Stairway to Heaven è
uno dei brani più famosi dei Led Zeppelin ed
è contenuto in “Led Zeppelin IV”. La canzone, acclamata per la sua
composizione, è stata anche bersagliata per un presunto contenuto di messaggi
subliminali di matrice satanica. Secondo alcune interpretazioni un verso della
canzone, ascoltato al contrario, conterrebbe un inno demoniaco.
Il testo
ascoltato nel senso normale già alluderebbe al bifrontismo delle parole. Dice
infatti: "Cause you know sometimes words have two meanings"
("Perché come sai a volte le parole hanno due significati").
Se poi il
brano viene ascoltato al contrario, sembra che “La scala per ilparadiso”
porti direttamente all’inferno. Vi è un messaggio nascosto nella canzone al
rovescio e questo fenomeno è chiamato backward masking. Non siamo davanti a
delle parole sensate casuali che messe insieme non conducono ad alcun
significato, ma di vere e proprie frasi di senso compiuto e grammaticalmente
corrette. Questa è da sempre l’accusa più grave e celebre che i Led Zeppelin si
sono guadagnati.
Il luogo in cui fu creata "Stairway to Heaven"
In realtà
non vi è alcuna prova che i Led Zeppelin abbiano volutamente fatto passare
questi messaggi "al contrario" con la tecnica del backmasking, e
probabilmente si tratta di uno dei tanti casi di pareidolia acustica della
storia del rock, poiché altresì non esiste prova che i messaggi nascosti siano
stati inseriti volutamente. Page negò sempre queste dicerie. Robert Plant affermò
in una intervista: "To me it's very sad, because Stairway
to Heaven was written with every bestintention,
and as far as reversing tapes and putting messages on the end, that's not my
idea of making music" ("Per me è veramente triste, perché Stairway
to Heaven fu scritta con le migliori intenzioni, e per quanto riguarda
messaggi registrati al contrario, non è la mia idea di fare musica").
Ecco il tratto incriminato ascoltato in backward: si può sentire distintamente il seguente
messaggio: “So here's my sweet Satan, the one whose little path
won't make me sad, whose power is Satan. He will give the growth giving you six-six-six. There
was a little tool shed where he made us suffer, sad Satan.”
Traduzione: “Ecco il mio dolce Satana, (l’unico) la
cui piccola via non mi renderà mai triste e di cui il potere è Satana. Lui
darà il progresso dandoti il sei-sei-sei. C’era un piccolo capanno degli
attrezzi dove ci faceva soffrire, triste Satana.”
Il mistero e il fascino hanno un legame molto stretto…
Banda Venturipropone l’album “L’amore al
tempo della Lira”, titolo icastico, che lascia intravedere molti
dei contenuti. Accade. Esistono incipit criptici, che spingono alla scoperta di
ciò che si nasconde dietro una copertina e sollecitano la curiosità; e poi ci
sono denominazioni che, associate ad un personaggio conosciuto, regalano
qualche certezza.
Il “personaggio” a cui faccio riferimento è Gianni Venturi,
musicista che ho conosciuto personalmente e che seguo dal 2012, quando la sua necessità
artistica del momento lo spingeva verso lidi ... progressivi.
Mano a mano che i suoi progetti si succedono - e sono tanti e
variegati - avverto forte il suo bisogno di un ritorno alle radici, un concetto
che conosco bene perché colpisce anche lo scrivente e molte delle persone che
lo circondano.
Tutto il bello che emerge da lavori come “L’amore al tempo
della Lira” mi pare correlato alla maturità, quello stato a
cui tutti - o quasi - prima o poi arrivano, e che propone come altra faccia
della medaglia il termine libertà.
Libertà di pensiero, di mostrare sentimenti un tempo accuratamente
celati, di calcare i sentieri più disparati senza pudore alcuno.
Un commento ad un album, a mio giudizio, dovrebbe evidenziare ciò che l’ascolto ha generato, un sunto molto soggettivo a cui unire
aspetti tecnici e informazioni obiettive, e in questa ottica mi piace mettere
in rilievo ciò che il disco mi ha lasciato.
Facile immedesimarsi. Facile per me estrapolare il concetto
di felicità, abusato e confuso con quello più realistico che prende il nome di
serenità.
La felicità porta a momenti che ti levano il respiro, attimi
che possono nascere da differenti situazioni, ma che sicuramente sono legati al
concetto di amore: l’arrivo di un figlio, la nascita di un rapporto di coppia, la
bellezza che deriva dalla mera contemplazione di un’opera d’arte, di un’atmosfera,
del viso di una donna o di un uomo.
Nei dieci brani proposti da Banda Venturi ho trovato tutto
questo, ho ritrovato la mia storia e ho pensato a quanto sia bello poter cristallizzare
memoria e vicende in arte permanente. Gli amori raccontati da Gianni Venturi
and friends sono quelli di tutti, ma soprattutto delle persone semplici e
virtuose, quelle che riescono a prendere atto che nella vita esistono priorità
che ci accompagnano ed uniscono, lungo il percorso che ci è concesso.
