giovedì 3 marzo 2022

Nathan, è uscito il terzo album "Uomini di sabbia"- Commento e ascolto brano per brano


Nathan-“Uomini di Sabbia”

AMS Records

 

È stato pubblicato a fine febbraio il terzo album dei Nathan, prog band savonese.

Il titolo è Uomini di Sabbia”, realizzato ancora con AMS Records.

Il progetto ruota da sempre attorno al duo autorale formato da Bruno Lugaro (voce) e Piergiorgio Abba (tastiere), ed è proprio con quest’ultimo che ho chiacchierato a lungo, per cercare di entrare nel dettaglio delle composizioni, soprattutto la parte prettamente musicale, giacché i testi restano il pane quotidiano di Lugaro.

L’intervista, oltre a soddisfare le mie curiosità sparse, si sofferma sulle singole tracce, facendo emergere ciò solo gli autori possono spiegare nel particolare:

https://athosenrile.blogspot.com/2022/02/esce-oggi-uomini-di-sabbia-terzo-album.html

Tre album in cinque anni sono la testimonianza di una grande prolificità e abbondanza di idee, certo è che le costrizioni legate all’emergenza sanitaria hanno favorito l’impegno creativo, a cui si è aggiunto l’incremento dell’utilizzo della tecnologia disponibile, quello che permette di coinvolgere musicisti terzi, e in questo caso ne troviamo alcuni “nuovi”.

Parto perciò con l’evidenziare l’oggettività e quindi la lista degli artisti coinvolti:

Bruno Lugaro-voce solista e seconde voci

Piergiorgio Abba-tastiere e chitarra acustica

Giulio Smeragliuolo-chitarre

Luca Grosso-batteria

Fabio Zunino-basso

Dino Cerruti-basso

Fabio Sanfilippo-batteria

Mauro Brunzu-basso


Se Sanfilippo e Brunzu hanno sempre fatto parte del “circuito Nathan”, tutti gli altri rappresentano una piacevole novità.

Non è un disco concettuale ma il fil rouge tra le varie tracce è palese, e le tematiche sociali e culturali che da sempre guidano il percorso di Lugaro non potevano non palesarsi nelle liriche, condizionate dalle lunghe riflessioni forzate dal periodo di inattività pressoché totale.

Dal punto di vista musicale trovo ci sia grande continuità con i lavori precedenti, ovvero esiste ormai una “caratterizzazione Nathan”, frutto di anni di amore per il prog miscelato ad esperienze ottantiane, un tratto facilmente riconoscibile, aperto alla variante del momento, in questo caso rappresentata da una decisa durezza derivante dal DNA del chitarrista Giulio Smeragliuolo che, un po' come Daniele Ferro - presente nei primi due album -, percorre sentieri molto... metallici,  ruvidi, graffianti.

Il titolo “Uomini di Sabbia” è estrapolato dalla lirica della lunga suite finale “Egos” e nasce dell’idea che l’uomo, sempre in movimento - come la sabbia del deserto - presenti al contempo dinamicità positiva e fragilità/debolezza, una continua e minuziosa costruzione di un castello di sabbia spazzato via dal vento notturno, invalidante di quanto creato poco prima.

La splendida copertina risulterà come rappresentazione icastica del concetto racchiuso nella denominazione discografica.

Provo a passare in rassegna l’album, brano dopo brano, evidenziando che cliccando sui titoli in blu è possibile dare il via all’ascolto.

Apre il disco “Fatti non foste”, riferimento ad un canto della Divina Commedia, quello in cui Dante colloca Ulisse nell'ottavo cerchio dell'Inferno, colpevole per aver trascinato i compagni di viaggio nel suo “folle” progetto di conoscenza, oltre i limiti imposti da Dio.

Ma il senso che afferro in questo caso è positivo, legato all’idea di viaggio e di ricerca dell’ignoto, una spinta inarrestabile verso la sapienza...


Ci muoveremo in branco come lupi

questa è la nostra missione.

Oltre i confini dell'infinito,

laggiù troverò le risposte.

La conoscenza è un fiume impetuoso

che non si lascia arginare.


