mercoledì 21 agosto 2024

“Il mondo visto da DISCO CLUB-Un diario comunitario pazientemente raccolto da Giancarlo Balduzzi”. Il mio commento

 

Fotografia di Alberto Terrile

La prima volta che sono entrato al DISCO CLUB di Genova era il 4 novembre del 2023. La precisione è dovuta al fatto che, insieme ad Angelo De Negri, avevo presentato un libro dedicato a Woodstock alla Mondadori, in via XX Settembre, a pochi passi dal negozio di dischi che si trova in via San Vincenzo. Alla fine di quell’evento - era un sabato mattina - Angelo mi accompagnò in negozio e mi omaggiò del book “Il mondo visto da DISCO CLUB-Un diario comunitario pazientemente raccolto da Giancarlo Balduzzi”.

GB è il titolare, e per uno come me, che si occupa di musica da sempre - prima come semplice ascoltatore e poi… qualcosa in più - il fatto che lo abbia conosciuto in tarda età - mia e sua - è una grave mancanza - questa solo mia.

Rimarco che il mio primo atto musicale live, quando avevo 16 anni, ebbe luogo proprio a Genova, teatro  Alcione, e quindi a pochi passi dalla stazione di Brignole, quella che consente agevolmente di arrivare al negozio per chi è “foresto” come me, che provengo dalla “lontanissima” Savona.

Insomma, mi ritrovo tra le mani un contenitore storico prezioso e lo metto in coda, in modo rigoroso, e mi propongo di commentarlo, as usual, appena possibile.

Ma quando arriva il turno della lettura - un paio di settimane fa - lo divoro, e sì che è un discreto tomo, ma le vicende scorrono mentre mi faccio un sacco di domande, rivango il mio passato e mi chiedo cosa mi sono perso.

Che sia un luogo speciale è testimoniato dal fatto che i negozi di dischi genovesi hanno chiuso uno dopo l’altro - e qui mi fido di quanto ho letto - mentre DISCO CLUB compirà 60 anni nel 2025.

C’è stato un pre-Balduzzi, ma ciò che possiamo leggere riguarda la gestione di Giancarlo, l’uomo che lasciò il posto di lavoro sicuro in banca per seguire le sue passioni e le incognite connesse. Era il 1984, e il suo impero dura quindi da quarant'anni.

Un inciso, mentre chiacchiero col padrone di casa - parlo sempre del 4 novembre scorso - gli faccio notare che sono di Savona e lui mi indica immediatamente un altro cliente, anche lui mio concittadino, ma bastano poche parole per capire che abita a 200 metri da casa mia e… non l’ho mai visto! Beh, il fatto che sia un frequentatore assiduo del negozio la dice lunga sul legame tra “gestore e clienti”, qualcosa che va oltre il normale rapporto tra negoziante e acquirente.

Le pagine scorrono e io ritorno con la memoria ai “miei negozi cittadini” (ho scritto un saggio sui negozi di dischi di Savona) e al modo in cui li ho vissuti, al rapporto con i commessi/leggende - che tutto sapevano - arrivando al culmine, quando dentro ad una cabina da ascolto, chiusi dentro in tre, iniziammo ad azzuffarci per stabilire se i Deep Purple fossero meglio dei Genesis, e il padrone - Rossocci - ci cacciò fuori con una certa comprensibile veemenza. Ma eravamo adolescenti, mentre qui si parla spessissimo di adulti e oltre.

Tutto questo non è niente rispetto ai racconti di Balduzzi!

La mia frequentazione dei negozi di dischi non ha mai toccato nessuna delle vette che GB raggiunge nel libro.

Chiariamo per chi leggesse casualmente queste righe ma non sapesse nulla dell’argomento specifico.

In una panetteria, macelleria, pasticceria, ovvero in uno normale luogo in cui si cede un prodotto/servizio in cambio di denaro, non esiste il concetto di “stazionamento”, anzi, la tendenza potrebbe essere quella della "toccata e fuga".

In un negozio di dischi si diventa frequentatori stabili, stanziali, spesso pronti a socializzare e pontificare, mettendo in mostra le competenze personali,  ondeggiando tra gli scaffali per ore, cazzeggiando e, molte volte, oltrepassando l’argomento musicale, che dovrebbe essere preminente.

