stesso Ricki, un testo troppo trasgressivo per l’epoca tant’è che la canzone viene presto “ritirata”.
La stessa, viene reincisa dallo stesso Maiocchi e dal gruppo dei Marcellos Ferial con un testo più “leggero” di Mogol, e con un nuovo titolo “La casa del sole”.
Con questa canzone i Marcellos Ferial partecipano al Cantagiro del 1965; anche Riki partecipa, nella sezione riservata ai giovani, con la canzone “Quella che cerchi”, cover di “Stop Feeling Sorry For Your self” di Adam Faith, canzone ripresa anche da Sandie Shaw.
Il retro del 45 giri è “P.S.I.Love you” dei Beatles, accompagnato dal complesso dei Mods (ovvero i futuri Camaleonti ).
I primi elementi del gruppo sono Riki e Livio, poi entra Gerry, e infine gli altri.
All’inizio, il gruppo non comincia insieme; Livio e gli altri per un periodo di tempo, incidono senza Ricki che è nel gruppo di Augusto Righetti “Le Ombre”. Poi, lo stesso Maiocchi ottiene una scrittura come cantante dalla casa discografica “La voce del Padrone”, e decide di riunire il gruppo.
In principio si chiamano Mods, poi prendono il nome di Beatnicks, e poi quello dei Camaleonti.
Dopo un’apparizione al “Raduno Beat”, vengono notati da Miki Del Prete nel locale milanese Santa Tecla, che li fa incidere per la Kansas. Il loro primo disco con la nuova etichetta è “Ti saluto”, cui fa seguito “Sha la la la”, cover di “La La La La La” di Paul Clarence, e ”I capelloni”, cover di “Over and Over”dei Dave Clarke Five.
Partecipano poi al Cantagiro del 1966, con la canzone ”Chiedi chiedi”. Per problemi interni, in quello stesso anno Ricki lascia il gruppo. Torna nella sua Milano, dove tenta la carriera da solista.
Nel periodo in cui Riky rimane“orfano" dei Camaleonti, si fa accompagnare dal complesso dal nome “Pattuglia azzurra”. Complesso dove suonano i fratelli Boldi, Massimo alla batteria, e Fabio alla chitarra. Ma questa nuova formazione non dura molto.
Per un periodo di tempo si reca a Londra, dove fa la conoscenza del chitarrista Ritchie Blackmore e del suo gruppo, con cui per un po' suona nei locali londinesi.
Riky rimane entusiasta dei suoi musicisti, e decide di portarli in Italia.
Il nuovo complesso di Maiocchi si fa conoscere nei locali italiani, riscuotendo un enorme successo, successo che dura fino a quando lo stesso Blackmore, per problemi personali lascia il gruppo per tornarsene a Londra.
Riki cerca di continuare la collaborazione con i musicisti rimasti , ma la cosa non dura molto. Così, per decisione dello stesso Maiocchi, anche questo gruppo si scioglie, i tre componenti continuano a incidere dei dischi col nome di Trip e si uniscono al cantante Joe Vescovi.
La casa discografica CBS, che crede nelle sue doti di cantante, gli fa incidere una canzone della coppia Mogol-Battisti dal titolo ”Uno in più”. La canzone suddetta fa parte della linea ecologica pacifista denominata “Linea Verde”.
Riki e accompagnato dal complesso dei Generali. La canzone è prima in classifica.
Nel 1967, visto il successo che ha riscosso con “Uno in più”, la CBS lo fa’partecipare al Festival di Saremo di quell’anno con la canzone dal titolo ”C’è chi spera”.
Con lui, per l’abbinamento nella gara canora, c’è Marianne Faithfull, che in quel periodo è legata sentimentalmente al cantante dei Rolling Stones Mick Jagger. La canzone però non riesce a vincere nonostante il pubblico si dimostri interessato al testo , troppo nuovo per un festival che mantiene la sua tradizione di brani troppo “datati”.
La carriera di Riki prosegue con il suo terzo singolo dal titolo ”Prendi fra le mani la testa”, sempre scritto dal duo Mogol-Battisti. Con questa canzone Riky partecipa al Cantagiro del 1967, e la stessa canzone è anche in gara tra i dischi del Festivalbar.
Questa canzone viene incisa anche da Loredana Bertè, Mino Reitano e Lucio Battisti. Il testo, troppo rivoluzionario per il periodo, non fa riscuotere grande interesse per il disco.
La fine del 1967, è caratterizzato dalla nuova moda musicale, che vede riprendere vecchie canzoni di decenni precedenti per poi ricantar le in stile moderno.
Così è anche per Riki, che contro la sua volontà incide la canzone ”Ma l’amore no”. La canzone non ottiene successo perché viene criticata sia dai giovani che non accettano che il loro idolo li “tradisca” cimentandosi in canzoni ormai datate, e dai cosiddetti “matusa” che non accettano che le loro canzoni possano essere “rovinate” dai cantanti del momento.
Il lato B invece è composto da “Un’altra vita”, cover di una canzone di Paul Jones, tratta dal film “Privilege”.
Riki si innamora di quel film “verità” che racconta la storia di come una star musicale può essere utilizzata dal “sistema”.
Nel 1968 ha la fortuna di conoscere Jimi Hendrix al Piper di Milano nella sua storica tournée in Italia .
In quell’anno incide per la CBS l’ultimo 45 giri dal titolo ”Il re della solitudine”. Nonostante la grande esecuzione di Ricky, il disco non viene pubblicizzato molto, e anche in radio non gode di molti passaggi; inutile dire che il 45 giri non riesce a vendere abbastanza. Maiocchi, dopo ciò chiude i rapporti con la CBS. Comincia per lui un periodo di cambiamenti di case discografiche passa alla Carosello nel 1969 con la quale incide la canzone “Io sono qui” che ha come retro ”Tu vedi mai cerchi bianchi e neri?”, alla CGD nel 1972, con il 45 giri dal titolo “Aiutami”, che ha come retro”Mary Jane”.
Successivamente si trasferisce alla EMI, la casa discografica del suo inizio nel 1976. Per la EMI, nel ’76, esce il suo ultimo 45 giri dal titolo ”Rock’n roll”, prodotto da Shel Shapiro, ex cantante del gruppo dei Rokes. Ma anche con la EMI sorgono dei problemi discografici e Riki, ormai stanco, decide di ritirarsi dalla musica.
Da quel momento, Maiocchi fa molti lavori per vivere. Il successo e la popolarità sono per lui ricordi.
Negli anni’80, con gran parte dei suoi colleghi, partecipa a molte trasmissioni che si occupano di riportare in scena gli anni’60; nel 1983 con “Bandiera Gialla”, nel 1988 a “Vent’anni dopo”, nel 1989 a “Una Rotonda sul Mare”, dove riesce ad arrivare in semifinale.
La canzone ”Uno in più” viene scelta come sigla del programma “Roxy Bar”.

