lunedì 1 luglio 2013

Oscar Louise-Empty House


Oscar Louise, è un’artista di Losanna, il cui nome reale è Rachel Hamel.
Il suo album di debutto si intitola Empty House, tredici tracce che… stordiscono.
La mia solita “mania”, la mia ricerca dello scambio diretto di battute, risulta ancora una volta il mezzo più efficace per conoscere il pensiero oggettivo di un musicista, nello specifico “una” musicista, potendo così scoprire l’essenza di un lavoro che nessun osservatore esterno potrebbe comprendere nei dettagli.
Cantante di stampo classico, diplomata al Conservatorio e operante nel settore specifico, ad un certo momento del percorso, spinta dalla curiosità e dall’indole, decide di imboccare strade differenti, partendo dal jazz e proseguendo nella sperimentazione, dapprima in parallelo con l’originale “occupazione”, e ora, forse, la svolta.
Il disco nasce a seguito del fortunato incontro con Michael Frei, che ha scritto brani che descrivono i sentimenti di O.L. senza renderla protagonista assoluta della scena, ma un mero mezzo per generalizzare ed estendere umori che tappezzano, periodicamente,  le vite di ogni essere umano: incomprensioni, solitudine, problemi di ordine sociale e… amori.
Scritta così, non sembrerebbe una grande novità, ma pittosto la tematica di sempre, magari con una veste nuova. Beh, il risultato è qualcosa di incredibile, che sorpassa il messaggio, perchè è bene ricordare che razionalità e musica non vanno poi così d’accordo, e l’ascolto di una canzone riuscita può avere un impatto enorme e… magico.
La voce di Oscar Louise è una pennellata di classe su di una tela non ancora formata, e la sua versatilità conduce verso l’attimo intimistico, così come al puro movimento.
Il giudizio globale riporta a certi dischi di grandi vocalist che si possono considerare sempre attuali, buoni per tutti i palati e adatti a tutte le situazioni: Empty House è anche questo, un contenitore musicale che non passa inosservato e accompagnerà nel tempo, perchè ci sarà sempre il momento in cui verrà voglia di ascoltare, ad esempio un’ Oklahoma Betty (che O.L. non cita, ma che mi fa impazzire…) o una Lucinda.
Se questo è l’inizio di una lunga strada, beh, aspettiamo fiduciosi alla finestra per vedere che succede!


L’INTERVISTA

Partiamo dalle origini… da dove nasce la tua passione per la musica?
Sono arrivata alla musica molto tardi. Non provenivo da una famiglia di musicisti, e quindi in casa se ne sentiva poca. I miei genitori avevano pochi dischi, e così i miei ricordi musicali sono un mix di Rolling Stone, Dylan e Bessie Smith. Tuttavia ho sempre cantato ... ma non chiedermi cosa! Quando avevo sette anni Maria Callas morì, e questa fu la mia prima scossa. La musica mi è arrivata tutto ad un tratto, attraverso la radio e la televisione. Mi commuovevano sia la voce che i suoni, e  da quel momento ricordo di avere passato ore con il lettore musicale, cantando qualsiasi cosa trovassi in casa, soprattutto Barbara Streisand e Ornella Vanoni (mia madre è di lingua italiana). Ero una bambina solitaria e sognatrice, e ho certamente trovato attraverso la musica - e anche attraverso l'esperienza fisica del canto - una sensazione di tranquillità, di conforto. Poi con la mia famiglia sono andata a vivere in Asia e in Africa, e con le modifiche di vita e le nuove situazioni, non ho avuto l'opportunità di concentrarmi su una formazione musicale. Il secondo shock musicale è avvvenuto a circa diciassette anni, con l’album Let’s get lost  del magico Chet Baker. E’ stato poi un corso estivo in Italia, a Perugia, che mi ha fatto riscoprire l'emozione fisica del canto e mi ha cambiato la vita.

