lunedì 2 settembre 2024

Melting Clock-"Altrove"

Melting Clock-"Altrove"

Black Widow Records


Ho conosciuto i genovesi Melting Clock nel 2017, quando fecero capolino nel contesto del Prog Fest del Porto Antico, evento organizzato dalla Black Widow Records.

In quell’occasione, mi pare, presentarono un loro EP e conclusero nel nome dei Genesis, tanto per sottolineare passioni e intenti.

Sul palco molti rappresentanti del prog italico, ma la figura di spicco risultò Nik Turner, cofondatore degli Hawkwind, mica bruscolini!

A memoria la performance dei MC fu toccata dalla comprensibile emozione, ma fu l’inizio di un lavoro che è maturato nel tempo, concerto dopo concerto, tanto che è di pochi giorni fa la loro partecipazione al Crescendo Fest, occasione in cui è stato presentato live il nuovo album.

Credo siano stati sette anni intensi quelli che dividono il mio primo incontro dall’attualità, tanto che faccio fatica a idealizzare il gruppo come “giovane”. Di sicuro i loro lavori sono il frutto di una lunga elaborazione, e questa potrebbe essere una caratteristica della band, cioè quella di dedicare un lungo spazio alla creazione, facendola sgorgare solo quando tutto torna, i dettagli sono curati e il risultato pienamente soddisfacente. E poi esistono situazioni famigliari e professioni da vivere appieno, e la musica cammina in parallelo.

A breve uscirà ufficialmente il nuovo progetto, intitolato “Altrove”, album che fa seguito a “Destinazioni”, rilasciato nel 2019, e il fatto che i semi del gruppo siano stati gettati nel 2001 conforta il mio concetto di “band a lunga elaborazione”, che è solo un dato di fatto.

Ho ascoltato con attenzione un disco davvero piacevole, e per comprendere i particolari ho chiesto aiuto al chitarrista Simone Caffè, con cui ho chiacchierato a distanza.

Parto da una domanda di carattere generale: "Come inquadreresti il vostro nuovo lavoro e come è legato al precedente?".

Il nuovo disco parte da riflessioni diverse rispetto a “Destinazioni”, e sebbene in un certo senso prosegua il filo conduttore, non è un concept, ma attraversa varie tipologie di tematiche più o meno personali, più o meno oggettive; le matrici musicali sono un pochino diverse rispetto a “Destinazioni”, nel senso che abbiamo ricercato alcune matrici jazz e classiche.

Siamo molto soddisfatti sia dell’aspetto compositivo - musicale e lirico -, sia per come è stato realizzato, per come suona, per la produzione; ci abbiamo impiegato tanto, cinque anni, siamo molto lenti, anche per gli impegni lavorativi che ci impediscono di dedicarci appieno alla musica, però siamo riusciti a sfruttare anche il periodo covid/lockdown per creare brani anche ad esso ispirati.

Per chi non conoscesse la band propongo subito la formazione che non è cambiata…

La line up sempre è la stessa e ne siamo contenti perché, si sa, come nelle band sia sempre difficile mantenere insieme più teste diverse, ma ci siamo riusciti e ne siano soddisfatti.

Emanuela Vedana: voce

Simone Caffè: chitarre

Stefano Amadei: chitarre/bouzouki

Sandro Amadei: tastiere/voce

Alessandro Bosca: basso

Francesco Fiorito: batteria

Con il primo brano, “Vernice”, emergono le caratteristiche della proposta, un prog fresco, che unisce gli aspetti più tecnici alla necessità di melodia, con testi in lingua italiana e una voce caratterizzante perfettamente inserita in un contesto strumentalmente virtuoso. Tra tempi dispari, stacchi e trame tastieristiche, già dopo il primo ascolto rimane nella testa il ritornello, quasi da ballad e riconducente ad una cultura festaiola.

Vernice bianca, come uno specchio, misura il vuoto delle risposte, culla lo sguardo di chi non vive, questo groviglio di strade mai viste. 

Dice Caffè:

Il brano “Vernice”, composto prevalentemente da Sandro, si ispira alla realtà dei nostri vicoli genovesi, con la ragnatela di viuzze e vita particolare.

A seguire “Altrove parte I”, una traccia delicata, poetica, la più vicina alla forma canzone, atmosfera sognante, capace di accompagnare parole come:

Giorni sospesi come bambini, giorni sospesi come bandiere mosse dal vento, finché si placa; seguimi, perditi con me, scordati che tempo che rimane… 

Ho trovato “Altrove parte II” molto “genesisiana”, uno strumentale con arpeggio chitarristico iniziale che, attraverso un intervento vocale di grande qualità, conduce ad una seconda parte molto elaborata, piccolo manifesto del prog anni ’70. Meravigliosa!

