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A cavallo tra il 1973 ed il '74 vengono pubblicati su etichetta Virgin i tre album facenti parte della trilogia. Nell'ordine: "Flying Teapot", "Angel's Egg" e "You".
In questo periodo il gruppo crea la colonna sonora del film The world is not enough, della serie diJames Bond.
Dopo una breve parentesi come modella per Calvin Klein, Shirley torna a lavorare a un nuovo album, il sensuale Beautifulgarbage, uscito nel settembre del 2001, dal quale vengono estratti singoli come Cherry lips e Androgyny. In quel periodo però si manifestano dei dissidi interni al gruppo, che poi causeranno un temporaneo scioglimento (2003); contemporaneamente Shirley deve subire un intervento chirurgico a causa di alcuni noduli alle corde vocali (per mesi non potrà cantare). Ma «quasi magicamente» (come ha affermato lei stessa) il gruppo si ricompone, per incidere Bleed like me, quarto album della band.
Finito il tour di Bleed like me, voci insistenti parlano di scioglimento del gruppo, mentre ufficialmente i membri della band parlano solo di progetti solisti per ognuno di loro.
Manson è stata scelta nel 2008 per la parte di Catherine Weaver nel telefilm Terminator: The Sarah Connor Chronicles.
INFO:
http://www.myspace.com/thefabriziofedeletrio
http://www.myspace.com/cellarstudiohomerecording
http://www.myspace.com/themichelangelotrio
A marzo, nel corso della presentazione di “Prog Family”, ho ascoltato Lino Vairetti dire che i musicisti dei nuovi Osanna incarnavano il vero spirito prog, quello che lui cercava.Cosa vuol dire per te, musicista anagraficamente lontano dalla musica progressiva, ascoltare, suonare e incarnare quella musica di inizio anni 70? Premetto che sfondi una porta aperta. Per me esistono due cardini, inscindibili e imprescindibili, nella musica pop (nell’accezione “popular”) di sempre: Jimi Hendrix e The Beatles. Quindi quel sound, quelle sonorità chitarristiche e non solo mi affascinano da sempre. Se ascolti Tomorrow Never Knows dei Beatles, su Revolver del ’66, capirai a pieno di cosa parlo. Il suono della band, il drumming di Ringo Star… sublimi!
Leggendo le note biografiche Fabrizio Fedele appare come un soggetto iperattivo, che spazia dalla musica alla scrittura, tra differenti gruppi e lavori diversi. Cosa pensi della mia banale teoria che il massimo a cui possiamo aspirare è far coincidere il lavoro con le passioni quotidiane? E’ esattamente ciò che faccio: la mia passione è il mio lavoro e viceversa. Qualcuno diceva “se ami il tuo lavoro non lavorerai un solo giorno della tua vita”. Beh, approvo in pieno. Tutti i progetti in cui m’immergo sono quasi sempre progetti “d’amore”.
Mi spieghi quale tipo di equilibrio occorre cercare in un gruppo quando dei giovani, seppur talentuosi, devono relazionarsi con mostri sacri della musica italiana e internazionale? Ah, saperlo! La chimica degli elementi (quelli della band, dico) è fondamentale. Sono profondamente convinto che la musica nasca e si faccia prima di salire sul palco. Se non c’è alchimia tra gli stessi componenti della band credo non accadrà mai nulla di veramente magico su nessun palco. Poi, il talento e la creatività fanno il resto.
Poter vivere di musica, di questi tempi, può anche voler dire scendere a importanti compromessi. Ti è mai capitato di avere preso una decisione esclusivamente “commerciale”, di cui poi ti sei pentito? Mai! Ecco perché non ho una lira (rido profondamente).
Suonare in un gruppo importante e realizzare un tuo album personale, credo siano cose che in maniera diversa diano enormi soddisfazioni. Ma qual è il vero sogno di Fabrizio Fedele? Continuare a vivere di musica! Per sempre!
