mercoledì 31 gennaio 2024

Il mistero di Stairway to Heaven



Stairway to Heaven è uno dei brani più famosi dei Led Zeppelin ed è contenuto in “Led Zeppelin IV”. La canzone, acclamata per la sua composizione, è stata anche bersagliata per un presunto contenuto di messaggi subliminali di matrice satanica. Secondo alcune interpretazioni un verso della canzone, ascoltato al contrario, conterrebbe un inno demoniaco.
Il testo ascoltato nel senso normale già alluderebbe al bifrontismo delle parole. Dice infatti: "Cause you know sometimes words have two meanings" ("Perché come sai a volte le parole hanno due significati").
Se poi il brano viene ascoltato al contrario, sembra che “La scala per il paradiso” porti direttamente all’inferno. Vi è un messaggio nascosto nella canzone al rovescio e questo fenomeno è chiamato backward masking. Non siamo davanti a delle parole sensate casuali che messe insieme non conducono ad alcun significato, ma di vere e proprie frasi di senso compiuto e grammaticalmente corrette. Questa è da sempre l’accusa più grave e celebre che i Led Zeppelin si sono guadagnati.


Il luogo in cui fu creata "Stairway to Heaven"

In realtà non vi è alcuna prova che i Led Zeppelin abbiano volutamente fatto passare questi messaggi "al contrario" con la tecnica del backmasking, e probabilmente si tratta di uno dei tanti casi di pareidolia acustica della storia del rock, poiché altresì non esiste prova che i messaggi nascosti siano stati inseriti volutamente. Page negò sempre queste dicerie. Robert Plant affermò in una intervista: "To me it's very sad, because Stairway to Heaven was written with every best intention, and as far as reversing tapes and putting messages on the end, that's not my idea of making music" ("Per me è veramente triste, perché Stairway to Heaven fu scritta con le migliori intenzioni, e per quanto riguarda messaggi registrati al contrario, non è la mia idea di fare musica").
Ecco il tratto incriminato ascoltato in  backward: si può sentire distintamente il seguente messaggio: “So here's my sweet Satan, the one whose little path won't make me sad, whose power is Satan. He will give the growth giving you six-six-six. There was a little tool shed where he made us suffer, sad Satan.”


Traduzione: “Ecco il mio dolce Satana, (l’unico) la cui piccola via non mi renderà mai triste e di cui il potere è Satana. Lui darà il progresso dandoti il sei-sei-sei. C’era un piccolo capanno degli attrezzi dove ci faceva soffrire, triste Satana.”

Il mistero e il fascino hanno un legame molto stretto…

lunedì 29 gennaio 2024

L'ultimo progetto della Banda Venturi: scopriamolo nell'articolo





 Banda Venturi-“L’amore al tempo della Lira”

PMS Studio

EDIZIONI BMRG Srl

 

Banda Venturi propone l’album “L’amore al tempo della Lira”, titolo icastico, che lascia intravedere molti dei contenuti. Accade. Esistono incipit criptici, che spingono alla scoperta di ciò che si nasconde dietro una copertina e sollecitano la curiosità; e poi ci sono denominazioni che, associate ad un personaggio conosciuto, regalano qualche certezza.

Il “personaggio” a cui faccio riferimento è Gianni Venturi, musicista che ho conosciuto personalmente e che seguo dal 2012, quando la sua necessità artistica del momento lo spingeva verso lidi ... progressivi.

Mano a mano che i suoi progetti si succedono - e sono tanti e variegati - avverto forte il suo bisogno di un ritorno alle radici, un concetto che conosco bene perché colpisce anche lo scrivente e molte delle persone che lo circondano.

Tutto il bello che emerge da lavori come “L’amore al tempo della Lira” mi pare correlato alla maturità, quello stato a cui tutti - o quasi - prima o poi arrivano, e che propone come altra faccia della medaglia il termine libertà.

Libertà di pensiero, di mostrare sentimenti un tempo accuratamente celati, di calcare i sentieri più disparati senza pudore alcuno.

Un commento ad un album, a mio giudizio, dovrebbe evidenziare ciò che l’ascolto ha generato, un sunto molto soggettivo a cui unire aspetti tecnici e informazioni obiettive, e in questa ottica mi piace mettere in rilievo ciò che il disco mi ha lasciato.

Facile immedesimarsi. Facile per me estrapolare il concetto di felicità, abusato e confuso con quello più realistico che prende il nome di serenità.

La felicità porta a momenti che ti levano il respiro, attimi che possono nascere da differenti situazioni, ma che sicuramente sono legati al concetto di amore: l’arrivo di un figlio, la nascita di un rapporto di coppia, la bellezza che deriva dalla mera contemplazione di un’opera d’arte, di un’atmosfera, del viso di una donna o di un uomo.

Nei dieci brani proposti da Banda Venturi ho trovato tutto questo, ho ritrovato la mia storia e ho pensato a quanto sia bello poter cristallizzare memoria e vicende in arte permanente. Gli amori raccontati da Gianni Venturi and friends sono quelli di tutti, ma soprattutto delle persone semplici e virtuose, quelle che riescono a prendere atto che nella vita esistono priorità che ci accompagnano ed uniscono, lungo il percorso che ci è concesso.

L’ambientazione riporta ad una grande balera, dove la fisarmonica domina, il tango imperversa, le danze spingono a luoghi di periferia, mentre il menestrello raggiunge il punto nobile del palco e racconta le sue storie: così nascono amori impossibili, incontri da toccata e fuga, legami lunghi una vita, gioie esplosive della durata di un’ora o… per sempre.