La tua formazione musicale è di stampo classico; come sei arrivata al rock, al jazz e a tutta quella musica che sembra ti appartenga da sempre?
Ho sempre miscelato differenti generi, pop, rock, jazz e classica. Ma è vero, quando ho iniziato ad apprendere i rudimenti del canto, tecnicamente parlando,  mi sono focalizzata sul modo classico, e per alcuni anni è stata quasi un’ossessione.
Un nuovo mondo, per intero, stava per inondarmi, dal bel canto all’ opera, dal lied tedesco all’impressionismo francese, dall'inizio sino al ventesimo secolo ... tantissime opere mozzafiato tutte da scoprire! E a tutti quei generi musicali storici riuscivo a trovare un dialogo con i miei studi di architettura. La tecnica classica è davvero impegnativa : devi fare e rifare un milione di volte lo stesso movimento vocale sino a che non diventa naturale. A volte, i primi anni,  anche parlare era spaventoso, quindi immagina cantare rock! Ma io sono curiosa, e non appena ho sentito che potevo iniziare a provare altre strade, e imparare attraverso di esse, ho tentato. Ho iniziato a sperimentare il jazz, e a fare con la voce tutto ciò che è proibito nella musica classica. E 'stato spaventoso all'inizio, confuso a volte, ma sempre emozionante. Qualunque sia lo stile, la musica ha le stesse regole. Alla fine l'unica cosa che conta è l'emozione: come regalare una sensazione, come  essere veri, come esprimersi liberamente. Mi ci è voluto tempo per trovare quella libertà a cui si arriva solo quando ci si esprime senza pensare alla tecnica : a quel punto si rimane soli cone le proprie emozioni, da offrire al pubblico.

Esiste un artista che ti ha influenzato più di altri?
Ce ne sono ... tanti. Jacques Brel per il potere di interpretazione, Camille per la poesia e l’umorismo, Chet Baker per la fragilità, la purezza e la semplicità della linea, Shirley Horne per la sensazione di facile oppressione, Tom Waits per la semplicità grezza ... ma sono davvero eclettica, purchè io   possa sentire il brivido, che può arrivare sotto tante differenti forme: Cat Power, PJ Harvey o Dietrich Fisher Dieskau che canta i lieders di Shubert.

Sei una corista professionista all’Opera di Losanna da molti anni, come riesci a conciliare l’impegno “classico” con i tuoi tours e tutti gli altri impegni musicali?
Sino allo scorso anno è stato tutto davvero perfetto : preparare il CD e lavorare sulla musica durante il giorno, e poi in scena di notte con l'opera e l'Ensemble Vocal de Lausanne. Solo l'anno scorso ho dovuto smettere di esibirmi  sul palco. Ora che le cose stanno funzionando, mi pare difficile tornare ad un incarico regolare con l’Ensemble di musica Classica ... ma riuscirò a  farlo nelle occasioni speciali e  per dei concerti. Adoro quel brivido che si prova quando si è immersi in un grande suono umano, costituito dall’insieme  di tante persone.

