sabato 27 settembre 2025

L'ultimo capolavoro compie 56 Anni: “Abbey Road” dei Beatles, un addio perfetto

 


Il canto del cigno: i Beatles salutano con “Abbey Road”


Sono passati esattamente cinquantasei anni dal giorno in cui l'album Abbey Road dei Beatles arrivò sugli scaffali dei negozi. E ogni anno, il 26 settembre, si rinnova la stessa sensazione agrodolce: l'ammirazione per quello che è considerato l'ultimo, vero capolavoro di gruppo, e il rimpianto per l'epilogo ormai imminente di una band che avrebbe cambiato il mondo.

Nel 1969, la musica era in fermento, ma i Fab Four erano sull'orlo del collasso. Eppure, in un ultimo, straordinario sforzo di collaborazione con il produttore storico George Martin, incisero un disco che unisce la loro capacità di innovare con un ritorno al rigore che mancava dalle registrazioni caotiche del progetto Let It Be.

L'immagine che ci accoglie è una delle più copiate, parodiate e analizzate della storia: John, Ringo, Paul e George che attraversano le strisce pedonali proprio di fronte agli studi di registrazione. Niente titolo, niente nome della band. Non serviva.

Quella foto, scattata in pochi minuti, divenne immediatamente l'emblema di un'epoca. E non mancarono le teorie, soprattutto quella del "Paul è morto", alimentata proprio da presunti "indizi" nella foto (Paul scalzo, la targa dell'auto, l'ordine dei componenti). Oggi sappiamo che era solo un'ottima foto, ma il suo potere mitologico resta intatto.

Il Lato A ci mostra quattro compositori al culmine della loro maturità, capaci di spaziare dal rock più viscerale al pop più raffinato.

  • Si parte con "Come Together" di John Lennon, un brano torbido e potente, ricco di groove e di un sound adulto e bluesy che fece subito capire che i Beatles non erano rimasti bloccati nella psichedelia.
  • Segue "Something" di George Harrison, che per la prima volta si impone come un paroliere e compositore di prim'ordine. Ancora oggi, la sua ballata d'amore è considerata da molti critici e musicisti il gioiello del disco, con un assolo di chitarra di George che è pura poesia.
  • Paul McCartney porta il suo eclettismo con la scherzosa e macabra "Maxwell's Silver Hammer" e la potente "Oh! Darling", dove la sua voce roca e straziante rende omaggio al rock and roll delle origini.
  • A spezzare la tensione e a portare un po' di spensieratezza ci pensa Ringo Starr con "Octopus's Garden". Ispirato da una gita in barca in Sardegna, il brano è una filastrocca marina e sognante che ricorda la leggerezza dei primi Beatles, un momento di quiete e semplicità in mezzo al tumulto creativo
  • Il lato si chiude in modo epico e oscuro con "I Want You (She's So Heavy)" di Lennon, quasi otto minuti di heavy blues ossessivo, che si conclude con un taglio improvviso e drammatico, lasciando l'ascoltatore in sospeso.

Il Lato B è ciò che eleva Abbey Road da grande album a capolavoro concettuale.

  • Si apre con l'ottimismo acustico di "Here Comes the Sun" (l'altra immortale traccia di George Harrison).
  • Segue "Because" di John Lennon, un pezzo etereo e quasi mistico, basato su una progressione di accordi complessa, che mostra le voci di Lennon, McCartney e Harrison unite in uno degli intrecci armonici a tre voci più perfetti mai registrati. Un momento di pura, cristallina bellezza.

Dopo questa pausa armoniosa, si entra nel Medley, una suite di otto frammenti musicali che Paul McCartney e George Martin hanno saputo cucire insieme con una maestria ingegneristica.

Il medley è un viaggio, una vera e propria opera rock in miniatura che affronta temi di stress, denaro, sogni e inevitabile resa. Troviamo all'interno le preoccupazioni finanziarie in "You Never Give Me Your Money", il cambio di tono onirico di "Sun King", fino ad arrivare al finale.

Il disco si chiude con "The End", un momento quasi catartico che presenta l'unico assolo di batteria di Ringo Starr in un disco dei Beatles, seguito dal celebre triello di chitarre tra Harrison, McCartney e Lennon, uniti un'ultima volta in una scarica di rock puro. La frase finale di Paul, prima dell'accordetto nascosto di "Her Majesty", è la conclusione perfetta:

"...And in the end, the love you take is equal to the love you make." (E alla fine, l'amore che prendi è pari all'amore che fai.)

A 56 anni dalla sua uscita, Abbey Road resta un testamento della loro genialità e la prova che, anche quando le tensioni erano al culmine, i Beatles potevano ancora produrre musica eterna. Un addio, seppur involontario, di ineguagliabile perfezione.