E ad ogni rottura il dolore, il polo contrapposto alla felicità, un malessere che solo un altro amore può scacciare definitivamente.

Esiste un rifugio dove trovare conforto incondizionato? La famiglia, quella che rappresenta il porto sicuro e il punto di riferimento per un tempo infinito.

A proposito di famiglia, nel suo viaggio Gianni Venturi è accompagnato in veste autorale da Raffaele Montanari, ma leggendo le note del comunicato vedo la presenza di altri due “Venturi”, Maurizio e Valerio, che non conosco, ma immagino rappresentino quegli affetti che non si possono mettere in secondo piano.


Leggendo le note biografiche a seguire, il team al lavoro prenderà la sua connotazione totale.

Segnalo il brano/video “Devi volerti bene”, dedicato alle donne, un messaggio di amore e di rispetto fruibile al seguente link:

 

https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2024/01/banda-venturi-devi-volerti-bene.html

Un grande album, un argomento che da sempre alimenta le canzoni, un iter narrativo unico. Nel mio ascolto solitario registro un accenno di lacrima… come scrivevo poc’anzi, nessuno pudore ormai può essere ostacolo alla rappresentazione dei miei sentimenti!

 

Dice Gianni Venturi…

L’album contiene 10 Brani, alcuni trattano l’amore, un amore con cicatrici, segnato dal tempo, un amore però oltre il tempo, perché le emozioni non hanno età. Altri brani sono lo specchio dell’anima gitana, parlano della memoria, del senso di colpa, degli abbracci trattenuti e i baci sospesi. 


Biografia

Una band di diversamente giovane, anche se appaiono evidenti le cicatrici della vita, come è normale che sia, ma il cuore, il cuore è privo di rughe, e la mente naviga in un universo senza tempo. L’anima della Madre Gitana, attraversa la loro composizione e la loro vita, senza radici apparenti, la vera radice è il viaggio, la ricerca. La fisarmonica del Padre ed il loro tango hanno riempito di musica ogni attimo di dolore trasformandolo in note. Hanno conosciuto la balera, hanno danzato la musica della balera, lustrini e balli di un altro tempo, hanno conosciuto l’amore con le sue lacrime ed i suoi sorrisi. Ognuno dei fratelli ha seguito il suo percorso, ma era destino che si ritrovassero tra queste note, in questo disco che parla di loro e di chiunque ci si riconosce! “L’Amore al tempo della Lira” è un disco profondo, epico, un disco innamorato dell’amore. In questo viaggio sono stati accompagnati da un fratello in musica: Gigi Cavalli Cocchi, batterista storico di Ligabue, e dei CSI, come loro diversamente giovane, zingaro percussivo. E Manuela Turrini che dalla balera, è arrivata al Tango navigando nel mare intenso della musica dell’anima.

 

BRANI

1. Tutto l’amore che ho dentro

2. Carezze

3. Devi volerti bene

4. Castelli di nebbia

5. Le rose di maggio

6. Il suonatore e la ballerina

7. Lo spioncino della notte

8. L’amore al tempo della Lira

9. Salvami

10. La mia famiglia

 

Link digital store:

 https://fanlink.to/lamorealtempodellalira





Banda Venturi-“L’amore al tempo della Lira”



 Banda Venturi-“L’amore al tempo della Lira”

PMS Studio

EDIZIONI BMRG Srl

 

Banda Venturi propone l’album “L’amore al tempo della Lira”, titolo icastico, che lascia intravedere molti dei contenuti. Accade. Esistono incipit criptici, che spingono alla scoperta di ciò che si nasconde dietro una copertina e sollecitano la curiosità; e poi ci sono denominazioni che, associate ad un personaggio conosciuto, regalano qualche certezza.

Il “personaggio” a cui faccio riferimento è Gianni Venturi, musicista che ho conosciuto personalmente e che seguo dal 2012, quando la sua necessità artistica del momento lo spingeva verso lidi ... progressivi.

Mano a mano che i suoi progetti si succedono - e sono tanti e variegati - avverto forte il suo bisogno di un ritorno alle radici, un concetto che conosco bene perché colpisce anche lo scrivente e molte delle persone che lo circondano.

Tutto il bello che emerge da lavori come “L’amore al tempo della Lira” mi pare correlato alla maturità, quello stato a cui tutti - o quasi - prima o poi arrivano, e che propone come altra faccia della medaglia il termine libertà.

Libertà di pensiero, di mostrare sentimenti un tempo accuratamente celati, di calcare i sentieri più disparati senza pudore alcuno.

Un commento ad un album, a mio giudizio, dovrebbe evidenziare ciò che l’ascolto ha generato, un sunto molto soggettivo a cui unire aspetti tecnici e informazioni obiettive, e in questa ottica mi piace mettere in rilievo ciò che il disco mi ha lasciato.

Facile immedesimarsi. Facile per me estrapolare il concetto di felicità, abusato e confuso con quello più realistico che prende il nome di serenità.

La felicità porta a momenti che ti levano il respiro, attimi che possono nascere da differenti situazioni, ma che sicuramente sono legati al concetto di amore: l’arrivo di un figlio, la nascita di un rapporto di coppia, la bellezza che deriva dalla mera contemplazione di un’opera d’arte, di un’atmosfera, del viso di una donna o di un uomo.