L’ambientazione riporta ad una grande balera, dove la fisarmonica
domina, il tango imperversa, le danze spingono a luoghi di periferia, mentre il
menestrello raggiunge il punto nobile del palco e racconta le sue storie: così
nascono amori impossibili, incontri da toccata e fuga, legami lunghi una vita,
gioie esplosive della durata di un’ora o… per sempre.
E ad ogni rottura il dolore, il polo contrapposto alla
felicità, un malessere che solo un altro amore può scacciare definitivamente.
Esiste un rifugio dove trovare conforto incondizionato? La
famiglia, quella che rappresenta il porto sicuro e il punto di riferimento per
un tempo infinito.
A proposito di famiglia, nel suo viaggio Gianni Venturi è
accompagnato in veste autorale da Raffaele Montanari, ma leggendo le
note del comunicato vedo la presenza di altri due “Venturi”, Maurizio e Valerio,
che non conosco, ma immagino rappresentino quegli affetti che non si possono
mettere in secondo piano.
Leggendo le note biografiche a seguire, il team al lavoro
prenderà la sua connotazione totale.
Segnalo il brano/video “Devi volerti bene”, dedicato
alle donne, un messaggio di amore e di rispetto fruibile al seguente link:
Un grande album, un argomento che da sempre alimenta le
canzoni, un iter narrativo unico. Nel mio ascolto solitario registro un accenno
di lacrima… come scrivevo poc’anzi, nessuno pudore ormai può essere ostacolo
alla rappresentazione dei miei sentimenti!
Dice Gianni Venturi…
L’album contiene 10 Brani, alcuni trattano l’amore, un amore
con cicatrici, segnato dal tempo, un amore però oltre il tempo, perché le
emozioni non hanno età. Altri brani sono lo specchio dell’anima gitana, parlano
della memoria, del senso di colpa, degli abbracci trattenuti e i baci sospesi.
Biografia
Una band di diversamente giovane, anche se appaiono evidenti
le cicatrici della vita, come è normale che sia, ma il cuore, il cuore è privo
di rughe, e la mente naviga in un universo senza tempo. L’anima della Madre
Gitana, attraversa la loro composizione e la loro vita, senza radici apparenti,
la vera radice è il viaggio, la ricerca. La fisarmonica del Padre ed il loro
tango hanno riempito di musica ogni attimo di dolore trasformandolo in note.
Hanno conosciuto la balera, hanno danzato la musica della balera, lustrini e
balli di un altro tempo, hanno conosciuto l’amore con le sue lacrime ed i suoi
sorrisi. Ognuno dei fratelli ha seguito il suo percorso, ma era destino che si
ritrovassero tra queste note, in questo disco che parla di loro e di chiunque
ci si riconosce! “L’Amore al tempo della Lira” è un disco profondo, epico, un
disco innamorato dell’amore. In questo viaggio sono stati accompagnati da un
fratello in musica: Gigi Cavalli Cocchi, batterista storico di Ligabue, e dei
CSI, come loro diversamente giovane, zingaro percussivo. E Manuela Turrini che
dalla balera, è arrivata al Tango navigando nel mare intenso della musica
dell’anima.
Banda Venturipropone l’album “L’amore al
tempo della Lira”, titolo icastico, che lascia intravedere molti
dei contenuti. Accade. Esistono incipit criptici, che spingono alla scoperta di
ciò che si nasconde dietro una copertina e sollecitano la curiosità; e poi ci
sono denominazioni che, associate ad un personaggio conosciuto, regalano
qualche certezza.
Il “personaggio” a cui faccio riferimento è Gianni Venturi,
musicista che ho conosciuto personalmente e che seguo dal 2012, quando la sua necessità
artistica del momento lo spingeva verso lidi ... progressivi.
Mano a mano che i suoi progetti si succedono - e sono tanti e
variegati - avverto forte il suo bisogno di un ritorno alle radici, un concetto
che conosco bene perché colpisce anche lo scrivente e molte delle persone che
lo circondano.
Tutto il bello che emerge da lavori come “L’amore al tempo
della Lira” mi pare correlato alla maturità, quello stato a
cui tutti - o quasi - prima o poi arrivano, e che propone come altra faccia
della medaglia il termine libertà.
Libertà di pensiero, di mostrare sentimenti un tempo accuratamente
celati, di calcare i sentieri più disparati senza pudore alcuno.
Un commento ad un album, a mio giudizio, dovrebbe evidenziare ciò che l’ascolto ha generato, un sunto molto soggettivo a cui unire
aspetti tecnici e informazioni obiettive, e in questa ottica mi piace mettere
in rilievo ciò che il disco mi ha lasciato.
