giovedì 27 giugno 2024

Nel ricordo di John Entwistle



Il 27 giugno del 2002  moriva, a soli 57 anni, John Entwistle, bassista storico degli Who; il suo corpo viene ritrovato nella stanza dell'Hard Rock Hotel di Las Vegas: le cause del decesso riportano ad un attacco cardiaco aggravato da uso di cocaina.
Raccolgo stralci di un articolo di Roberto Brunelli, del 2002, dove viene ricordata la figura di John Entwistle.

Rimasero tutti di stucco, in quel 1965, quando dalle radio inglese esplose per la prima volta My Generation, l'esordio fulminante targato The Who: due accordi perentori implacabili, una batteria selvaggia, la voce che balbetta (sì, balbetta) “voglio morire prima di diventare vecchio”, e un riff di basso imponente, di quelli che segnano la linea di confine tra un “prima” ed un “dopo” nella storia della musica. Un marchio di fuoco che ha segnato la storia del rock in eterno, attraverso i roaring sixties, fino a toccare la rivoluzione punk nel '77, e che ancora oggi continua a riecheggiare tra i solchi degli emuli rockettari più giovani, che siano post grunge, crossover, post-punk o neo-psichedelici che si voglia. Quell'incredibile, mai sentita e irripetibile linea di basso elettrico era firmata da un tranquillissimo ragazzo che si chiamava John Entwistle.

Non è diventato vecchio, John Entwistle. Era nato lo stesso giorno di John Lennon, l'8 ottobre, ed è morto a 57 anni a Las Vegas, in una stanza d'albergo, l'Hard Rock Café. Problemi di cuore, quasi certamente (lo stabilirà un'autopsia).

Trentasette anni anni dopo quell'esordio fulmicotonico di quattro imberbi ragazzetti sovente e provocatoriamente avvolti nell'Union Jack, la bandiera britannica, doveva partire da Los Angeles l'ennesima tournée degli Who. Gli Who sono uno dei quattro o cinque gruppi-pilastri della storia del rock, insieme ai Beatles, ai Rolling Stones, ai Led Zeppelin. A 24 anni dalla morte del batterista Keith Moon (overdose di farmaci), si è archiviato nei meandri della memoria un altro capitolo della sezione “Olimpo del rock”, insieme a Elvis, Hendrix, Morrison, Joplin, Lennon, Moon, Harrison e compagnia divina. Lo chiamavano “The Ox”, il virtuoso Entwistle, il bue, oppure “The quit one”: al centro della rock revolution degli anni sessanta, al centro del caos, quando tutto era nuovo, sconcertante, inusitato, febbrilmente eccitante, c'erano gli Who. E loro stessi erano una tempesta al cui centro stava, immobile come una sfinge, John Entwistle. C'era Pete Townshend (il chitarrista, il gran maestro delle cerimonie, la mente, che mulinava il braccio sopra la sua Gibson), c'era Roger Daltrey (la voce, colui che roteava il microfono come un lazo verso il cielo), c'era Keith Moon (quello fulmicotonico e portentosissimo, quello che alla fine del concerto spaccava la batteria in mille pezzettini). E c'era “The Ox”: una roccia, un monolite nell'occhio del ciclone, impassibile, marmoreo. Solo le sue dita correvano, velocissime, sulla tastiera del basso. Il rock, si sa, ama l'iperbole. Molte riviste specializzate si sono sbizzarrite, nei decenni, a nominarlo, di volta in volta, “bassista del secolo” o, financo, “del millennio”. Certo era un grandissimo: la sezione ritmica Entwistle – Moon era davvero una delle più formidabili della storia della musica, una chimica esplosiva, che – accoppiate al chitarrismo furente di Townshend – hanno fatto gli Who un “live act” inimitabile, insuperabile, sconvolgente e sciamanico. Ovvio che i britannicismi Who sono stati molto più di questo. La mente febbrile di Townshend non poteva rimanere ferma al rock pelvico, impulsivo, voluminoso, adolescente e bastardo degli inizi: prima mettendosi i panni (probabilmente senza eccessiva convinzione) di eroi dei “mod” (giovani scicchettosi della working class che si opponevano, nei primi anni sessanta, ai rockers), poi cercando di allargare i confini del rock “oltre l'immaginazione”. Nacque così Tommy (1969), la prima opera rock, nacque così quella grande (a tratti eccessiva) partitura fantastica che era Quadrophenia (1973). Nonostante il loro impatto violento degli esordi (mai completamente abbandonato), gli Who hanno sempre incarnato l'ala intellettuale del rock, senza perderne di un grammo l'energia vitalistica: l'ambizione musicale di Townshend e soci era sfrenata, e quel monumento musicale e concettuale che è Tommy sta lì da 33 anni a dimostrarlo. John “the quiet one” era uno strumento formidabile nelle mani sapienti di Townshend. Di canzoni sue non se ne contano molte nel catalogo Who: epperò sono tutti pezzi proverbiali, da Boris the spider a My Wife, a Whiskey man. Pezzi venati di un sarcasmo oscuro, spiritosi, splendidamente arrangiati, così com'erano sempre curiosi e atipici i suoi album solisti (Smash your head against the wall, 1971, Wistle Rymes, 1972, Rock, 1996, John Entwistle, 1997). Perché John era uno atipico nel mondo del rock: nato nel '44 a Cheswick, sobborgo di Londra, aveva studiato pianoforte, tromba e corno francese, esperienza che gli tornò utile quando si ritrovò ad arrangiare tutte la partiture di fiati per gli Who. Aveva cominciato in un gruppo jazz, The Confederates, dove invitò a suonare il suo compagno di scuola Pete Townshend. Poi, sempre insieme a Pete, formò i Detours, nei quali venne assunto un giovane e rissoso cantante, Roger Daltrey. Dopo poco, su consiglio del produttore Kit Lambert, si decise di cambiare nome al gruppo in The Who. Come i Beatles e gli Stones, gli Who erano soprattutto un incontro tra personalità straordinarie: ovviamente meno appariscente degli altri tre, Entwistle rappresentava la spina dorsale del gruppo. Ma tutto questo, ormai, è solo ricordo.




