lunedì 9 marzo 2020

FRANCESCO PALADINO - “DE MUSICA ET IN FUNGORUM EFFECTS”


FRANCESCO PALADINO - “DE MUSICA ET IN FUNGORUM EFFECTS”

Elaborare un commento, questa volta, mi appare problematico. Il motivo della mia dichiarata titubanza è che vorrei esaltare il lavoro di cui mi appresto a parlare, e per farlo adeguatamente dovrei/vorrei passare attraverso storie obiettive e sentimenti personali, il tutto condito da voci e immagini, e una analisi spinta potrebbe trasformarsi in lunga esposizione. Però… questo è un caso in cui l’approfondimento appare più che mai necessario - a costo di dilungarsi - nella speranza di riuscire a passare un po’ di sana eccitazione, quella che ho provato nel captare frammenti di passato agganciati ad una certa contemporaneità, con il risultato che, tra ricerche a ritroso e ascolto del presente, ho accumulato un grande “bagaglio da riflessione”, che non si esaurisce nell’immediato, e che, me lo sento, avrà un seguito importante.

Sono piacevolmente abituato alle proposte “alternative” di Franceso Paladino - piacentino, avvocato, filmaker, musicista…-, lavori che perlustrano qualsiasi territorio possa essere abbinato al concetto di arte, ma questa volta credo abbia toccato un punto elevatissimo con la sua “Opera coreografica minima in due atti”, intitolata “DE MUSICA ET IN FUNGORUM EFFECTS”.


A seguire propongo l’intervista che ho realizzato con l’autore, come sempre atto importante per la proposizione del punto di vista più qualificato possibile, ma appare necessario delineare in primis la storia e i personaggi che Paladino pone sulla scena.
Incominciamo col definire sinteticamente che il “DE MUSICA” da cui si parte è un'opera in sei libri di Agostino d'Ippona (Sant’Agostino), un trattato terminato nel 389, scritto sotto forma di dialogo fra maestro e discepolo, focalizzato sull’investigazione della fenomenologia musicale, “progetto” che nacque dall’esigenza - tra il filosofico e il materialistico - di porre il focus sulle arti liberali.

Nel viaggio fantasioso di Paladino, il maestro Agostino incontra un discepolo importante vissuto in tempi recenti, quel John Cage la cui opera è ritenuta centrale per l'evoluzione della musica contemporanea.

Due parole su Cage, americano, vissuto tra il 1912 e il 1992: compositore e teorico musicale, sperimentatore della musica elettronica, sfruttò l’avvento del nastro magnetico per dare sfogo alle proprie soluzioni alternative. Il pubblico e i musicisti coevi, il più delle volte, hanno avuto un atteggiamento ostile nei suoi confronti, non riuscendo a comprendere le sue performance sperimentali, ma il tempo gli ha restituito i riconoscimenti che meritava.
Paladino annulla le coordinate spazio/tempo e produce un dialogo tra i due “illuminati” basato sulla musica e su tutto quanto la circondi, soffermandosi su come essa sia misura del tempo, disquisendo sul silenzio, l’imitazione, sul ritmo, sulla ragione, sullo spirito e la scienza.

Immaginiamo “John Cage seduto a un tavolo di legno antico. Sant’Agostino sta guardando il tramonto da una finestra della torre, in piedi. Entra una luce di fine giornata arancione. Si gira e guarda John, che è imperturbabile e non sembra accorgersene”.

La caratteristica dello scambio di battute è che i due protagonisti - nell’esigenza di conservare un pensiero personale che non sia condizionabile dall’interlocutore - sembra mantengano ognuno una linea guida non completamente agganciata alla ratio che un dialogo richiederebbe, un “non perdere il proprio filo” nel corso della discussione, aspetto su cui interviene icasticamente l’autore nell’intervista a seguire.
La voce di Agostino è quella di Juri Camisasca, mentre il discepolo risponde con la vera voce, estrapolata dalle sue innumerevoli conferenze. Si crea quindi nel Primo Atto un momento surreale che, oltre a regalare enormi spunti di riflessione, presenta documenti storici che uniscono magicamente secoli di vita.

Prendo come esempio il concetto di “silenzio”, argomento caro a Cage, che si sintetizza in un aneddoto, quello che lo vede in visita alla camera anecoica dell'università di Harvard, una stanza insonorizzata e acusticamente trattata, luogo deputato all’"ascolto del silenzio". Ma in quella situazione Cage riesce a sentire i suoni del suo corpo: il battito del cuore, il sangue in circolazione. Ciò che ne ricava è la consapevolezza dell'impossibilità del silenzio assoluto.