Facile immedesimarsi. Facile per me estrapolare il concetto
di felicità, abusato e confuso con quello più realistico che prende il nome di
serenità.
La felicità porta a momenti che ti levano il respiro, attimi
che possono nascere da differenti situazioni, ma che sicuramente sono legati al
concetto di amore: l’arrivo di un figlio, la nascita di un rapporto di coppia, la
bellezza che deriva dalla mera contemplazione di un’opera d’arte, di un’atmosfera,
del viso di una donna o di un uomo.
Nei dieci brani proposti da Banda Venturi ho trovato tutto
questo, ho ritrovato la mia storia e ho pensato a quanto sia bello poter cristallizzare
memoria e vicende in arte permanente. Gli amori raccontati da Gianni Venturi
and friends sono quelli di tutti, ma soprattutto delle persone semplici e
virtuose, quelle che riescono a prendere atto che nella vita esistono priorità
che ci accompagnano ed uniscono, lungo il percorso che ci è concesso.
L’ambientazione riporta ad una grande balera, dove la fisarmonica
domina, il tango imperversa, le danze spingono a luoghi di periferia, mentre il
menestrello raggiunge il punto nobile del palco e racconta le sue storie: così
nascono amori impossibili, incontri da toccata e fuga, legami lunghi una vita,
gioie esplosive della durata di un’ora o… per sempre.
E ad ogni rottura il dolore, il polo contrapposto alla
felicità, un malessere che solo un altro amore può scacciare definitivamente.
Esiste un rifugio dove trovare conforto incondizionato? La
famiglia, quella che rappresenta il porto sicuro e il punto di riferimento per
un tempo infinito.
A proposito di famiglia, nel suo viaggio Gianni Venturi è
accompagnato in veste autorale da Raffaele Montanari, ma leggendo le
note del comunicato vedo la presenza di altri due “Venturi”, Maurizio e Valerio,
che non conosco, ma immagino rappresentino quegli affetti che non si possono
mettere in secondo piano.
Leggendo le note biografiche a seguire, il team al lavoro
prenderà la sua connotazione totale.
Segnalo il brano/video “Devi volerti bene”, dedicato
alle donne, un messaggio di amore e di rispetto fruibile al seguente link:
Un grande album, un argomento che da sempre alimenta le
canzoni, un iter narrativo unico. Nel mio ascolto solitario registro un accenno
di lacrima… come scrivevo poc’anzi, nessuno pudore ormai può essere ostacolo
alla rappresentazione dei miei sentimenti!
Dice Gianni Venturi…
L’album contiene 10 Brani, alcuni trattano l’amore, un amore
con cicatrici, segnato dal tempo, un amore però oltre il tempo, perché le
emozioni non hanno età. Altri brani sono lo specchio dell’anima gitana, parlano
della memoria, del senso di colpa, degli abbracci trattenuti e i baci sospesi.
Biografia
Una band di diversamente giovane, anche se appaiono evidenti
le cicatrici della vita, come è normale che sia, ma il cuore, il cuore è privo
di rughe, e la mente naviga in un universo senza tempo. L’anima della Madre
Gitana, attraversa la loro composizione e la loro vita, senza radici apparenti,
la vera radice è il viaggio, la ricerca. La fisarmonica del Padre ed il loro
tango hanno riempito di musica ogni attimo di dolore trasformandolo in note.
Hanno conosciuto la balera, hanno danzato la musica della balera, lustrini e
balli di un altro tempo, hanno conosciuto l’amore con le sue lacrime ed i suoi
sorrisi. Ognuno dei fratelli ha seguito il suo percorso, ma era destino che si
ritrovassero tra queste note, in questo disco che parla di loro e di chiunque
ci si riconosce! “L’Amore al tempo della Lira” è un disco profondo, epico, un
disco innamorato dell’amore. In questo viaggio sono stati accompagnati da un
fratello in musica: Gigi Cavalli Cocchi, batterista storico di Ligabue, e dei
CSI, come loro diversamente giovane, zingaro percussivo. E Manuela Turrini che
dalla balera, è arrivata al Tango navigando nel mare intenso della musica
dell’anima.
Sono “caduto” casualmente su The Motowns, gruppo musicale beat britannico della
seconda metà degli anni Sessanta, noto in Italia come parte della cosiddetta
Brit-it invasion. Giunse a Firenze proprio nei giorni dell'alluvione del 1966,
nella quale perse la strumentazione e l'impianto di amplificazione. Un buon
inizio!
Li ricordo molto bene!
Scoperto e lanciato al Piper Club di
Roma dal produttore Alberigo Crocetta, poi scritturato dalla RCA Italiana, il
gruppo partecipò al film “L'immensità (La ragazza del Paip's)”, con Don Backy e
Patty Pravo. Comparirono poi - direttamente o con brani inseriti nella colonna
sonora - in altri film, fra cui Soldati e capelloni (1967) e La più bellacoppia del mondo (di Camillo Mastrocinque, 1967).