Nei dieci brani proposti da Banda Venturi ho trovato tutto questo, ho ritrovato la mia storia e ho pensato a quanto sia bello poter cristallizzare memoria e vicende in arte permanente. Gli amori raccontati da Gianni Venturi and friends sono quelli di tutti, ma soprattutto delle persone semplici e virtuose, quelle che riescono a prendere atto che nella vita esistono priorità che ci accompagnano ed uniscono, lungo il percorso che ci è concesso.

L’ambientazione riporta ad una grande balera, dove la fisarmonica domina, il tango imperversa, le danze spingono a luoghi di periferia, mentre il menestrello raggiunge il punto nobile del palco e racconta le sue storie: così nascono amori impossibili, incontri da toccata e fuga, legami lunghi una vita, gioie esplosive della durata di un’ora o… per sempre.

E ad ogni rottura il dolore, il polo contrapposto alla felicità, un malessere che solo un altro amore può scacciare definitivamente.

Esiste un rifugio dove trovare conforto incondizionato? La famiglia, quella che rappresenta il porto sicuro e il punto di riferimento per un tempo infinito.

A proposito di famiglia, nel suo viaggio Gianni Venturi è accompagnato in veste autorale da Raffaele Montanari, ma leggendo le note del comunicato vedo la presenza di altri due “Venturi”, Maurizio e Valerio, che non conosco, ma immagino rappresentino quegli affetti che non si possono mettere in secondo piano.

Leggendo le note biografiche a seguire, il team al lavoro prenderà la sua connotazione totale.

Segnalo il brano/video “Devi volerti bene”, dedicato alle donne, un messaggio di amore e di rispetto fruibile al seguente link:

 

https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2024/01/banda-venturi-devi-volerti-bene.html

Un grande album, un argomento che da sempre alimenta le canzoni, un iter narrativo unico. Nel mio ascolto solitario registro un accenno di lacrima… come scrivevo poc’anzi, nessuno pudore ormai può essere ostacolo alla rappresentazione dei miei sentimenti!

 

Dice Gianni Venturi…

L’album contiene 10 Brani, alcuni trattano l’amore, un amore con cicatrici, segnato dal tempo, un amore però oltre il tempo, perché le emozioni non hanno età. Altri brani sono lo specchio dell’anima gitana, parlano della memoria, del senso di colpa, degli abbracci trattenuti e i baci sospesi. 


Biografia

Una band di diversamente giovane, anche se appaiono evidenti le cicatrici della vita, come è normale che sia, ma il cuore, il cuore è privo di rughe, e la mente naviga in un universo senza tempo. L’anima della Madre Gitana, attraversa la loro composizione e la loro vita, senza radici apparenti, la vera radice è il viaggio, la ricerca. La fisarmonica del Padre ed il loro tango hanno riempito di musica ogni attimo di dolore trasformandolo in note. Hanno conosciuto la balera, hanno danzato la musica della balera, lustrini e balli di un altro tempo, hanno conosciuto l’amore con le sue lacrime ed i suoi sorrisi. Ognuno dei fratelli ha seguito il suo percorso, ma era destino che si ritrovassero tra queste note, in questo disco che parla di loro e di chiunque ci si riconosce! “L’Amore al tempo della Lira” è un disco profondo, epico, un disco innamorato dell’amore. In questo viaggio sono stati accompagnati da un fratello in musica: Gigi Cavalli Cocchi, batterista storico di Ligabue, e dei CSI, come loro diversamente giovane, zingaro percussivo. E Manuela Turrini che dalla balera, è arrivata al Tango navigando nel mare intenso della musica dell’anima.

 

BRANI

1. Tutto l’amore che ho dentro

2. Carezze

3. Devi volerti bene

4. Castelli di nebbia

5. Le rose di maggio

6. Il suonatore e la ballerina

7. Lo spioncino della notte

8. L’amore al tempo della Lira

9. Salvami

10. La mia famiglia

 

Link digital store:

 https://fanlink.to/lamorealtempodellalira





Ricordando Lally Stott e i Motowns-Cliccare sul "blu" per vedere ed ascoltare... un paio di ore basteranno!

Sono “caduto” casualmente su The Motowns, gruppo musicale beat britannico della seconda metà degli anni Sessanta, noto in Italia come parte della cosiddetta Brit-it invasion. Giunse a Firenze proprio nei giorni dell'alluvione del 1966, nella quale perse la strumentazione e l'impianto di amplificazione. Un buon inizio!

Li ricordo molto bene!


Scoperto e lanciato al Piper Club di Roma dal produttore Alberigo Crocetta, poi scritturato dalla RCA Italiana, il gruppo partecipò al film “L'immensità (La ragazza del Paip's)”, con Don Backy e Patty Pravo. Comparirono poi - direttamente o con brani inseriti nella colonna sonora - in altri film, fra cui Soldati e capelloni (1967) e La più bellacoppia del mondo (di Camillo Mastrocinque, 1967).

La figura più rappresentativa, quella destinata ad avere successo singolarmente, era quella di Lally Stott, cantante, compositore e paroliere; molto attivo in Italia, vantava collaborazioni con diversi produttori e autori, come Franco Micalizzi, per il quale scrisse il testo della sigla del film Lo chiamavano Trinità..., e i fratelli Capuano, insieme ai quali compose diversi brani del gruppo pop Middle of the Road.

Nativo di Prescot, cittadina inglese a circa 10 km da Liverpool all'epoca in Lancashire, fece parte della scena beat del Merseyside e a metà degli anni Sessanta, come già accennato, fu tra i protagonisti dell'invasione musicale britannica in Italia.