Ma la lunga conversazione tra i due ha una finalità che si sviluppa nel Secondo Atto, quello che trova Cage partecipare a una trasmissione popolare italiana da tutti conosciuta, “Lascia o Raddoppia?”, un fatto realmente accaduto che lo vide vincitore di cinque milioni, nel 1959.
“L’allievo Cage”, dopo aver appreso le nozioni di musica dal suo Maestro, affronta la valle dei non vedenti/non udenti, la Terra, e si presenta come concorrente a Lascia o Raddoppia?”, in qualità di esperto di funghi (… ET IN FUNGORUS EFFECTIS).

Anche in questo caso abbiamo frammenti di “realtà vocale” - John Cage, Mike Bongiorno e la valletta Eddy Compagnoni - ma è soprattutto Simone Basso che, in vece del Mike nazionale, pone le domande del quiz utilizzando un modus vocale tra il rock e il blues, tipico dei primi anni Sessanta italiani.



Leggere e ascoltare diventa davvero coinvolgente!

Ma come mai John Cage andò a “Lascia o Raddoppia?”.

La curiosità mi ha portato ai commenti di quei giorni, legati soprattutto al personaggio davvero anomalo, che si presenta - e propone a tratti - la sua “pazza musica”, con esempi che, nella migliore delle ipotesi, fecero sorridere:

Da “La Stampa” di venerdì 6 febbraio 1959
Prima di affrontare la domanda da 640 mila lire - che ha poi superato con estrema disinvoltura - John Cage si è esibito in un concertino di musica sperimentale da lui espressamente composta per i telespettatori italiani. Il brano, se così si può chiamare, s'intitolava: “Passeggiata sull'acqua” (Water Walk). Per eseguirlo il fantasioso americano ha usato: un bollitore, una vaschetta da bagno colma d'acqua, un frullatore, un giocattolo a forma di pesce, un petardo, un innaffiatoio, una bottiglia di seltz, un mazzo di rose, un fischietto, un paio di apparecchi radio. Quello che ne è uscito è facilmente immaginabile.

Video di repertorio registrato in quel periodo


Capibile l’incomprensione dell’epoca verso una musica - e una tecnica - “del cambiamento” che traeva ispirazione dall'I Ching, il “Libro dei mutamenti”, il primo dei testi classici cinesi, considerato da Confucio libro di saggezza, e utilizzato a livello popolare a scopo divinatorio, e dagli studiosi per approfondire aspetti matematici, filosofici e fisici.

Ci sono molte storie relative alla sua presenza in Italia in quel periodo e alla sua partecipazione e vincita alla trasmissione, tutte voci riportate e quindi non certe, ma quel che è sicuro che il musicista americano, nonostante fosse già molto conosciuto nel mondo, vivesse in quei giorni uno stato di precarietà, e i cinque milioni vinti gli permisero il ritorno in patria e, probabilmente, un minimo di tranquillità economica.

Mike Bongiorno: “Bravissimo, bravo bravo bravo, Bravo bravissimo, bravo Cage!!! Il signor Cage ci ha dimostrato indubbiamente che se ne intendeva di funghi!”.

Tutto ciò che ho provato a delineare è racchiuso nei primi due Cd (della durata di 70:20 + 52:56), contenuti in una sontuosa confezione che presenta doppio booklet (italiano e inglese) e sette illustrazioni “trasparenti”, contenenti i dettagli dell’opera (anche questi in doppia lingua) e una introduzione illuminante di Luca Chino Ferrari. Per quanto riguarda la parte grafica è evidenziata direttamente dall’autore nel corso dell’intervista.


A completamento dell’opera i due restanti Cd (41:13 + 49:36), musicali, perché in un progetto denominato “DE MUSICA…” non poteva mancare l’elemento basico, e iniziano quindi le “variations” di Paladino, che mettono in campo una serie enorme di collaboratori che elenco a fine articolo.

John Cage: “Penso che la cosa più tonificante per me sia la musica che… non è stata ancora scritta… voglio qualcosa che non conosco ancora!”

Francesco Paladino ci regala qualcosa di assolutamente nuovo, musica che ci trasporta in un ambiente che si disloca lungo il percorso del nostro vissuto, una conoscenza interiore che va a raccogliere le memorie negli anfratti della nostra mente, facendo emergere ciò che fa parte dell’inconscio, realizzando uno dei tanti dream che al risveglio, spesso, ci appaiono improbabili, per miscelazione di personaggi e accadimenti che sembrano apparentemente impossibili.
È la musica che permette di realizzare questo viaggio interiore, un percorso fatto ad occhi aperti, sicuramente influenzato da quanto vissuto durante la fruizione della prima parte di “DE MUSICA…”.