La figura più rappresentativa, quella
destinata ad avere successo singolarmente, era quella di Lally Stott, cantante,
compositore e paroliere; molto attivo in Italia, vantava collaborazioni con
diversi produttori e autori, come Franco Micalizzi, per il quale scrisse il
testo della sigla del film Lo chiamavano Trinità..., e i fratelli
Capuano, insieme ai quali compose diversi brani del gruppo pop Middle of the
Road.
Nativo di Prescot, cittadina inglese
a circa 10 km da Liverpool all'epoca in Lancashire, fece parte della scena beat
del Merseyside e a metà degli anni Sessanta, come già accennato, fu tra i
protagonisti dell'invasione musicale britannica in Italia.
A fine decennio, dopo aver lasciato i
Motowns, entrò in contatto con Giacomo Tosti, produttore del gruppo scozzese
Middle of the Road, per il quale scrisse il testo dell'hit Chirpy Chirpy Cheep
Cheep composto dai fratelli Giosy e Mario Capuano, che ebbe grande successo
nelle classifiche di Regno Unito, Australia, Italia ed entrò al 92º posto nella
Billboard Hot 100.
In collaborazione con Franco
Micalizzi, inoltre, compose il testo della title track del film Lo
chiamavano Trinità... brano ripreso quarant'anni più tardi nella colonna
sonora di Django Unchained di Quentin Tarantino. Per i Middle of the
Road scrisse i testi di altri singoli di successo come, tra l'altro, Bottoms Up, Samson and Delilah, Sacramento, Tweedle Dee, Tweedle Dum, tutti nelle
Top Ten di una o più classifiche europee all'inizio degli anni Settanta.
Scrisse anche canzoni per sé stesso,
come per esempio Jakaranda, in concorso all'ottavo Festivalbar nel 1971 e
Sweet Meeny, presentata nella nona edizione della stessa rassegna l'anno
dopo, e fu anche presente nella televisione italiana come ospite di
trasmissioni musicali.
Per Engelbert Humperdinck scrisse My Summer Song, in seguito ripresa anche da Jerry Reed e i Jigsaw; un'altra
sua composizione da lui personalmente interpretata, Good Wishes, Good Kisses,
fu impiegata come sigla di testa dello sceneggiato del 1972 La donna di
picche, della quadrilogia del tenente Sheridan.
Ma forse il suo brano più conosciuto è stato...
Tornato in Inghilterra, a soli 32
anni rimase vittima di un incidente stradale tra Liverpool e Prescot: il 4
giugno 1977 la sua moto urtò un veicolo proveniente in senso opposto e, a causa
delle lesioni a testa e gambe, fu ricoverato dapprima a Whiston e,
successivamente, al Walton Hospital di Liverpool dove morì due giorni dopo il
sinistro.
L’ultima presentazione del libro "Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi"
(Pintelli/Enrile/De Negri) è andata in scena a Mele (Genova), il 26 gennaio.
A partire dal 25 ottobre in quel di Alba, tappa zero di un progetto
itinerante, i luoghi di incontro sono stati i più disparati: librerie, pub,
centri culturali.
In fondo, ogni occasione, ogni spazio, ogni luogo, sono
adatti per la socializzazione e la condivisione; certo è che trovarsi in un
agriturismo, immersi nella natura e in una dimensione rurale, sembrerebbe la location più
vicina e idonea all’argomento proposto.
“TUTTO IN FAMIGLIA”, potrebbe essere questa la sintesi di un
momento di vita vissuto in un’oasi felice denominata Verdure Naturali( https://www.facebook.com/verdurenaturali?locale=it_IT),
e per comprendere meglio la situazione occorre sottolineare che Roberto Storace, il
coordinatore dell’ensemble musicale che accompagna le presentazioni, è stato sino
a poco tempo fa docente inquella zona
ligure, ed erano quindi presenti alcuni dei suoi allievi/colleghi.
Ma l’incontro si è potuto realizzare grazie all’accordo tra
Roberto e il gestore, Marco Loconte, anch’esso allievo di un tempo non
troppo lontano, un uomo che, dopo aver provato l’ebrezza del lavoro nell’industria
ha scelto … la libertà.
Non approfondisco perché nel video a seguire è lo stesso
Marco a raccontarsi e a mettere in mostra una … parte di corpo che sottolinea
il legame tra il mondo di Woodstock e la sua passione, soprattutto quella per
Hendrix, lui che, quando Jimi moriva non era ancora nato!
La conduzione ha seguito uno schema ormai consolidato, con
immagini sullo schermo utili a unire le parole, e brani musicali proposti in
modalità acustica.
Si è registrata una new entry, quella del vocalist Fabrizio
Cruciani, cantante dal passato illustre e oggi pronto a divertirsi nel
nuovo gruppo, i BECS, composto da Briano Marco, Enrile
Athos, Cruciani Fabrizio e Storace Roberto.
