Il canto del cigno: i Beatles salutano con “Abbey Road”
Sono passati esattamente cinquantasei anni dal giorno in cui
l'album Abbey Road dei Beatles arrivò sugli scaffali dei negozi.
E ogni anno, il 26 settembre, si rinnova la stessa sensazione agrodolce:
l'ammirazione per quello che è considerato l'ultimo, vero capolavoro di gruppo,
e il rimpianto per l'epilogo ormai imminente di una band che avrebbe cambiato
il mondo.
Nel 1969, la musica era in fermento, ma i Fab Four erano sull'orlo del collasso. Eppure, in un ultimo, straordinario sforzo di collaborazione con il produttore storico George Martin, incisero un disco che unisce la loro capacità di innovare con un ritorno al rigore che mancava dalle registrazioni caotiche del progetto Let It Be.
L'immagine che ci accoglie è una delle più copiate, parodiate
e analizzate della storia: John, Ringo, Paul e George che
attraversano le strisce pedonali proprio di fronte agli studi di registrazione.
Niente titolo, niente nome della band. Non serviva.
Quella foto, scattata in pochi minuti, divenne immediatamente l'emblema di un'epoca. E non mancarono le teorie, soprattutto quella del "Paul è morto", alimentata proprio da presunti "indizi" nella foto (Paul scalzo, la targa dell'auto, l'ordine dei componenti). Oggi sappiamo che era solo un'ottima foto, ma il suo potere mitologico resta intatto.
Il Lato A ci mostra quattro compositori al culmine
della loro maturità, capaci di spaziare dal rock più viscerale al pop più
raffinato.
- Si
parte con "Come Together" di John Lennon, un brano
torbido e potente, ricco di groove e di un sound adulto e bluesy
che fece subito capire che i Beatles non erano rimasti bloccati nella
psichedelia.
- Segue
"Something" di George Harrison, che per la prima
volta si impone come un paroliere e compositore di prim'ordine. Ancora
oggi, la sua ballata d'amore è considerata da molti critici e musicisti il
gioiello del disco, con un assolo di chitarra di George che è pura poesia.
- Paul
McCartney porta
il suo eclettismo con la scherzosa e macabra "Maxwell's Silver
Hammer" e la potente "Oh! Darling", dove la sua
voce roca e straziante rende omaggio al rock and roll delle origini.
- A spezzare la tensione e a portare un po' di spensieratezza
ci pensa Ringo Starr con "Octopus's Garden". Ispirato
da una gita in barca in Sardegna, il brano è una filastrocca marina e sognante
che ricorda la leggerezza dei primi Beatles, un momento di quiete e semplicità
in mezzo al tumulto creativo
- Il lato si chiude in modo epico e oscuro con "I Want You (She's So Heavy)" di Lennon, quasi otto minuti di heavy blues ossessivo, che si conclude con un taglio improvviso e drammatico, lasciando l'ascoltatore in sospeso.
Il Lato B è ciò che eleva Abbey Road da grande album a
capolavoro concettuale.
- Si
apre con l'ottimismo acustico di "Here Comes the Sun"
(l'altra immortale traccia di George Harrison).
- Segue
"Because" di John Lennon, un pezzo etereo e quasi
mistico, basato su una progressione di accordi complessa, che mostra le
voci di Lennon, McCartney e Harrison unite in uno degli intrecci
armonici a tre voci più perfetti mai registrati. Un momento di pura,
cristallina bellezza.
Dopo questa pausa armoniosa, si entra nel Medley, una
suite di otto frammenti musicali che Paul McCartney e George Martin hanno
saputo cucire insieme con una maestria ingegneristica.
Il medley è un viaggio, una vera e propria opera rock
in miniatura che affronta temi di stress, denaro, sogni e inevitabile resa.
Troviamo all'interno le preoccupazioni finanziarie in "You Never Give Me Your Money", il cambio di tono onirico di "Sun King", fino
ad arrivare al finale.
Il disco si chiude con "The End", un momento
quasi catartico che presenta l'unico assolo di batteria di Ringo Starr in un
disco dei Beatles, seguito dal celebre triello di chitarre tra Harrison,
McCartney e Lennon, uniti un'ultima volta in una scarica di rock puro. La frase
finale di Paul, prima dell'accordetto nascosto di "Her Majesty",
è la conclusione perfetta:
"...And
in the end, the love you take is equal to the love you make." (E alla fine, l'amore che prendi è
pari all'amore che fai.)
A 56 anni dalla sua uscita, Abbey Road resta un testamento della loro genialità e la prova che, anche quando le tensioni erano al culmine, i Beatles potevano ancora produrre musica eterna. Un addio, seppur involontario, di ineguagliabile perfezione.
