mercoledì 28 marzo 2012

"the Fabius Project"



Gli incontri musicali occasionali possono essere estremamente piacevoli, se si è ben disposti verso il “ non conosciuto”. Ed è stato davvero il caso che mi ha condotto nel mondo di Fabio Brunelli e del suo “the Fabius Project”. E io non perdo mai l’opportunità di allargare le mie conoscenze specifiche.
Leggendo l’intervista a seguire, e analizzando il pensiero di Fabio inserito a fine post, emerge un filo conduttore che unisce la sua  filosofia di lavoro-e di vita- che si riversa, ovviamente, nella musica. A metà tra un “j’accuse” e una richiesta di aiuto (non tanto personale, ma genericamente a favore della musica), si delinea un contesto che appare impossibile da non condividere. Il sunto potrebbe essere… “conserviamo la storia, ma spalanchiamo le nostre porte al nuovo che arriva…”. E di “nuovo” da scoprire nel nostro mondo ce n’è tanto, tantissimo, e di estremo valore, e se cotanto talento fosse stato presente in particolari momenti storici più fortunati, beh, avrebbe forse trovato una più giusta collocazione.
Fabio fa naturalmente parte del nuovo, anche se la sua attuale espressione è il frutto di anni di gavetta, sudore e lacrime.
E’ soprattutto sorprendente il risultato del suo progetto, che ho potuto “toccare” attraverso due CD autoprodotti.
In questo caso il know  how storico, fatto di prog, jazz, rock e molto altro,  non è servito ad alimentare la nostalgia musicale di cui periodicamente tutti un po’ soffriamo (e in dosi limitate non può che essere positivo), ma ad elaborare una personalissima idea che non è sfociata in un tributo alla band dei sogni- e accade spesso -, e nemmeno nella clonazione, più o meno volontaria, del genere che più si  ama. Certo, l’inconscio musicale non si potrebbe cancellare nemmeno se lo si volesse, ma l’operazione di Fabio, secondo la mia interpretazione d’impatto, è la più trasparente possibile. E questo è già un pregio.
Tutto ciò che ho ascoltato è strumentale, e Fabio ci racconta che è la prima volta che accade, essendo i testi colonna portante delle proposte precedenti.
Un musicista “scrive” innanzitutto per se stesso, e ogni traccia inserita in questo progetto appare come il frutto di un’emozione catturata al volo ed elaborata  per essere ingabbiata e vivere per sempre. In fondo che differenza c’è, nel metodo, tra una poesia ed un brano strumentale? Entrambi i prodotti conquisteranno uno spazio significativo perenne, se mossi dalla spontaneità e dalla sincerità a cui accennavo.
Ma lavorare esclusivamente  per sé sarebbe riduttivo, anche se molti, presi dalla delusione, si accontentano. E allora ecco l’interattività, che vale sempre nella musica, ma che nel caso specifico pare elemento imprescindibile all'interno del progetto stesso. 
Non scrivo liriche perché… non utilizzo immagini in movimento perché…”;  Fabio lascia ampia scelta di interpretazione, grande spazio ai trip-legali- personali,  e si racconta, spingendo l’attento fruitore di musica a creare un proprio disegno fatto di forme e colori mutevoli. Come definire la musica di Fabio Brunelli?  Forse nessuna etichetta conosciuta potrebbe racchiudere i veri intenti progettuali e quindi… a ciascuno la propria definizione, mantenendo così saldo il concetto di essenza della musica, intesa come totale scambio tra chi la propone e chi la recepisce.
Sì.. io la chiamerei musica interattiva!




L’INTERVISTA

Iniziamo da Fabio Brunelli… come nasce la tua passione per la musica e quale è stata la scintilla che ti ha trasformato in propositore delle tue idee?

La mia passione per la musica, devo dire folgorante, nasce nel 1974 quando un amico, con qualche anno in più di me, mette sul piatto Burn dei Deep Purple, e  da quel preciso momento in poi non ho fatto altro che divorare dischi e passare tutte le mie giornate ad andare a sentire le prove o i concerti dei miei amici, perché come sai in quegli anni praticamente tutti avevano un gruppo. Mi è stato perciò chiaro da subito che la musica sarebbe stata la mia vita. Ho cominciato in contemporanea a suonare, dapprima  un po’ tutti gli strumenti, perché  tutti i miei amici musicisti mi lasciavano mettere le mani là sopra,  poi in particolare la chitarra in un gruppo prog molto conosciuto a livello locale, la Mensa Comunale, gruppo col quale ho avuto la possibilità di scrivere pezzi e fare concerti .

Come si è evoluta la tua storia musicale, dagli inizi sino a “the Fabius Project”?