A fine decennio, dopo aver lasciato i Motowns, entrò in contatto con Giacomo Tosti, produttore del gruppo scozzese Middle of the Road, per il quale scrisse il testo dell'hit Chirpy Chirpy Cheep Cheep composto dai fratelli Giosy e Mario Capuano, che ebbe grande successo nelle classifiche di Regno Unito, Australia, Italia ed entrò al 92º posto nella Billboard Hot 100.

In collaborazione con Franco Micalizzi, inoltre, compose il testo della title track del film Lo chiamavano Trinità... brano ripreso quarant'anni più tardi nella colonna sonora di Django Unchained di Quentin Tarantino. Per i Middle of the Road scrisse i testi di altri singoli di successo come, tra l'altro, Bottoms Up, Samson and Delilah, Sacramento, Tweedle Dee, Tweedle Dum, tutti nelle Top Ten di una o più classifiche europee all'inizio degli anni Settanta.

Scrisse anche canzoni per sé stesso, come per esempio Jakaranda, in concorso all'ottavo Festivalbar nel 1971 e Sweet Meeny, presentata nella nona edizione della stessa rassegna l'anno dopo, e fu anche presente nella televisione italiana come ospite di trasmissioni musicali.

Per Engelbert Humperdinck scrisse My Summer Song, in seguito ripresa anche da Jerry Reed e i Jigsaw; un'altra sua composizione da lui personalmente interpretata, Good Wishes, Good Kisses, fu impiegata come sigla di testa dello sceneggiato del 1972 La donna di picche, della quadrilogia del tenente Sheridan.

Ma forse il suo brano più conosciuto è stato...

Tornato in Inghilterra, a soli 32 anni rimase vittima di un incidente stradale tra Liverpool e Prescot: il 4 giugno 1977 la sua moto urtò un veicolo proveniente in senso opposto e, a causa delle lesioni a testa e gambe, fu ricoverato dapprima a Whiston e, successivamente, al Walton Hospital di Liverpool dove morì due giorni dopo il sinistro.





domenica 28 gennaio 2024

Mele (GE), 26 gennaio 2024, resoconto della presentazione del libro "Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi"

 


L’ultima presentazione del libro "Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi" (Pintelli/Enrile/De Negri) è andata in scena a Mele (Genova), il 26 gennaio.

A partire dal 25 ottobre in quel di Alba, tappa zero di un progetto itinerante, i luoghi di incontro sono stati i più disparati: librerie, pub, centri culturali.

In fondo, ogni occasione, ogni spazio, ogni luogo, sono adatti per la socializzazione e la condivisione; certo è che trovarsi in un agriturismo, immersi nella natura e in una dimensione rurale, sembrerebbe la location più vicina e idonea all’argomento proposto.

“TUTTO IN FAMIGLIA”, potrebbe essere questa la sintesi di un momento di vita vissuto in un’oasi felice denominata Verdure Naturali ( https://www.facebook.com/verdurenaturali?locale=it_IT), e per comprendere meglio la situazione occorre sottolineare che Roberto Storace, il coordinatore dell’ensemble musicale che accompagna le presentazioni, è stato sino a poco tempo fa docente in  quella zona ligure, ed erano quindi presenti alcuni dei suoi allievi/colleghi.

Ma l’incontro si è potuto realizzare grazie all’accordo tra Roberto e il gestore, Marco Loconte, anch’esso allievo di un tempo non troppo lontano, un uomo che, dopo aver provato l’ebrezza del lavoro nell’industria ha scelto … la libertà.

Non approfondisco perché nel video a seguire è lo stesso Marco a raccontarsi e a mettere in mostra una … parte di corpo che sottolinea il legame tra il mondo di Woodstock e la sua passione, soprattutto quella per Hendrix, lui che, quando Jimi moriva non era ancora nato!

La conduzione ha seguito uno schema ormai consolidato, con immagini sullo schermo utili a unire le parole, e brani musicali proposti in modalità acustica.

Si è registrata una new entry, quella del vocalist Fabrizio Cruciani, cantante dal passato illustre e oggi pronto a divertirsi nel nuovo gruppo, i BECS, composto da Briano Marco, Enrile Athos, Cruciani Fabrizio e Storace Roberto.

Oltre all’esordio di Fabrizio, si segnala l’entrata di un nuovo strumento utile al set acustico, il cajon, una percussione di grande efficacia. Se ne terrà conto per il futuro!

Pubblico attento, partecipativo e grande soddisfazione quando alla fine, parlando con persone appena conosciute, si è avvertito un gradimento sincero, non obbligato dalla situazione.

Sono questi i momenti in cui si allacciano nuove amicizie e si gettano le basi per nuovi progetti, e ci sono buone possibilità che la giornata vissuta a Mele abbia un seguito, e avendo afferrato quale sia la capacità di Marco Loconte di realizzare eventi che in partenza appaiono impossibili, ho la quasi certezza che troveremo il modo per passare, tutti assieme, momenti di grande serenità.

L’epilogo dell’incontro ha visto un cambiamento di scena e di lay out, tutto per fare spazio ad una cena a base di prodotti naturali che hanno pienamente soddisfatto i presenti.

Il Prof Storace, il giorno dopo, ha commentato così…

Ieri abbiamo passato un bellissimo pomeriggio e una bellissima serata all’Agriturismo Verdure Naturali di Marco Loconte e Patrizia.

Per me è sempre una gioia rivederli e riabbracciarli e riabbracciare anche gli altri miei ragazzi, Stefano, Massimo, Fabio, Marco, ora uomini fatti e finiti. Per poco non sono diventato prof anche dei loro figli e mi inorgogliscono quando mi dicono che ci avevano sperato!

