Quella
Vecchia Locanda fu
un gruppo romano costituito da sei musicisti molto preparati, i quali riuscirono
con abilità a unire la musica classica con gli stilemi del rock, del folk e
della canzone tradizionale.
L’omonimo
album affida l’apertura al brano "Prologo" cui segue il rock di
"Un Villaggio Un Illusione", dove si odono echi lontani dei Jethro
Tull, responsabile il largo impiego del flauto.
Il terzo
brano, "Realtà", è un elegante collage sonoro tratteggiato
dall’arpeggio della chitarra, dai contrappunti del piano, dalla raffinata
dolcezza del flauto che insieme si occupano di sorreggere e dirigere l’esile
canto.
Raramente
si respira un aria solenne o pomposa, forzatamente epica; semmai lo spirito
colto di questa musica risiede nella trasposizione stilistica di cose molto più
vicine alla romanza che non alla musica sinfonica; ciò mette in evidenza la
propensione del gruppo a proporre un rock progressivo tutt’altro che di
maniera.
Una
situazione a tutto vantaggio dell’intero lavoro che perciò non si contorce su
se stesso come in una sorta di compiacimento puramente estetico formale dettato
da manie di magniloquenza, piuttosto si rende agile, snello, capace di mettere
in campo una freschezza che ancora oggi è facilmente riscontrabile.
"Il
Cieco" si presenta con un ritmo etno-tribale improvvisamente surclassato
dal morbido mantello di suoni delle tastiere, dei flauti e del violino al quale
è successivamente affidato l’intenso finale del brano. Non manca lo strumento
principe del prog, il moog, che si occupa di introdurre "Dialogo",
brano che si apre di li a poco ad una esuberante vena jazzata.
Uno dei
pezzi più significativi dal punto di vista della compenetrazione di diversi e
opposti stili è ben rappresentato dal brano "Verso La Locanda"; qui
musica colta, folk, rock e canzone trovano la loro quintessenza applicativa. Il
canto è sempre in bella evidenza, cortese e non urlato sembra quasi non voler
turbare gli equilibri occupandosi semplicemente di declamare versi in perfetta
sintonia con le variazioni armoniche. Il brano finale, "Sogno Risveglio e…",
si avvale di una forma espositiva che riporta alla mente certa musica da camera
riuscendo a trasmettere evidenti sensazioni di serenità; improvvisamente il
suono del violino si fa secco e asciutto, un po’ alla “Paganini”, e ci riporta
indietro nel viaggio fino a ripercorrere il tema principale con il quale hanno
preso il via le danze (Prologo).
L’epilogo
è affidato alle languide note del piano che trasmettono una dolce sensazione di
malinconia. Un grande esempio di musica ad alto contenuto emotivo, dal grande
valore artistico.
Quella
Vecchia Locanda nel 1974 pubblicherà un altro album dal titolo Il Tempo
Della Gioia di ottima fattura ma un tantino al di sotto dell’omonimo
esordio.
(Note
reperite online)
Nessun commento:
Posta un commento