giovedì 15 dicembre 2011

HUNO-Spessi Muri di Plastica



Spessi Muri di Plastica” è un EP  di HUNO.
Propongo a seguire un’interessante intervista ed un po’ di biografia del gruppo.
Sei tracce di qualità con un grande sforzo teso a  trovare una propria strada, senza cercare il facile, con la consapevolezza che i veri valori di cui è intrisa la musica vanno compresi con gradualità, senza cercare quelle  scorciatoie che molto spesso conducono a vicoli ciechi.
Il gusto per il testo raffinato e pieno di significato, si sposa con una musica che  vorrei solo definire rock, senza andare alla ricerca di uno dei tanti  sottogeneri teorici che riempiono pagine e … bocche.
L’idea che ci si fa leggendo qualche nota oggettiva, e “chiacchierando” via mail, è quella di trovarsi al cospetto di persone intelligenti, intraprendenti, con le idee chiare, e sono questi presupposti fondamentali per pianificare un progetto che abbia fondamenta solide su cui costruire.
Ragazzi che, nonostante la giovane età, pare abbiano una buona cultura musicale (perché il passato lo si deve conoscere!), musicisti che provano a fondere la storia con le esigenze attuali, evidenziando ancora una volta la necessità primaria che ritrovo in tutti i nuovi gruppi, quella di non limitarsi ad una espressione settoriale, tentando invece una strada multiespressiva, magari con differenti forme d’arte.
HUNO parte bene… molto bene, e come spesso mi capita in queste occasioni trattengo uno spicchio di giudizio per valutare la fase live che, sono certo, prima  o poi arriverà.



L’INTERVISTA

Domanda classica… esiste un legame tra  il nome della band e la vostra filosofia musicale?

In qualche modo si. Il nome HUNO indica una singola unità composta a sua volta da 4 lettere quanti sono i membri della band:  tutto ciò, traslato nella nostra filosofia musicale, sta ad indicare quattro individui diversi  che mirano ad un sound compatto e unico.

Qual è la scintilla che, scoccando, vi ha portato sulla via della musica?

Ciascuno di noi ha vissuto esperienze personali che l’hanno indirizzato verso questo mondo: alcuni ascoltando i vecchi dischi che ascoltavano i genitori, altri influenzati da parenti o amici che già si dilettavano con qualche strumento. Ad ogni modo possiamo ritenerci fortunati di essere stati stimolati continuamente da questa passione che ci ha fatti proseguire su questa strada favorendo l’incontro e lo scontro con altre realtà e situazioni, talvolta magari molto difficili, che però ci hanno fatto crescere.

Esistono band o album che potete considerare un comune modello ideale da seguire?

Tutti e nessuno. Nel senso che i nostri ascolti non sono mai legati a qualche artista in particolare. È chiaro che le diverse esperienze coltivate da ognuno di noi hanno dato vita a personali gusti musicali più o meno condivisi, ma cerchiamo di essere aperti il più possibile a tutto, estrapolando da ogni artista ciò che di buono e di  nuovo può offrirci. Così facendo ci sentiamo più svincolati, soprattutto  per quanto concerne le nostre produzioni.

Cosa significa per voi una performance live?

Per noi il live è sinonimo di opportunità: opportunità di dire qualcosa, opportunità per lasciare un segno in chi ci ascolta. Sembra scontato ma salire su un palco è una possibilità che non viene data a tutti. Va in qualche modo conquistata. Ed è per questo che crediamo sia importante avere rispetto di questa esperienza; la affrontiamo come se fosse un esame sempre diverso per situazioni, stati mentali e fisici, sostenendolo non in maniera fredda e distaccata, ma cercando di comunicare con chi abbiamo di fronte.  È ciò di cui un musicista dovrebbe cibarsi in abbondanza.

Provate ad immaginare la vostra musica senza testi… esistono casi in cui non sentite l’esigenza di aggiungere liriche?