In tutto questo, provando a riassumere ciò che Paladino mi ha trasmesso, intravedo, di base, il valore inizialmente preminente della musica rispetto alla lirica: sia l’una che l’altra brillano di luce propria, ma l’essenza del concetto di “MUSICA” ha a che fare con gli aspetti sonori.
La Musica, nell’idea di “canzone”, ha un suo alto valore intrinseco… la lirica potrà raggiungere tale livello solo se di grande qualità. E quando la bellezza del testo avrà raggiunto la perfetta trama sonora che la sta aspettando - realizzando quindi il concetto di equilibrio tra i due elementi -, tutti gli ulteriori contributi “esterni” (arrangiamenti, tecnologia ecc.) potranno aiutare ad aumentare il livello globale in modo equo, dando vita ad una entropia musicale che produrrà l’eliminazione della dicotomia tra suono e parola. E la perfezione sarà molto vicina!

John Cage: “C’era un filosofo tedesco molto conosciuto, Immanuel Kant, il quale disse che ci sono due cose che non devono significare nulla, una è la musica, l’altra è la risata. Non devono significare nulla dal momento che ci danno un piacere profondo!”.

Francesco Paladino realizza un lavoro incredibile che merita la massima diffusione, e speriamo possa trovare spazi di presentazione adeguati.


Ecco cosa è scaturito dalla nostra conversazione:

Da dove nasce l’idea un progetto così unico, e quanto tempo hai impiegato per portarlo a compimento? Usare John Cage come discepolo di S. Agostino, riproponendo il “De Musica”, ma annullando gli spazi temporali che separano le due figure vissute in tempi diversi, deve avere una logica ben precisa!

Circa tre anni fa ho scoperto che S. Agostino aveva scritto un tomo di 10 volumi dedicato alla musica. L’ho reperito e tradotto dal latino; la “poesia del dire” mi ha fatto venire in mente immediatamente quella usata da John Cage nelle sue conferenze. “Poesia del dire” lanciata in uno spazio temporale di centinaia di anni. La cosa mi ha entusiasmato. Ho iniziato a pensare a un lavoro che potesse in qualche modo raccontare quell’”incontro-scontro”, nessuno ci aveva mai pensato, ero emozionato a dover essere io a proporre quella impossibile poesia. Il “De Musica” di Agostino era strutturato come un dialogo platonico tra maestro e allievo. Ho conservato questa struttura e ho ritenuto, per un dovere cronologico, che il maestro fosse S. Agostino e Cage l’allievo. Ho immaginato che Cage potesse usare per le risposte la sua tecnica casuale, quella poetica dell’I Ching: a ogni domanda di Agostino, Cage rispondeva con una sua “possibile” risposta, una delle mille possibili, quella che il caso aveva suggerito. È stato bello vedere affiorare domande, lanciate nel tempo e che nel silenzio astrale, trovavano una delle risposte possibili attraverso i sorrisi e le lucide follie di Cage.

Come sei arrivato a congiungere il tutto con un episodio “vero”, la partecipazione di Cage a “Lascia o raddoppia”, ad inizio ’59!

Ho immaginato che i dialoghi tra S. Agostino e Cage fossero momenti propedeutici a un fine ben preciso: permettere a Cage di apprendere le regole e i criteri validi per la musica ma validi anche per la vita, quelli adatti per potersi presentare al nostro mondo, quello reale, quello di tutti i giorni, quello banale. Ecco allora che Cage, sbattuto da un empireo poetico al mondo reale di quei tempi (1959), viene sottoposto a un giudizio umano, rappresentato da quello di “Lascia o Raddoppia”, ove Mike Bongiorno interroga Cage su di una materia particolare, quella che tratta i “funghi”, e ove Cage risponde correttamente, grato degli insegnamenti appresi da S. Agostino. Facciamo un bel respiro, si tratta di viaggiare nel tempo, per giustificare fatti e trame. Non so se ci sono riuscito, ma mi affascinava tentarci: tentare di collegare una pazzia (l’educazione di Cage) a un fatto reale, la partecipazione di Cage a una storica trasmissione televisiva di quiz, con un passaggio dalle domande immanenti a quelle reali, perfino odiose nella loro complessità. Cage risponde e vince, avendo appreso “un metodo” in un’altra dimensione temporale.

Esplicitami il titolo e il modo in cui è disposto sulla copertina (ammesso che i vuoti sulla griglia, così come i silenzi, abbiano un senso).