Oltre all’esordio di Fabrizio, si segnala l’entrata di un
nuovo strumento utile al set acustico, il cajon, una percussione di grande efficacia.
Se ne terrà conto per il futuro!
Pubblico attento, partecipativo e grande soddisfazione quando
alla fine, parlando con persone appena conosciute, si è avvertito un gradimento
sincero, non obbligato dalla situazione.
Sono questi i momenti in cui si allacciano nuove amicizie e
si gettano le basi per nuovi progetti, e ci sono buone possibilità che la
giornata vissuta a Mele abbia un seguito, e avendo afferrato quale sia la
capacità di Marco Loconte di realizzare eventi che in partenza appaiono
impossibili, ho la quasi certezza che troveremo il modo per passare, tutti
assieme, momenti di grande serenità.
L’epilogo dell’incontro ha visto un cambiamento di scena e di
lay out, tutto per fare spazio ad una cena a base di prodotti naturali che hanno
pienamente soddisfatto i presenti.
Il Prof Storace, il giorno dopo, ha commentato così…
Ieri abbiamo passato un bellissimo pomeriggio e una
bellissima serata all’Agriturismo Verdure Naturali di Marco Loconte e Patrizia.
Per me è sempre una gioia rivederli e riabbracciarli e
riabbracciare anche gli altri miei ragazzi, Stefano, Massimo, Fabio, Marco, ora
uomini fatti e finiti. Per poco non sono diventato prof anche dei loro figli e
mi inorgogliscono quando mi dicono che ci avevano sperato!
So che anche altri miei ex allievi avrebbero voluto esserci,
ma il lavoro o problemi familiari l'hanno impedito.
C'era il grande Pierpaolo! E il mio vecchio amico Fabio, appena ritrovato dopo
una vita.
Abbiamo raccontato qualcosa dell'incredibile concerto di
Woodstock e di quell'anno magico, il 1969. Ci siamo scambiati ricordi, idee,
emozioni.
Abbiamo suonato, Athos, Marco, Fabrizio ed io, alcuni
capolavori dei C.S.N.&Y.
E abbiamo mangiato tutti insieme alcuni piatti buonissimi, a
km zero. Grazie a tutti.
Ma non finisce qui, abbiamo grandi progetti!!!
Ed ora qualche elemento visuale, in attesa di un nuovo episodio...
Negli anni ’50 il famoso cantante
folk Pete Seegerscrisse
il brano "Turn" Turn" Turn!"(sottotitolo: to Everything There Is a Season),
canzone che fu incisa per la prima volta nel 1962, inclusa nell’album “The Bitter and The Sweet”, pubblicato dalla Columbia Records.
Pete Seeger
Sono tante le esibizioni di spessore
che riguardano il brano, ma le più ricordate riguardano Judy Collins, Nina Simone e The Seekers. Ulteriori versioni sono state incise da numerosi altri
artisti fra cui, negli anni duemila ed in chiave new Age, dalla christian rock
band britannica Eden's Bridge.
Ma il successo arrivò in un altro
modo.
Il brano, il cui testo è interamente
adattato - eccetto il verso finale - dal testo biblico del Qoelet (o Libro
dell'Ecclesiaste), è stato portato al successo nel 1965 dai The Byrds,
raggiungendo la prima posizione nella Billboard Hot 100 per tre settimane e
l'ottava in Germania. La canzone diventò anche la title track per l'album
omonimo “Turn! Turn! Turn!”.
Inserita nella versione dei Byrds
all'interno della colonna sonora del film di Tom Hanks “Forrest Gump”, è
ricordata per il suo messaggio pacifista.
Una lirica importante dunque… cerchiamo di saperne di più…
Il testo e il sottotitolo del brano
si rifanno in maniera aderente ai versetti contenuti in Ecclesiaste 3,1-8
(versione Bibbia di Re Giacomo), uno dei libri sapienziali maggiormente
conosciuti. In particolare, i versi biblici - qui intercalati dal controcanto Turn,
Turn, Turn espresso in incipit di canzone - sottolineano come vi siano un
tempo ed un luogo per tutte le cose e per ogni sentimento: uno spazio ed un
tempo per il ridere ed uno che lasci luogo al dolore, uno per curare ed uno per
uccidere, un tempo per raccogliere ed uno per gettare via, un tempo per la
guerra e un tempo per la pace, e così via.
La profondità dei versi si presta a
una miriade di interpretazioni, ma l'accezione principale che viene attribuita
a questa canzone è quella del messaggio pacifista, sottolineato in particolare
dal verso finale - l'unico attribuibile al compositore Seeger - che recita: a
time for peace, I swear it's not too late (un tempo per la pace, io giuro
che non è troppo tardi).