Sempre Simone aggiunge…

La title track è un brano composto da me e Sandro, nostalgico, delicato e dolce, e nella seconda parte sfocia nel prog, tempi dispari, un bel crescendo, mentre la voce di Emanuela è sempre la più grande caratteristica del gruppo e permette ai nostri brani di essere ancora migliori grazie alla sua vocalità fuori dal comune.

La quarta traccia si intitola “Il mondo al suo risveglio”, quasi otto minuti per descrivere il disagio e lo stupore che accompagnano le nostre esistenze, con la volontà di incidere che si scontra spesso con una realtà inaspettata e ingovernabile.

Non è semplice unire trame sonore adeguate a liriche che raccontano l’essenza del nostro quotidiano, con una visione futura a tratti distopica, ma credo che i Melting Clock abbiano realizzato un quadretto perfetto, capace di raccontare oltre le parole una storia che così ci viene disegnata…

“Il mondo al suo risveglio” parte da una riflessione di Alessandro Bosca sulla nascita del figlio e su come la vita abbia una certa partenza e poi conduca verso altri lidi, a volte inaspettati e disarmanti.

Da quanto ho appreso, l’album ha trovato decantazione e attimi creativi - e ispirazione - nella fase “Lockdown”, quando chiudersi tra quattro mura e trasferire al proprio strumento la realtà esterna era un atto quasi liberatorio.

Racconta Caffè a proposito di “Città spenta”…

Città spenta” parte da una situazione personale accaduta al nostro bassista, compositore principale del brano, che strizza l’occhio a questo evento straordinario legato al Covid e quindi nel brano si parla di quanto accaduto nel corso di quel periodo. 

Solo mia la città, i silenzi echeggiano nell’oscurità debole attenderà…

Brano struggente, dove a tratti piano e voce conducono il gioco con elementi jazzistici che si uniscono agli stilemi del prog.

La grandezza di questo pezzo, a mio giudizio, risiede nella capacità di sollecitare i ricordi… la storia raccontata dai MC diventa la memoria di tutti, e nel corso dei quasi sette minuti di evoluzione musicale, appare spontaneo rivivere momenti e sentimenti condivisi nel recente passato.

Tramonti di cenere” farà la felicità degli appassionati della musica progressiva, che in una traccia lunga trova spesso momenti di differente ritmo e impatto. Il tema è molto serio, come ci viene raccontato a seguire, e credo si sia capito che anche la sezione “testi” ha una grande importanza all’interno dell’ensemble.

Non do mai molto rilievo alle skills personali, quasi fossero atto dovuto per chi pratica il genere, ma chi è avvezzo al prog comprenderà facilmente che cosa contenga un brano come questo a livello di competenze personali.

Tramonti di cenere” è il brano più prog dell’album, affronta la tematica del cambiamento climatico e di come l’umanità dovrebbe adattarsi cercando di prevenire potenziali disastri, ma finisce in modo positivo, perché anche se si continuasse a commettere errori con conseguenze sulla nostra terra, si andrà avanti in ogni caso, perché la natura ci insegna che la vita riesce ad andare oltre gli errori umani.

E si chiude con il pezzo più lungo dell’album - oltre nove minuti - dal titolo Endurance”, che diventa un simbolo, una sorta di fermatura del cerchio dopo aver raccontato momenti di vita comune - quindi anche aspetti negativi -, perché la speranza che si possa ritrovare un porto sicuro non deve mai venire meno.

Chiosa Simone Caffè…

In chiusura “Endurance”, da me scritto, ispirato alla Spedizione Endurance al Polo Sud guidata dal capitano Ernest Shackleton, che venne soverchiato dal pack di ghiaccio che avvolse l’intera nave fino a farla schiantare, e ci fu una sorta di epica marcia verso la salvezza, con una navigazione incredibile condotta con una barca poco più grande di un gozzo, dal Polo Sud alla Georgia del Sud, e tutto l’equipaggio fu salvato da questo eroico capitano a cui è stato dedicato il brano.

Mini suite che rappresenta l’epilogo del viaggio dei Melting Clock, che hanno confezionato un album fatto di messaggi e musiche adeguate al loro credo comune; musica di nicchia, certamente, ma col pregio - e la diversità rispetto ad alcune altre proposte di genere - di essere calata nella realtà, quindi non un rock progressivo dedito alla messa in mostra delle qualità personali, ma funzionale al momento che stiamo vivendo, con la capacità di raccontare la vita, tra sociale e personale, attraverso momenti creativi complessi.

Bello l’artwork, con un ricco booklet con traduzione in lingua inglese.

Uscita imminente, curioso di vedere l’accoglienza!