I QUANAH PARKER ritornano con un album concettuale dal titolo “Nel Castello delle Fate”, 53 minuti di musica
di qualità spalmati su 14 tracce.
Tutti i particolari proposti da Riccardo Scivales nel
suo comunicato ufficiale sono fruibili al seguente link:
https://athosenrile.blogspot.com/2024/12/quanah-parker-nel-castello-delle-fate_2.html
È bene però rimarcare alcuni crediti, partendo proprio dalla formazione…
Riccardo Scivales – keyboards
Meghi Moschino – vocals and assorted
percussion
Giovanni
Pirrotta – electric
and acoustic guitars
Alessandro Simeoni – bass guitar
Paolo Ongaro – drums
Special Guest: Martina Scivales – additional
vocals and improvised upper piano part in Giochi di Fate al Piano)
Il titolo evidenzia e preannuncia un argomento comune e,
trattandosi di musica progressiva intrisa degli stilemi del genere, non poteva
mancare il tema concettuale.
Parto proprio dai significati che, in casi come questi, assumono valore paritetico rispetto alle sonorità, e non è cosa scontata!
Il concept album proposto presenta una trama ricca di
simbolismi e riferimenti archetipici, offrendo un'interpretazione affascinante
del potere curativo della musica e del ruolo femminile nella guarigione.
Ovviamente ogni commento ad una lirica fatta da terzi può allontanarsi dal pensiero dell’autore, ma provo a descrivere ciò che mi è arrivato
Ho trovato intanto un simbolismo potente: il castello, le
fate, lo scalone, le stanze, il prato luminoso, la madre… ogni elemento è
carico di significati profondi ed evoca immagini suggestive.
In questo scenario il protagonista intraprende un percorso di
trasformazione, da uno stato di smarrimento e malattia a una rinascita e a un
ritrovamento di sé.
La musica, veicolata dalle fate, assume ruolo fondamentale,
diventando lo strumento di guarigione, amplificato dalla forza dell'amore
femminile.
In tutto ciò, l’immagine della madre che accoglie il figlio
alla fine del percorso rimanda a un archetipo universale, quello della figura
materna come fonte di nutrimento e protezione.
Provo ad approfondire i temi che mi hanno toccato, unendo
l’ascolto alla “trama” del progetto.
La figura femminile: le fate, pur seducenti e misteriose,
rappresentano un aspetto più profondo e potente dell'anima femminile, quello
della guaritrice, della saggia, della creatrice.
Ho poi afferrato il parallelismo tra il concetto di guarigione
fisica, e quella interiore, elementi che portano ad affrontare temi come la
perdita, il trauma, la ricerca di sé stessi.
Non meno importante il ricorso ad immagini della natura, e il
prato luminoso, come luogo di rinascita, potrebbe sottolineare il legame
profondo tra l'uomo e l’ambiente in cui vive.
Ma una volta guarito, il protagonista riuscirà a vivere nel mondo reale con la sua nuova consapevolezza?
Va da sé che una tale narrazione necessiti di trame sonore adeguate, ed escludendo per un attimo le catalogazioni ortodosse che tanto piacciono ai melomani, vorrei dare un’immagine di sintesi, quella che fa riferimento ad una atmosfera sognante, incantata, a volte eterea, con elementi sia melodici che armonici che evocano la magia e la bellezza.
Ma siamo in ogni caso in ambito prog, e le sorprese sono sempre dietro l’angolo, la libertà espressiva è un must e la sperimentazione si unisce ad elementi classici, a volte aulici.
Dopo la breve intro “Verso la porta”, si arriva a “Intrada e Voci di Fate”, brano caratterizzato dalla magica voce di Meghi Moschino, con una prima dimostrazione di grandi skills da parte dei musicisti in toto. All’interno della traccia troviamo un paio di minuti di ortodossia prog, laddove i tempi dispari - ma la sezione ritmica nel suo insieme - diventano protagonisti.
Primo Interludio Esoterico è un altro brevissimo frammento del mosaico, una sorta di accompagnamento verso il successivo Stanze di Luci Antiche. Gli aspetti che più mi hanno colpito sono un utilizzo di rock tradizionale alternato a immagini progressive tipiche della proposta italiana settantiana e il risultato è straordinario.