 Mi parli un po’ del tuo album d’esordio, Empty House?
Questo album è un miracolo e mi riferisco all'intero processo. Niente è stato pianificato. Cercavo, accanto al mondo classico, di trovare nuovi modi per esprimere la mia voce e me stessa. E’ successo : sono inciampata sull’universo di  Michael Frei e tre settimane dopo erano pronte venti canzoni su cui lavorare. Non avevo altra scelta, dovevo solo provare e e cercare di crescere assieme alla musica. Ogni passo mi ha portato in un posto nuovo. Stavo solo seguendo un percorso che ha le sue regole, e che alla fine mi ha condotto a casa. Ero a un bivio della mia vita, con sentimenti pesanti da gestire, e questo album è stato un modo per far emergere le mie emozioni senza cadere nel personale. Tutte quelle canzoni hanno un legame molto forte con lo stato d'animo in cui mi trovavo, ma nessuna veramente parla di me. L'album è attraversato da un tema generale: la sensazione di essere intrappolati nella propria vita. Racconta di emozioni come la solitudine, il vuoto, la malinconia o l’incomprensione, sia in circostanze sociali (Fourteen), politiche (Beyond the wall), penali (For ever and a week) o personali (Absence, Empty house, Practically blue, Unhappy). Uno può avere tutto o niente, ma provare in ogni caso la sensazione di essere intrappolato in una vita che non è ha scelto.
Artisticamente parlando, ho avuto la fortuna di incrociare un uomo come Michael Frei (Hemlock Smith), che ha veramente capito il mio universo, come se potesse leggere la mia mente. Lui è un mago. Non solo ha captato il sentimento generale, ma ha trovato il modo di esprimerlo con una semplicità radicale che rende ogni canzone ovvia. Inoltre mi ha guidato in ogni scelta cruciale, nel totale rispetto della mia espressione, lasciandomi l'intero spazio per realizzare un progetto tutto mio. Abbiamo avuto la possibilità di registrare con musicisti incredibili, come Julien Feltin (mi entusiasma!), o Massimo Zampieri, e soprattutto il quartetto unico "Barbouze de chez Fior. Abbiamo registrato in cinque giorni, e quasi tutti i brani dell'album sono venuti al primo take : sono quelli dove si può sentire qualcosa di speciale, una vera emozione.

Che cosa accade quando… Oscar Louise si propone in fase live?
Io arrivo dal palco ... Opera, Cabaret, Lieder. Amo trasformarmi e mi sono abituata a essere qualcun altro on stage. Essere qualcun altro è sempre stato un modo di liberarmi e paradossalmente sentimi libera di essere quello che sono veramente. Quindi non è strano aver scelto "Oscar Louise" come nome d’arte. L'idea è quella di essere la voce di altri - non la mia - in ogni canzone,  e rendere ogni storia umana e universale. Ma con Oscar Louise ho subito capito che avrei dovuto portare qualcosa di mio in scena, e avrei dovuto rappresentare tutti quegli aspetti che convivono in me ; no allle ciglia finte e ai costumi. Solo io, nuda sul palco, con i miei sentimenti, vera e semplice, come sono le canzoni.

E ora, dopo questo sorprendente album, dove rivolgerai il tuo … sguardo musicale?
Ho ancora bisogno di tastare il terreno per qualche mese, tutto è nuovo per me, ma continua ad evolversi e sono entusiasta e amo veramente questa esperienza. Spero anche di incontrare altri musicisti per miscelare, condividere e lasciare che ogni brano dell'album possa trovare un modo naturale per sviluppare se stesso. Poi, ovviamente, io non penso al futuro, io butto giù le idee, le canzoni, i temi in relazione ad ogni nuovo capitolo della mia vita, ma tutto assume per il momento la forma di una bella nuvola bianca che porto con me ... staremo vedere quando ricomincerà a piovere!


BIOGRAFIA IN PILLOLE
Di formazione classica, Rachel Hamel si é diplomata in canto presso l’Istituto Ribeaupierre ed  il Conservatorio di Losanna.  Dal 2000 è corista professionista all’Opera di Losanna e dal 2005, fa parte dell’ “Ensemble Vocal” diretto da Michel Corboz.
Negli anni successivi, ha calcato le scene con un repertorio cabarettistico assieme al quartetto «Swinging Bikinis» al “Théatre de Poche” a Vevey (2009) e al “Casino Théatre de Rolle” (2011), prendendo poi parte ad un jazz tour accompagnata al piano da Julien Galland (OYO, Losanna 2010) e ad un successivo tour accompagnata da Christophe Duplan (Casino de Paris 2011).

INFO
Oscar Louise: www.oscarlouise.com  Phènix Recordswww.phenix-records.com
New Model Label: 
www.newmodellabel.com