giovedì 16 febbraio 2023

Jethro Tull: commento al concerto del 15 febbraio 2023, Milano, Teatro Arcimboldi

 


Ieri sera ho assistito ad un concerto milanese dei Jethro Tull, al Teatro Arcimboldi, che per chi segue da tempo la band significa un po' il ritorno sul luogo del delitto.

Era il 2 luglio del 2008 quando Ian Anderson e soci furono protagonisti di una serata davvero oscura - ma non per colpa loro - che descrissi di pancia in un post dai contributi di scarsa qualità, ma testimonianti le varie fasi dell’evento, lontani dall’argomento “musica”. Interessante magari comparare la scaletta di ieri con quella più antica.

https://athosenrile.blogspot.com/2008/07/concerto-jethro-tull-teatro-degli.html

2008 significava anche quarant’anni di attività e successiva mega convention italiana, ad Alessandria, insomma, un momento comunque positivo per la band di allora, che oltre a Ian Anderson propone oggi altri due elementi presenti all'epoca, David Goodier al basso e John O'Hara alle tastiere.

Mi riesce sempre difficile criticare un gruppo la cui musica rappresenta la parte più cospicua della colonna sonora della mia vita, la band che ho visto più volte in assoluto, tra concerti e convention, propositrice di sonorità che mi hanno accompagnato dai quattordici anni sino ad oggi.

Ma, onestamente, senza il cadeau natalizio dei miei figli non avrei avuto il “coraggio” di una nuova partecipazione. Esagero?

Restando nel personale, rimasi affascinato da adolescente da quel flauto che per la prima volta vedevo usare un ambito rock, una vera novità che non poteva non colpire. A seguire ho realizzato che una cosa che ancor più apprezzavo di Anderson era il suo modo di suonare la chitarra acustica, unico all’interno del panorama folk rock; ma poi arriva l’estrema sintesi, e ti accorgi che in realtà la cosa realmente caratterizzante è la voce, la timbrica particolare che si sposa a perfezione con il progetto di Ian, tanto da identificare sempre e comunque il leader con la band, anche in tempi non sospetti.

Quella voce non esiste più da molto tempo, ed è ormai una discussione frequente, quella che utilizzano i detrattori per dare suggerimenti vari, ovviamente non richiesti. Non sta a me dire da che parte sia la ragione, ma posso fornire un commento personale a ciò a cui ho assistito ieri, per la cronaca, il 15 febbraio 2023.

Scinderei la mia piccola analisi in due parti, una sezione emozionale ed una più di dettaglio.

Erano sei anni, credo, che mancavo ad una loro performance, l’ultima mi pare fosse a Bollate, ma di quell’atmosfera non ho trovato nulla.

Concerto proposto col cronometro, 50+50 (15 di riposo), senza neanche la falsa attesa per un bis che, neanche a dirlo, non si scosta mai da “Locomotive Breath”.

Pubblico eterogeno, con molti giovani, ma molto ingessato, pronto a scaldarsi per qualche assolo di Ian sui pezzi storici, ma non mi era mai successo di non captare alcun commento all’uscita.

Il sold out autorizza a pensare che il seguito sia inalterato, ma ciò che è andato in scena ieri sera è un concetto di evento rock davvero poco emozionante.

Nessuna presenza di merchandise, che di per sé non sarebbe un grande dato, ma il banchetto interno al teatro avrebbe dato un minimo di continuità con il passato, e segnalo che l’unico venditore esterno è riuscito ad attirare l’attenzione di molti appassionati e seguaci.

Riassumo, l’atmosfera a cui ero abituato è mancata totalmente, o almeno io non l’ho percepita, anche se non penso che sia un elemento di riflessione per il buon Ian.

Altra cosa a cui non ero abituato, almeno per quanto riguarda gli eventi tulliani, è l’impossibilità di ottenere testimonianze del concerto (foto e video), imposizione di per sé comprensibile e accettabile (non per chi come me ama l’opera di sharing), ma mai appartenuta al boss, che, ci è stato spiegato in vari momenti, è stato categorico, con un’unica concessione, quella del bis.

Gran bel palco, semplice ma efficacie la scenografia, con un grande display alle spalle della band che accompagna e commenta il susseguirsi dei brani, set che propongo a fine articolo.

La prima immagine video che emerge dallo schermo e dà lo start al concerto è quella di un mare in tempesta da cui fuoriesce un flauto ed un braccio che lo sostiene: ho dei seri dubbi sul decifrare il simbolismo cercato da Anderson, che appare ovvio e riconduce ad evento mitologico, ma con un po' di onestà intellettuale, a fine performance si potrebbe dire che il flauto è l’unica cosa “da palco” che gli rimane, immaginando che resti comunque un’importante capacità creativa e di musicista in genere.