So che anche altri miei ex allievi avrebbero voluto esserci, ma il lavoro o problemi familiari l'hanno impedito.

C'era il grande Pierpaolo! E il mio vecchio amico Fabio, appena ritrovato dopo una vita.

Abbiamo raccontato qualcosa dell'incredibile concerto di Woodstock e di quell'anno magico, il 1969. Ci siamo scambiati ricordi, idee, emozioni.

Abbiamo suonato, Athos, Marco, Fabrizio ed io, alcuni capolavori dei C.S.N.&Y.

E abbiamo mangiato tutti insieme alcuni piatti buonissimi, a km zero. Grazie a tutti.

Ma non finisce qui, abbiamo grandi progetti!!!


Ed ora qualche elemento visuale, in attesa di un nuovo episodio...


 





sabato 27 gennaio 2024

Presentazione libro "Woodstock..." di Pintelli/Enrile/De Negri-Savona, Libreria Paoline, 25 gennaio 2024


Il libro "Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi", di Pintelli/Enrile/De Negri, fa tappa alla Libreria Paoline di Savona (ottava occasione a partire dal 25 ottobre e terza nel savonese).

Anche in questo caso a fare da filo conduttore la musica live in acustico, con la proposizione di brani suonati nel corso del festival, in particolare quelli di CSN&Y.

A fare da introduttore/cerimoniere Roberto Fiaschi, gestore della libreria e driver di un progetto ad ampio respiro, le cui assi portanti si possono individuare cliccando sul seguente link:

https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2024/01/gennaio-alla-libreria-paoline-sv-gli.html

La sezione musicale, condotta da Roberto Storace, ha visto la partecipazione di Marco Briano e Athos Enrile.

Ci si aspettava una presenza contenuta, per diversi motivi:

-L’orario (14.30), funzionale all’apertura pomeridiana dell’esercizio ma scomodo per chi lavora.

-La location contenuta nello spazio.

-Il fatto che fosse la terza presentazione realizzata a Savona e dintorni.

Alla fine, si è creato un clima famigliare, con alcune presenze inaspettate, compresi musicofili certificati.

Una nuova occasione per socializzare, utilizzando un argomento che evidenzia un’era passata ma carica di significati, periodo che diventa un piacere analizzare attraverso l’argomento “musica”.

Una nuova strada da perseguire per incontrare vecchi amici e fare nuove conoscenze positive.

E gli incontri proseguono, alla Libreria Paoline e ovunque ci sia la voglia di condividere momenti semplici e sereni.

Un ringraziamento particolare a Paola Bussino che ha condotto la diretta facebook.

A seguire qualche stralcio video realizzato da Giorgio Pinna, che testimonia l’atmosfera del momento…






giovedì 25 gennaio 2024

Ci ha lasciato Melanie, la cantautrice che diventò famosa a Woodstock. Aveva 76 anni.

 

La cantante Melanie, che si era esibita a Woodstock nel 1969 e aveva avuto successo negli anni Settanta con i brani Brand New Key e Lay Down (Candles in the Rain), è morta martedì 23 gennaio. Aveva 76 anni.

Melanie, il cui nome completo era Melanie Safka, ultimamente stava lavorando a un nuovo disco di cover intitolato “Second Hand Smoke”: sarebbe stato il suo trentaduesimo album, secondo quanto dichiarato dalla sua etichetta, Cleopatra. Melanie aveva 22 anni quando si esibì a Woodstock. Nel 2019 aveva dichiarato che era molto nervosa all’idea di esibirsi davanti a centinaia di migliaia di persone al festival al quale parteciparono anche artisti del calibro di Joan Baez, Jimi Hendrix, gli Who e i Grateful Dead. Ha raccontato di aver aspettato ore per esibirsi mentre la sua ansia continuava a salire.

Il terrore continuava a crescere in me”, ha detto. “Il pensiero di esibirmi di fronte a tutte quelle persone e su quell’enorme palcoscenico mi terrorizzava. Poi iniziò a piovere e credetti davvero che tutti si sarebbero alzati e sarebbero andati a casa e pensai… Piove, sono libera, tornerò alla vita di prima. Forse farò l’archeologa, forse mi unirò ai Peace Corps. A quel punto mi dissero… sei la prossima”.

Nata il 3 febbraio 1947 ad Astoria, New York, Melanie studiò presso l’American Academy of Dramatic Arts mentre portava avanti la sua carriera di cantante. Tenne concerti nei bar e nei club folk del Greenwich Village. Nel 1967 incontrò il suo futuro manager, produttore e marito, Peter Schekeryk.

Firmò con la Columbia Records e pubblicò due singoli, “Beautiful People” e “Garden in the City”, ma quando Clive Davis non le permise di registrare un album, secondo i suoi rappresentanti, lasciò l’etichetta per la Buddah Records, che pubblicò il suo LP di debutto. Ma fu Woodstock a darle la grande svolta.

“Lay Down” fu il suo primo successo negli Stati Uniti, seguito da “Peace Will Come”, “What Have They Done to My Song Ma”, “The Nickel Song”, e da una cover di “Ruby Tuesday” dei Rolling Stones. Nel 1971, Billboard la nomina artista femminile con più dischi venduti nell’anno negli Stati Uniti.

Fondò poi la sua etichetta, la Neighborhood Records, la prima indipendente di proprietà femminile nella storia del rock. “Brand New Key”, il suo primo singolo per la Neighborhood, conquistò le classifiche di tutto il mondo. La canzone raggiunse nuove fasce di pubblico diversi anni fa grazie a una pubblicità per le stampanti.

