giovedì 24 aprile 2025

Proiezione del film "Quadrophenia": un tuffo nel passato tra musica, socializzazione e riflessioni generazionali

 


SAVONA, 22 APRILE 2025


Nella sala privata ho avvertito una buona dose di energia, un misto di attesa e curiosità. Non si trattava della prima di un blockbuster hollywoodiano, né di un evento mondano. L'occasione era la proiezione di Quadrophenia, il cult movie del 1979 tratto dall'omonimo concept album degli Who, una delle tante iniziative nate da un corso che ho avuto il piacere di tenere all'UniSavona. L'obiettivo primario? La socializzazione, il ritrovarsi e condividere, con la pellicola a fare da catalizzatore emotivo e spunto di riflessione.

L'imperativo era duplice: la musica, anima pulsante del film e del periodo storico che racconta, e il ricordo di un mondo lontano, un'eco di ribellione giovanile e di trasformazioni sociali radicali. Ad introdurre la serata, un intervento illuminante di Mauro Selis, un melomane e psicologo esperto di dipendenze. Con la sua profonda conoscenza del contesto storico e musicale, ha saputo dipingere un affresco vivido dell'Inghilterra dei primi anni '60, del fermento culturale, delle tensioni sociali e, non ultimo, dell'uso diffuso di anfetamine, all'epoca non ancora bandite, che permeava quella scena. Le sue parole hanno gettato una luce cruda e realistica su un'epoca di eccessi e di ricerca di identità, preparando il terreno per la visione del film.

Sala gremita… un segnale tangibile del fascino che Quadrophenia continua a esercitare, a distanza di decenni.

Al termine della proiezione, le reazioni sono state intense e variegate. Tra i tanti messaggi ricevuti, uno in particolare ha saputo cogliere l'essenza della serata: "Bella iniziativa quella di ieri sera. La scelta del film è stata stimolante per tanti aspetti. Non ultimo per me che l'ho visto la prima volta nel 1985 quando già rappresentava una società completamente cambiata rispetto all'ambientazione. Rivederlo ora è stato choccante: una nostalgia che ha il sapore della consapevolezza amara di una perdita e contemporaneamente la dolcezza, il ricordo di un passato un po' anche nostro."

Questo commento racchiude la potenza evocativa di Quadrophenia. Per chi l'ha vissuto "in diretta", il film è un tuffo malinconico in un'epoca formativa, un ricordo di battaglie generazionali e di un senso di appartenenza forte, seppur spesso conflittuale. Per chi, come il nostro partecipante, l'ha scoperto in un'epoca successiva, il film assume una valenza diversa, quasi archeologica. Diventa la testimonianza di un mondo scomparso, un'istantanea di un'energia giovanile che, pur nelle sue contraddizioni e nei suoi eccessi, appare oggi intrisa di un'autenticità forse perduta.

La "nostalgia che ha il sapore della consapevolezza amara di una perdita" è palpabile. La perdita di un'illusione, forse, di una ribellione più genuina, di un senso di comunità viscerale. Ma c'è anche la "dolcezza del ricordo di un passato un po' anche nostro", perché le inquietudini, la ricerca di un'identità, il desiderio di cambiamento sono temi universali che trascendono le epoche.

L'iniziativa, al di là della semplice proiezione cinematografica, ha rappresentato un momento di connessione, di scambio intergenerazionale, di riflessione sul passato e sul presente. La musica degli Who, potente e catartica, ha fatto da colonna sonora a questi pensieri, amplificando le emozioni e creando un legame invisibile tra i partecipanti.

In fondo, l'arte, in tutte le sue forme, ha questa straordinaria capacità: di farci viaggiare nel tempo, di farci sentire parte di storie lontane, di stimolare il dialogo e, soprattutto, di farci sentire meno soli. E se una sala piena e un commento così intenso sono il risultato di questo piccolo esperimento, non posso che ritenermi soddisfatto. La socializzazione attraverso la cultura, il ricordo e la riflessione: un trinomio che si è rivelato ancora una volta vincente.


Quadrophenia 22 aprile 2025 

L’intervento di Mauro Selis

Riuscite a immaginare nell’era social, digitale, liquida, scegliete voi, una rissa con duecento persone che si inseguono per fare a pugni per questioni prettamente estetico-musicali? Altamente improbabile, in effetti, molto più semplice pensare a qualche leone da tastiera mentre fomenta una discussione in qualche chat in uno dei tanti social presenti in rete!

Nei favolosi o formidabili, scegliete voi, anni Sessanta e Settanta, invece, succedeva eccome.

Come vedremo anche nel film verso la metà degli anni Sessanta in posti come Brighton o Clacton, il weekend sul lungomare di queste località era diventato sinonimo di battaglia tra le due opposte sottoculture giovanili dominanti, mods e rockers, ossessionate da una rivalità prima di tutto estetico-musicale, poi attitudinale e, infine, sociale: due opposti modi di rapportarsi col mondo.

La calata dei “barbari” dalla vicina Londra avveniva con i Rockers a cavallo di moto come le Triumph e le Norton, i Mods con le classiche vespe o le lambrette spesso arricchite da un numero spropositato di specchietti e fanali.

Se i rockers incarnavano il boom economico del dopoguerra e l’ideale dell’uomo virile e conservatore, i mods erano i moderni, pura espressione del proletariato britannico e accettavano l’apporto della gioventù di colore soprattutto nel campo musicale.

I rockers, innamorati di un immaginario d’oltreoceano, erano figli del rock’n’roll americano degli anni 50, tutto brillantina, giacche di pelle, scarpe da motociclista e jeans con risvolto. I diversamente giovani come me ricorderanno il telefilm “Happy Days” in cui uno dei protagonisti era il perfetto teddy boy Arthur Fonzarelli più celebre come “Fonzie”. Il loro era uno spirito reazionario e refrattario ai cambiamenti per cui era piuttosto normale che i loro nemici naturali fossero i mods, ovvero i modernisti, la generazione successiva che rifiutava lo stile di vita dei propri padri, preferendone uno al passo coi tempi – moderno, appunto – e anfetaminico, in costante equilibrio tra rabbia ed eleganza, il cui gusto musicale era rivolto al nuovo jazz, al soul, allo ska e soprattutto a band come gli Who, Kinks, Small Faces, Yarbirds.

Dicevo prima anfetaminico ebbene mente i Rockers di fatto non erano inclini all’uso di stupefacenti i Mods al contrario erano consumatori di droghe che all’epoca erano legali in particolare le anfetamine che sono sostanze di origine sintetica ad azione stimolante sul sistema nervoso centrale. La reazione fisica consiste nel rilascio di neurotrasmettitori come la dopamina, serotonina e noradrenalina che agiscono sulla regolazione del sonno, dell’umore e dell’appetito. Si presentano solitamente sotto forma di compresse o capsule di varie dimensioni e colore, polvere generalmente bianca, gel e cristalli che possono essere assunti sniffandoli, fumandoli o dopo una preparazione specifica iniettandoli (più raro).

L’anfetamina fu sintetizzata per la prima volta nel 1887 ed essendo uno psicostimolante fu largamente usata soprattutto nelle guerre mondiali per aumentare l’efficienza militare dei soldati in combattimento e la produttività dei lavoratori nell’industria bellica, successivamente fu usata clinicamente per contrastare depressione, obesità e astenia. In Italia fino all’inizio degli anni 70 era legale, qualcuno di voi ricorderà la simpamina che era il nome commerciale di un tipo di anfetamina.