La copertina, studiata da Stefano Gentile e da Maria Assunta Karini, annuncia metriche diverse, divisioni di sillabe che S. Agostino predicava e che Cage ha poi attuato con i suoi silenzi.

Mi viene allora da chiederti: che cosa è per te il silenzio in musica?

Il silenzio in musica è il modo per creare altre porte sonore e farle percorrere. Giunti ad un punto di un discorso sonoro, il silenzio è il modo per raggiungere altri luoghi sonori. Pensiamo ad un Lp e a quei silenzi tra un brano ed un altro: importantissimi!

Già che siamo in argomento… cosa mi dici dell’artwork e del sontuoso cofanetto che ha realizzato?

Sono grato a Stefano Gentile e Maria Assunta che hanno interpretato graficamente il linguaggio del mio lavoro. e ringrazio anche Luca Ferrari che ha ascoltato, primo fra tutti, il lavoro intero, scrivendo parole che mi hanno riempito di gioia.

Torniamo al dialogo tra Agostino e Cage, quello a cui tu accennavi: la comunicazione Maestro/Allievo appare difficoltosa, nel senso che sembra che ognuno continui nel proprio ragionamento anziché proseguire la logica suggerita dal percorso domanda/risposta: è una mia errata impressione?

No, devi pensare che sono domande che ricevono risposte attraverso il tempo, nella prospettiva soggettiva di un allievo entusiasta dello “sconosciuto”, del “non detto”.

Ci sono alcuni concetti che mi hanno colpito nel 1° atto, e provo ad evidenziarli affinché tu possa dirmi la tua. Il primo è: “La vita è tempo, quindi la musica è l’arte di misurare il tempo”.

Musica come arte di misurare il tempo; pensa agli anni Sessanta e senti immediatamente nella tua mente una musica una canzone, un ritmo. E pensi al Settecento e accade la stessa cosa. La metrica temporale del succedersi della vita.

La seconda riguarda il ragionamento di Cage sulla diversità tra elementi che per tutti sono oggettivamente uguali.

La vita attraverso il tempo è minimale, le trasformazioni degli usi e costumi si succedono attraverso i tempi poggiando sulla stessa trave. I luoghi cambiano lasciando radici che non possono essere eliminate. La varietà del simile, dell’uguale. Un riferimento all’arte minimale che verrà.

E che dire dell’imitazione nell’arte?

L’imitazione - che puoi scrivere anche come “Limitazione” - è, secondo S. Agostino, soltanto quella di chi si perita a voler insegnare. Creare regole da imparare, da studiare, da recitare, cosa che a Cage va benissimo, visto che lascia l’essenza della sua opera in una dimensione di possibilità e non certamente di “scuole d’arte”.

Mi è piaciuta molto la chiosa attribuita a Kant relativa alle due cose che non devono significare nulla, dal momento che danno piacere profondo: la musica e la risata.

Anche a me è piaciuta. E soprattutto è piaciuta a Cage, che ci ride sopra. La leggerezza della creazione. Questo è il significato. Non si può diventare artisti, o lo si è o non lo si è. Fare l’artista e non esserlo provoca risate.

Il progetto è presentato come “Opera coreografica minima in due atti”: la tua intenzione è quella di portarla nei teatri?

Sarei felicissimo di poter portare nei teatri questa “cosa”. Ci vorrebbe un produttore artistico. Magari!

Vista la versione del booklet inglese - e il parlato di Cage - pensi sia trasportabile fuori dai nostri confini?

La speranza che si possa creare una eco un pochino diffusa. Io mi sono messo avanti…

Le domande di Mike sono poste in un cantato un po’ beat, da fine anni ’60: scelta legata al periodo in cui andò in scena la trasmissione?

A Simone Basso ho dato alcune dritte. Gli ho detto di pensare a Demetrio, non quello degli Area, ma quello della sua vita precedente. Gli ho chiesto di muoversi liberamente con un ritmo tra il rock ed il blues anni Sessanta. Simone è stato fantastico. Ha capito precisamente cosa volessi. 

Tutto ciò che mi ha portato sino a questo punto è legato ai primi due Cd. Ne restano altri due, che sono quelli “musicali”, di atmosfera e ambient: spiegami il collante tra la parte “teatrale” e quella sonora.

Di solito, quando ascolto un’opera musicale cantata, porgo attenzione soprattutto alla voce. Alla fine del lavoro volevo però che anche la parte musicale potesse emergere come la voce dei protagonisti. D’altra parte, l’opera si chiamava DE MUSICA”, così ho pensato a due variazioni che potessero rimescolare tutti gli ingredienti musicali facendo emergere, mettere in evidenza la musica. E devo dire che ho amato molto costruire - e ascoltare - queste variations. 