Dopo la Mensa Comunale, ho cominciato a scrivere canzoni di vario genere, dal leggero alla dance, al prog, al blues e quant’altro, perché mi è sempre piaciuto esplorare tutta la musica e non un filone soltanto. Nel frattempo ho cominciato anche la professione del musicista, suonando dal liscio al pianobar e con cover band con le quali ho suonato qualunque genere, dal commerciale all’ heavy metal, sino  ai tributi,  accumulando più di 2000 concerti nel corso degli anni, e facendo grande esperienza anche a livello tecnico, perché oltre a suonare facevo molto spesso anche la parte del fonico e arrangiatore. Nel 2009 ho deciso di dedicare tutte le mie energie e conoscenze alle mie composizioni che tuttavia nel corso degli anni erano sempre andate avanti, e che alla fine hanno trovato  naturale sbocco nel Fabius Project.

Quali sono le linee guida di questo tuo nuovo progetto?

In questo progetto confluiscono naturalmente tutte le mie esperienze passate, ma soprattutto cerco di mettere tutto il mio bagaglio di conoscenza al servizio delle emozioni, perché la mia visione della musica, che in tutti questi anni non è mai cambiata, è soprattutto emozione.

Ho trovato nel tuo sito stralci di pensieri di Aristotele che non conoscevo, ma che ho trovato estremamente attuali. Di fatto, concetti di 2500 anni fa possono essere usati per parlare della fase musicale che stiamo vivendo. Tutto ciò è per te triste o rassicurante?

Credo che la musica farà sempre parte della vita delle persone, allora come oggi. Sicuramente da qualche anno è più “consumata” che vissuta come fatto interiore, ma credo che questo rispecchi perfettamente il periodo storico che stiamo vivendo. Prendo atto di ciò più che essere triste o rassicurante, e cerco nel mio piccolo di fare musica che sia più adatta alla riflessione che ad altro uso, a vantaggio di coloro che vogliono ancora viverla in questo modo.

La musica che tu proponi è strumentale. Le emozioni ed i messaggi si possono trasferire, in modo efficace,  con o senza liriche.  Qual è,  in generale, il tuo rapporto con i testi?

Ho sempre scritto musica con testo, ma in questo progetto ho voluto dare più spazio alle sensazioni libere, non vincolate a nessun tipo di condizionamento che il testo può dare. Questo è anche il motivo per il quale, anche nei miei video, c’ è sempre e solo un immagine fissa e non un mini film, per lasciare a chiunque la possibilità di fare il “suo” viaggio e non il mio. In futuro non escludo la possibilità di inserire dei testi nei miei pezzi, alla condizione che siano testi con qualcosa da dire altrimenti meglio un dignitoso silenzio.

Mi puoi fare una tua fotografia relativa allo stato attuale della musica, dai  possibili talenti al businnes che li gestisce?

È sotto gli occhi di tutti che oggi la musica è più un fenomeno usa e getta, dove più che il talento si cerca di offrire qualcosa da poter essere consumato nell’ arco di una stagione o due, finito il giro avanti un altro. È naturalmente un discorso di business, costa molto meno che allevare talenti veri che magari hanno bisogno di due o tre album per tirare fuori quello che hanno dentro. Anche perché oggi, è inutile nasconderlo, pochissimi comprano i cd, quindi penso alle major convenga più allestire un meccanismo fatto di spettacoli televisivi, compilation e mini tour, che hanno ancora un qualche indotto rapido e sicuro, che altro. Questo in generale ovviamente.

Quali benefici e quali problematiche sono legate al mondo di internet, per chi vuole proporre la propria musica?

Internet ha fornito a tutti la possibilità a tutti di potersi proporre al mondo e questa è sicuramente una grande cosa. Lo svantaggio è che non c’è nessun tipo di selezione, perciò ci troviamo di fronte a una offerta gigantesca di musica, il più delle volte fatta in maniera approssimativa. Questo a volte può disorientare il pubblico che tende a non ascoltare più di tanto le nuove proposte, rivolgendo spesso la propria attenzione verso i soliti noti. Questo a discapito di coloro che magari, anche se non conosciuti, hanno qualcosa da dire.

Quanto è importante per te l’utilizzo della nuova tecnologia e lo stare sempre al passo con i tempi? Ami anche la fase acustica?

La tecnologia oggi, se sapientemente usata, permette a chiunque di “lavorare” in casa, e credo che questo sia il futuro di tutti i musicisti per abbattere i costi che si hanno se, per fare un album, si utilizza la stessa filiera del “disco vecchia maniera”. Questo costringerà molti musicisti a diventare anche fonici e arrangiatori di se stessi, mestieri che però non si imparano in due giorni. Per quanto mi riguarda, ho il mio studio fatto su misura per me e non sono alla ricerca costante dell’ultima novità. Nei miei album come avrai potuto  sentire la fase acustica è predominante, il “suonato” è nettamente prevalente a tutto il resto anche perché le chitarre “finte” sono improponibili se non come strumenti secondari. Uso solo la batteria campionata che programmo pezzo per pezzo (non uso quindi loop già fatti) per scelta, perché mi piace fondere qualcosa di elettronico col calore degli strumenti acustici.