Il 4 Febbraio del 2004 a Milano, muore di tumore nell’ospedale dove è ricoverato.
A differenza del nome che ha scelto per il suo gruppo,
Riki Maiocchi è l’unico Camaleonte che non ha mai cambiato colore per vivere.

Una chicca dalla rete



(Intervista telefonica a Riky Maiocchi, dicembre 1997)

Conoscevo musicalmente Hendrix fin da quaido aveva sfondato in Inghilterra.
Là, la sua popolarità era oggetto di studio per sociologi e psicologi, mentre in Italia girava tutt'altra musica.
Il pubblico che andava ad ascoltarlo era quindi composto in buona parte da persone incuriosite dalla sua musica, ma anche dal personaggio, per come si vestiva, per come era stato descritto dai giornali, dalla gente che lo aveva visto.
Questa naturalmente era l'immagine offerta dai media.
Di persona sembrava quasi timido, come quando si presentò al Piper nel pomeriggio per scusarsi del fatto che il concerto non si sarebbe potuto tenere perché gli strumenti erano bloccati alla dogana in aeroporto.

D: II tour fu ben gestito?

R: Secondo me no. Oltre tutto a Milano Jimi fu fatto suonare al Piper, che pur essendo un locale abbastanza grande in confronto al Piper di Roma era poca cosa. Poi l'hanno fatto esibire al Brancaccio, che è uno dei teatri meno rappresentativi della capitale.

D: Come si svolse la tua giornata hendrixiana?

R: Mi trovavo al Piper in veste di spettatore in attesa del primo concerto pomeridiano. Hendrix arrivò nei camerini e mi spiegò i motivi per cui non poteva suonare. Lui non sapeva neanche che in Italia esistessero dei complessi, di italiano conosceva solo Mario del Monaco, ma di gruppi non aveva proprio idea.
Siamo stati insieme tutto il pomeriggio. Abbiamo bevuto qualcosa, gli ho fatto conoscere due mie amiche (con una delle quali fra l'altro ha avuto una storia) e la sera, dopo il concerto, ci siamo trovati e siamo andati a casa di una di loro, dove abbiamo fatto una festicciola, una cosa molto tranquilla.
Mi regalò un battipenna e tre pick-up, che attualmente credo siano in mano ad Alberto Radius della Formula 3, anche se ora non ricordo per quale motivo... Radius non c'era al Piper. Non mi ricordo di aver visto molti musicisti, solo Maurizio Arceri e Milena Cantù ...
Del concerto ricordo che Jimi ha eseguito tutti pezzi che conoscevo, per un totale di circa due ore, quasi come per scusarsi di non aver suonato il pomeriggio.
Alla festa vennero anche Noel, Mitch e il tecnico.
La padrona di casa - non mi ricordo più il nome - era una ragazza di colore, una fotomodella.
Me l'aveva presentata un'amica di Bologna, Ines (Curatolo), che fu quella che ebbe la storia con Jimi. Ricordo che a festa finita, quando tutti cominciarono ad andar via, lui rimase lì.
Dopo il tour italiano, mi capitò di vederlo un'altra volta.
Andavo spesso a Londra dove in quegli anni c'era un locale in auge che si chiamava "Revolution", un posto con un palchetto attrezzato per chi aveva voglia di esibirsi.
Quella sera Jimi fece una jam session con Steve Winwood e altri musicisti.

(Dal libro "5 giorni a maggio" di R. Bonanzi e M. Comandini)