Dire Straits live a Sanremo il 27 giugno del 1981


La mia partecipazione ai concerti rock ha avuto, nella giovinezza, un termine ben preciso, e un altrettanto preciso nuovo inizio nella maturità.
Ricordavo bene quella prima conclusione affrettata, perché coincideva con una grande performance - o almeno la ricordo come tale - dei Dire Straits, allo stadio comunale di Sanremo. Arrivammo in cinque in auto, compreso “quella” che l’anno successivo sarebbe diventata mia moglie.
Avevo però la convinzione che fosse un giorno di agosto del 1980, e invece ho scoperto che si trattava del 27 giugno del 1981 (pochi mesi premi i D.S.erano stati ospiti al Festival di Sanremo).
Non sarei in grado di commentare quella giornata vissuta in tempi lontanissimi, ma ho casualmente trovato un articolo che la ricorda, e propongo quindi la mia scoperta estratta dall’archivio de “La Stampa”.

In rete ho trovato un altro “reperto”, l’audio dell’evento, e lo propongo a fine articolo.
Ecco quindi il commento del giornalista Roberto Basso, poco “musicale” e molto concentrato sugli aspetti al contorno, quelli corretti per un giornale generalista come era ed è La Stampa.
In ogni caso un bel ricordo!

Stampa Sera 29/06/1981 - numero 174 pagina 7


Dire Straits strepitosi
Sanremo presa d'assalto per il concerto dei Dire Straits

SANREMO — Per il primo concerto nazionale dei Dire Straits, sabato in quindicimila hanno «aggredito» Sanremo. Tutti giovanissimi, dai 14 ai 25 anni. Sono arrivati in treno, in auto, in moto, con l'autostop, a piedi, con in spalla variopinti sacchi a pelo. Un'affluenza di pubblico mai vista in Riviera per uno show musicale. Neppure ai tempi d'oro del Festival la città è stata così affollata da patiti della canzone: è il miracolo del nuovo rock, che fa muovere da distanze anche di 200-300 km masse di fans.
Angelo Esposito, proprietario di un eccentrico ristorante a due passi dal Casinò, ed organizzatore dello show dei Dire Straits, era raggiante. Ha fatto soldi a palate, ha incassato più di ogni rosea previsione. Il complesso inglese non ha deluso. Per quasi due ore con la sua musica esclusiva, ha fatto impazzire il pubblico. Dagli amplificatori ha «gettato» sui 15.000 spettatori rock a fiumi: “Comunique”, “Making Movies”, “Dire Straits”, “Sultan of swing”, “Wild West end”, “Sacred loving”, “Tunnel of love”, “Romeo and Juliet… solo per citare i titoli più applauditi.
Il campo sportivo - dove alla domenica gioca la Sanremese Calcio di fronte ad un pubblico che difficilmente supera le quattromila unità - sembrava un miniconcentrato dell'isola di Wight. Anche dopo il concerto. Sul prato, sugli spalti, per strada, cumuli di lattine vuote, sacchetti di plastica, rifiuti di ogni genere. I netturbini hanno dovuto fare parecchio extra per rimettere tutto a posto.

In soli tre anni i Dire Straits sono diventati ricchi e famosi in tutto il mondo. Il loro primo album infatti viene alla luce nel ‘78. Esplodono in America dopo aver inciso alle Bahamas il loro secondo album, “Comunique”. Nel 79 a Los Angeles incontrano Bob Dylan e insieme realizzano “Slow Train Coming”. Vincono due dischi d'oro, uno in Olanda, un altro in Australia. Il disco di platino l'avevano già vinto due anni fa in America.
Mercoledì saranno allo stadio di Torino per il loro ultimo concerto. Anche a Torino la prevendita sta andando fortissimo. 

