venerdì 11 luglio 2014

Marco Pinna, The King of Nashville


Marco Pinna, The King of Nashville

Marco Pinna sta per rilasciare il suo nuovo album, “Amigus”.
Strana storia quella di Marco, assimilabile a quella di tanti talenti, in ogni campo lavorativo, che trovano piena affermazione dall’altra parte del mondo, e magari hanno poco riconoscimento in patria.
Dalla Sardegna a Nashville la spazio è enorme, ma la Musica è linguaggio universale, capace di annullare ogni tipo di distanza.
Ecco cosa mi ha raccontato…



Possibile sintetizzare la tua storia per il pubblico che ancora non ti conosce?

Metti a dura prova la mia memoria! Nel 65, quando abitavo ancora in Sardegna, ho visto per caso i Beatles in televisione: avevo dieci anni! L'impatto è stato talmente forte che nel giro di pochi secondi sono stato contagiato dalla quella novità strabiliante. Ho iniziato a imparare qualche accordo e sono andato avanti per tutta la vita da autodidatta (ancora oggi non so leggere uno spartito). Diversi anni dopo mi sono trasferito a Vienna e ho iniziato a fare seriamente; al mio rientro in Italia (Milano) sono entrato a far parte di alcuni gruppi di buon livello e ho anche collaborato con Giorgio Strehler al "Piccolo Teatro". Ho poi operato un grande cambiamento, e insoddisfatto dalle potenzialità dello strumento elettrico mi sono dedicato alla corda in nylon. Una vera sfida perché la corda in nylon non fa sconti. Il risultato dei miei sforzi è stato una chiamata da Nashville dove un manager mi ha messo sotto contratto e già da diversi anni opero negli States.

 Il contagio musicale di cui parli è tipico dei giovani dell’epoca: dopo molti anni, sei in grado di dire che cosa realmente ti hanno lasciato in eredità i Fab Four?

 Personalmente i Fab Four mi hanno insegnato a mischiare le culture e ad avere spirito di ricerca: questa è stata la loro grande lezione per tutti. La mia musica è un crocevia di influenze Spagnole, Sarde, Nord Africane, ma anche Latine e Jazz.

Mi racconti qualcosa del rapporto “intimo” che hai con il tuo strumento, la chitarra?

 È un rapporto strano, la amo alla follia, ma certe volte la odio perché mi costringe a lavorare duramente. Di base io sono molto pigro e indisciplinato… non amo le regole restrittive.

 Che cosa ha rappresentato per te il passaggio a cui accennavi, dalle corde in acciaio a quelle in Nylon?

Ho dovuto letteralmente reinventarmi, andare nella profondità della mia vita per infine capire che sono un uomo mediterraneo che ha girato il mondo acquisendo linguaggi diversi, e questo mi ha permesso di creare un mio linguaggio musicale.

 L’asse Memphis-Nashville si snoda su poche centinaia di chilometri, ma è molto significativa per il mondo della musica. Sono anche zone spesso interdette agli artisti “stranieri”, giudicati fuori contesto: come hai fatto ad entrare nel cuore di quella gente?

La scena country è in declino perché non c'è nessuno che la rivitalizza e si copiano l'un l'altro. Adesso a Nashville trovi i  migliori musicisti del mondo,facile incontrare Robert Plant in un club. La mia forza sta proprio nel linguaggio diverso; un giornalista americano ha scritto di me: "Nashville ha bisogno di tipi come Marco Pinna che portano una ventata di novità in un ambiente stagnante da anni.": un bel riconoscimento!Sono stato accolto benissimo.

Quale è stato l’incontro artistico più soddisfacente della tua carriera?

Senza dubbio l'incontro e la collaborazione con Chester Thompson e con Sean O'Bryan Smith. Chester ha anche rilasciato una video intervista che ha per argomento “Marco Pinna e la sua musica”. Non mi sarei mai nemmeno sognato di collaborare con lui e men che meno che avesse un concetto così alto di me. Sean è un grande bassista-produttore, ha curato il mio album "Amigus" con grande intelligenza, Thanks Sean!

Puoi tracciare le differenze fondamentali tra gli States e l’Italia relativamente al modo di concepire, ascoltare e vendere la Musica?

Gli americani sono molto ricettivi nei confronti delle novità. La novità per loro è fondamentale in quanto essendo un popolo giovane si stanno costruendo una loro cultura che ancora non hanno.  Noi italiani siamo tronfi, snob, e questo è secondo me il principale motivo del declino che stiamo subendo. Troppa spocchia, troppe arie. Se vuoi parlare con un certo personaggio sembra che stai chiedendo udienza al Papa. In America le cose sono molto più semplici, ti ricevono e se capiscono che hai la stoffa ti aiutano.  C'è una grande generosità fra i musicisti, non esiste l'invidia.

Che cosa c’è della tua terra d’origine nella Musica che componi e suoni?

Avendo mischiato tante culture ciò che rimane della mia terra è l'intenzione, certe volte ruvida, altre volte malinconica, colori, atmosfere qui e là… forse queste cose riesce a coglierle meglio l'ascoltatore. Io viaggio sull'onda dell'emozione, sono orgoglioso di definirmi onesto nel fare musica. Non rincorro i soldi, quelli arrivano se fai una musica bella e comprensibile a livello di anima. Le cose tecniche lasciamole ai musicisti. Io suono per la gente comune, mai per i musicisti.

Cambieresti qualcosa, se potessi tornare indietro nel tempo?

 No, non credo… va bene così.

 Che cosa ti aspetti dal nuovo album “Amigus”?

Premetto che non sono amante dei soldi, ma mi aspetto che venda bene (già lo sta facendo) per poter sempre reinvestire su me stesso. Io sono un uomo spartano, mi accontento di poco. A Nashville ho la piscina, ma se ci vado due volte all'anno è tanto.
Preferisco lavorare dalle sette del mattino a mezzanotte  sono contento così.

                                

                                      The King of Nashville                                     
MARCO PINNA - Guitar player, composer – (Nashville - TN,Usa)
Amigus – new release on CD
Marco Pinna
Guitar player-Composer-Instructor-Performer

www.marcopinna.net
www.youtube.com/marcopinnamusic
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