Mi dici qualcosa dei tuoi collaboratori, della tua squadra al lavoro?

Dovrei scrivere un tomo. Sono collaboratori ma anche autori, autori inconsapevoli del risultato finale, che hanno donato suoni, texture piene di mille emozioni, sempre seguendo la mia richiesta. Hanno accettato per primi un gioco che poi ha costruito una architettura diversa e che tutti hanno loro hanno amato. Potrei parlarti di Juri, grandissimo, di Sinigaglia umile e preziosissimo, di Alesini, che mi ha donato il thema dell’opera. Io oggi vorrei parlare di Luciano Daini che ci ha lasciati qualche tempo fa, un musicista incredibile che tutti dovrebbero amare. E Gaetano Galli, oboista della Scala di Milano che costruì il tema di “Da Oriente ad Occidente” sul mitico Sulle Corde di Aries di Battiato, e che con una umiltà fuori dal comune ha accettato di duettare con la magica voce di Juri.

Ti sei fatto un’idea del perché un personaggio particolare e geniale come John Cage abbia partecipato (e vinto) ad una trasmissione “leggera”, per di più italiana?

Le malelingue dicono che Cage si trovasse da mesi a casa di Peggy Guggheneim e quest’ultima chiese al suo amico Umberto Eco (che preparava le domande al “Lascia o Raddoppia”) di far partecipare Cage alla trasmissione per poter vincere le somme per poter ritornare negli Stati Uniti… ma non so se è vero o meno, ovviamente. D’altra parte, Cage aveva già partecipato a trasmissioni del genere negli Stati Uniti. A quei tempi quel tipo di programmi rappresentavano una novità.

Due domande in una, ma conclusive: dove sta andando la cultura oggi? Pensi che proporrai qualche presentazione in qualche scuola “virtuosa”?

La cultura oggi va in una direzione notturna, quella delle stelle lontane che esistono ma sembrano impossibili da raggiungere… è mia intenzione presentare “De Musica” in giro per il mondo, anche in piccoli club, e in questa occasione presenterò il film di 30 minuti che riassume la prima parte del lavoro.


Hanno partecipato: Juri Camisasca, Nicola Alesini, Riccardo Sinigaglia, Paolo Tofani, Enomisossab, Mauro Sambo, Stefano Giannotti, Simone Basso.
e con, in ordine sparso: Maurizio and Roberto Opalio, Gianluca Favaron, Stefano Scala, Simon Balestrazzi, Luciano Daini, Alessandro Fogar, Theo Zini, Antonio Tonietti, Andrea Cavalazzi, Alessio Cavalazzi, Elisa Cavalazzi, Alice Sambo, Sean Breadin, Gianluca Favaron, Aaron Moore, Kitchen Cynics, Daniel Padden, Angelo Contini, Pierangelo Pandiscia, Gino Ape, Luka Moncaleano, Max Marchini, Simone Tansini, Gaetano Galli, Luca Ferrari;

"The collective voice of John CAGE": Vittore Baroni, Antonello Cresti, Fabio Bagnasco, Byrn D.Paul, Fabrizio Tavernelli, Massimo Giacon, Antonio Lamonica,Camillo Giacoboni, Stefano Gentile, Alberto”Elfo”Callegari, Nicola Catalano, Fabio Orsi, Mike Cooper, Buck Curran, Gigi Marinoni, Roberto Masotti, Mauro Pontini, Mario Garofalo, Geymonat, Fabio Cinti, Angelo Bergamini, Stefano Pilia, Arturo Stalteri, Tony Face, Silvio Linardi, Adelio Fusé, Ivan Lusco, Gianni Maroccolo, Walter Rovere, Sandro Del Rosario, Enrico Coniglio, Manuel Bongiorni, Diego De Santis, Davide Gonzaga, Jerry Ochoa, Luigi Maria Mennella,  Claudio Rocchetti, Daniele Trevisi,  Alberto Scotti,  Nicola Vannini, Eraldo Bernocchi, Michele Lombardelli,  Alessandro Staiti,  Adreas Perugini, Marco Refe,  Martin Archer,  Colin Herrick, William Xerra;

E infine, per quanto concerne il preziosissimo "visual": Luka Moncaleano, Maria Assunta Karini, Stefano Gentile, Silvano Tinelli.

Elfo Studio: Alberto Callegari, Juri Camisasca e Francesco Paladino

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