Come accennato prima, siamo aperti a qualsiasi cosa. Abbiamo creato in passato brani interamente strumentali. Tutt’ora utilizziamo per i nostri live un intro strumentale e alcuni brani lasciano spazio a sperimentazioni che per lunghi tratti non richiedono l’utilizzo della voce (come in “In Duello Libero”). Il nostro appoggio alla musica esclusivamente suonata è dato, inoltre, dal fatto che due di noi sono impegnati in un progetto parallelo che si chiama “Il Muro Di Anthony”, basato esclusivamente sulla musica strumentale. Riteniamo infatti che la comunicazione sia la cosa più importante, ma questa può avvenire con o senza testi. Quindi ben vengano parti strumentali o qualsiasi tipo di sperimentazione, purché finalizzate a penetrare l’ascoltatore.

Avete mai pensato di introdurre strumenti “poco tradizionali” per arricchire le vostre possibilità espressive o ritenete che la ricerca di nuovi suoni sia cosa da vedere solo in prospettiva futura?

“Paletti” di questo genere tendiamo ad evitarli.  Le nostre produzioni non si sviluppano a tavolino, ma cerchiamo sempre le sonorità giuste per il pezzo, a prescindere dallo strumento che ciascuno di noi suona. Lo strumento, in quanto tale, è un mezzo per giungere ad un risultato;  è il fine ciò che conta, non il mezzo. Nel nostro ultimo lavoro “Spessi Muri Di Plastica” abbiamo sperimentato molto in studio, andando alla ricerca di colori che contribuissero ad esaltare le tinte di ciascun pezzo. In questo senso abbiamo adoperato strumenti “poco tradizionali” se contestualizzati in chiave rock, quali glockenspiel, vibrafono, contrabbasso, marimba e vari tipi di percussioni utilizzate anche in modo non convenzionale.

Che tipi di fermenti musicali esistono nella vostra regione?

È difficile delineare la varietà e gli stili che si alternano nella nostra regione. Già solo nella provincia di Cuneo si può ascoltare qualsiasi genere musicale, dal folk al rock, dal metal alla musica sperimentale. È davvero difficile riuscire a seguire tutto e tutti, nascono e si dissolvono progetti musicali di ogni tipo. Questo può essere un bene perché sintomo di fermento, ma bisogna forse domandarsi se la quantità non precluda la qualità.

Perché, secondo voi,  il talento musicale dei giovani fa così fatica ad emergere?

Il problema è che quello della musica è un mondo saturo, anche se forse lo è sempre stato e sempre lo sarà. Il discorso del “do it yourself”, suggerito dai discografici e da chi si occupa del settore, rasenta l’utopia. Si trovano molti ostacoli nell’organizzare le date “fuori casa”: a meno che non si abbiano conoscenze o contatti è improbabile che il locale accetti il “pacchetto” a scatola chiusa e, in un momento come questo di crisi discografica (ma anche di crisi assoluta), vengono seppellite le possibilità di esibirsi e quindi di farsi conoscere. Altri sbocchi sono difficili da individuare: concorsi e audizioni rappresentano spesso un grosso dispendio di tempo e di energie (e talvolta anche di soldi). La maggior parte delle volte “il gioco non vale la candela” e raramente portano a qualcosa di concreto. Anche qui forse il punto sta nella comunicazione: manca uno spirito di aggregazione e di condivisione fra i giovani musicisti e non solo. Non è cosa nuova affermare che questo momento storico necessita di aggregazione: creando una rete di musicisti validi che girano in una rete di locali organizzati fra di loro, si potrebbero favorire scambi nei quali tutti gli attori facenti parte della comunità possano trarne profitto. Questa “politica” basata sull’unione potrebbe avere un senso se fatta con intelligenza e se basata su un progetto lungimirante. Qualche anno fa, a Cuneo, abbiamo creato con altre due band della provincia (Diverba e Schneeflock)il “Condominio Rock”, un collettivo di musicisti col proposito di darsi una mano a vicenda e di organizzare eventi, ricercando una continua comunicazione e collaborazione con l’esterno. La cosa ha funzionato e sta funzionando tuttora!

Se poteste scegliere un ospite per un prossimo album, su chi puntereste?

Abbiamo già avuto la fortuna di avere come ospite nella realizzazione di “Spessi Muri Di Plastica” Davide Arneodo dei Marlene Kuntz. Per il prossimo album sarebbe bello riaverlo di nuovo in studio con noi, e sarebbe altrettanto bello allargare la collaborazione ad altri musicisti, non per forza personaggi di spicco del panorama italiano. In ogni caso sarebbe gratificante e ben accolto un eventuale interesse proveniente dall’esterno.