”Brotherhood of the Wine” è la tua ultima opera. Cosa rappresenta per te: una continuazione, una maturazione, una novità? A questo non so rispondere. Ma forse è un po’ tutte e tre le cose che hai appena detto. Credo però sia più giusto che rispondano i fruitori attenti a questo. Io mi sento lo stesso di sempre. Scrivo, compongo, registro e lo faccio cercando di cesellare tassello per tassello affinché il lavoro sia perfetto almeno alle mie orecchie esigenti. Quello che poi ne viene fuori è semplicemente musica…
Credo che le canzoni, i racconti e le poesie, richiedano momenti differenti di ispirazione, e anche il tipo di concentrazione sia di diversa natura. Qual è la tua esperienza in proposito? Stati d’animo. E voglia di raccontare. Agitare bene prima dell’uso… et voilà!
Qual è il ricordo più bello, musicalmente parlando della tua storia musicale? Tutte le sante volte che salgo su di un palco. E il prossimo sarà ancora più bello… almeno me lo auguro!
Riesci ad avere una sorta di separazione tra lavoro e vita privata? Questo dovresti chiederlo a mia moglie. A parte gli scherzi, è veramente difficile scindere le due cose. I miei migliori amici sono musicisti, giornalisti musicali, scrittori. Mia moglie danza e ama fotografare rock shows (la maggior parte dei miei scatti sono opera sua, lo stesso Lino Vairetti ne sa qualcosa). Per cui anche nella vita privata è difficile che non si parli di “lavoro”.
Cosa regala Napoli a un musicista, qualunque sia la musica che lo appassiona? Il background formativo. La grinta. E soprattutto la voglia di lasciarla. Quando nasci in una metropoli difficile come la mia devi imparare a difenderti. Io lo faccio con la mia strato e i miei ampli valvolari sparati a tutto volume.
Sabato 21 novembre ho assistito alla mia terza Convention dal profumo “Jethro Tull”.
Gli organizzatori di Novi Ligure e Alessandria (cito gli eventi a cui ho partecipato), si trasformano in collaboratori, e il pallino passa nelle mani di “Jethro’s Friends”, cioè gli amici di Alba, che costituiscono un gruppo importante e attivo, amante della musica di Ian Anderson e soci, e capace di preparare eventi di grande rilievo.
Conosco personalmente Felice Prunotto e Franco Gastaldi, ma credo che il tutto funzioni per effetto di un gruppo di lavoro di buona efficienza e tenacia.
Contrariamente a quanto accaduto nelle precedenti occasioni, non potrò soffermarmi sui dettagli “hors” concerto, sull’atmosfera e sui piccoli episodi che rendono una Convention una manifestazione speciale. Impegni personali hanno fatto sì che io arrivassi solo all’ultimo momento (lo scorso anno, ad Alessandria, ero sul posto un giorno prima) e credo di aver perso il vero sapore della serata ( e di quella precedente). Provo a spiegarmi. Chiunque si fosse trovato per caso ad Alba, sabato scorso, avrebbe potuto dire, a posteriori, di aver assistito a un grande concerto. Ma la Convention è molto di più … è vivere insieme a vecchi amici, è conoscerne di nuovi, è avvicinare gli artisti e scambiare con loro quattro chiacchiere, è fare fotografie, richiedere autografi e familiarizzare con chiunque, nel magico nome dei Jethro Tull. In quelle occasioni si azzerano gli spazi esistenti tra “vite normali” e miti viventi, tra onesti lavoratori e animali da palcoscenico.
Mi è capitato spesso negli ultimi tempi di trovarmi in queste situazioni ideali, ma in questa occasione specifica mi è mancata “l’immersione totale”, che non potrò quindi descrivere. Beh, a dire il vero, quando sono entrato nel circolo adiacente il teatro, e ho trovato una tavolata piena di…Fairport Convention, di Clive Bunker, di Mcshee’s … ho pensato che non era poi una cena così comune!!! Insomma, figure che ero abituato a vedere sfumate nei vinili, erano li accanto a me!
Ma veniamo alla musica. Il piatto forte erano in Fairport Convention, carichi di storia tullica, con Dave Pegg e Jerry Conway in formazione. A completamento la presenza dell’immancabile Clive Bunker, della “Pentangle” Jacqui Mcshee’s (moglie di Conway), di Phil Hilborne(non molto tullico, in verità, ma chitarrista di valore)e della Beggar’s Farm di Franco Taulino.
