La downtown di
Menphis non ha niente a che vedere con le viuzze dei paesini della riviera
ligure.
Beale
Street è una via larga e dritta e i musicisti si trovano su entrambi i lati,
con cadenza regolare, mentre le città di mare offrono piazze e angoli
caratteristici… elementi geometrici contro linearità.
In
quella strada americana, carica di storia, la tipologia è unica e gli artisti
possono essere miscelati senza che il risultato cambi.
A
Varazze, il 2 maggio appena trascorso, il blues ha diverse facce, diversi
aspetti e le proposte le più ampie possibili.
La
differenza fondamentale è una sola: Beale Street è uguale a se stessa, sempre;
la stessa musica, il blues, in una qualsiasi strada italiana è… una tantum.
Varrebbe
la pena di raccontare nei dettagli quanto accaduto a Varazze sabato 2 maggio.
Mi
limiterò a descrivere ciò che ho visto con i miei occhi e a “raccontare” il feeling,
l’atmosfera caratteristica da “evento musicale da ricordare”.
Ho
partecipato a qualcosa di nuovo, di speciale, di contrario al pensiero comune.
Portare
il blues a Varazze, in una giornata da spiagge affollate, da benessere diffuso,
sembra una bestemmia se riferita al “no pain no
blues”, un aforisma che potenzialmente rischia di trasformare
una musica di tutti in “rappresentazione di nicchia”.
Ma
i tempi cambiano, e la gente, giovane e meno giovane, ha bisogno di buona
musica e, vuoi per il tam tam online, vuoi per il tempo favorevole, le vie sono
stracolme, dalla mattina sino a sera inoltrata.
Raindogs
si propone un obiettivo che per un mero fruitore del servizio, quale io sono,
appare titanico:
una
non stop musicale di 12 ore composta da 22 spettacoli (più una jam finale),
suddivisa in 17 differenti punti cittadini.
Costo
del biglietto … zero.
E
che dire dei nomi? Ne cito alcuni, in ordine di apparizione: Bonfanti e Treves, Fabrizio
Poggi & Chicken Mambo, Baby Gramps, Johnny
Kaplan, Jake Walker.
Il
clou è rappresentato dai Nine Below Zero, in scena
alla 21.
Non
sono riuscito ad essere presente per tutte le dodici ore, e ho quindi vissuto
spezzoni di giornata, ma in ogni caso, avrei comunque perso parte degli
artisti, molti dei quali a me sconosciuti, per la contemporaneità di alcuni
concerti, ed è questo il rammarico più diffuso ascoltato tra i vicoli
varazzini… ma accontentiamoci del miracolo!
Tutto
inizia in Piazza Beato Jacopo, con Paolo Bonfanti e Fabio Treves.
Sono
le 11.30 e la piazzetta è gremita, nonostante il sole fastidioso(in relazione
all’evento).
I
bagnanti sono impegnati altrove e la gente presente non è lì per caso fortuito.
Performance
impeccabile di questi due artisti che fanno breccia nel cuore dei tanti
spettatori, scendendo tra di loro, spronandoli alla compartecipazione.
Treves
si districa tra le tante armoniche mentre Bonfanti passa dal blues acustico,
spesso con effetto slide, alla Telecaster . Il mio figlioletto nota che Paolo è
chitarrista mancino.. forse anche io sto seminando bene!
Ad inizio concerto un anziano signore osserva diffidente da una finestra chiusa, decentrata … verso la fine ha guadagnato la posizione mediana ed è in compagnia della moglie!
La
piazza rappresenta l’embrione dell’eccitazione musicale che avvertirò nelle ore
a venire, e mentre il duo termina mi godo lo spettacolo della gente,
protagonista quanto gli artisti on stage.
Sono
le 13 e la mia testimonianza riparte alla 16 quando ripercorro le strette
stradine di questo paese “morto” in inverno, “superaffollato” nella bella
stagione.
Prima
di arrivare a Piazza S. Ambrogio, luogo in cui si esibirà Fabrizio Poggi
& Chicken Mambo , trovo cinque band che in altro momento sentirei senza
perdere un solo attimo, ma è questa anche una giornata di scelte!
L’esibizione
di Poggi slitta di qualche decina di minuti e riesco così a sentire “Hey Joe” ,
eseguita dai savonesi Dirty Trick.
Mio
figlio, sempre lui, cerca bibite in un bar e quando al mio ritorno non mi trova
nel suo punto di riferimento chiede a Treves, incontrato per caso:” ..hai visto il mio papà..?” , nemmeno fossimo ex compagni di
scuola”! “ Quando me lo racconta, e gli faccio notare l’inadeguatezza della
domanda mi dice:
”
… ma dai … è un uomo come noi!”
Impossibile
descrivere esaurientemente l’atmosfera che si respira.