Melanie è diventata portavoce dell’Unicef e ha continuato a pubblicare album a cadenza regolare fino alla morte del marito nel 2010. Tuttavia, ha spesso collaborato con i suoi figli per esibirsi dal vivo e per registrare e produrre speciali concerti casalinghi per la rete. Il suo nuovo album di cover include una versione di “Ouija Board Ouija Board” di Morrissey e “Hurt” dei Nine Inch Nails, tra le altre.

Il messaggio dei figli…

Cari tutti,

questo è il post più difficile da scrivere per noi, e ci sono così tante cose che vorremmo dire, prima, e non c’è un modo facile se non quello di dirlo. Mamma è passata serenamente da questo mondo all’altro il 23 gennaio 2024.

Abbiamo il cuore spezzato, ma vogliamo ringraziare ognuno di voi per l’affetto che provate per nostra madre e dirvi che vi amava tanto! Era una delle donne più talentuose, forti e appassionate dell’epoca e ogni parola che scriveva, ogni nota che cantava lo rifletteva. Il nostro mondo è molto più spento, i colori di un Tennessee uggioso e piovoso impallidiscono per la sua assenza oggi, ma sappiamo che lei è ancora qui, che sorride a tutti noi, a tutti voi, dalle stelle.

Chiediamo che stasera, mercoledì 24 gennaio, alle 22.00 CT, ognuno di voi accenda una candela in onore di Melanie. Alzatele, alzatele in alto, ancora in alto. Illuminate l’oscurità e uniamoci tutti nel ricordo di una donna straordinaria che è stata moglie, madre, nonna, bisnonna e amica di così tante persone. Stiamo organizzando una celebrazione della vita della mamma che sarà aperta a tutti coloro che vorranno venire a festeggiarla. I dettagli saranno resi noti non appena saranno pronti. Ci auguriamo di vedervi lì.

In questo momento vi preghiamo di lasciare a noi, la sua famiglia, un po’ di privacy mentre la piangiamo, la ricordiamo e cerchiamo di capire come muoverci in questo pazzo mondo senza di lei.

Grazie a tutti voi per il vostro amore – avete significato molto per lei.

Amore e pace,

Leilah, Jeordie e Beau Jarred






martedì 23 gennaio 2024

Gentle Giant "Interview" (2023 Steven Wilson Remix)

"Interview" è l'ottavo album in studio registrato dei Gentle Giant, pubblicato il 23 aprile 1976. La formazione era composta da Derek Shulman, Ray Shulman, Gary Green, Kerry Minnear e John Weathers. L'album vedeva anche la partecipazione dello scrittore di Sounds Phil Sutcliffe nel ruolo di intervistatore.

I Gentle Giant avevano da poco completato un anno di tour non-stop in tutta Europa e Nord America per promuovere l'album di grande successo "Free Hand". Nonostante non avesse un reale tempo libero, la band si sentiva incline a scrivere e registrare nuovo materiale, senza pensare troppo al precedente. Questo potrebbe aver influenzato sia la direzione che il mood del nuovo lavoro, concettualmente un po’ cinico. I temi trattati si soffermavano sulla satira allo stato dell'industria musicale dell’epoca, ipotizzando le relazioni tra un gruppo rock e la stampa specializzata, che avrebbe potuto ostacolarne la carriera. Stilisticamente continuò nella vena di "Free Hand", pubblicato l'anno prima, nel 1975.

Con un cameo parlato dello scrittore di Sounds Phil Sutcliffe, il funk-rock della title track "Interview" prende in giro il cliché del giornalismo rock 'n' roll.

Il pluripremiato produttore e musicista Steven Wilson ha remixato "Interview" in Dolby Atmos e audio surround 5.1. Il chitarrista dei Porcupine Tree è stato a lungo un fan della band, citandola come un'influenza primaria sul suo lavoro. La meticolosa attenzione di Wilson ai dettagli, il profondo rispetto per il materiale originale e l'acuta gamma tonale rendono l'album fresco oggi come lo era alla prima pubblicazione.

Oltre ai remix del 2023, il mix stereo originale del 1976, il quad mix originale del 1976, i mix strumentali e le immagini personalizzate per ogni traccia sono tutti inclusi nella versione CD / Blu-ray.

Questo video è stato rimasterizzato e sincronizzato con il remix di Steven Wilson. Originariamente girato alla ITN House nel 1976.




I “ragazzi” della band sono stati messi alla prova con 10 domande rapide sull'album







domenica 21 gennaio 2024

Presentazione libro "Woodstock..." di Pintelli/Enrile/De Negri-Gallarate, 21 gennaio 2024



Come da programma, il tour di presentazioni del libro “Woodstock-Ricordi, aneddoti, sentimenti diffusi", di Pintelli/Enrile/De Negri, fa tappa il 20 gennaio al Mondadori Boockstore di Gallarate.

Ogni appuntamento realizzato sino ad ora - e sono ormai, molti a partire dallo scorso ottobre - ha presentato caratteristiche diverse, sia nel tipo di location che nella realizzazione del “programma di giornata”, anche se esiste un fil rouge che unisce tutti gli episodi: la proposizione di siparietti a base di musica acustica.


In questo caso il musicista di turno è stato il cantautore Marco Ferazzi, che giocava in casa essendo di Gallarate. Giocava sul proprio terreno anche Aldo Pedron, giornalista di lungo corso che ha permesso di allargare gli orizzonti degli aspetti musicali, essendo un grande conoscitore, anche, della musica americana.

E poi, per la prima volta tutti assieme, i tre autori Pintelli/Enrile/De Negri.