Quale il segreto di tanto successo? «Quello dei Dire Straits - ha dichiarato a Sanremo Franco Mamone, impresario rock - è l'unico vero megaconcerto di quest'anno. Logico che gli appassionati non perdano l'occasione. Il pubblico si è fatto più esigente. Corre e paga il biglietto solo se ne vale veramente la pena».

Per il concerto sanremese la polizia aveva predisposto un servizio d'ordine nutritissimo. Sugli spalti e nel campo parecchi spinelli, ma nessun disordine. In “tilt” invece il traffico automobilistico. In 15.000 hanno praticamente intasato l'ingresso Est di Sanremo. Sull'Aurelia, attorno allo stadio, erano parcheggiate file d'auto lunghe oltre mezzo chilometro, arrivate un po' da dovunque: Milano, Genova, Savona, Vercelli, Torino, Brescia, Nizza, Montecarlo. Grossi affari hanno fatto anche bancarelle volanti e abusive che offrivano per cinquemila lire variopinte magliette e una serie di sei bottoni metallici con sopra stampati i visi dei cinque magnifici Dire. 


LA SCALETTA

Once Upon a Time in the West
Expresso Love
Down to the Waterline
Lions
Skateaway
Romeo and Juliet
News
(dedicated to John Lennon and Bob Marley)
Sultans of Swing
Portobello Belle
Angel of Mercy
Tunnel of Love
Telegraph Road
Where Do You Think You're Going?
Solid Rock




mercoledì 26 giugno 2024

Strawbs: l'ultimo album con Rick Wakeman-"From the Witchwood"

 

Album: From the Witchwood

Artista: Strawbs

Pubblicazione: luglio 1971

Genere: Folk rock

Etichetta: A&M Records (AMLH 64304)

Produttore: Tony Visconti

 

Gli Strawbs, band britannica di rock progressivo e folk rock attiva dagli anni '60, hanno prodotto molti album di grande qualità nel corso della loro carriera. Uno dei loro lavori più celebri è il terzo, "From the Witchwood", pubblicato dalla A&M Records nel luglio del 1971. Il disco fu registrato nel febbraio e marzo 1971 all'Air Studios di Londra

"From the Witchwood" è un disco che cattura perfettamente l'essenza del suono distintivo degli Strawbs. L'album presenta un mix ben bilanciato tra elementi di folk rock e rock progressivo, con testi ricchi di immagini suggestive e melodie accattivanti, una dimostrazione di abilità nell'intrecciare diverse influenze musicali in un'unica opera coesa.

L'apertura dell'album con la traccia "A Glimpse of Heaven" è un perfetto esempio di ciò che gli Strawbs riescono a fare. La canzone inizia con un'atmosfera delicata e acustica, ma si sviluppa gradualmente in un crescendo epico, grazie all'aggiunta di strumenti e arrangiamenti più complessi. Questa progressione è un elemento ricorrente nell'intero album, creando un senso di avventura e scoperta musicale per l'ascoltatore.

Altri punti salienti dell'album includono "The Hangman and the Papist" e "Autumn", che mostrano le doti compositive della band nel creare melodie coinvolgenti e testi profondi. "The Hangman and the Papist" in particolare è una canzone potente e drammatica, che affronta tematiche legate alla giustizia e alla vendetta.

Gli arrangiamenti strumentali di "From the Witchwood" sono un elemento cruciale che rende l'album affascinante. La band utilizza una varietà di strumenti - chitarre acustiche ed elettriche, tastiere, flauti e violini - per creare una gamma di suoni e atmosfere uniche. Questo contribuisce a dare all'album una dimensione sonora ricca e piena, che si sposa perfettamente con i testi e le melodie.

"From the Witchwood" è un album notevole, che merita sicuramente di essere ascoltato. La combinazione di folk rock e rock progressivo, unita a testi ben scritti e arrangiamenti impeccabili, rende questo lavoro un classico del genere.

L'album è il terzo e ultimo album che include Rick Wakeman, compresa la sua apparizione come musicista turnista nell'album del 1970 “Dragonfly”.

L'illustrazione della copertina era "La Visione di san Girolamo”, un arazzo della collezione reale spagnola.

