sabato 9 agosto 2025

Due anni senza Robbie Robertson: il maestro del Rock 'n' Roll che ha dipinto l'America

 


 Dal sodalizio con Bob Dylan alla magia dei The Band, fino alle colonne sonore di Scorsese. Robbie Robertson, a due anni dalla sua morte, ci ha lasciato un'eredità di storie e melodie che hanno dipinto l'anima del rock 'n' roll


Oggi, 9 agosto, a due anni esatti dalla sua scomparsa, il mondo della musica ricorda una delle sue figure più influenti e visionarie: Robbie Robertson. Chitarrista leggendario, cantautore, produttore e compositore, Robertson non è stato solo il cuore pulsante dei The Band, ma anche un artista la cui opera ha ridefinito il suono e la narrazione del rock 'n' roll, lasciando un'impronta indelebile nella cultura americana e oltre.

Nato a Toronto, in Canada, nel 1943, Robertson ha radici che si estendono ben oltre i confini del suo paese natale. Con un padre di origini ebraiche e una madre dei Six Nations of the Grand River, Robertson portava in sé un'eredità culturale complessa e ricca, che ha permeato in modo sottile ma profondo la sua musica. Questa dualità, tra l'immaginario del Sud degli Stati Uniti che avrebbe poi raccontato e le sue origini indigene, ha reso la sua prospettiva unica.

La sua ascesa alla fama iniziò con Ronnie Hawkins e gli Hawks, dove incontrò quelli che sarebbero diventati i suoi compagni di una vita: Levon Helm, Rick Danko, Richard Manuel e Garth Hudson. Insieme, diventarono la band di supporto di Bob Dylan nel suo tour storico del 1965-66, un periodo di transizione epocale in cui Dylan passò dalla chitarra acustica a quella elettrica, suscitando la disapprovazione di molti puristi. Robertson e i suoi compagni si trovarono al centro di questa rivoluzione sonora, affinando il loro stile in condizioni di "pressione" estrema.

Dopo l'esperienza con Dylan, il gruppo si ritirò in una casa a Saugerties, New York, nota come "Big Pink", dando vita a The Band. Fu qui che nacque una delle discografie più celebrate della storia del rock. Album come Music from Big Pink (1968) e The Band (1969) non erano semplici dischi, ma affreschi sonori che dipingevano un'America rurale e arcaica, fatta di personaggi malinconici, di lotte quotidiane e di storie di guerra civile. Brani come "The Weight", "The Night They Drove Old Dixie Down" e "Up on Cripple Creek" non erano solo canzoni, ma racconti vividi, quasi come brevi film musicali. La voce di Robertson come principale autore e compositore del gruppo fu fondamentale in questa narrazione.

Il suono dei The Band, caratterizzato da un'interplay vocale e strumentale unico, era un mix di folk, country, blues, gospel e R&B. Robertson, con il suo stile chitarristico, inconfondibile e mai ridondante, serviva la canzone con maestria, usando la sua Stratocaster per creare atmosfere piuttosto che per sfoggiare virtuosismi. Non era il chitarrista più veloce, ma era uno dei più espressivi e intelligenti.

L'ultimo concerto di The Band, "The Last Waltz", nel 1976, fu un evento epocale, un addio grandioso che vide la partecipazione di un parterre di stelle come Bob Dylan, Neil Young, Joni Mitchell, Eric Clapton e Van Morrison. Diretto da Martin Scorsese, divenne uno dei film-concerto più iconici di sempre, un testamento all'importanza della band e al genio di Robertson, che fu il principale artefice dell'evento.

Dopo lo scioglimento di The Band, Robertson iniziò una carriera solista di successo e una proficua collaborazione con il cinema, in particolare con il suo amico di lunga data Martin Scorsese. Ha curato le colonne sonore di molti dei film più celebri del regista, tra cui Toro scatenato, Casinò, The Wolf of Wall Street e, più recentemente, Killers of the Flower Moon. Il suo lavoro per il cinema ha dimostrato la sua capacità di tradurre emozioni e storie in musica, un talento che aveva già affinato con i The Band.

La sua opera solista, che include album come Robbie Robertson (1987) e Storyville (1991), ha esplorato nuove sonorità, incorporando elementi etnici e tecnologici, ma mantenendo sempre il suo inconfondibile tocco narrativo.

Robbie Robertson non è stato solo un chitarrista, un compositore o un produttore. È stato un narratore, un pittore di suoni che ha saputo catturare l'anima di un'epoca e di un'America mitica. A due anni dalla sua morte, la sua musica continua a risuonare, le sue storie continuano a essere raccontate e la sua eredità vive in ogni accordo di chitarra che cerca di raccontare una storia. Il suo genio, la sua sensibilità e la sua visione rimangono una fonte d'ispirazione per generazioni di artisti. Addio, Robbie, e grazie per la musica.