Ian compirà 76 anni ad agosto, un’età che per molti potrebbe essere proibitiva, considerando che un tour non è una gita di piacere, eppure dimostra forza, dinamismo, capacità di tenere il palco e di condurre i suoi soldatini, alcuni dei quali divenuti ormai dipendenti di lungo corso, con l’aggiunta del giovane e talentuoso chitarrista Joe Parrish, che però su "We use to know" ha utilizzato tracce di assolo di "Hotel California" degli Eagles, proprio il pezzo che da sempre si dice sia stato "rubato" ai J.T., nel '77, dal gruppo americano, ma è stato forse  questo un atto voluto e provocatorio!

Insomma, un gruppo formato da ottimi strumentisti condotti dal genio di Anderson.

E’ dunque un dato di fatto che … la voce non c’è più, inutile proseguire su questo tema, ma ciò indurrebbe a pensare ad una scaletta ad hoc, che possa limitare le difficoltà oggettive.

I pezzi proposti sono abbastanza vari e coprono uno spazio temporale che dal ’69 arriva ai giorni nostri, attraverso album come “Stand Up” sino al recente “The Zealot Gene”, passando per “Aqualung”, “Living in the Past”, “Benefit”, “Dot Com”, “The Christmas Album”, “The Broadsword and the Beast”, “Heavy Horses”, Stormwatch”, ma… non ho compreso l’utilizzare nella set list la magnifica “With You There To Help Me”, che non ricordo di aver mai visto proposta dal vivo, e quindi non certo nei pensieri primari di Ian; sto citando un brano che lo ha messo in estrema difficoltà, tanto che ero in imbarazzo per lui. Forse questo scorcio audio rubato potrà aiutare nella comprensione…


Dopo dieci canzoni si va negli "spogliatoi", con addosso gli applausi e l’entusiasmo per per una bella versione di “Bourèe”.

La ripresa inizia con il volto di Anderson sul mega display che a poco a poco evolve, mettendo in evidenza il suo binocolo stile “Stormwatch”, che ricorda ancora: NO FOTO, NO VIDEO.

Ci aspettano altri 50 minuti, cronometro al polso, e i Jethro Tull mischiano il repertorio più antico a quello recente, con una versione davvero inusuale di “Aqualung”, completamente rivisitata, e con quella ci si avvicina alla fine, con un fil rouge che unisce nuovo e antico, ovvero la certezza che quella musica ha ancora un grande valore ma che occorrerebbe trovare una nuova formula per aumentare la convivenza tra pubblico e musica di Anderson.

Il tutto esaurito a cui ho assistito significa partecipare sulla fiducia, ma personalmente ho provato vero dispiacere nel vedere la musica dei J.T. minata nel cuore dal canto del cigno di un genio della musica, che potrebbe tranquillamente prolungare la sua carriera adottando qualche accorgimento, ammesso che il suo concetto di business lo preveda. Il calore dimostrato dall’audience al cospetto dei brani strumentali potrebbe suggerire una proposizione priva di cantato, magari con un ensemble di archi al seguito, qualcosa che non faccia soffrire Ian e il suo pubblico.

Il bis dicevo, e questo non rappresenterà mai una sorpresa!

Riappare il binocolo di Anderson che questa volta dà luce verde e permette qualche scatto.

Propongo l’audio di “Locomotive Breath”, così, tanto per dare un’idea!

Una buona band fatta da ottimi esecutori, un bravo driver che ha permesso ai più antichi, anche in questa occasione, di ripercorrere storie di vita che si rinfrescano con l’alternarsi di brani indelebili.

Però, che fortuna aver visto i Jethro Tull in tempi più antichi!

I saluti finali...


Setlist

Nothing Is Easy  

Cross-Eyed Mary 

With You There to Help Me

Sweet Dream  

We Used to Know  

Wicked Windows  

Holly Herald  

Clasp  

Mine Is the Mountain   

Bourrée in E minor

Heavy Horses

The Zealot Gene

Warm Sporran 

Mrs Tibbets 

Dark Ages  

Aqualung 

Bis

Locomotive Breath

 

Formazione

Ian Anderson - voce, flauto, chitarra acustica (1967–2011; 2017-oggi)

Joe Parrish - chitarra elettrica (2020-oggi)

David Goodier - basso (2007–2011; 2017-oggi)

John O'Hara - tastiere (2007-2011; 2017-oggi)

Scott Hammond – batteria (2011; 2017–oggi