venerdì 30 maggio 2014

Talent Show, ovvero la figuraccia che avvalora la mia tesi... forse


Talent Show sono spettacoli che personalmente non amo.
Il fatto che in casa mia siano molto seguiti mi rende cauto e morbido nel giudizio.
Parlando con esperti del settore, personaggi eminenti ed autorevoli, emergono posizioni agli antipodi, che comprendono termini che vanno dal “deprecabile all’auspicabile”, con tesi al sostegno che reggono, in ogni caso.
Da un lato esiste chi disegna una macchina capace di creare false illusioni, dall’altro chi crede che comunque siano opportunità che in altro modo non arriverebbero.
C’è poi chi allarga il pensiero e, comparando la più florida situazione musicale americana (se rapportata alla nostra) sottolinea che è proprio negli USA che i Talent sono nati - e quindi sono compatibili con lo sviluppo del mercato - e che sono altri i meccanismi deleteri che incatenano il movimento musicale italiano.
Uno di questi - Senardi docet - è rappresentato dall’incapacità tutta italiana (parlo degli addetti ai lavori) di capire per tempo - e quindi imparare a gestire - lo sconvolgimento che era in atto, legato alla progressione delle nuove tecnologie, cercando di rincorrere le adeguate protezioni senza comprendere a fondo le opportunità e la giusta e possibile convivenza.

Nel settembre 2010 chiesi un parere ad uno che se ne intende, Lucio “Violino” Fabbri.
Questa la domanda con conseguente risposta…

“Vista la tua collaborazione con XFactor, in qualità di esperto, mi dai un giudizio sui Talent Show? Sono utili, servono davvero?

Il giudizio di un esterno come posso essere io è condizionato da molti fattori ed è poco professionale. Ti faccio una breve analisi, anche un po’ fantascientifica. Esiste “Amici” ed esiste “X-Factor”. Non voglio evidenziare le differenze, anche se posso dirti che ne esistono e sono profonde. I ragazzi che partecipano a questi talent show (che è bene dirlo, esistono in tutto il mondo), sono bravi (perché se non sei bravo non ti prendono), vanno ai provini e si mettono in gioco. Punto. Immaginiamo ora che questi due programmi non siano mai esistiti. Questi ragazzi, bravi, a volte bravissimi, dove vanno? Come fanno a farsi conoscere dal grande pubblico? Possono non piacere o essere antipatici o suscitare invidie, ma vale lo stesso discorso fatto per i Jalisse: se non sei bravo non ci arrivi. Certo, si possono anche criticare con affermazioni tipo: ”..eh, ma non sono bravi come quelli degli anni 70…”, ma intanto sono quelli che abbiamo oggi, e la TV offre, credo, solo queste due possibilità per farsi ascoltare. Se invece non ci fossero, che altre possibilità avrebbero questi giovani? Piano bar? Orchestre da ballo? Di sicuro non potrebbero fare il percorso di Finardi, visto che abbiamo parlato di lui, perché quelle strade non esistono più. Non c’è un tessuto politico che ti sostiene, che magari un tempo strumentalizzava l’artista, sfruttando il messaggio proveniente dai testi, ma dava comunque la possibilità di “camminare”. Oggi allestisci il tuo studio casalingo, sfruttando le nuove tecnologie, registri dei demo e inizi a mandarli in giro, ma forse neanche più quello, perché la musica finisce direttamente su internet, ottima – sebbene molto dispersiva - alternativa ai Talent. Quindi, se levassimo i Talent, otterremmo una maggior ricerca sulla rete, che è comunque un labirinto, non sempre chiaro e agevole, soprattutto se ricerchi musica nuova. Come alternativa, dal punto di vista del “live”, nei locali trovi solo cover band, formate magari da ottimi musicisti e pensi: ” … bravo quel ragazzo! Chissà perché’ non ha successo ?!”. E come ci potrà mai arrivare senza vere opportunità? E allora torniamo ai Talent, che sono una benedizione, perché se per sbaglio nasce da qualche parte un Peter Gabriel o un Paul McCartney, quello va per forza dritto ad X-Factor; quindi ben vengano le critiche, ma la realtà è che siamo tutti in attesa di un nuovo Phil Collins, o un nuovo Peter Gabriel, e nel bene o nel male è solo lì che possiamo andare a cercarlo. Non esistono altre opportunità di scoprire e far scoprire al pubblico nuovi talenti. Possiamo quindi giudicarli negativamente e dire che non sono abbastanza bravi, meno bravi di altri in altri tempi, e un dubbio potrebbe andare anche a chi li seleziona … può anche essere che i “giudici” mandino via prematuramente qualcuno che ha qualità … che osannino uno che ne ha di meno … tutto può essere, ma credo che se ti si presenta davanti un Peter Gabriel te ne accorgi subito, sia che vada ad Amici o a X-Factor o al Telegiornale...”.

Temo che alla fine non esista una verità assoluta.
Ma io cammino sempre con la mia certezza che, se per qualche volere divino, Bob Dylan, Neil Young, Vasco Rossi e Lucio Battisti - tanto per citare qualche voce piena di personalità, riconoscibile in due secondi, ma non certo caratterizzata dalla tecnica o dall'estensione - fossero ventenni e si presentassero al cospetto di giudicanti influenti - ma che non credo  poi così esperti - come la Ferilli o la Ventura, vedrebbero stroncata sul nascere la loro carriera.

E’ avvenuta pochi giorni fa una cosa che mi pare rilevante e significativa di certe storture televisive.

Ad una trasmissione della RAI, denominata “The Voice”, dove la giuria è composta dalla quaterna Carrà-Pelù-DJ Ax-Noemi, si è presentata, in pieno anonimato, Alessandra Drusian, la cantante dei Jalisse.
I Jalisse sono stati molto discussi - a torto o a ragione, non lo so - ma hanno vinto il Festival di Sanremo, e la voce di Alessandra è indiscutibilmente bella.

Nella stessa intervista a cui facevo riferimento, Lucio Fabbri raccontava…

“…posso dirti che “Fiumi di Parole” (Jalisse) è una canzone di grandissimo valore. E’ stato buttato tanto fango attorno al concetto di Jalisse come figura artistica, e a mio avviso sono stati rovinati da un accanimento inutile dei media, inspiegabile perché … non davano fastidio a nessuno …

Ma dovuto a cosa, secondo te?
Non lo so … si è detto che il pezzo fosse copiato (ma io non ho mai avuto la riprova), ma ti voglio dire qualcosa di più di questa canzone: avendo vinto Sanremo, abbiamo partecipato dopo qualche mese all’Eurofestival a Dublino, ovviamente con lo stesso brano e in un ovvio contesto di musica leggera. Pensa che, appena arrivati, i Jalisse erano dati per secondi dai bookmakers locali. Poi, per una serie di vicissitudini che non ti sto a raccontare, non hanno vinto, ma sono arrivati comunque quarti, davanti a tutta l’Europa. Evidentemente quella canzone, quell’arrangiamento, quel modo di proporsi, non era nell’insieme trascurabile”.

Torno a The Voice.
Alessandra non è stata riconosciuta da nessuno della giuria - che ha ammesso pubblicamente la brutta figura chiedendo scusa con tutti i componenti - ed stata scartata.
Inutile “l’aggrapparsi agli specchi” successivo, nel tentativo di rimediare.
Almeno non abbiamo dovuto sentire la solita lagna… “… non mi hai trasmesso nessuna emozione!”.
Guardiamo quanto accaduto, con la soddisfazione di sentire Piero Pelù che ammette la figuraccia della giuria.