Aprite il libro dei sogni. Cosa vorreste vedere realizzato, musicalmente parlando, da qui al 2015?

Da qui al 2015 puntiamo come minimo ad un paio di dischi di platino! Scherzi a parte, il libro dei sogni lo apriamo raramente e di nascosto perché il tempo di sognare è davvero poco! Ci piace lavorare tanto ai nostri progetti, preparare i live, continuare a collaborare con altri artisti. Se potessimo scegliere, vorremmo continuare a fare quello che già stiamo facendo, con la possibilità però di farlo a tempo pieno. Sarebbe importante trovare gli sbocchi per portare in giro la nostra musica, essere supportati da chi lavora nel mestiere o da quella rete di cui ho accennato prima. Musicalmente parlando crediamo di avere delle cose da dire, e sarebbe bello perlomeno avere la possibilità di dirle.



Biografia HUNO


Dalle ceneri di Hacienda nasce HUNO.
Il gruppo appare in pubblico per la prima volta il 21 giugno 2O11, in occasione di un concerto al Nuvolari Libera Tribù di Cuneo.
L’obiettivo è rappresentare attraverso musica e parole i pensieri, le sensazioni, i sentimenti e le intenzioni che agiscono durante la composizione, vivendo situazioni musicali connesse alla propria sfera personale e alle proprie inclinazioni emotive.
Cantare in italiano è una scelta consapevole per esprimersi al meglio.
Ottobre 2OO7: nasce a Cuneo Hacienda.
Primavera 2OO8: il trio vince il concorso Saluzzo Underground promosso dal circolo ARCI Ratatoj di Saluzzo (CN); da questo momento s’impegna in concerti distribuiti per tutto il territorio piemontese, partecipando ai maggiori concorsi nazionali e in apertura artisti quali Banshee, Lombroso, Alibìa e Paolo Benvegnù.
Estate 2OO8: crea insieme ad altri due gruppi cuneesi (Diverba e Schneeflock) il collettivo Condominio Rock, impegnato nell’organizzazione di diversi eventi/concerti nella provincia di Cuneo per promuovere e valorizzare l’arte emergente; intanto auto produce il primo demo dal titolo Ucronia, registrato presso il TRStudio (Saluzzo).
Novembre 2OO9: suona sul palco del MEI di Faenza per GMP/KEEP ON.
Agosto 2O1O: la formazione vive un primo cambiamento vedendosi costretta ad allontanarsi dal bassista Giacomo Sansoldo .
Nell’autunno dello stesso anno iniziano i lavori dell’EP Spessi Muri di Plastica, registrato da Massimiliano “Mano” Moccia al Blue Records Studio e con la partecipazione di Mattia Bonifacino (basso e contrabbasso) e del polistrumentista dei Marlene Kuntz Davide Arneodo (pianoforte elettrico, sintetizzatore), Il mastering è di Carl Saff per Saffmastering di Chicago (USA).
Dicembre 2O1O - Marzo 2O11: il gruppo prosegue nelle performance live presentando i nuovi pezzi in alcuni locali del nord Italia tra i quali il Ratatoj con “Iosonouncane”, il Lapsus con “Serpenti”, il C.P.G., l’ArciBlob.
Gennaio 2O11 - Aprile 2O11: si unisce al gruppo Andrea Ceraso (chitarra, voce e synth) e il gruppo viene invitato all’MJC di Manosque (Francia) dove riarrangia in versione acustica i propri pezzi presentati alla Fiera Internazionale del Libro di Torino.
Maggio 2O11: l’ingresso di Alessandra Barbero al basso ed il concerto al Nuvolari Liberà Tribù di Cuneo (in apertura di “A Classic Education”) il 21 giugno 2O11, sanciscono ufficialmente la nascita di HUNO.

 Formazione
Giacomo Oro: voce, chitarre, pianoforte.
Armando De Angelis: batteria, percussioni, voce.
Andrea Ceraso: chitarre, sintetizzatori, voce.
Alessandra Barbero: basso.

“Spessi Muri di Plastica”  è un EP autoprodotto.