Ascolto consigliato, magari da un click sulle tracce a seguire

 

Tracce 

Lato A

A Glimpse of Heaven – 3:50 (Dave Cousins)

Witchwood – 3:20 (Dave Cousins)

Thirty Days – 2:50 (John Ford)

Flight – 4:25 (Richard Hudson)

The Hangman and the Papist – 4:10 (Dave Cousins)

Lato B

Sheep – 4:15 (Dave Cousins)

Canon Dale – 3:40 (Richard Hudson)

The Shepherd's Song – 2:50 (Dave Cousins)

In Amongst the Roses – 3:45 (Dave Cousins)

I'll Carry on Beside You – 3:10 (Dave Cousins)

 

Da sinistra a destra: Dave Cousins, Tony Hooper, Rick Wakeman, John Ford and Richard Hudson


Musicisti

Dave Cousins – voce, chitarra, banjo, dulcimer, recorder tenore

Tony Hooper – voce, autoharp, tamburello, chitarra

Rick Wakeman – organo, celeste, clarinetto, pianoforte, pianoforte elettrico, sintetizzatore moog, clavicembalo, mellotron

John Ford – voce, basso

Richard Hudson – voce, batteria, sitar





martedì 25 giugno 2024

La bellezza di "The Cinema Show" (Genesis)

 

Esistono trame musicali che, indipendentemente dal loro valore intrinseco - spesso difficile da decodificare -, regalano sensazioni difficili da spiegare a parole. E infatti, nemmeno ci provo a raccontare che cosa mi procura la seconda parte di “The Cinema Show”! Di sicuro tanto… tanto bene, a raffica, ad ogni ascolto e in ogni possibile versione: approfondiamo… in modo più serioso!

"The Cinema Show" è una canzone dei Genesis, inclusa nell'album "Selling England by the Pound", del 1973. È un brano epico e complesso che mostra il talento compositivo e l'abilità strumentale della band. La canzone è divisa in diverse sezioni che si fondono armoniosamente, creando un'esperienza musicale coinvolgente e avvincente.

La canzone si apre con un'introduzione strumentale che crea un'atmosfera misteriosa e suggestiva. Successivamente, entra in scena la voce di Peter Gabriel, che trasmette una gamma di emozioni attraverso le sue capacità vocali eccezionali.

Gabriel racconta una storia complessa e surreale, creando immagini vivide con le sue liriche poetiche.

Una delle parti notevoli della traccia è rappresentata da un lungo e intricato assolo strumentale. I membri della band dimostrano il loro virtuosismo e la loro capacità di improvvisazione - apparente -, creando un'intensa interazione tra tastiere, chitarra, basso e batteria. Questa sezione è un vero e proprio trip musicale che cattura l'ascoltatore e lo trasporta in un viaggio sonoro emozionante. Ed è quella che… mi uccide!

Il pezzo si sviluppa attraverso diverse atmosfere e cambiamenti di tempo, creando un senso di suspense e dinamicità. Le melodie sono accattivanti e le armonie vocali sono curate e coinvolgenti.

La produzione dell'album è di alta qualità, consentendo a ogni strumento di risaltare e creando un suono bilanciato e immersivo, con la cura di ogni dettaglio sonoro e lo spazio di luce per ogni singolo strumento.

"The Cinema Show" è considerato un capolavoro della musica progressive rock. La sua complessità musicale, le liriche evocative e le performance strumentali superbe ne fanno un brano che merita di essere ascoltato attentamente. È un esempio della maestria e dell'innovazione dei Genesis come band, che hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo del genere prog rock.

Entriamo ora nella particolarità della lirica.

Del testo, scritto da Mike Rutherford e Tony Banks, colpiscono in maniera particolare sia la struttura che i riferimenti interni. Il brano è infatti suddiviso in due parti che si distinguono fra di loro proprio per le allusioni che contengono.  Lo stacco che vi è fra una sezione e l’altra è abbastanza chiaro, con la prima che vede come protagonisti Romeo e Giulietta, e la seconda Tiresia. Sembra che Mike e Tony siano stati influenzati dalla poesia “The Waste Land”, di T.S. Elliot, con particolare attenzione alla terza sezione, “The Fire Sermon”, giocata appunto, sulla figura di Tiresia, colui che è stato sia uomo che donna.

Le due sezioni su citate si caratterizzano anche per una suddivisione di tipo musicale. Se la prima parte ha una melodia segnata dal suono e dall’incrocio di due chitarre a dodici corde, la seconda ha invece un articolato assolo di tastiera costruito da Tony Banks.

Con “The Cinema Show” siamo davanti alla ripresa di uno dei temi più cari ai Genesis, quello mitologico, che a sua volta si cuce molto bene con quello della prima sezione perché riprende in un certo qual modo il rapporto fra la figura maschile e quella femminile, vista la particolare storia di Tiresia. I riferimenti alla terra e al mare che si ritrovano in alcune strofe, infatti, alludono rispettivamente all’uomo e alla donna.

Ascoltiamo il brano in due differenti versioni, una antica e la seconda proposta recentemente on stage da Steve Hackett e la sua band. 