"Turn! Turn! Turn!" è uno dei pochi
brani che si basano in maniera pressoché integrale su ampie citazioni tratte da
scritture sacre, ed è sotto questo aspetto accostabile a motivi - spesso
ripresi da gruppi musicali di genere christian rock - come “Rivers of Babylon” del gruppo The Melodians, “The Lord's Prayer” di Sister Janet Mead
e “40” degli U2.
Il titolo ha dato spunto anche alla
pubblicazione di un libro illustrato con il testo dell'Ecclesiaste edito da
Simon & Schuster nel settembre 2003 con un CD contenente le registrazioni
sia di Pete Seeger che dei Byrds. Wendy Anderson Halperin ha creato una serie
di illustrazioni dettagliate per ogni serie di contrapposizioni indicate nel
testo.
Il manoscritto della canzone figura
fra i testi donati alla New York University dal Partito comunista degli Stati
Uniti d'America nel marzo 2007.
Nina Simone
TESTO E TRADUZIONE
To
every thing there is a season, and a time to every purpose under the heaven:
A
time to be born, and a time to die; a time to plant, and a time to pluck up
that which is planted.
A
time to kill, and a time to heal; a time to break down, and a time to build up.
A
time to weep, and a time to laugh; a time to mourn, and a time to dance.
A
time to cast away stones, and a time to gather stones together; a time to
embrace, and a time to refrain from embracing.
A
time to get, and a time to lose; a time to keep, and a time to cast away.
A
time to rend, and a time to sew; a time to keep silence, and a time to speak.
A
time to love, and a time to hate, a time of war, and a time of peace.
The Seekers
Per ogni cosa c'è il suo momento, il
suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C'è un tempo per nascere e un tempo
per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per
guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per
ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo
per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli
abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per
perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
Un tempo per stracciare e un tempo
per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per
odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Eden's Bridge
Il testo è quindi un’estrapolazione da
ciò che già esisteva, ma deve far riflettere il massiccio utilizzo di tal
messaggio oltreoceano, in tempi in cui in Italia, ad esempio, imperava la “leggerezza”
della musica.
Non solo “baby baby… I love you… you
are beautiful” nelle canzoni degli anni Sessanta, ma anche una necessità di “pensare
e far pensare”.
Proviamo a credere a Pete quando
diceva che esiste un tempo per la pace, non è troppo tardi.
La versione che preferisco, quella
che ascolto da oltre cinquant’anni è quella dei The Byrds.
Il libro "Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti
diffusi", di Pintelli/Enrile/De Negri, fa tappa alla Libreria Paoline di Savona(ottava occasione a partire dal 25 ottobre e terza nel savonese).
Anche in questo caso a fare da filo conduttore la musica live
in acustico, con la proposizione di brani suonati nel corso del festival, in
particolare quelli di CSN&Y.
A fare da introduttore/cerimoniere Roberto Fiaschi, gestore
della libreria e driver di un progetto ad ampio respiro, le cui assi portanti
si possono individuare cliccando sul seguente link:
La sezione musicale, condotta da Roberto Storace, ha
visto la partecipazione di Marco Briano e Athos Enrile.
Ci si aspettava una presenza contenuta, per diversi
motivi:
-L’orario (14.30), funzionale all’apertura pomeridiana dell’esercizio
ma scomodo per chi lavora.
-La location contenuta nello spazio.
-Il fatto che fosse la terza presentazione realizzata a
Savona e dintorni.
Alla fine, si è creato un clima famigliare, con alcune
presenze inaspettate, compresi musicofili certificati.
Una nuova occasione per socializzare, utilizzando un
argomento che evidenzia un’era passata ma carica di significati, periodo che
diventa un piacere analizzare attraverso l’argomento “musica”.
Una nuova strada da perseguire per incontrare vecchi amici e
fare nuove conoscenze positive.
E gli incontri proseguono, alla Libreria Paoline e ovunque ci
sia la voglia di condividere momenti semplici e sereni.
Un ringraziamento particolare a Paola Bussino che ha condotto la diretta facebook.
A seguire qualche stralcio video realizzato da Giorgio Pinna,
che testimonia l’atmosfera del momento…
La cantante Melanie, che si era
esibita a Woodstock nel 1969 e aveva avuto successo negli anni Settanta con i
brani Brand New Key e Lay Down (Candles in the Rain), è morta martedì 23
gennaio. Aveva 76 anni.
Melanie, il cui nome completo era
Melanie Safka, ultimamente stava lavorando a un nuovo disco di cover intitolato
“Second Hand Smoke”: sarebbe stato il suo trentaduesimo album, secondo quanto
dichiarato dalla sua etichetta, Cleopatra. Melanie aveva 22 anni quando si
esibì a Woodstock. Nel 2019 aveva dichiarato che era molto nervosa all’idea di esibirsi
davanti a centinaia di migliaia di persone al festival al quale parteciparono
anche artisti del calibro di Joan Baez, Jimi Hendrix, gli Who e i Grateful
Dead. Ha raccontato di aver aspettato ore per esibirsi mentre la sua ansia
continuava a salire.
