martedì 8 aprile 2008

Area


In alcune riviste specializzate, gli Area vengono inquadrati nell’area Prog italiana.
A me riesce difficile una collocazione schematica.
Nei miei ricordi antichi, gli Area erano separati dal gruppone prog, ed erano più tendenti al contenitore free jazz , in compagnia dei Perigeo.
Per quello strano meccanismo che ci porta a cercare il simbolo di qualsiasi cosa ci troviamo davanti, ho sempre identificato gli Area con la voce di Demetrio Stratos, ben conscio del valore di musicisti come Capiozzo, Djivas, Fariselli, Tofani, Tavolazzi ecc.
Stratos ci ha lasciato prematuramente.
Capiozzo anche.
Resta il loro lavoro ed il loro insegnamento.
Io ero innamorato del loro disco “Arbeit macht frei”, secondo me attualissimo.
Per ricordarlo degnamente ho rispolverato la recensione che a quei tempi fece Enzo Caffarelli su Ciao 2001 .
Mi sembra davvero strano presentare a distanza di anni una di quelle recensioni che leggevo con dedizione assoluta,quasi fosse il Vangelo che settimanalmente mi veniva fornito dall'edicolante di fronte a casa.


AREA
Arbeit macht frei - Cramps (1973)

Sono nati da circa un anno, ma la loro formazione ha già subìto numerosi cambi (vedi anche le mininotizie di questo stesso numero), cosicché due soli dell'originaria formazione sono i superstiti. Gli Area sono comunque il gruppo più interessante venuto alla ribalta in questo 1973 in Italia, e il loro difficile album conferma le belle premesse di tanti spettacoli e di tanti inviti (ricordo fra parentesi che hanno suonato in tour con i Gentle Giant, i Soft Machine, gli Atomic Rooster, i Faces, sono stati invitati alla Biennale di Parigi ed alla Triennale di Milano, ecc.).
Dall'iniziale free jazz, orientato verso i Nucleus o i Soft Machine, gli Area si sono spostati verso una ricerca più attenta di contenuti e di effetti sonori, attingendo alla musica popolare, in modo particolare a quella greca ed araba, ed alle esperienze concreto-contemporanee con le quali sono venuti a contatto: Luigi Nono, Luciano Berio, l'ungherese Gyorgy Ligeti, il greco Yannis Xenakis fra i principali. La loro musica vuole essere assolutamente di "rottura", radicale nelle intenzioni dei musicisti e di chi li guida. "Arbeit Macht Frei" significa in tedesco "Il Lavoro Rende Liberi", ed era lo slogan posto all'entrata dei campi di concentramento nazisti. I sei brani che compaiono sull'album sono legati da un filo ideologico simboleggiato appunto dalla consapevolezza del carattere totalitario dell'affermazione.
Il contenuto del LP si ispira a riflessioni sulla violenza e sul terrorismo: ma scelte orientative come l'introduzione di una recitazione in lingua araba, i richiami al folklore mediorientali trasfigurati, le citazioni si Smirne o di Settembre nero, sono da una parte la logica conseguenza della provenienza (greca) del leader Demetrio Stratos, dall'altra tendono a sottolineare un percorso storico-geografico della violenza: dai campi nazisti agli ebrei, al mondo arabo, turco, greco, russo.
E la musica è violenta, aggressiva, specie nella struttura volutamente caotica di certi momenti, nelle sofferte interpretazioni vocali, alcune delle quali recitative, di Demetrio. Così il brano conclusivo, "L'abbattimento dello Zeppelin", dal sapore sinistro e provocatorio, sottolineato da effetti particolari dell'uso della voce, che segue le indicazioni di Berio nell'affiancamento voce-musica elettronica, ha un doppio senso: da un lato l'abbattimento di una realtà difesa dai miti; dall'altro un chiaro attacco alla musica pop tradizionale, individuabile in quel momento nei Led Zeppelin.
Tutti i brani sono ad alto livello: "Luglio, agosto, settembre (nero)" con la voce araba che introduce una melodia orientaleggiante; "Arbeit macht frei" di sapore più tipicamente jazzistico, come pure "240 km da Smirne", esclusivamente strumentale, un pezzo fra i migliori anche eseguito secondo schemi piuttosto classici di free, Infine "Le labbra del tempo" si presenta più varia e contorta, un insieme di sensazioni e di voci che si accavallano e si divaricano con particolare cura degli effetti.
Complessivamente la ritmica si rivela particolarmente efficace: Ian Patrick Djivas, neo acquisto della Premiata Forneria Marconi, suon un basso Fender Precision privo di tasti ed il contrabbasso, rivelandosi un solista instancabile e fantastico. L'altro musicista di spicco è Eddy Busnello, un sassofonista già con una lunga esperienza alle spalle.
Ma anche tutti gli altri si muovono con attenzione giungendo a risultati ricchi di potenza e di fantasia, come Stratos, che opera alle percussioni, suona l'organo con il compito principale di creare un continuum di fasce sonore per gli altri solisti, ed utilizza la voce alla maniera tipica e significativa di uno strumento.


Qualche nota su Demetrio

Il 13 giugno 1979 Demetrio Stratos si spegneva al Memorial Hospital di New York, dov'era ricoverato in attesa di un trapianto midollare a cui i medici volevano sottoporlo nell'estremo tentativo di salvarlo dalla leucemia fulminante che lo aveva colpito poche settimane prima.
Era uno sperimentatore audace e irrequieto, raramente disposto ad accomodarsi sugli allori.
E dire che in carriera aveva raggiunto traguardi di assoluta rilevanza...
Nato il 22 aprile 1945 ad Alessandria d'Egitto in una famiglia di origine greca, era cresciuto ad Atene frequentando nell'adolescenza il conservatorio locale. Arrivò in Italia nel 1962 e si stabilì a Milano, dove ben presto finì nell'orbita della nascente scena beat. Entrò così a far parte dei Ribelli, inizialmente come tastierista, divenendone dopo poco anche cantante. Suonavano rhythm'n'blues all'italiana, sanguigno e irruente, come nel loro massimo successo a 45 giri: "Pugni chiusi".
Un'esperienza che si concluse con la fine degli anni Sessanta: "Ero stanco di scimmiottare Tom Jones", disse allora Stratos.
Aspirava ad altro e le sue ambizioni si materializzarono nella formazione che al principio del decennio seguente radunò insieme al batterista Giulio Capiozzo: gli Area. A conti fatti, il più significativo gruppo italiano di quella generazione.
Musica aperta a 360 gradi: jazz, rock, folclore mediterraneo, avanguardia colta... Impossibile definirla in modo univoco, se non assumendone come principio fondante l'esplicita politicità.

Ascoltiamo gli Area ...musica e intervista.




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