Album: Selling England by the Pound

Artista: Genesis

Data di uscita: 1973 

 

Liryc

Home from work our Juliet

Clears her morning meal

She dabs her skin with pretty smell

Concealing to appeal

I will make my bed

She said, but turned to go

Can she be late for her cinema show?

Romeo locks his basement flat,

And scurries up the stair.

With head held high and floral tie,

A weekend millionaire.

I will make my bed

With her tonight, he cries.

Can he fail armed with his chocolate surprise?

Take a little trip back with father Tiresias,

Listen to the old one speaks of all he has lived through.

I have crossed between the poles, for me there's no mystery.

Once a man, like the sea I raged,

Once a woman, like the earth I gave.

But there is in fact more earth than sea. 

Take a little trip back with father Tiresias,

Listen to the old one speaks of all he has lived through.

I have crossed between the poles, for me there's no mystery.

Once a man, like the sea I raged,

Once a woman, like the earth I gave.

But there is in fact more earth than sea.

 

Writer(s): Peter Gabriel, Anthony Banks, Phil Collins, Steve Hackett, Michael Rutherford

 

lunedì 24 giugno 2024

Quella volta che Bobby Solo incontrò Jeff Beck

Bobby Solo, Jeff Beck e The Yardbirds

Un anno fa è venuto a mancare un musicista geniale, Jeff Beck.

Impossibile collegarlo ad una sola situazione musicale, ma certamente i The Yardbirds gli sono rimasi appiccicati, gruppo inglese che fece anche un’apparizione al Festival di Sanremo, nel 1966, ma… Beck non era presente.

Nel video a seguire scopriremo il perché!

Molto bello il contributo di Bobby Solo che, con il suo fare un po' gigionesco, induce a non prenderlo troppo sulserio, ma è stato un innovatore, e di musica ne sa… assai.

I segni dell’età si vedono sul viso, ma la memoria è molto vivida e il suo pensiero è davvero significativo…

 






domenica 23 giugno 2024

Gli Steppenwolf e la loro "Born to Be Wild"

 


La visione di questa antica e godibile versione di “Born to Be Wild” mi porta a rispolverare una band storica, gli Steppenwolf…


Steppenwolf è stato un gruppo rock canadese naturalizzato statunitense, attivo dal 1968 al 1972. Si formarono alla fine del 1967 a Los Angeles per opera del cantante John Kay, dal tastierista Goldy McJohn e dal batterista Jerry Edmonton (tutti precedentemente nei Jack London & the Sparrows di Oshawa, Ontario). Il chitarrista Michael Monarch e il bassista Rushton Moreve furono reclutati attraverso avvisi affissi nei negozi di dischi e strumenti musicali dell'area di Los Angeles.

Gli Steppenwolf hanno venduto oltre 25 milioni di dischi in tutto il mondo, hanno pubblicato otto album d'oro e 12 singoli entrati nella Billboard Hot 100, di cui sei sono stati top 40 hits, tra cui tre top 10 successi: "Born to Be Wild", "Magic Carpet Ride" e "Rock Me".

Il successo mondiale si scontrò con le personalità contrastanti dei membri del gruppo e ben presto si arrivò alla fine della formazione principale.

Le varie reunion e i progetti collaterali non aggiungo nulla alla, comunque, prestigiosa storia degli Steppenwolf!







sabato 22 giugno 2024

Il nuovissimo singolo di Jon Anderson "Shine On"

 

Jon Anderson pubblicherà ad agosto il nuovo album TRUE, registrato con la band The Band Geeks

 

Shine On è il primo brano tratto dal prossimo album di Anderson, TRUE, che uscirà il 23 agosto attraverso la sua nuova etichetta discografica, la Frontiers Records.

Registrato con The Band Geeks, con cui Anderson ha girato l'America negli ultimi due anni, Shine On è stato prodotto da Anderson e dal bassista e direttore musicale dei Band Geeks Richie Castellano (anche membro dei Blue Oyster Cult).

TRUE è stato descritto dalla nuova etichetta di Anderson come "una raccolta di canzoni che si rifà ai classici suoni degli Yes degli anni '70 e al loro successo dell'album 90125", e contiene una traccia di 16 minuti e mezzo chiamata Once Upon A Dream.

Anderson è in tour per tutta l'estate in Nord America con The Band Geeks nel loro tour Yes: Epics, Classics and More. A seguire le date, per chi si trovasse da quelle parti!


