giovedì 15 ottobre 2009

Concerto dei Queen, 28 settembre del 2008, di Alessandro Giusto


Mi è stato chiesto di scrivere due righe sul concerto dei Queen, ma siccome sono un poco sadico voglio partire da molto lontano illudendo il lettore che quanto segue sia una seria dissertazione. Ti sbagli caro lettore. Fai scorta di pazienza e scoprirai che le prossime paginette sono fatte di roccia, suoni e lacrime. E ciclismo.

Partiamo dunque: quando si hanno tredici anni è molto facile che ogni preferenza musicale si trasformi in MITO. A me è successo con molti gruppi e musicisti. Ascoltavo vorace qualsiasi cosa convincendomi ad ogni scoperta di aver trovato una nuova e imperitura ispirazione. Poi la mia volubilità musicale mi ha portato a far scendere dalla mia nave molti musicisti in favore di altri. Ma due gruppi ancora oggi non sono scesi: i Queen e gli AC/DC.
Sembra un connubio strano, ma ho conosciuto molte persone infatuate come me di queste due formazioni, così diverse ma in qualche modo complementari.

Ebbene, torniamo al MITO. Con il passare degli anni e l'affinarsi delle capacità personali, molti miti cadono. A dire il vero i miei sono pressoché stati tutti vittima di una caduta irrimediabile, un'ecatombe mitologica. Sarà perché in vent’anni ho imparato abbastanza bene a suonare la chitarra e ho potuto realizzare quello che una volta consideravo impossibile. Suoni un pezzo “inarrivabile” e, nonostante il piacere immenso di suonarlo, ridimensioni l'autore o l'esecutore e lo avvicini al predellino della nave.
Questo pezzo? lo so fare anch'io. Per Brian May e Angus Young invece la cosa cambia. Non lo so fare anch'io. Non c'è preparazione musicale che tenga, esiste l'inimitabile.

Veniamo al dunque di questo “temino” che l'amico Athos mi ha chiesto di scrivere: domenica scorsa i Queen - o almeno quello che ne resta - hanno suonato a Milano e io, accompagnato dal mio fido fratello, la sua bionda mogliettina e la mia vecchia amica, c'ero.
E qui mi tocca fare una digressione sportiva. Capita che il sottoscritto, oltre che grande cultore di musica rock e classica, ceda alla debolezza di essere un grande appassionato di ciclismo. Nel ciclismo riverso tutta la mia urgenza di avere anche io un lato nazional-popolare. I miei amici mi definivano con una nota di fastidio “scimmiato di ciclismo”, cioè qualcosa in più di semplice appassionato. Non digerivano molto che dai 21 anni in poi io non abbia mai superato le ventitrè davanti a una birra. C'era da correre la mattina dopo.
Ebbene, lo stesso 28 settembre 2008, data del concerto dei Queen a Milano, veniva corso il mondiale di ciclismo a Varese. Un tiro di schioppo. Nel pomeriggio. Il concerto è di sera. Seppoffà.
Invece nunseppoffà.
Perchè qualche entità maligna ha piazzato nella stessa giornata anche il derby della Madonnina. Madonna quante macchine tra Varese e Milano! Record di lentezza: quattro ore stipati in una mini, navigando in bonaccia tra una immensa marea di milanesi mentre l'amica Gianna, ancora più scimmiata dei Queen del sottoscritto, aspettava al buio fuori dal forum di Assago di tanto in tanto importunata da loschi figuri che le chiedevano prestazioni non musicali.

Mentre l'immenso mare di milanesi intorno alla nostra mini si faceva schiumoso. Sembrava luglio a Finale Ligure.
E le lancette avanzano inesorabilmente verso le 21.00, data dell'inizio del concerto.
Alle 20.40 siamo ancora impantanati in qualche località lombarda. Sai, quelle vittime di una toponomastica senza scrupoli, che conia nomi come “abbiate grasso”. Abbiate pazienza. Abbiamo fretta. Arrivate presto!
Poi un miracolo della fluidodinamica (il traffico, si sa, è un fluido) fa sì che alle 21.00 ci presentiamo quasi increduli davanti a Gianna, saldamente aggrappata a un vigile, con gli occhioni impauriti e un misto di incazzatura per il ritardo e felicità per la sopravvenuta salvezza…
Ciao, parcheggio, corsa a perdifiato, scale (200?). RED SPECIAL!!! Mi catapulto giù da una scaletta mentre le mie orecchie godono le note potenti di “Fat Bottomed Girl”. Un pezzo che mi ha sempre drizzato i capelli in testa, e lo fa anche adesso che i capelli sono un po' meno di una volta...

