Nasceva il 7 marzo del 1944 Townes
Van Zandt, cantautore statunitense, uomo schivo e malinconico, pur non avendo
ottenuto clamorosa popolarità rimase sempre una figura di culto nella musica
country statunitense e fu molto apprezzato dalla critica.
Certamente non un personaggio
“minore”, essendo considerato da molti il miglior songwriter del mondo.
Un po' di cose che lo riguardano...
È
una storia strana e anche piuttosto triste quella di Townes Van Zandt: per anni
è stato uno dei songwriter più influenti della sua generazione, i suoi colleghi
lo veneravano considerandolo un punto di riferimento (basti considerare la sua
“Poncho & Lefty” divenuta poi un grande successo di Emmylou Harris e Willie
Nelson) e di ispirazione mentre l’industria discografica lo ha sempre considerato
una mezza figura, un personaggio poco vendibile.
Troppo
schivo e modesto per recitare il ruolo di super star. Questo almeno fino al
1996/97 anno in cui Townes ha ceduto alla malattia abbandonando questo mondo
(non si è mai ben capito se fosse successo il 31 dicembre o il primo gennaio).
Townes Van Zandt nasce a Fort Worth, Texas, nel 1944. Il padre, uomo
d'affari nel settore degli oli lubrificanti, gira l'America per lavoro e la
famiglia lo segue: Colorado, Montana, Minnesota, Illinois prima di tornare in
Texas. Van Zandt si divide fra Houston e Austin.
Le
prime apparizioni in pubblico risalgono alla metà degli anni '60, i club si
chiamano Sand Mountain, Jester Lounge e Old Quarter dove spesso suona insieme
al suo amico Guy Clark.
La
scrittura folk, influenzata da Hank Williams, Lefty Frizzell (la più bella voce
della storia della musica country) e dal bluesman texano Lightnin' Hopkins (del
quale conserverà parecchi classici in repertorio) rispecchia il suo carattere
schivo e riservato ma lascia spazio anche a visioni solari e positive.
Dal
1968 - anno di pubblicazione di “For The Sake Of The Song” - al 1973, registra
sei dischi. Sarà l'unico periodo in cui inciderà regolarmente album di studio,
certamente il più importante dal punto di vista musicale insieme al biennio
1977/1978.
Il
suo talento si è orientato definitivamente verso una poetica malinconica,
tratteggiata delicatamente su un tessuto sonoro che tinge di blues il country.
Illuminanti in questo senso “High, Low And Between”
(1972) e “The Late Great Townes Van Zandt” (1973).
Townes
Van Zandt è ormai considerato in Texas come il punto di riferimento di quella
corrente di cantautori che comprende fra gli altri i vecchi amici Guy Clark e
Jerry Jeff Walker, Willis Alan Ramsey e Ray Willie Hubbard.
Abita
in mezzo ai boschi in una casa di legno da lui stesso ristrutturata ma la sua
esistenza è segnata da continue crisi depressive che lo portano a tentativi di
suicidio, dall'alcolismo e dall'uso di droghe.
Nel
1976 Emmylou Harris include “Poncho & Lefty” nell'album “Luxury Liner”
(la stessa canzone nel 1983 sarà n. 1 delle classifiche country
nell'interpretazione di Willie Nelson e Merle Haggard) ed il nome di Van Zandt
inizia a girare con una certa insistenza anche fuori dai confini degli States
senza tuttavia mai conoscere il successo commerciale.
Tre
anni di inattività prima di tornare al lavoro per merito di John M. Lomax III,
suo manager dal giugno del 1976, che gli restituisce fiducia e stimoli.
Townes
Van Zandt si sposta a Nashville, firma per la Tomato Music Company, etichetta
indipendente di NewYork, e nel luglio del 1977 realizza “Live At The Old
Quarter”, doppio album completamente acustico registrato nell'estate del 1973.
Il
disco è la somma delle sue esperienze artistiche ma soprattutto costituisce una
sorta di 'manifesto' del canone di musica del Texas, che egli stesso ha
delineato nel corso degli anni e che qui trova una compiuta sintesi. È il
lavoro che lo consacrerà definitivamente come uno dei più grandi e rispettati
folksinger della sua generazione. Sogni, visioni, dolci ballate, talking blues
si alternano legati da un sottile sense of humor in un coinvolgente dialogo con
il pubblico.
L'anno
successivo Van Zandt rientra in sala per registrare il suo più bel disco di
studio “Flyin' Shoes”.
L'ineccepibile
lavoro degli strumentisti, scelti personalmente da Van Zandt, gli arrangiamenti
delicati e fluidi, la voce evocativa e ispirata, regalano un suono carico di
dolcezza e sensibilità che si distende in canzoni indimenticabili.
Bisognerà
attendere nove anni prima di un nuovo disco.
Townes Van Zandt riappare nel 1987 con “At My Window”.
Durante
gli anni '90 la sua discografia si arricchirà soprattutto di album live (non
tutti imperdibili), segno inequivocabile del sopravvento dei demoni che lo
hanno continuamente perseguitato, sulla sua vita interiore. Del resto, gli
spettacoli dal vivo saranno in questi tempi la sua principale fonte di
sostentamento economico.
Anche
la timbrica vocale risente del momento oscuro ma tutto ciò non pregiudicherà la
consistenza dell'ottimo “No Deeper Blues” (1994) suo ultimo lavoro di studio
registrato in Irlanda con un gruppo di musicisti locali.
Van
Zandt muore tragicamente d'infarto il primo giorno del 1997 nella sua casa di
Mt. Juliet nel Tennessee (per uno strano caso lo stesso giorno, nel 1953, era
scomparso uno dei suoi idoli, Hank Williams).
L'elenco
degli interpreti delle sue canzoni ha nel frattempo coinvolto fra gli altri
anche Hoyt Axton, Bobby Bare, Jimmie Dale Gilmore e Nancy Griffith.
Suoi discepoli possono essere considerati la stessa
Griffith e Steve Earle che a proposito di Townes si è espresso in questi
termini: "Townes Van Zandt is the best songwriter in the whole world
and I'll stand on Bob Dylan's coffee table in my cowboy boots and say that".
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