Si
cammina avendo la certezza che la quasi totalità delle persone è lì per un
motivo comune, e si rafforza in me, ancora una volta, la convinzione che la
musica sia un potente elemento aggregante, capace di abbattere ogni tipo di
barriera.
Fabrizio
Poggi ha appena iniziato quando raggiungo la ”sua “ piazza.
Lì
vi trovo un sacco di amici, artisti e ascoltatori comuni, smossi dal passaggio
di informazioni che l’attuale tecnologia favorisce.
E’
una grande festa!
Fabrizio
inizia con le sue armoniche, la sua voce, accompagnato da basso e chitarra.
Riesco
a filmare un paio di brani, grazie anche ad Angelina, gentilissima compagna di
Poggi .
La gente si avvicina
e batte le mani seguendo il … “ clap your hands and save your soul..” Non so se basta per guadagnarsi una fetta di paradiso,
ma questa musica fatta di pochi accordi ( e tanto virtuosismo), questo blues
nato in terre lontane, sa colpire nel profondo, e lascia il segno.
I
miei impegni familiari mi riportano temporaneamente a Savona, ma nel
ripercorrere a ritroso i vicoli, mi ritrovo nella piazza del mattino, dove Baby
Gramps sta intrattenendo un pubblico entusiasta.
Mi
allontano mentre il signore anziano, al mattino diffidente e nascosto, ha
spalancato le finestre e … lascia entrare la musica!
Ritorno
alla 21 e inizia il concerto principale.
Mi hanno riferito che i NBZ erano “la spalla” dei
Dire Strait a Sanremo, nel 1980. Io c’ero ma non ne ho il minimo ricordo.
Sono seduto sotto al palco. Nemmeno a sedici anni
ci riuscivo!
Filmo gran parte di un evento straordinario, per
qualità e coinvolgimento.
I brani storici si
mescolano a contaminazioni “straniere”, ma il risultato è notevole.
Pubblico in delirio sino ai bis, dove tre ragazze guadagnano il palco e una di loro contribuisce all’irrobustimento della sezione ritmica, con tanto di bacchetta “strapazzatimpano”.
Il cantante de Le Trois Tettons, complice forse la sua maglietta rollingstoniana, viene chiamato sul palco e duetta su “Brown Sugar”.
Pubblico in delirio sino ai bis, dove tre ragazze guadagnano il palco e una di loro contribuisce all’irrobustimento della sezione ritmica, con tanto di bacchetta “strapazzatimpano”.
Il cantante de Le Trois Tettons, complice forse la sua maglietta rollingstoniana, viene chiamato sul palco e duetta su “Brown Sugar”.
Che giornata
indimenticabile!
Finisce il concerto,
ma continua la musica.
Il pubblico si dirada velocemente e si ridistribuisce nei punti di ascolto restanti, in una sorta di sana trance musicale come quella che forse un tempo animava le manifestazioni dei grandi ideali, delle grandi utopie.
Mi ritrovo al bar Spot a sentire ciò che rimane di Johnny Kaplan.
La sua musica diventa , ahimè , solo sottofondo del mio incontro con un altro musicista/spettatore, che avrei visto bene su qualche palco varazzino.
J.C. Cinel mi di dice di essersi divertito da morire e aggiunge”… io mi trasferisco qui!!”
Me ne vado quando la festa è ancora in corso.
Il pubblico si dirada velocemente e si ridistribuisce nei punti di ascolto restanti, in una sorta di sana trance musicale come quella che forse un tempo animava le manifestazioni dei grandi ideali, delle grandi utopie.
Mi ritrovo al bar Spot a sentire ciò che rimane di Johnny Kaplan.
La sua musica diventa , ahimè , solo sottofondo del mio incontro con un altro musicista/spettatore, che avrei visto bene su qualche palco varazzino.
J.C. Cinel mi di dice di essersi divertito da morire e aggiunge”… io mi trasferisco qui!!”
Me ne vado quando la festa è ancora in corso.
Me ne vado col
rammarico di non aver potuto ascoltare Abba Zabba, Pulin & Little Mice,
Jaime Dolce, Jake Wlker Duo, Max Prandi, The Big
Sound of Country Music, Veronica Sbergia Trio,
Dirtytrainload,Maurizio Gnola &e Jimmy Ragazzon, Dodo Armonica Kid
& Gianluca Maiorino, Mauro Ferrarese, Angelo Leadbelly Rossy Pyton
Fecchio, Blue Young Monkeys, Spiritual Gangsta, Les Trois Tetons, Bluse,
Thetruestoryoftheend, Claudio Bellato.
Tanto di cappello al
Raindogs.
Tanto di cappello a
tanti artisti che oggi ci hanno ricordato che “la differenza tra chi suona e chi ascolta è
solo nella posizione, uno di fronte all’altro” (Poggi docet).
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