Primi anni Settanta, sono un
adolescente che sente nell’aria il profumo della musica, attratto da quanto sta
nascendo intorno, affascinato da ogni aspetto collaterale.
Non può sfuggirmi quel ragazzo che
ogni giorno esce dal portone vicino al negozio di alimentari dei miei zii, con
il “permesso” di portare lunghi capelli ed una “valigia” che suggerisce che
all’interno è presente uno strumento a corda, che successivamente scoprirò sia
un basso elettrico. E i suoi colleghi di avventura sono come lui, molto…
alternativi!
Quel bassista era ed è (anche se ha
da tempo appeso lo strumento al chiodo) Mario Pignata, e ha fatto parte di uno
dei gruppi più importanti del prog rock savonese. Mi capitò anche di fare una
piccola jam con lui (e Beppe Aleo alla batteria), ma questa è un’altra storia.
Ho ritrovato Mario in altri ambiti in
periodi recenti, ma questo ricordo mi permette di proporre quella band e
introdurre la fermatura del cerchio, perché il sestetto Il Giro Strano - era questo il nome - non riuscì
mai a pubblicare un Lp durante la piena attività, come già sottolineato
temporalmente focalizzata nei primi anni ’70.
Black Widow Records, come spesso accade, pone rimedio e colma la lacuna, facendo opera di giustizia musicale e pubblicando un album storico, “Il Pianeta Della Verità”.
Tutta la storia de Il Giro Strano, analizzata nei dettagli, è fruibile al seguente link:
https://athosenrile.blogspot.com/2022/03/il-giro-strano-la-vera-storia.html
A seguire propongo una chiacchierata con Alessio Feltri, che rispolvera aneddoti del tempo e ci permette di approfondite maggiormente una storia nata molti anni fa, che ora appare delineata in tutti i suoi contorni e la cui analisi, immagino, sia diventata bilancio di una vita, quel sentiero percorso dai protagonisti di questo racconto nell'arco di 50 anni e oltre.
L’album è costituito da 11 tracce a cui si aggiungono 2 bonus tracks, mp3 download card, in cui viene proposta anche una cover dei Led Zeppelin, la famosa “Since I’ve Been Loving You”.
Nella track list di fine articolo, cliccando sul titolo, è possibile ascoltare i singoli brani.
Savona è la città di riferimento, bagnata
dal mare, un elemento che mi propone una metafora comparativa con la musica.
Il mare si può ammirare da lontano,
oppure navigare/nuotare in superficie. Esiste poi chi decide di immergersi nel
profondo facendosi avvolgere.
La musica de Il Giro Strano - una proposta
quasi rivoluzionaria per l’epoca - è quella che realizzarono giovani visionari
vogliosi di una full immersion in un mondo/mare infinito, tra contaminazioni ed
esempi “stranieri”, incuranti dell’ortodossia che da sempre propone modelli di
facile fruizione.
Il rock del Giro si miscela al jazz,
al blues, e passa attraverso una frantumazione delle regole, tanto che i tre minuti
utili un tempo per proporre la canzone potenzialmente da hit parade si dilatano
senza alcuno sguardo al “buon comportamento”, e affibbiare alla band lo status
di "iconoclasta" potrebbe essere azzeccato.
Fantastici musicisti, carichi di idee sposate alla pazzia giovanile, presentano oggi un contenitore storico, forse difficile da comprendere per le nuove leve, ma capace di liberare un profumo unico, quello che consente di toccare in un attimo momenti che riconducono ad un cambio culturale epocale, e alla fine ci si accorge che la musica diventa veicolo per scatenare sentimenti, ricordi e momenti significativi del nostro percorso personale.
Mi sono emozionato nell’ascoltare le
tracce de “Il Pianeta Della Verità”
e sono certo che il valore intrinseco verrà a galla all’impatto. Certo, come
racconta Feltri nel corso dell’intervista, il tutto resta nell’ambito di una
nicchia di fruitori, ieri come oggi, e quindi lasciamo al mainstream l’ortodossia
e teniamoci la qualità, fatta di idee, competenze e voglia di osare.
Buona lettura e buon ascolto…
Intervista ad Alessio Feltri
Vorrei partire dall’attualità, dal disco appena uscito, dalla realizzazione di qualcosa che forse è arrivato in ritardo rispetto alla vostra storia: come siete giunti alla conclusione di questo nuovo e impegnativo progetto?