La sesta corda è accordata in re. Questo fa sì che le prime tre corde a vuoto della rossa speciale producono senza alcuna collaborazione della mano sinistra (e che mano sinistra, tra l'altro) un pienissimo accordo di re maggiore. Manca il fa diesis, e potrebbe quindi anche essere minore, ma no, è il RE MAGGIORE, mi sono spiegato? Mi rendo conto che ci siamo persi solo qualche minuto, quindi posso godermi il concerto senza rimpianti.

Mi concentro sul suono. Nonostante l'assenza di Freddie il suono è proprio quello dei Queen! Infatti gli ingredienti ci sono tutti: tanto per cominciare la Red Special con i suoi pickup burns trisonic. Poi un muro di nove Vox AC30, anche se sei di questi sono sicuramente lì per mobilio. Ma tre bastano, no? Tra la Red e i Vox c'è l'irrinunciabile treble booster, ovvero una scatoletta che prende il suono e gli regala tre decibel. Questo suono poi entra felice nei vox con le manopole del volume tutte a destra, cioè “a cannone”. Questo è il suono di Brian May, il suono dei Queen. In tutti questi anni Brian è rimasto fedele alla ricetta sonora che ha misteriosamente inventato quando gli anni Settanta erano ancora una promessa.

Volume della chitarra basso, un flebile segnale che viene in due mandate spinto e maltrattato dal treble booster e dal vox. E poi il tocco finale: la monetina da 1 pence per aggiungere un pò di rugosità all'attacco del suono. Non provateci con i 2 centesimi di euro che rimangono attaccati ai pick up, ascoltate un cretino...
Faccio mente locale su tutti questi settaggi, in pratica faccio l'appello: Red? Presente. Booster? Presente. AC30? Presenti. Monetina? Presente.
Freddie? Assente giustificato.



Però questo Paul Rodgers non è mica male, eh? Eh Gianna?

OOOOH! (il volume è alto e non capisce molto la domanda, poi fa cenno col capo ma mi sa che non ha capito). Allora mi rispondo da solo: fa la sua porca figura. Poi ha un fegato così perchè presentarsi sul palco come cantante dei Queen vuol dire accettare di essere confrontato al Mito (toh, guarda chi si rivede) e uscirne malconcio. La critica più lusinghiera che ho letto è stata: “Sono tornati i nuovi Queen, peccato non ci sia il nuovo Freddie”.
Troppo facile. Costui, Mr Rodgers, canta come si deve e non cede alla tentazione di scimmiottare l'illustre defunto, cosa che gli avrebbe guadagnato un facile plauso come accadde a George Michael. Costui, Paolo Ruggeri, ha una sua personalità musicale e la mette al servizio dei reduci Brian May e Roger Taylor.

Mentre constato quanto sopra, il buon Roger sta suonando... il basso!! Ovviamente con le bacchette. Tra una rullata e l'altra sulla sesta corda si intuisce “Another One Bites the Dust”.


Io gli suggerisco con la telepatia di fare la bachiana aria, ovviamente sulla quarta corda, ma c'è rumore anche nell'iperuranio e Roger non mi sente. Comunque si è inventata questa trovata che fa sì che l'odioso carosello dell'assolo di batteria (non ho mai digerito i clichè, e ai concerti mi annoio quando arriva il momento dell'assolo di questo o di quell'altro) diventi un momento divertente, quasi circense. Poi si mette a pestare su una grancassa e ad accarezzare un charleston mentre un tizio con la scritta “staff” sulla schiena gli porta altri pezzi di batteria. Come un nuovo tom, o un rullante o un piatto arriva, lui ci pesta su in un casino crescente. Alla fine si trova attorno una batteria alla Van Halen e noi lo vediamo scomparire in un ludibrio di colpi poco consoni a un sessantenne. Ma guarda un po' cosa si è inventato Sir Taylor.
Dopo questo intermezzo di mazzate (il signor Taylor non è un batterista intimista...) è l'ora di vecchi cavalli di battaglia e momenti di teatro collettivo. Mi riferisco in particolare a Radio Ga-Ga. Tutti i presenti con le mani alzate ad accompagnare la canzone, imitando il noto video del 1984, come se fossimo in 10000 a fare le comparse in Metropolis. Non avete idea quante braccia! Sembravano le foreste di braccia tese di battistiana memoria. E c'erano pure le mie, nonostante una mia conclamata ritrosia ad uniformarmi alla massa.