Che cosa significa per  te la performance live?

La mia intera vita musicale è stata fin qui basata quasi esclusivamente sulle performance live, e mi trovo quindi a mio agio nel suonare dal vivo. Credo che in  ogni caso, nelle esibizioni si debba cercare di trasmettere qualcosa, più che mostrare le proprie capacità tecniche, anche se so per esperienza che il pubblico ama la performance tecnica. L’ideale è riuscire a fondere entrambi gli aspetti: tecnica, ma senza mai dimenticare la comunicazione.

Cosa prevede il tuo vocabolario dei sogni alla voce … “da realizzare entro tre anni…” ?

Più che sogni (che faccio ovviamente e mi piacciono moltissimo, ma so che quasi sempre sono irrealizzabili … ), mi piace fare progetti che posso rendere concreti, e tra questi vorrei, nei prossimi anni, portare live la mia musica, cercando di farla conoscere a più persone possibili e offrirla così a chi la vuole e si sente con me in sintonia, dando così il mio piccolo contributo alle emozioni, e … credo ce ne sia molto bisogno, oggi più che mai. 




Il pensiero di Fabio Brunelli  (http://www.fabiusmusic.com/)

Ho cominciato ad appassionarmi alla musica nel 1973 e ho amato da subito quella dei tempi e quella  dell’allora recente passato; ho consumato i dischi dei Genesis e di tutti gli altri geni del prog, mi sono entusiasmato coi Weather Report quando ancora avevo ancora i calzoni corti; poi i Deep Purple mi hanno cambiato letteralmente la vita, ed ogni grande musicista che ho ascoltato con avidità  mi ha dato talmente  tanto che ho deciso molto presto che, ad ogni costo, la musica sarebbe stata la mia vita. Tutto questo ricordare il mio passato mi crea sempre grande emozione e un affetto immenso per quella grande musica, e nostalgia per quegli anni di spensieratezza, ma poi penso anche che quello, seppur stupendo, è il passato … siamo nel 2012: voglio ancora rifugiarmi indietro nel quando “si stava meglio quando si stava peggio” o voglio vivere pienamente la vita che ho ancora davanti e fare nuovi progetti per sentirmi ancora vivo, senza guardare agli anni che passano?! Sappiamo tutti che sono tempi difficili e che la reazione  più immediata è lo scoramento e l’inerzia, ma io credo che solo facendo progetti nuovi ai quali dedicarsi con tutte le proprie forze si possa sperare in qualcosa di positivo. Questa idea quasi di paura di vivere il nostro tempo mi viene data dall’osservazione della pubblicazione dei video musicali dei miei amici di Facebook (che sono chiaramente appassionati alla stessa musica che ascoltavo io e che in molti casi è stata il motivo principale  per chiedere l’amicizia), sempre o quasi video di brani dei ‘soliti’ grandi del passato e sui quali ovviamente clicco “mi piace”, ma raramente nuove proposte …. possibile che non ci sia la voglia e il coraggio di emozionarsi con musica nuova?! Quasi come se non ci fosse la possibilità di vivere cose nuove alle quali legare musiche nuove. La musica è la colonna sonora della nostra vita, se non c’è musica nuova da ascoltare  forse vuol dire che non c’è neanche niente di nuovo da vivere. I musicisti devono sforzarsi di proporre qualcosa  di non scontato, che magari sì, tragga ispirazione  dai miti del passato, ma che non ne sia la sterile copia( per fare in questo modo sicura breccia nel cuore del pubblico orfano di tanta passata magnificenza sonora); agli appassionati tocca il compito-e la voglia- di ascoltare  musica che non sia la facile riproposizione  dei propri miti passati, senza paura di perdere le proprie sicurezze e avere così la possibilità di poter così sognare ancora. Per chi la assapora in un certo modo (e sono le persone con le quale ho feeling), la musica è lo specchio esatto di ciò che stiamo vivendo; senza la passione e la voglia generale di qualcosa di nuovo da vivere, saremo costretti ad essere prede del nulla musicale (e non solo quello) proposto dai potenti o a restare “nell’antico”, entrando quasi in una sorta di meccanismo mentale perverso che ci fa rifugiare nel passato perché non c’è niente di nuovo nel presente e nel futuro; viviamo la vita che abbiamo davanti accompagnandola con musica nuova… un augurio e una  speranza per non vivere sempre e solo di ricordi.