Un parterre davvero ricco, così come la summa dei contenuti, e alla fine non è stato sprecato un solo minuto dei centoventi a disposizione, spazio temporale che diventa stretto quando il programma è nutrito e articolato.

La location è risultata perfetta e stratosferica. Mi spiego meglio. Da quando è iniziato il giro di proposte per il pubblico, è nata una sorta di suddivisione organizzativa, in quanto i tre autori vivono in tre città differenti (Parma, Savona e Genova). Librerie, pub, associazioni culturali… ma è indubbio che trovarsi in uno spazio perfettamente organizzato, seguiti da professionisti, e con un pubblico importante, non può che regalare grandi soddisfazioni.

Il Mondadori Bookstore è un luogo multitasking, che prevede una sala dedicata agli eventi, con palco e sistemi audiovisivi avanzati, e questo ha permesso una magnifica accoglienza per autori e pubblico, e il risultato finale è stato un… sold out.



Nulla nasce per caso, e la collaborazione tra Angelo (il “genovese” che lavora a Gallarate!) e Sara (organizzatrice in loco) ha portato a realizzare una giornata memorabile, almeno per chi scrive.

Dal palco è nato un continuo rimbalzo di pensiero dei protagonisti, seguendo le linea guida del file che, in successione, dettava l’argomento.

E poi la musica, quella che ha aperto, chiuso e intervallato ogni tipo di intervento, con uno splendido Ferazzi che si è prestato al gioco e ha rivisitato alcuni brani tra quelli suonati a Woodstock:

Find the cost of freedom” (CSN&Y), “Proud Mary” (CCR), “Volunteers” (Jefferson Airplane), “Strawberry Fields Forever” (nella versione di Richie Havens) e “Blackbird” (CSN&Y).

Ecco un paio di esempi…




C’è stato anche spazio per un brano dell’album di Marco, di prossima uscita, ma per quello ci sarà tempo e modo per parlarne nei prossimi mesi.


I ringraziamenti finali di Angelo …

https://youtube.com/shorts/PkTnqQ7-e8I?si=va6GpG1_jIa52Hbt


La chicca di giornata? Vedere Aldo Pedron che dal palco, mentre andava in scena “Proud Mary” dei “SUOI” Creedence Clearwater Revival, si alzava in piedi e incitava il pubblico a cantare e a battere le mani. Grazie Aldo!

E si prosegue su questa strada, con il libro su Woodstock e sul successivo legato agli album del 1973… la collaborazione con operatori culturali locali potrebbe moltiplicare i momenti di convivialità e serenità, quelli che solo la musica è in grado di fornire!

Qualche immagine…


Gli autori in attesa...

La preparazione della sala in attesa del pubblico

Il pubblico


Athos E., Andrea P., Angelo D., Marco F., Aldo P.

Con Luca Paoli collaboratore di MAT2020


venerdì 19 gennaio 2024

Michael Pergolani: "Solitude-23 piccoli blues metropolitani"


 

Alla fine del 2023 Michael Pergolani ha rilasciato un nuovo libro che segue la biografia “Nudo”, di cui avevo scritto in questo spazio nel 2022.

L’autore abbandona il suo originalissimo modo espositivo e propone ora una grammatica tradizionale, giacché il lavoro precedente nasceva dall’esigenza di lasciar fluire il racconto, con impeto e coraggio, e alcune delle convenzioni a cui tutti ci adeguiamo nel quotidiano - come l’utilizzo delle lettere maiuscole quando richiesto - avrebbero rappresentato paletti da superare faticosamente, così come il mantenimento della consequenzialità temporale. Il nuovo progetto, essendo la summa di differenti storie, potrebbe non aver avuto bisogno di un fiume di pensieri in divenire.

Esiste un link tra il pregresso e l’attualità? Questa domanda è tra le più frequenti tra quelle che propongo ai musicisti all’uscita di un nuovo album, ma in questo caso arriverò ad una possibile risposta dopo un minimo di commento a Solitude-23 piccoli blues metropolitani”.

Vorrei soffermarmi sul concetto di “blues” - “Solitude” è il titolo di un brano blues cantato da Billie Holiday - che emerge dalla lettura, solitamente associato esclusivamente ed erroneamente ad un genere musicale: scambiare una etichettatura sonora con un modo preciso di condurre la vita, scelto o subito, mi pare un discreto errore.

Le fondamenta concettuali si aggrappano ad una storia infinita, fatta di sangue, sudore e fatica, un viaggio che parte dalle radici africane per approdare ad Harlem, un percorso senza tempo tra il Mississippi e New Orleans, tra la madre Africa e le scale antincendio dei vecchi fabbricati di New York tanto cari a Woody Allen e Spike Lee.

Le storie di blues raccontano il malessere, più o meno conscio, quello sempre in crescita nonostante l’evoluzione dei tempi, un caleidoscopio di disagio e resilienza mitigato da attimi di luce, e quando nasce l’illusione che possa esistere un confortevole inverno della vita, quello in cui gli spigoli taglienti vengono ammorbiditi da una spessa coltre di neve, ecco che subito dopo ritorna la primavera, e i metalli acuminati riemergono, ferendo chi ne viene a contatto, senza particolari distinzioni, in modo quasi democratico.

Ho sofferto leggendo “Solitude”, e mi sono chiesto quanta parte dei racconti sia stata vissuta, anche in modo collaterale, da Pergolani, quanto sia invenzione, quanto “sentito dire” e quanto sia miscela tra leggenda metropolitana e fantasia, ma la mia esperienza scritturale - e di vita - mi porta a pensare che in ogni pagina, anche quella più carica di elementi “impossibili”, esista un collegamento personale.