E poi ancora assoli. Allora, io a questo punto avrei tranquillamente dovuto sbuffare, ma l'assolo è di un certo signor “Maggio”. Lui ha la fissazione dell'eco. E' una fissazione molto precisa, quasi ossessiva: pretende che gli echi siano due e che ciascuno di essi passi per un distinto amplificatore AC30, per evitare che le voci si “sporchino” l'un l'altra. E' un ossessivo raffinato il signor Maggio. Ecco perchè solo tre dei nove sono microfonati! Già! Beh, a farla breve questo vecchietto coperto di tinti riccioli si “spara” sei buoni minuti di ricerca musicale sul palco, come ha sempre fatto dal 1971 ad oggi (fatta salva una recente interruzione di sedici anni). E io glielo perdono volentieri.


Mi spiace però dover notare che il mio mito ha il mal di schiena... Le sue corsette su e giù, avanti e indietro sono più timide di una volta, ma è comprensibile anche se un poco malinconico. D'altra parte la prima volta che mi sono innamorato del suo suono ero figlio, adesso sono padre... Madonna quanti pensieri mi frullano in testa, mi devo concentrare di più sul concerto perchè sennò passa in un attimo. E infatti siamo già a “Love of my Life” suonata su una scintillante dodici corde, ovviamente senza monetina. Ammetto che qualche brivido alla schiena non sono riuscito a rimandarlo nelle braghe... mamma mia! Oh mamma mia! Oh mamma mia let me go!!!! Altro cavallo di battaglia, anzi... il cavallo di battaglia, il pezzo che era troppo lungo per passare in radio. Geniali questi delle radio! Sono curioso di sapere come diavolo se la caveranno senza Freddie. Semplice: lo fanno cantare lo stesso con immagini di repertorio, passandosi il testimone qua e là con Paul Rodgers. E qui vien e la nota dolente: sullo schermo appaiono immagini di Freddie e di John Deacon (il fido bassista ndr). Ma come!!! Lui non ci ha anticipato nei verdi pascoli!? Lui è vivo e vegeto e fuma probabilmente la sua bella pipa in un tipico salotto inglese indossando variopinti calzoncini balneari!!! Solo ha reputato l'intera operazione “return of the champions” poco decorosa. Però è vivo! Devo ammettere che la cosa un pò mi disturba, o meglio: mi fa alzare un poco la sopracciglia destra. Ma che faccio, non li perdono? Al ritorno prorompente della Red decido di perdonarli e di metterci sopra una bella pietra...
I pezzi si susseguono, la mia voce diventa sempre più roca e... sigh.. siamo alla fine. É la prima volta in vita mia che ho la precisa percezione che il bis che sto ascoltando sia un addio, non un arrivederci. E quando Brian esce dal palco brandendo in aria la vecchia amica rossa speciale deglutisco malinconico.

Tornato a casa masticato da una giornata troppo piena di emozioni - dimenticavo di dire che a Varese si è laureato campione del mondo un italiano, tra l'altro - noto con curiosità che la mia amata moglie Silvia è magra, ha una testata di riccioli scuri e i lineamenti aguzzi. Ci conosciamo da anni ma solo ora realizzo: mi sa che mi sono inconsciamente sposato Brian May!




1 commento:

Franco P.rog ha detto...

Bella sorpresa questa di Alessandro! Lo conosco solo "di riflesso" perchè me ne ha parlato Athos e anche mio figlio Simone. Ho i Queen nel mio cuore e nelle mie compilation da viaggio (si usa dire nel mio Ipod, ma io non ce l'ho) e qualche spora di prog che gira nelle vene e che mi pare sia passata,attraverso il DNA, anche ad altre persone che conosco. Ma veniamo al commento: Alessandro mi ha colpito perchè è l'ideale connubbio fra le vecchie generazioni di audiofili/musicicisti/musicomani e quelle nuove. Mi sono piaciuti i suoi commenti preparati e precisi (che condivido al 100%),la sua conoscenza tecnica sulle strumentazioni e amplificazioni e uno humour delizioso. In buona sostanza un giovane appassionato che non mi fa sentire vecchio! Grazie Alessandro e grazie Athos per avercelo fatto conoscere!
Ciao Franco P.