“Il terrore continuava a crescere
in me”, ha detto. “Il pensiero di esibirmi di fronte a tutte quelle
persone e su quell’enorme palcoscenico mi terrorizzava. Poi iniziò a
piovere e credetti davvero che tutti si sarebbero alzati e sarebbero andati a
casa e pensai… Piove, sono libera, tornerò alla vita di prima. Forse farò
l’archeologa, forse mi unirò ai Peace Corps. A quel punto mi dissero… sei
la prossima”.
Nata il 3 febbraio 1947 ad Astoria,
New York, Melanie studiò presso l’American Academy of Dramatic Arts mentre
portava avanti la sua carriera di cantante. Tenne concerti nei bar e nei club
folk del Greenwich Village. Nel 1967 incontrò il suo futuro manager, produttore
e marito, Peter Schekeryk.
Firmò con la Columbia Records e
pubblicò due singoli, “Beautiful People” e “Garden in the City”, ma quando
Clive Davis non le permise di registrare un album, secondo i suoi
rappresentanti, lasciò l’etichetta per la Buddah Records, che pubblicò il suo
LP di debutto. Ma fu Woodstock a darle la grande svolta.
“Lay Down” fu il suo primo successo
negli Stati Uniti, seguito da “Peace Will Come”, “What Have They Done to My
Song Ma”, “The Nickel Song”, e da una cover di “Ruby Tuesday” dei Rolling
Stones. Nel 1971, Billboard la nomina artista femminile con più dischi venduti
nell’anno negli Stati Uniti.
Fondò poi la sua etichetta, la
Neighborhood Records, la prima indipendente di proprietà femminile nella storia
del rock. “Brand New Key”, il suo primo singolo per la Neighborhood, conquistò
le classifiche di tutto il mondo. La canzone raggiunse nuove fasce di pubblico
diversi anni fa grazie a una pubblicità per le stampanti.
Melanie è diventata portavoce
dell’Unicef e ha continuato a pubblicare album a cadenza regolare fino alla
morte del marito nel 2010. Tuttavia, ha spesso collaborato con i suoi figli per
esibirsi dal vivo e per registrare e produrre speciali concerti casalinghi per la
rete. Il suo nuovo album di cover include una versione di “Ouija Board Ouija
Board” di Morrissey e “Hurt” dei Nine Inch Nails, tra le altre.
Il messaggio dei figli…
Cari tutti,
questo è il post più difficile da
scrivere per noi, e ci sono così tante cose che vorremmo dire, prima, e non c’è
un modo facile se non quello di dirlo. Mamma è passata serenamente da questo
mondo all’altro il 23 gennaio 2024.
Abbiamo il cuore spezzato, ma
vogliamo ringraziare ognuno di voi per l’affetto che provate per nostra madre e
dirvi che vi amava tanto! Era una delle donne più talentuose, forti e
appassionate dell’epoca e ogni parola che scriveva, ogni nota che cantava lo
rifletteva. Il nostro mondo è molto più spento, i colori di un Tennessee
uggioso e piovoso impallidiscono per la sua assenza oggi, ma sappiamo che lei è
ancora qui, che sorride a tutti noi, a tutti voi, dalle stelle.
Chiediamo che stasera, mercoledì 24
gennaio, alle 22.00 CT, ognuno di voi accenda una candela in onore di Melanie.
Alzatele, alzatele in alto, ancora in alto. Illuminate l’oscurità e uniamoci
tutti nel ricordo di una donna straordinaria che è stata moglie, madre, nonna,
bisnonna e amica di così tante persone. Stiamo organizzando una celebrazione
della vita della mamma che sarà aperta a tutti coloro che vorranno venire a
festeggiarla. I dettagli saranno resi noti non appena saranno pronti. Ci
auguriamo di vedervi lì.
In questo momento vi preghiamo di
lasciare a noi, la sua famiglia, un po’ di privacy mentre la piangiamo, la
ricordiamo e cerchiamo di capire come muoverci in questo pazzo mondo senza di
lei.
Grazie a tutti voi per il vostro
amore – avete significato molto per lei.
"Interview" è l'ottavo album in studio
registrato dei Gentle Giant, pubblicato
il 23 aprile 1976. La formazione era composta da Derek Shulman, Ray Shulman, Gary
Green, Kerry Minnear e John Weathers. L'album vedeva
anche la partecipazione dello scrittore di SoundsPhil Sutcliffe nel
ruolo di intervistatore.
I Gentle
Giant avevano da poco completato un anno di tour non-stop in tutta Europa e
Nord America per promuovere l'album di grande successo "Free Hand".
Nonostante non avesse un reale tempo libero, la band si sentiva incline a
scrivere e registrare nuovo materiale, senza pensare troppo al precedente.