Era prevista la performance di Barriemore Barlowe, ma un impegno dell’ultimo momento ne ha impedito l’arrivo. In realtà ho captato che nelle speranza degli organizzatori c’era il colpo a sorpresa, difficile da realizzare e quindi tenuto nascosto(forse per scaramanzia):Ian Anderson.Ho più volte scritto che un raduno dei fan poteva prescindere dalla presenza del “re” Ian, tra l’altro il meno disponibile di tutti. Ritornandoci su, e giudicando da esterno un po’ introdotto, direi che avere LUI in zona è estremamente impegnativo e condizionante, e anche quando non lo si vede sul palco si ha l’impressione che tutto sia sottoposto al suo giudizio, e quindi si è”pressati” da una sorta di tensione positiva. Ma è ovviamente solo una mia impressione.
Le differenti performance sono state precedute dai filmati realizzati da Wazza Kanazza, che hanno ricordato la scomparsa di John Glascock, mancato trenta anni fa, il 17 novembre 1979, a soli 28 anni. Nel corso della rappresentazione, Aldo Tagliaferro, il presidente di “Itullians” esporrà il basso di John, a completamento della commemorazione.
E’ stata anche una serata con lo sguardo rivolto ai più bisognosi, e il ricavato netto è stato devoluto ad associazioni benefiche.
E poi... l’ospite a sorpresa.
Nel corso della prima parte, dedicata ai Fairport, Peppe Leone viene chiamato sul palco.
Non lo conosco, ma incanta tutti per il modo in cui suona il tamburello e a serata inoltrata, quando arriva il momento dell’assolo di Clive Bunker, Peppe è presente, e le percussioni si dividono in due.
Vediamo come nasce la collaborazione(riporto fedelmente come mi è stata raccontata).
“Peppe "Peppino" Leone era per una casualità presente il venerdì sera, prima della Convention, a cena nello stesso ristorante in cui si trovava Dave Pegg e i F.C. Peppino ha improvvisato al tamburello (il suo strumento) con loro, dopo la cena, e i Fairport si sono letteralmente innamorati di lui e lo hanno invitato a suonare con loro a Alba la sera dopo. Peppino suona il tamburello come nemmeno gli stessi Fairport avevano mai visto suonare, e pare che nemmeno Clive abbia mai visto fare cose simili e ha chiesto al giovane tamburellista di partecipare assolutamente ai suoi prossimi "clinic" in italia! Una vera folgorazione per musicisti abituati a suonare da più di 40 anni su tutti i palchi del mondo!”
“Trovarsi al posto giusto al momento giusto” è una perla di saggezza di cui si sente sempre parlare, e … come possiamo definire la situazione in cui un ragazzo qualunque, magari abituato a piccoli spazi musicale, si trova a suonare con chi ha fatto la storia della ”nostra” musica?
I Fairport sono stati straordinari. Conoscevo la loro musica attraverso i loro album e i loro DVD, ma vederli a due metri di distanza è stato davvero emozionante. I duetti tra Ric Sanders e Chris Leslie sono stati per me i momenti di massimo spettacolo, e i passaggi di Simon Nicol, supportati dall’immenso Dave Pegg e dal preciso e instancabile Gerry Conway, mi hanno fatto passare momenti indimenticabili.
E che dire della fantastica e inossidabile voce di Jacqui Mcshee’s?!
Un solo brano per Phil Hilborne, il più rochettaro di tutti, e poi la Beggars’ con Bunker, nel solito vincente mix di artisti a cui Taulino e soci ci hanno abituato. Tanto “Jethro” , con brani che Ian dal vivo non propone più, e pubblico davvero contento.
La mia soddisfazione supplementare è quella di aver potuto scambiare quattro chiacchiere con Sanders e avergli strappato la promessa di un’intervista.
Ho rivisto molti amici, ho sentito la “mia musica”, ho passato un’altra serata indimenticabile.
Sulle facce dei “nuovi organizzatori” ho visto un po’ di giusta stanchezza, ma anche tanta soddisfazione.
Certi avvenimenti partono da lontano e quando il sipario si chiude e ci si può sedere la fatica viene pareggiata dal risultato dell’evento, se positivo.
Un mio plauso personale a “Jethro’s Friends”, e a tutte quelle persone che hanno contribuito alla realizzazione di questa particolarissima giornata, che ancora una volta rimarrà nel cuore e nella mente di noi ammalati di musica.