mercoledì 10 dicembre 2014

Bernardo Lanzetti racconta...



Intervista già pubblicata sul web magazine UNPROGGED (http://www.unprogged.com)

Superfluo il racconto della storia musicale di Bernardo Lanzetti, almeno per chi è appassionato di Musica Progressiva. Ma catalogarlo come ex cantante della PFM è assolutamente riduttivo, giacchè Lanzetti ha avuto un periodo seminale, legato alla band Acqua Fragile, ed un altro lunghissimo, che lo vede ancora cavalcare situazioni le più disparate possibili. Non solo vocalist, seppur di prestigio, ma amante delle arti in genere, e capace di fondere la tecnologia con lo strumento voce, innescando un’opera di ricerca avanzata che va evidenziata. Uomo estroverso, semplice e capace di coinvolgere e “tenere” il palco come pochi sanno fare, si è cimentato con big internazionali della Musica, da Steve Hackett a Greg Lake. Memorabili i suoi duetti con Francesco Di Giacomo, a cui ho avuto il piacere di assistere.
Nel 2013 ha realizzato il VOX 40, il concertone realizzato per celebrare i 40 anni di carriera, evento unico testimoniato da una fantastica registrazione che consiglio a tutti gli amanti della Musica.

Ecco cosa mi ha raccontato…

Poco più di un anno fa, con il tuo impegnativo progetto “VOX 40”, hai sintetizzato una vita di musica in un concerto memorabile, uno degli eventi più emozionanti a cui io abbia mai partecipato: come ti piace ricordare quel 28 Maggio 2013?

Penso che VOX 40 sia stato il progetto musicale più significativo che io abbia mai prodotto. Mi piace pensarlo come il contributo più nobile da me fornito alla musica.

Nelle tue intenzioni iniziali c’era la voglia di ripetere l’esperienza, magari in forma ridotta vista l’impossibilità di rendere facilmente itinerante un’orchestra: che cosa ti ha al momento frenato, impedendoti di proseguire su quella strada?

Certo, nelle intenzioni c’è voglia di ripetere e allargare l’esperienza della “piccola orchestra trasfigurata” anche nel futuro. Attualmente si sta lavorando ad una song che ho composto musicando una poesia di Pete Sinfield, visionario paroliere dei King Crimson. Per i concerti live in Italia, ci si scontra sempre con le problematiche economiche ed è per questo che sto prendendo contatti con l’estero, al momento, Germania e addirittura Qatar.

Sei sempre giustamente critico sullo stato della Musica in Italia e non solo: quale potrebbe essere una ricetta per provare ad invertire la tendenza? A che tipo di speranza occorre aggrapparsi?

La tua domanda è bellissima e struggente! Mi impegna a rispondere con grande sincerità e ardimento: i musicisti Italiani, in primis, sono chiamati ad un compito molto impegnativo. Si deve lavorare sulla musica vera e propria, suoni e silenzi, melodia e ritmo, colori e contaminazioni, al fine di creare un territorio unico che, per difficoltà e profondità culturale, risulti esclusivo e inaccessibile a tutti gli operatori e cosiddetti artisti della musica leggera che spadroneggiano nel mondo televisivo.

Gli anni passano per tutti, ma da quanto posso vedere e ascoltare la tua voce sembra in continuo miglioramento, fatto quasi innaturale: sei stato baciato dalla fortuna oppure il continuo lavoro con la giusta applicazione sono azioni che pagano e che possono diventare esempio per i più giovani?

Direi che entrambe le tue teorie si applicano alla mia voce. Per l’esempio ai giovani non saprei proporre altro se non quello di creare sempre percorsi personali e internazionali, in più studiare in profondità le lingue e le pronunce scelte per la propria vocalità.

Piccola divagazione: ho avuto la fortuna di vederti in duetto con Francesco Di Giacomo, e tra un “Non mi Rompete” e una “Impressioni di Settembre”, avete fatto sognare i presenti: fuor di retorica, che ricordo hai di Big Francesco e di quei giorni?

Francesco Di Giacomo era un gigante in tutti o sensi e, al momento, ricordare quei giorni porta ancora smarrimento e dolore.

Anche chi non segue costantemente la Musica ti accosta immediatamente all’Acqua Fragile e alla PFM, ma sono molti i tuoi talenti e i tuoi interessi: cosa puoi dire del tuo utilizzo della tecnologia applicata alla voce?

Molti rifiutano a parole l’elettronica e non si accorgono che ogni volta che parlano di musica, in realtà, parlano di “musica registrata” che, da sempre, è prodotta con mezzi ben lontani dalla falegnameria, dalla fucina del fabbro o dai laboratori di chimica. Nel momento in cui si usa un microfono per registrare la voce su un nastro magnetico o nella memoria di un computer si usa una precisa tecnologia. Voglio immaginare che questa tecnologia possa migliorare e diversificarsi spinta dall’impegno del vocalist creativo.

E se invece parlassimo di altre arti… ad esempio la pittura?

Amo ricordare che mentre nella musica i soggetti, autori, strumentisti, arrangiatori, interpreti, fonici etc. sono obbligati a collaborare, nella pittura l’artista è solo con i suoi fantasmi.

Una delle tue grandi soddisfazioni dell’anno in corso è stata quella di essere ospite nel tour italiano di Steve Hackett, dove hai cantato “The Return Of The Giant Hogweed”. Precedentemente ti ho visto on stage con Ian Anderson e con Greg Lake: hai mai avuto la sensazione che la tua vita musicale poteva essere ancora più gratificante di quanto non sia stata?

Quando uscì il mio primo album “Acqua Fragile” ero pronto a non meravigliarmi per eventuali riconoscimenti nazionali e internazionali. Ora sono prontissimo a non meravigliarmi del contrario.

Passi parte dell’anno in Spagna: è solo questione di clima o l’ambiente risulta molto più stimolante  gli per artisti come te?

Come per moltissimi altri artisti, tutto accade nella testa per cui posso elaborare in riva ad un oceano come al centro di una metropoli o in uno squallido sottoscala. In Spagna trovo ci sia un atteggiamento più positivo verso il futuro.

Che cosa ti ha lasciato l’esperienza americana giovanile, al di là dell’apprendimento della lingua?

Gli americani amano la musica e la conoscono più di ogni altra popolazione che ho incontrato. Non sempre il loro gusto è all’altezza della loro sensibilità, ma del resto, già da prima della globalizzazione, il senso del bello e del vero si stava perdendo nel mondo. L’apprendimento di una lingua e il mantenimento di quanto raggiunto, sono un esercizio fondamentale per creare l’uomo contemporaneo. Negli USA ho potuto avvicinarmi e confrontarmi con vari generi musicali. Alcuni sono per me tutt’ora da scoprire.

I tuoi progetti sono molteplici, e per scaramanzia li lasciamo in attesa di evolvere, ma esiste qualcosa di concreto che ti vede protagonista da tempo assieme a Lino Vairetti, Aldo Tagliapietra - e l’ideatore, Alex Carpani - tre voci caratteristiche dedite al prog: ce ne puoi parlare?

Al momento il progetto si è attuato creando una vetrina per ciascuno di noi tre vocalist. Eventualmente, in futuro sarebbe bello interagire.
Quale potrebbe essere il futuro prossimo di Bernardo Lanzetti?

MI SERVE TEMPO PER RACCOGLIERE TUTTE LE IDEE PER RISPONDERE A QUESTA!