Tutto è nato da un’iniziativa di Pino Pintabona della Black Widow. Mi ha contattato e mi ha riferito della sua volontà di ristampare i brani di Il Giro Strano, per cui ho iniziato un laborioso periodo di “recupero” degli stessi.
“Il pianeta della verità” è stato prodotto e distribuito da Black Widow Records: come è nato il matrimonio tra le parti?
De Il Giro Strano esisteva solo un CD edito in precedenza (1992) dalla Mellow Records. Pintabona ne ha acquistato i diritti e ci ha contattato per acquisire quanto più materiale originale possibile.
So che per tracciare la lunga
biografia che è inserita nel booklet avete riunito pensieri e persone ormai
molto distanti tra loro, anche dal punto di vista geografico: quali sono state
le difficoltà e quali i piaceri?
Difficoltà enormi, però superabili grazie all’attuale connessione globale, che consente di mettere in relazione i ricordi di ciascuno, minimizzando imprecisioni inevitabili per via della distanza cronologica. Comunque ci siamo molto divertiti a correggere talvolta anche i nostri stessi ricordi…
La raccolta del materiale avrà richiesto tempo e impegno da parte di tutti, ma immagino che sarà stata una spinta verso il ricordo e la memoria della gioventù: qualche rammarico per una strada che, forse, poteva essere, musicalmente parlando, più gratificante?
Se non abbiamo potuto arrivare in
quel tempo a rendere la nostra musica in grado di sostenerci economicamente, in
parte è stato colpa del mercato ma in parte è stata colpa
nostra. Non abbiamo avuto il coraggio di fare quei sacrifici che si richiedono a chi opera scelte artistiche indipendenti dal contesto. A nostra discolpa devo però dire che molti di noi non avevano possibilità economiche sufficienti.
Che cosa ha cementato quel gruppo di musicisti formidabili?
Non eravamo colleghi, eravamo amici e in certi momenti pure conviventi. Dato che molti di noi all’epoca dovevano lavorare nelle sale da ballo per vivere, ci univa il fatto che tra di noi si doveva fare la musica che ci piaceva, indipendentemente da questioni mercantili. Per questo si lavorava molto sulla tecnica individuale e si cercavano influenze da gruppi stranieri che all’epoca in Italia erano misconosciuti.
Che ricordi hai del movimento musicale savonese dei primi seventies? C’era fermento oltre a voi?
A sentire oggi molti della nostra età sembrerebbe che allora fossero tutti rockettari convinti. In realtà solo in minima parte il pubblico rispondeva positivamente, specialmente quando si trovava di fronte a scelte musicali piuttosto “spinte”. Non esisteva un vero e proprio movimento culturale. Noi seguivamo il nostro percorso, sapevamo che c’erano altri, ma ci eravamo scelti e tanto bastava.
Riascoltando oggi la vostra musica, come la trovi rispetto al momento che stiamo vivendo? Possibile fare avvicinare la nuova generazione al rock di 50 anni fa?
Su questo argomento esistono molte opinioni diverse, per cui non posso che esprimere il mio parere personale. La nostra musica era “strana” allora e lo è ancora di più oggi. Non a caso ci chiamammo Il Giro Strano. Mescolare jazz, blues e rock non porta di certo a coinvolgere grandi masse di pubblico, allora come oggi. Per rispondere ad una domanda di tipo sociologico farei un’analogia con il fenomeno Måneskin. Miriadi di musicisti rock delusi si sono scatenati contro di loro accusandoli di non essere abbastanza rock, di non essere virtuosi dei loro strumenti e di essere immeritatamente spinti dalle multinazionali. In realtà vedendo i loro filmati su Instagram devo dire che vivono esattamente come vivevamo noi ed hanno conquistato il successo proprio perché non si sono vergognati di suonare per strada o di partecipare ad un talent. Quindi sì, i giovani possono riscoprire l’emozione che si prova a seguire dal vivo un gruppo rock e dopo tanti decenni di computer-music questo è importante. Poi di certo alcuni di loro andranno a riscoprire il materiale di 50 anni fa, ma sarà sempre un’esigua minoranza, visto che quanto più la musica si specializza, tanto più si riduce la presa sul pubblico. Alla fine, la musica universale è sempre “orecchiabile” mentre noi dovevamo combattere con la musica melodica tradizionale e quindi tendevamo sempre a forzare gli aspetti culturali e intellettuali a scapito della fruibilità tout court, finendo spesso a suonare dietro la rete di protezione mentre ci tiravano le birre come ai Blues Brothers.
Mi racconti un aneddoto dell’epoca che ti è rimasto impresso?