Alcune “immagini” sono molto forti, di quelle che potrebbero essere giudicate inadatte ad una lettura incondizionata, ma non ho trovato una ricercata volontà di stupire, piuttosto di abbinare un sapiente e unico modus scritturale a esperienze di vita vissuta che, anche se fossero forzate, troverebbero personaggi corrispettivi nella realtà, quella che in alcuni casi supera di gran lunga la fantasia.

Esistono temi comuni che pongono l’accento su sesso e droga - meno sul rock n’ roll - e in alcuni casi si fa fatica ad immaginare come possano essere vere situazioni di disagio - e di delirio - così spinte; in taluni casi il finale riamane open, quasi a spingere il lettore ad indovinare la fermatura del cerchio o ad inventare una propria chiusura auspicata.

Come già sottolineato, ho sofferto nel corso della lettura, ma non credo sia questo l’obiettivo del “diabolico” Michael, e allora ho elaborato una mia idea balzana, quella che un tale urlo di dolore, associato a fatti e circostanze disegnate con precisione, avrebbe potuto essere scritto anche un lustro… due lustri fa, ma è solo questo il momento in cui è possibile prendere coscienza che le nostre strade possono prendere direzioni così drammatiche e forse inaspettate, e se i sentieri pericolosi e dannati riguardano chi ci circonda, chiudere la porta di casa e cercare la propria comfort zone, riporterà al manuale del comportamento standard.

C’è un momento giusto per tutto, e questo è, probabilmente, perfetto per “Solitude” e il suo autore.

Il centro del mondo, delle 23 storie è Roma, la metropoli piena di storia e storie, di ricordi e aneddoti, una delle città di Pergolani, ma il suo girovagare tra parole e situazione avrebbe potuto trovare un qualsiasi altro sfondo, la provincia racchiude segreti che, una volta emersi, potrebbero far rabbrividire qualsiasi cittadino metropolitano.

Mi piacerebbe riportare alcuni passaggi, ma non vorrei anticipare i contenuti, anche se la quarta di copertina apre la porta al progetto.

Scelgo però un racconto positivo, almeno nella mia lettura, il titolo è “Meccanico di pianoforti”.

Due diverse solitudini che si incontrano, due differenti ceti sociali che trovano il contatto, un uomo e una donna come tanti, sufficientemente giovani per poter pianificare un qualsiasi futuro.

Lui, un lavoro anomalo, fatto di precisione, passione e dedizione, in giro, casa dopo casa, anima dopo anima, in continuo contatto con chi apprezza o sottovaluta il suo operato. Solo con il suo cane, ma amabile, pragmatico e pignolo sul lavoro: riparare un pianoforte non è roba per tutti.

Lei una benestante, apparentemente distante dall’uomo che mette mano al suo Steinway del 1927, comprato a New York dal nonno, concertista e amico fraterno di Stravinskij. Insomma, non si parla di una famiglia qualsiasi!

Ma l’agio, la ricchezza e vita borghese, non possono nascondere una forte solitudine, quella che tocca entrambi i protagonisti, tra il girovagare di casa in casa di Luigino (il suo metro e sessantasei non gli avevano mai permesso di abbattere il diminutivo) e le sedute psicoanalitiche di Letizia.

Una serie di visite infinite per una manutenzione ad libitum, per moltiplicare gli incontri, per riprovare il piacere della semplice convivialità, in attesa che qualcosa di più potente possa emergere.

Evito azioni di spoileraggio e mi fermo qui…

Esco per un attimo dalla logica del commento ed estrapolo alcune righe, prese dallo stesso racconto, perché sono la perfetta sintesi di ciò che avevo da sempre dentro ma… non sono mai riuscito ad esprimere in modo efficace.

Evidenzio che sono ligure e che ho lavorato per oltre venti anni per una compagnia francese.

Negli anni Luigino si era fatto la convinzione che i francesi fossero un po’ come i genovesi, un po’ stitici negli affetti come nelle questioni di interesse, un po’ con la puzza sotto il naso, un po’ fanatici di quella grandeur che in realtà era bella che tramontata, e anche un po’ falsi. Falsa la loro nonchalance, falsi i loro sorrisi, false le parole che pronunciavano incontrandoti, perché quasi sempre di circostanza, pescate da un galateo cortigiano, come se vivessero ancora alla corte del Re Sole. Non si fidava dei francesi.”

Ritorno alla domanda già posta, esiste un link tra il pregresso e l’attualità? Cosa lega “Nudo” a “Solitude”?

Se nel primo caso il punto di osservazione è dichiaratamente proveniente dall’interno, nel secondo esiste un cannocchiale piazzato nel palazzo di fronte, e chi lo utilizza, 24 ore al giorno, non perde un solo secondo degli avvenimenti che caratterizzano la vita del condominio opposto; non solo registra ogni passaggio, ma si prodiga nell’elaborarlo, semplificarlo, chiarirlo, per fornire testimonianze che possano presentare una realtà che, in taluni casi, mi è apparsa sconvolgente.

Una lettura che, significati a parte, scorre, a tratti pare un noire, a volte risulta spiazzante, altre richiamerebbe un ulteriore intervento autorale.

Un modo di scrivere, crudo, diretto, forte e molto pulp: è questa la cifra stilistica di Michael Pergolani, che a questo punto, dimenticato tutto il suo passato, vorrei definire solo come scrittore, un grande autore!