Jon Anderson: Yes: Epics, Classics and More tour 

Jun 13: Chicago Copernicus, IL

Jun 15: St. Louis, MO

Jun 18: Greensburg Palace Theater, PA

Jun 20: Hershey Hershey Theatre, PA

Jun 22: Concord Capitol Center for the Arts, NH

Jun 25: Boston Shubert Theatre, MA

Jun 27: Ridgefield Ridgefield Playhouse, CT

Jul 21: Patchogue Great South Bay Music Festival, NY

Jul 24: Nashville Ryman Auditorium, TN*

Jul 27: Peachtree City Frederick Brown Jr. Amphitheatre, GA

Jul 30: Camdenton Ozarks Amphitheater, MO*

Aug 02: Bonner Springs Azura Amphitheater, KS*

Aug 04: La Vista The Astro Outdoors, NE*

Aug 07: Waite Park The Ledge Amphitheater, MN*

Aug 10: Denver Paramount, CO

Aug 14: Phoenix Celebrity Theatre, AZ

Aug 16: Thousand Oaks Performing Arts Center, CA

Sep 13: Glenside Keswick Theatre, PA

Sep 15: Glenside Keswick Theatre, PA

 

* Special guests The Return of Emerson, Lake & Palmer





venerdì 21 giugno 2024

Il 21 giugno del 1948 nasceva il primo 33 giri della storia della musica

 

Negozio di dischi Sperati-Savona-anni'60

Il 21 giugno del 1948 nasceva il primo 33 giri della storia della musica. L'introduzione del nuovo supporto si deve al lavoro della Columbia Records che manda di fatto in pensione il vecchio 78 giri, dando il via ad un nuovo capitolo del mercato discografico, che durerà fino alla fine degli anni Ottanta.

Il 33 giri, rispetto al suo predecessore, ha una migliore qualità del vinile e durata. Sono questi i motivi che fanno sì che il nuovo supporto soppianti progressivamente il 78 giri.

Il nome del 33 giri, conosciuto anche come Long playing (Lp), deriva dal fatto che la sua velocità di rotazione è di circa 33 giri al minuto. Per la precisione 33 giri e un terzo, l'equivalente di 100 giri completi ogni tre minuti.

Ogni vinile 33 giri ha due facciate, ognuna delle quali può riprodurre fino a 30 minuti di contenuto musicale. La durata può aumentare anche fino a 40 minuti per lato, ma ciò implica una qualità sonora leggermente inferiore

Gli ingegneri della Columbia Records cominciano a lavorare al nuovo supporto a partire dal 1939, proprio con l'obiettivo di estendere la durata del vecchio 78 giri, che ha un tempo di riproduzione di massimo 20 minuti.

Lo scoppio del secondo conflitto mondiale rallenta per ovvie ragioni lo sviluppo del nuovo supporto musicale, ma la fine della guerra permette al team della Columbia Records guidato dall'ingegner Peter Carl Goldmark di risolvere le ultime criticità tecniche.

Il 33 giri viene, quindi, finalmente lanciato sul mercato segnando una svolta epocale per il mondo della musica e mandando in soffitta il 78 giri inventato nel lontano 1894. Con il nuovo supporto viene anche introdotto l'acronimo Lp (Long playing), che verrà utilizzato in futuro anche per i Cd.

La presentazione ufficiale del 33 giri va in scena il 21 giugno del 1948 presso il Waldorf Astoria Hotel di New York City. Sarà un successo che resisterà anche all'uscita del 45 giri di un anno più tardi.

La diffusione del 33 giri non verrà scalfita nemmeno dall'arrivo delle musicassette nel corso della metà degli anni Sessanta.

Nel 1978 vengono venduti in tutto il mondo circa un miliardo di dischi 33 giri. Si tratta dell'anno che segna il massimo successo di questo supporto.

L'incisione sul disco del 33 giri avviene attraverso la tecnica del microsolco che consente al supporto di contenere più informazione e, di conseguenza, prolungarne la durata. 

La riproduzione degli Lp 33 giri avviene tramite una puntina - che può essere in diamante o zaffiro - dei giradischi, che trasmette ad un complesso elettromagnetico le irregolarità del solco sul disco.

Sui 33 giri sono stati incisi alcuni dei più famosi brani nella storia della musica e successi commerciali che hanno segnato intere generazioni, come "Hot Stuff" di Donna Summer del 1979 (nella foto la copertina originale).

La diffusione su larga scala del 33 giri viene progressivamente ridimensionata dall'avvento del compact disc verso la fine degli anni Ottanta.