Tutto ciò ha subito un’evoluzione nel tempo, e se dalle storie raccolte in passato ho appreso che certe stagioni del Teatro Chiabrera di Savona nacquero proprio dagli incontri pomeridiani che avvenivano da Sperati (due negozi famosi ormai chiusi, uno dedicato agli strumenti e un  altro ai dischi), Balduzzi mi ha messo davanti agli occhi un mondo nuovo, che non avevo mai valutato correttamente, fatto di personaggi che potrebbero essere caricature da film, costituito da regole più o meno rigide, carico di anime strambe di ogni genere e portata, di ogni età e ceto sociale: U megu, Il Biondo, Devid, Quasimodo, Tabletman, Scussi, Il Batterista di James Brown e molti altri...

Molte di queste figure - immagino le "migliori" - sono analizzate nei dettagli da Balduzzi, che dimostra che, oltre a Giurisprudenza e Musica avrebbe potuto avere successo alle facoltà di Psicologia/Sociologia/Antropologia, per la maestria con cui disegna sé stesso e gli uomini in movimento nel suo regno. Sì, un regno in cui lui decide le regole, che pratica e modella a piacimento, e la cosa che ho apprezzato, story by story - ma è solo un’impressione che scaturisce dalla lettura e quindi potrebbe essere fallace - è la gestione dei livelli di pazienza al cospetto di situazioni spiazzanti, e per ogni racconto - o quasi tutti - mi è sembrato di vedere il ”capo” contare sino a cento prima di esplodere, sino ad arrivare all’inevitabile reazione, quella sollecitata da comportamenti che, all’interno del libro, appaiono barzellette ma, ahimè non lo sono.

Me lo vedo il Giancarlo, rispondere al telefono a tal Alessandro:

Ciao, sono Alessandro da Alessandria, scusa, ma siccome devo venire a Genova, mi devo portare l’ombrello?”.

Oppure ad Antonio:

Gian, sono Antonio, ti è mica arrivato quel CD di Pino Daniele che non si trova?”, “E no, non si trova”, “Lo so, ma lo sai che io cerco i dischi che non si trovano; se per caso lo trovi, mi telefoni per dirmi che l’hai trovato?”.

Gentile, ma ironico con chi è più indifeso:

Discoocluuub”, è un anziano, “A Natale ho cercato in tutti i canali della Rai il Concerto di Natale, ma non lo hanno fatto, Lei ha il cd?”, “Di questo Natale?”, “Sì”, “È appena nato, per i miracoli gli dia ancora un po’ di tempo”.

Giancarlo Balduzzi è il padre padrone, il burbero col cuore tenero, probabilmente unico, nel senso che i suoi risultati professionali - e mi riferisco alla longevità della sua attività - potevano essere ottenuti solamente con il piglio del manager buono, concetto che unisce oculatezza e attenzione verso i rapporti umani, senza l’ossessione della ricerca dell’empatia a tutti i costi, perché a volte diventare antipatici ha a che fare con la sopravvivenza.

Ma sono certo che i vari ausili che si sono succeduti non avranno vissuto male!

Anche se lo conosco poco abbiamo in comune due passioni - e non è mica poco” -, oltre la musica il calcio, argomento che ogni tanto fa capitolino tra le righe.

Sono tanti gli aneddoti, alcuni spassosi, altri dolorosi, ma il piglio del racconto semiserio resta una caratteristica importante, starà poi al lettore estrapolare qualcosa in cui rispecchiarsi. E sì, mentre le pagine scorrono passano le stagioni, le ere, i gusti, le immagini, e viene da pensare come ogni tipo di cambiamento, in primis tecnologico, sia stato attutito e forse cavalcato  da un saggio uomo, probabilmente modesto, ma con le idee talmente chiare da applicare concetti guida in grado di sconfiggere crisi per altri insuperabili.

Io consiglio di leggerlo… davvero uno spaccato dell’ultimo mezzo secolo della nostra società, con la presenza di immagini e situazioni davvero uniche e inaspettate. Dove trovarlo? Sicuramente in negozio!

Ovviamente sono tanti gli accenni alla musica e a chi la crea, e mi sono accorto - ma di questo sono conscio da molto tempo - quante cose mi sono perso, tra nomi sconosciuti e dimenticati, e allora viene in mio soccorso la saggezza di Giancarlo Balduzzi che chiosa:

“Lo so, non conosci quasi nessuno dei nomi dell’indice, ma è proprio per questo che sono ancora aperto”.


Continua a prendere appunti Giancarlo… raccontaci l’evoluzione della specie!