Questo potrebbe aver influenzato sia la direzione che il mood del nuovo lavoro,
concettualmente un po’ cinico. I temi trattati si soffermavano sulla satira allo
stato dell'industria musicale dell’epoca, ipotizzando le relazioni tra un
gruppo rock e la stampa specializzata, che avrebbe potuto ostacolarne la
carriera. Stilisticamente continuò nella vena di "Free Hand",
pubblicato l'anno prima, nel 1975.
Con un cameo
parlato dello scrittore di Sounds Phil Sutcliffe, il funk-rock della title
track "Interview" prende in giro il cliché del
giornalismo rock 'n' roll.
Il
pluripremiato produttore e musicista Steven Wilson ha remixato
"Interview" in Dolby Atmos e audio surround 5.1. Il chitarrista dei
Porcupine Tree è stato a lungo un fan della band, citandola come un'influenza
primaria sul suo lavoro. La meticolosa attenzione di Wilson ai dettagli, il
profondo rispetto per il materiale originale e l'acuta gamma tonale rendono
l'album fresco oggi come lo era alla prima pubblicazione.
Oltre ai
remix del 2023, il mix stereo originale del 1976, il quad mix originale del
1976, i mix strumentali e le immagini personalizzate per ogni traccia sono
tutti inclusi nella versione CD / Blu-ray.
Questo video
è stato rimasterizzato e sincronizzato con il remix di Steven Wilson. Originariamente
girato alla ITN House nel 1976.
I “ragazzi” della band sono stati
messi alla prova con 10 domande rapide sull'album
Come da programma, il tour di presentazioni del libro “Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi",
di Pintelli/Enrile/De Negri, fa tappa il 20
gennaio al Mondadori Boockstore di
Gallarate.
Ogni appuntamento realizzato sino ad ora - e sono ormai, molti
a partire dallo scorso ottobre - ha presentato caratteristiche diverse, sia nel
tipo di location che nella realizzazione del “programma di giornata”, anche se
esiste un fil rouge che unisce tutti gli episodi: la proposizione di siparietti
a base di musica acustica.
In questo caso il musicista di turno è stato il cantautore Marco Ferazzi, che giocava in casa essendo di
Gallarate. Giocava sul proprio terreno anche Aldo
Pedron, giornalista di lungo corso che ha permesso di allargare gli
orizzonti degli aspetti musicali, essendo un grande conoscitore, anche, della musica
americana.
E poi, per la prima volta tutti assieme, i tre autori Pintelli/Enrile/De
Negri.
Un parterre davvero ricco, così come la summa dei contenuti, e alla
fine non è stato sprecato un solo minuto dei centoventi a disposizione, spazio
temporale che diventa stretto quando il programma è nutrito e articolato.
La location è risultata perfetta e stratosferica. Mi spiego meglio. Da
quando è iniziato il giro di proposte per il pubblico, è nata una sorta di
suddivisione organizzativa, in quanto i tre autori vivono in tre città differenti
(Parma, Savona e Genova). Librerie, pub, associazioni culturali… ma è indubbio
che trovarsi in uno spazio perfettamente organizzato, seguiti da professionisti,
e con un pubblico importante, non può che regalare grandi soddisfazioni.
Il Mondadori Bookstore è un luogo multitasking, che prevede
una sala dedicata agli eventi, con palco e sistemi audiovisivi avanzati, e
questo ha permesso una magnifica accoglienza per autori e pubblico, e il
risultato finale è stato un… sold out.
Nulla nasce per caso, e la collaborazione tra Angelo
(il “genovese” che lavora a Gallarate!) e Sara (organizzatrice in loco)
ha portato a realizzare una giornata memorabile, almeno per chi scrive.
Dal palco è nato un continuo rimbalzo di pensiero dei
protagonisti, seguendo le linea guida del file che, in successione, dettava l’argomento.
E poi la musica, quella che ha aperto, chiuso e intervallato
ogni tipo di intervento, con uno splendido Ferazzi che si è prestato al gioco e
ha rivisitato alcuni brani tra quelli suonati a Woodstock:
“Find the
cost of freedom” (CSN&Y), “Proud Mary” (CCR), “Volunteers”
(Jefferson Airplane), “Strawberry Fields Forever” (nella versione di Richie
Havens) e “Blackbird” (CSN&Y).
Ecco un paio di esempi…
C’è stato anche spazio per un brano dell’album di Marco, di
prossima uscita, ma per quello ci sarà tempo e modo per parlarne nei prossimi
mesi.
La chicca di giornata? Vedere Aldo Pedron che dal palco,
mentre andava in scena “Proud Mary” dei “SUOI” Creedence Clearwater Revival, si
alzava in piedi e incitava il pubblico a cantare e a battere le mani. Grazie
Aldo!
E si prosegue su questa strada, con il libro su Woodstock e
sul successivo legato agli album del 1973… la collaborazione con operatori
culturali locali potrebbe moltiplicare i momenti di convivialità e serenità,
quelli che solo la musica è in grado di fornire!