Gli Lp, pur non essendo più un supporto di massa, sono comunque sopravvissuti come prodotto di nicchia e da collezione per gli appassionati.







giovedì 20 giugno 2024

giugno Glanstonbury Festival - 1971



Somerset, 20-24 giugno 1971

Qualcuno pensava che gli anni ’60 fossero finiti? Programmato in coincidenza con il solstizio d’estate, il secondo Glanstonbury Festival attirò 12.000 appassionati che sciamarono verso l’Inghilterra occidentale in cerca di nudismo, sesso, droga e spiritualità, al suono di Arthur Browne’s Kingdom Come, David Bowie, Quintessence, Hawkwind, Traffic, Melanie e Fairport Convention.
Fu sicuramente la più idilliaca fra le prime edizioni dell’evento. Al momento di ritirarsi nelle proprie tende, piantate nei boschi vicini, a nessuno dei presenti veniva in mente che, dopo Altamont e dopo Manson, le cose potessero essere cambiate. Almeno nella valle di Avalon, gli anni ’70 continuavano a tenere vivi i sogni dell’era Hippie.
Non c’era un vero addetto al palco e seguire la scaletta era un casino. Era poco professionale, ma nel 1971 funzionava così. Ecco perché David Bowie suonò alle quattro e mezza del mattino anziché la sera precedente, prima dei Traffic. Per fortuna il sole stava sorgendo proprio in quel momento: era l’alba del solstizio. Fu un momento davvero speciale.”
John Coleman, organizzatore.

“Si trattò del primo festival a indirizzo totalmente spirituale e in cartellone c’erano anche i Gong, all’epoca gruppo di sconosciuti arrivati dalla Francia. Per quanto fossi stato espulso dall’Inghilterra, riuscimmo a fare la traversata da Dieppe, una mattina presto, con un furgone francese senza libretto di circolazione e un ‘immagine del Buddha sulla mia foto del passaporto. “Il posto consisteva in una gigantesca distesa di campi punteggiata da qualche fattoria. C’era un’enorme piramide in costruzione ( il palco…) e in lontananza si percepiva la presenza solenne e minacciosa del Picco di Glastonbury.


Nel 1970 venne approvata la “Legge dell’Isola di Wight” per proibire tutti i festival… fino al 2002.

Glanstonbury Festival

Gilli (Smith, la cantante dei Gong) e io trascorremmo la prima notte in un posto umido e soffocante con una copertura di plastica che grondava acqua di condensa. Dormii a fatica, in uno stato di umida semincoscienza, fino a che non percepii distintamente una voce che intonava la più bella canzone che avessi mai ascoltato. Un’esperienza da togliere il fiato. Mi lasciai trasportare da tanta meraviglia e in me si produsse un senso di estasi simile a un lento ma inesorabile orgasmo spirituale. Poi tutto finì e mi ritrovai sveglio e seduto in una tenda fradicia sul sacro suolo di Avalon. Scoprii poi che all’alba aveva cantato e suonato un certo David Bowie a me sconosciuto. Tempo dopo mi procurai un nastro con la sua serenata al sorgere del sole, ma non c’era nulla di simile a quanto avevo sentito. Che fosse proveniente dall’interno del mio corpo? Un mistero…
“I Gong avrebbero dovuto suonare a metà pomeriggio, ma il destino giocò in nostro favore. Salimmo sul palco con un paio d’ore di ritardo e poca gente ad ascoltarci. Dopo una decina di minuti, mentre ci stavamo producendo in un robusto crescendo ritmico, l’amplificazione si guastò. Quando ricominciammo era l’ora magica del tramonto ed eravamo avvolti dalle luci soffuse del palco. Un attimo dopo, alzando gli occhi, vidi un migliaio di persone che dalla collina scendevano in fila verso di noi, come se seguissero un pifferaio magico. Tutti ballavano e saltavano sulle note di quello strano gruppo francese chiamato “Gong”. Dallo spazio luminescente del palco a piramide fu una visione emozionantissima. Finimmo il nostro concerto sotto gli ultimi raggi di sole salutati da un applauso caldo e prolungato, tipico di quando entra in gioco un reciproco e stimolante riconoscimento spirituale. Ero tornato nella Terra delle mie Madri… “
Daevid Allen, Gong

Mark Paytress-“Io c’ero”

La storia (italiano)







mercoledì 19 giugno 2024

"Pink Moon" di Nick Drake: la canzone e l'album

Vorrei soffermarmi su di una canzone singola, “Pink Moon” di Nick Drake, meravigliosa e super conosciuta per effetto di una pubblicità in particolare, ma forse abbinata ad altre “necessità comunicative”.

"Pink Moon" è anche il titolo dell'album uscito nel 1972, che contiene la traccia omonima come titolo di apertura.

Stiamo parlando di una canzone acustica caratterizzata da una melodia semplice e un testo evocativo, famosa per il suo stile minimalista e l'intensità emotiva che trasmette. È diventata una delle canzoni più conosciute e amate di Nick Drake, ed è stata utilizzata in diverse produzioni cinematografiche e pubblicitarie nel corso degli anni, guadagnando un maggior riconoscimento postumo per l'artista.

Ho trovato un commento al brano che mi ha fatto sognare, come e più della canzone:

La ascolto tutte le sere, dieci minuti dopo aver timbrato il cartellino di fine lavoro. Guido per le strade di campagna ringraziando Dio di essere tornato a casa sano e salvo ogni notte. Questa canzone significa per me profondità. Non importa quanto sia stato brutto il turno, quante cose siano andate storte, anche le più semplici. Io sorrido sempre perché la canzone mi ricorda che ho superato un altro giorno.