Fata Tentatrice riporta ad un certo folk psichedelico che non è facile trovare nelle proposte attuali, e nei quattro minuti strumentali - mentre una voce femminile propone vocalizzi angelici - ho risentito la musica di un gruppo meraviglioso e sottovalutato ma fondamentale per il genere folk rock, i Mellow Candle.
Con Danza Esoterica arriviamo ad una nuova “fusione”, e il folk applicato alle idee di Scivales si sposa ad una certa complicatezza esecutiva: un ballo magico è in corso, una voce racconta l’iter evolutivo, ma i passaggi strumentali, quelli un tempo ad appannaggio dei fratelli Nocenzi, diventano prerogativa del brano.
Con la miniatura La Fata Dormiente arrivano suoni medioevali che profumano di magia, di mistero e di sogno in piena evoluzione. Non servono le parole e anche la voce diventa strumento.
E arriva una nuova danza, Danza della Fata Selvatica, ma è un muoversi davvero complicato, e dall’inizio alla fine i ritmi di Alessandro Simeoni e Paolo Ongaro, su cui interviene massicciamente Giovanni Pirrotta, appaiono “irraggiungibili” per i comuni mortali, ossessivi per chi non vuole porsi troppe domande.
Cosa può accadere Nella Stanza di un Carillon?
Intanto il senso della rotazione si trasforma in realtà per mezzo della musica. Ma non appare un giro gioioso, piuttosto distopico e foriero di negatività. Potenza della musica.
Fata nel Vento, vista la sua durata contenuta, la vocalità e una certa melodicità, avrebbe potuto essere, in altri momenti, un brano da rotazione radiofonica, anche se nell’ultimo minuto il cambio di passo riporta a linee guida i cui i progster si riconoscono.
Il Secondo Interludio Esoterico è uno strumentale che regala mistero, riservatezza, cripticità, attesa per un capitolo successivo.
Le Pozioni delle Fate mi appare ancora come un tuffo nel “nostro” vero e antico progressive, un vero marchio di fabbrica che unisce molte band italiane, di cui Riccardo Scivales ha raccolto l’eredità. Di certo esiste la novità del cantato femminile, non certo usuale agli albori del genere.
E arriviamo al brano più lungo, oltre gli 8 minuti, intitolato Strega Fatata, Fata Stregata, una sorta di mini-suite dallo smell positivo, un periodo in cui la storia arriva al suo compimento e i protagonisti immaginati prendono una forma concreta attraverso la musica, una sorta di lieto fine che appare la chiusura di un viaggio, reale e interiore.
L’ultimo atto è un’altra breve tessera del puzzle e prende il nome di Giochi di Fate al Piano, che vede la partecipazione di Martina Scivales, vocalist e pianista aggiunta.
Il genio di Riccardo Scivales ha partorito un piccolo capolavoro, riuscendo ad unire la tradizione progressiva con un modus propositivo moderno, dando alla fine una possibile nuova lettura di una musica che ha assunto il ruolo dell’immortalità e che in questo caso viene arricchita dal nuovo, da esperienze fresche e dal mantenimento della voglia di contaminare la proposta.
"Il Castello delle Fate" offre un terreno fertile
per la creazione di elementi ricchi di significati e di emozione, per effetto
dell'unione tra la forza evocativa della narrazione e la potenza espressiva
della musica, commistione che riesce a dar vita ad un'opera che tocca
profondamente l'animo dell'ascoltatore.
Davvero un gran disco!
Quanah Parker-Nel Castello delle Fate
Verso la Porta-0:37
Intrada e Voci di Fate-6:59
Primo Interludio Esoterico-1:00
Stanze di Luci Antiche-6:27
Fata Tentatrice-3:58
Danza Esoterica-5:25
La Fata Dormiente-2:08
Danza della Fata Selvatica-3:54
Nella Stanza di un Carillon-5:02
Fata nel Vento-4:25
Secondo Interludio Esoterico-2:30
Le Pozioni delle Fate-4:21
Strega Fatata, Fata Stregata-8:23
Giochi di Fate al Piano-1.52