Di aneddoti ce ne sarebbero molti. Purtroppo per loro natura potrebbero urtare la sensibilità di alcuni dei miei amici, per cui devo appellarmi al quinto emendamento. Parlando di me, io passavo molti pomeriggi nella sala d’aspetto dell’impresario Morelli di Genova, sempre nella vana attesa di una scrittura per il nostro gruppo. Poi finalmente, era la fine di gennaio 1972, qualcosa accadde. Mi ricordo che quel giorno c’era Ivano Fossati nell’ufficio di Morelli ed io ero nella sala d’aspetto, mi pare con Maurizio Arcieri ex-New Dada e Antonella Ruggiero, che allora non era ancora famosa. Improvvisamente Morelli mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che dovevo sbrigarmi perché una cantante emergente aveva bisogno di un gruppo di supporto immediatamente per un tour importante. La cantante era Mia Martini, che io avevo conosciuto come Mimì, compagna del mio amico Joe Vescovi dei Trip, recentemente scomparso. Alquanto eccitato dalla novità accettai, tornai a casa e riferii ai miei la mia decisione. Purtroppo, inaspettatamente i miei non gradirono affatto l’idea che abbandonassi gli studi universitari, anche se temporaneamente, anzi mio padre arrivò a minacciare di tagliarmi ogni aiuto economico se avessi preso quella strada. Non ne fui più di tanto spaventato, ma per quieto vivere decisi comunque di rinunciare, visto che in fondo quello non era comunque il genere musicale che preferivo. Naturalmente fui molto criticato dagli altri membri del gruppo e pure Morelli non la prese bene, anche perché si era impegnato con un altro impresario, comunque fece buon viso a cattivo gioco e informò Mia Martini della situazione. La cantante convocò il suo gruppo storico, La Macchina, che partì dal sud col furgone e nella notte si scontrò con un camion. Era il primo febbraio 1972 e due ragazzi persero la vita. I musicisti sono notoriamente superstiziosi e quando l’anno dopo Mia Martini ebbe a che fare con un incendio durante il suo tour purtroppo la sua fama di jettatrice cominciò a perseguitarla. Come nel film “sliding doors” la mia decisione apparentemente innocua finì invece per scatenare una catena di eventi di cui fui purtroppo incolpevole protagonista. Anni dopo, andando in montagna con Joe Vescovi (Peppino per noi amici) gli chiesi scherzosamente, visto che li avevo conosciuti entrambi, se per caso avesse avuto disgrazie durante la sua relazione con Mimì, ma lui col suo solito humour mi disse che i fidanzati erano esclusi…
Pensi possa esserci un futuro per la band o questo atto è quello che corona la vostra storia e la conclude?
Considerando che cantante e sassofonista sono purtroppo deceduti, che io per un banale incidente ho perso parzialmente l’uso della mano sinistra, che il chitarrista vive a Londra e un batterista in Thailandia, direi che questo disco ha una finalità per così dire “storica” e quindi conclude degnamente, a mio parere, un capitolo importante della musica ligure.
Avete previsto qualche presentazione del disco?
Al momento non ancora, ma per questo aspetto bisognerebbe chiedere alla Black Widow, che cura per noi ogni aspetto promozionale.
FORMAZIONI
(luglio 1971 - marzo 1972)
Mirko Ostinet - voce
Mariano Maio - sax, flauto
Valentino Vecchio - chitarra
Alessio Feltri - tastiere
Mario Pignata - basso
Giovanni “Peo” Guazzotti – batteria
(aprile - ottobre 1972)
Mirko Ostinet - voce
Mariano Maio - sax, flauto
Valentino Vecchio - chitarra
Alessio Feltri - tastiere
Riccardo Gabutti - basso
Delio Sismondo – batteria
(novembre 1972 - aprile 1973)
Mirko Ostinet - voce
Mariano Maio - sax, flauto
Valentino Vecchio - chitarra
Alessio Feltri - tastiere
Mario Pignata - basso
Delio Sismondo – batteria
TRACK LIST (cliccare sul titolo per ascoltare)
Disponibile nelle seguenti versioni:
-Doppio Lp - copertina apribile +
libretto 24 pagg. versione “standard”
-Doppio Lp - copertina apribile
“Unipack” con disegno “nativo” di Armando Mancini e interno differente +
libretto 24 pagg. + Poster +
compact Disc – versione limitata 100
copie
- Compact Disc
Frammenti di Il Giro Strano dopo mezzo secolo