L'ho visto scritto e l'ho visto dire

La luna rosa è in arrivo

E nessuno di voi è così alto

La luna rosa vi prenderà tutti

Ed è una luna rosa

Sì, una luna rosa

 

Beh, proviamo ad ascoltarla!

 


Si sente spesso parlare di Nick Drake, genio/malato/sfortunato, cantautore mancato giovanissimo.

Una sintesi della sua storia…

Nick Drake è stato un cantautore britannico nato il 19 giugno 1948 e morto il 25 novembre 1974. Nonostante la sua breve carriera e la scarsa notorietà durante la sua vita, Drake è diventato un’icona della musica folk e ha influenzato molti artisti successivi.

Drake è conosciuto per le sue canzoni intime e malinconiche, caratterizzate da una chitarra acustica delicata e un’estetica poetica. I suoi album più noti includono Five Leaves Leftdel 1969, “Bryter Layter” del 1970 e “Pink Moon” del 1972. Nonostante il suo talento musicale, Drake lottò con problemi di salute mentale e depressione, e si ritirò dalla scena musicale poco prima della sua morte all’età di soli 26 anni. La sua musica ha guadagnato popolarità e apprezzamento postumo, e viene spesso citata come un esempio di genio misconosciuto.


Scopriamo qualcosa in più dell’album…

 

 Nick Drake- "Pink Moon” 

Island Records

25 febbraio 1972

"Pink Moon" è il terzo e ultimo album in studio di Nick Drake, pubblicato nel 1972, ed è considerato uno dei capolavori più intimi e influenti nella storia della musica folk. 

Con soli 28 minuti di durata, rappresenta un'esperienza musicale compatta, ma intensa. È un lavoro minimalista, caratterizzato principalmente dalla voce di Drake accompagnata dalla sua chitarra acustica. L'album è stato registrato in pochi giorni, conferendo un'atmosfera intima e spontanea alle registrazioni.

Le canzoni sono intrise di malinconia e tristezza, e affrontano temi come l'isolamento, la solitudine e la fragilità dell'esistenza umana. Le liriche di Drake sono profonde, introspettive e poetiche, con un'economia di parole che amplifica l'impatto emotivo delle sue canzoni. La sua voce delicata si fonde perfettamente con la melodia malinconica della chitarra, creando un'atmosfera struggente e intima.

Il titolo dell'album è tratto dalla canzone omonima che apre il disco. È un brano iconico che cattura immediatamente l'ascoltatore con la sua semplice bellezza e la sua melodia coinvolgente. Altri pezzi notevoli includono "Place to Be" e "Road", che esplorano sentimenti di alienazione e ricerca interiore.

"Pink Moon" non ha ricevuto un grande successo commerciale all'epoca della sua uscita, ma nel corso degli anni ha guadagnato un seguito devoto di appassionati grazie alla sua profondità emotiva e alla sua qualità musicale senza tempo, ed è un album che merita di essere ascoltato attentamente, lasciandosi catturare dalla bellezza malinconica delle sue canzoni.

È cosa certificata che abbia lasciato un'impronta indelebile nella storia della musica folk.

Tracce (cliccare sul titolo per ascoltare)

Testi e musiche di Nick Drake


Lato A

Pink Moon – 2:00

Place to Be – 2:39

Road– 1:58

Which Will – 2:56

Horn – 1:19

Things Behind the Sun – 3:23

Lato B

Know – 2:23

Parasite – 3:30

Free Ride – 2:57

Harvest Breed – 1:00

From the Morning – 2:25


Qualcuno ha scritto a proposito del disco:

Mi piace pensare a tutto questo come un esempio del perché la musica registrata è una forma d'arte così importante. Questo album mi ha fatto provare delle forti emozioni, che non riesco ad esprimere a parole, ma è per me uno stato tangibile. Se sei un creatore di qualsiasi tipo, che tu sia un poeta, un pittore o un cantante, ti esponi, ma è facile dimenticare perché l'arte è così preziosa. Medici, vigili del fuoco, cuochi e insegnanti svolgono mestieri nobili, importanti linee di lavoro, e sono le persone che ci tengono in vita. Tuttavia, gli artisti come Nick Drake sono le persone che rendono la vita degna di essere vissuta, e questo è altrettanto importante.

Sono dispiaciuto del fatto che Nick Drake sia morto così giovane, ma sono contento che possiamo ancora sperimentare la sua musica e del senso di pace che produce.”

“Nick Drake, il Van Gogh della musica, giovane timido rifiutato durante la sua vita, ma diventato estremamente influente dopo la sua morte. La sua musica è come quei dipinti, quelli di Van Gogh, colorata, calda e piacevole”.