venerdì 19 luglio 2013

The Watch al Priamar- Lions di Savona, buona la prima!

Foto di Angelo Lucardi

Il 17 luglio riporta i The Watch a Savona, a distanza di quattro mesi dal concerto di Valleggia.
Il nuovo contesto è obiettivamente prestigioso e affascinante, all’interno della Fortezza del Priamar, luogo che nel recente passato è stato testimone di concerti di grande livello, compreso quello di Steve Hackett, in qualche modo presente sul palco anche in questa occasione, per la musica, ovvio, ma anche per un aneddoto raccontato da Simone Rossetti, leader del gruppo, a cui farò accenno nel corso di questo commento.
Doveroso iniziare dalla motivazione, dalla scintilla che, scoccando, ha provocato come reazione un evento live.
Trattasi di progetto nato dalla collaborazione tra  il Lions Club Savona Torretta e MusicArTeam, aventi come comune denominatore Max Pacini, importante protagonista in entrambe le associazioni.
Alla base un fine benefico, quello di utilizzare il ricavato per l’acquisto/addestramento di un cane guida da destinarsi ad un non vedente savonese, cogliendo anche l’occasione per diffondere le basi dell’attività dei Lions sul territorio.
Per fare ciò si è pensato ad una musica ormai immortale, quella dei Genesis, proposta da professionisti che definire tribute band appare riduttivo, visto l’importante - per qualità e quantità - produzione propria, presentata in minima parte anche in questa occasione.
E’ di moda presentare i “quarantennali”, perché è estremamente facile pescare a colpo sicuro nel contenitore della musica progressiva di inizio anni ’70 essendo certi di non sbagliare, ammesso che i ripropositori dei giorni nostri siano talentuosi.
I The Watch sono stratosferici, e la risposta del pubblico resta la miglior testimonianza possibile.
I presupposti pomeridiani hanno fatto temere il peggio: un forte acquazzone di consistente durata ha rischiato di invalidare il progetto, provocando una lunga sosta nel corso del soundcheck.


Ma come spesso accade in estate le situazioni meteorologiche hanno avuto rapida evoluzione positiva e tutto è proseguito secondo programma, dopo una massiccia opera di asciugamento di sedie, palco e pedane di passaggio.
Dal palco la prospettiva inganna, ed è difficile credere che ci sia spazio per 770 anime, e sarà comunque elemento di soddisfazione, ad inizio concerto, vedere oltre metà dei posti a sedere occupati.
Occorre dire intanto che i The Watch hanno fatto centro, ancora una volta, e va tenuto conto del fatto che, probabilmente, alcuni dei presenti erano sul posto per rispetto del ruolo, quindi non appassionati attivi, ed anche per loro il coinvolgimento è stato totale.
Dalla mia postazione in zona mixer era naturale osservare l’audience nella sua globalità,  e raramente ho visto un tale livello di concentrazione durante una performance (normalmente c’è sempre chi si alza e, mostrando segni di insofferenza  abbandona la staticità).
Osservando il video a seguire (purtroppo di scarsa qualità visiva essendo la camera in posizione fissa, ma buono dal punto di vista audio), risulta palese la necessità di richiamare sul palco la band per il bis: non un atto dovuto, ma una grande voglia di proseguire ancora un po’…
Dopo questa lunga premessa, doverosa per chi non ha potuto partecipare, arriviamo al concerto.
I The Watch sono: Simone Rossetti (vocalist e flautista), Giorgio Gabriel (chitarre), Marco Fabbri (batteria e percussioni), Valerio De Vittorio (tastiere) e, nell’occasione, Andrea Garbelotto (basso e chitarre).
Ciò che proporranno nell’arco di serata è un estratto da album che coprono lo spazio temporale 1970/1976.
La parte sostanziosa delle due ore di concerto vede in evidenza Foxtrot - 1972 - per effetto della lunga suite di Supper’s Ready a cui si sono aggiunte  Watcher Of The Skyes, Can Utility And The Coastliners e Horizons.
Watcher… ha dato, come spesso capita, lo start, e il crescendo del tappeto di mellotron è stato rappresentativo dell’intera performance, un’evoluzione costante che ha portato alla stato  finale di simbiosi tra band e partecipanti, alcuni dei quali esperti e pronti a dare giusti suggerimenti sui volumi, aspetto tecnico che si mette a punto nei minuti iniziali.
Ad ogni nuovo annuncio un tuffo al cuore e ripercorrere parte di Selling England By The Pound - 1974 -  con uno dei brani più belli della storia della musica, Firth Of Fifth, ha provocato l’accelerazione.
Spazio anche per The Lamb Lies Down On Broadway - 1975 - e per due brani di Nursery Cryme - 1971 - The Return Of The Giant Hogweed e The Fountain Of Salmacis.
La qualità della musica dei The Watch è captata in toto dal pubblico, che gradirà anche il loro repertorio proprio, sintetizzato nei brani Soaring On e The Fisherman.
Simone Rossetti ha un modo estremamente riservato di porsi, quasi sottovoce nel racconto, ma la sua vocalità è incredibile, e tra le più fedeli rispetto al mito Peter Gabriel. E’ lui il leader, il riferimento, e attorno a lui ruotano elementi rodati ed estremamente dotati, e occorre sottolineare l’apporto dato da chi non è parte integrante della band - il già citato Garbelotto - che è apparso preciso e completamente dentro la parte, un ruolo che conosce molto bene ma esercitato solitamente in altri contesti.
Emozionante il drumming di Fabbri e fondamentale il tappeto tastieristico di De Vittorio.
Los Endos è il brano strumentale di Trick Of The Tail - 1976, primo album senza Peter Gabriel - e non richiede la presenza di Rossetti, che lascia spazio al resto della truppa. E finisce il set.
Giorgio Gabriel - nomen omen - come nella migliore tradizione dei chitarristi targati Genesis, mantiene la sua posizione sulla sedia anche quando rientra solitario per il primo dei due bis e regala Horizons, proposta con una dodici corde anziché la tradizionale sei, fatto che in passato ha suscitato la curiosità di Steve Hackett, stupito da tale virtuosismo: Rossetti racconta come dietro alla scelta ci sia una mera esigenza pratica, l’impossibilità di trovare spazio per un’altra chitarra all’interno del furgone degli strumenti, per la serie… quando la necessità conduce al virtuosismo!
E arriva l’apice, l’immancabile The Knife -Trespass, 1970 - e anche Giorgio Gabriel si alza in piedi per l’atto finale che manderà in delirio gli spettatori.
Tante le soddisfazioni a fine serata… la musica vincente, la partecipazione, il probabile raggiungimento degli obietti prefissati, e la consapevolezza che la buona organizzazione ed il lavoro di squadra pagano sempre.
Era la prima volta per i Lions di Savona, e immagino non sia stato semplicissimo trovarsi ad affrontare situazioni gestionali completamente nuove - e la riuscita di un evento è  strettamente legata alla perfetta pianificazione e suddivisione dei ruoli -  ma tutto è andato bene, oltre le più rosee aspettative, e mi auguro che questo possa essere la corretta spinta per riprovarci un'altra volta, utilizzando la musica per uno scopo nobile,  e in ogni caso per promuovere la cultura.

Un ringraziamento a Yastaradio per l'impegno e la diretta radio.