sabato 3 dicembre 2011

Angelo e i Genesis...



Raccolgo, quando capita, le testimonianze musicali di amici, spesso romanzi che si sposano alla storia. Sì, la storia della musica, perché poter parlare con cognizione di causa di avvenimenti avvenuti nei lustri precedenti ha una grande valenza che merita di essere fissata per sempre sulla “carta”.
Oggi Angelo De Negri … sogna con coscienza … e noi con lui…

22 agosto 1972 – GENESIS live in Genova – Teatro Alcione

Peter Gabriel quel giorno cantava “Seven Stones”, ti rendi conto? I Genesis l’avranno suonata si e no venti volte dal vivo nella loro quarantennale storia e quella sera la suonarono a Genova.
Io me ne stavo tranquillo a Mornese, ignaro di tutto, affascinato da mio cugino Gianpaolo che parlava delle Olimpiadi di Monaco di Baviera che sarebbero cominciate dopo pochi giorni.
E finalmente capivo perché in quell’estate nel Poggio lo stesso mio cugino ed i suoi amici “più grandi” organizzavano gare di atletica leggera.
C’era un prato bellissimo che misurava esattamente cento metri, avevano scavato la fossa poi riempita di sabbia per il salto in lungo, c’era un bastone appuntito che chiamavano misteriosamente giavellotto e lo zio di Marco cercava senza successo una delle sue bocce che a sua insaputa era diventata il peso per le gare di lancio.
Mi facevano partecipare attivamente. Il mio compito era di portare una pietra enorme in fondo a via Borgo Alto, limite estremo della temibile gara dei 1500 metri.
Tutto questo mentre Gabriel si preparava a salire sul palco dell’Alcione a Genova.
I dischi che ascoltavo più assiduamente erano quelli abbinati alle Fiabe Sonore della Fabbri. Avevo un mangiadischi bianco, degno sostituto di quello arancione, caduto eroicamente sotto i miei pugni quando qualche disco “saltava”.
Semplice tecnologia in grado di scatenare energia e magia, grazie anche ad illustrazioni bellissime dei fascicoli. Erano le copertine ad affascinarmi, quadri che mi dicevano “vieni a conoscere la nostra storia”. Fantasticavo.
Adoravo il Pifferaio Magico (The Pied Piper in inglese, non dimenticarlo), L’usignolo (The Lark), Pinocchio (quando disubbidiva al grillo parlante), le fiabe orientali.
Non dimenticherò mai quella volta che mia mamma suonò alla porta per farmi trovare il numero sei di Pinocchio, che avevamo visto assieme in edicola qualche giorno prima e si nascose sulle scale che vanno al terrazzo.
Mia madre si era oramai arresa anche al fatto che infilassi nel mangiadischi anche la sua collezione di quarantacinque giri di importazione inglese.
Anche lei non era una che seguiva le mode di massa nella musica, aveva i suoi gusti ben precisi negli anni 50-60; vide per caso i Beatles scendere dal treno a Principe per suonare al palasport di Genova il 26 giugno del 1965. Non comprò mai un loro disco ma quella data la infilò con precisione nel mio DNA.
Siccome il “buco” al centro del disco non era compatibile con il mio mangiadischi, me li faceva ascoltare con il suo giradischi. Braccetto con puntina, leva di selezione delle velocità (16, 33, 45 e 78 giri), manopola del volume e manopola dei toni. Magia da guardare, ascoltare e non toccare.
E io fino a quel tempo non toccavo.
Ascoltavo “Train to nowhere” dei The Champs, “Muleskinner Blues” dei The Fendermen, brani di Louis Armstrong e Duke Ellington, ma alla fine preferivo le mie fiabe.
E così immagazzinavo inconsapevolmente dati, sotto forma di sensazioni, perché sono queste quelle che ti fanno venire i brividi sulle braccia e poi lungo la schiena.
Oggi Peter Gabriel non è più nei Genesis, sul campo dei cento metri hanno costruito tre villette e il teatro Alcione di Genova ospita spettacoli di spogliarelliste e proiezioni di film hard.
Io mi prendo il vinile di “Nursery Cryme” dei Genesis, poso la puntina sul disco e me lo ascolto tutto, brano dopo brano, cominciando ovviamente da “The Musical Box” e quando il lato B inizia con le note di “Seven Stones” penso a quel giorno di fine agosto e mi chiedo se erano già venuti i temporali a rinfrescare l’aria di quell’estate genovese.