Oltre a Lugaro, Abba e Smeragliuolo, presenti in tutti i brani, troviamo qui la partecipazione di Grosso e Zunino.

Partenza aggressiva, con tempi composti impossibili e un perfetto mix tra aspetti sinfonici e rock marcato, un cantato evocativo a cui si alternano passaggi “delicati”, un perfetto esempio di evoluzione del prog, e sottolineo la difficoltà che comporta incollare liriche studiate nei particolari a trame sonore pregne di tempi dispari.

Coinvolgente!

A seguire “Monoliti”, che vede l’entrata in scena di Dino Cerruti, bassista dedito al jazz che ritorna ad un suo vecchio amore musicale..


Monoliti si stagliano all'orizzonte

Cerchi di pietra, misteriose civiltà

chissà cosa lasceremo noi.

Cerchi di pietra, 5000 anni fa

quanto tempo ci rimane. 


Brano fortemente immaginifico, dove aleggia il senso epico e la musica spinge all’immedesimazione, all’osservazione della storia e dell’uomo che l’ha modellata.

Ma sono inquietanti le sonorità che, corroborate dalla vocalità di Lugaro, realizzano un quadro che racconta il passato attraverso la luce del presente, con una proiezione distopica verso l’ignoto.

Oltre sette minuti di tensione, che propongono in ogni caso una sezione melodica che addolcisce l’austerità proposta dalle tastiere di Abba.

Suggestivo e aulico!

La terza traccia si intitola “Delirio Onirico” dal cui testo estrapolo momenti significativi...


Dalle gabbie si levò

un ruggito ancestrale.

Un fulmine l'alba incendiò

e fu per molti l'ultima.

Mute espressioni del tempo,

cortei silenziosi di esuli in fuga

diretti alla valle dei re.

Servi, obbedienti al potere,

tirano a sorte le loro fortune,

cercando un riscatto se c'è.


Nell’occasione ritornano Sanfilippo e Brunzu e le sonorità genesisiane post Gabriel vengono spezzate in due da un assolo chitarristico virtuoso e molto rock di Smeragliuolo.

Imponente!

Il pianto del cielo” (con Grosso e Cerruti) è il pezzo più corto - sotto ai quattro minuti - e nasce con un deciso piglio melodico e un cantato di facile presa. Ma lo scatto è dietro all’angolo e dopo un minuto e mezzo di atmosfera quasi sacrale ci si ritrova in una sorta di “The Cinema Show” (seconda parte)...


Aspettiamo il pianto del cielo

benedetto ovunque egli sia

se una goccia dopo l'altra

verserà sopra i campi.

Aspettiamo il pianto del cielo

che ci tolga questa sete.

Aspettiamo il pianto del cielo

con il vino, le danze e i canti.


Magnifico!

Madre dei sortilegi” supera i nove minuti, e in questo lasso di tempo ritmi e umori si rincorrono. Ho sentito un acceso profumo di YES, sia quello degli esordi, ma anche tracce di primi anni ’80, con quel ritornello che mi ha riportato a “Drama”, uscito appunto nel 1980. Il decremento dei toni è il preludio ad una sferzata di rock in cui la sezione ritmica (Grosso e Zunino) ha ruolo preminente e la solista di Smeragliuolo si intreccia alle aperture sinfoniche di Abba..


Quando la notte grida,

lei si risveglia da suo torpore

esce dalla foresta, entra nella mia stanza

Sento il suo fiato addosso

le mani gelide sul cuscino

ed io sprofondo ancora nel pozzo dei ricordi

Madre dei sortilegi

esci da questa casa

Di te non ho paura… 


Il testo si presta come sempre a interpretazioni personalissime e, una volta catturato, può essere trasformato a piacimento dall’ascoltatore che si lascia coinvolgere… e quando arriva la notte si scatenano movimenti intangibili e incontrollabili, con lunghe battaglie che terminano solo col ritorno della luce del giorno…

Pace e angoscia, sentimenti contrastanti alimentati da questo componimento!

Nel giardino di Maria” si distacca un po' dal resto del disco, una proposizione rock più ortodossa, dove un ossessionante riff, caratterizzante di tutto il brano, viene interrotto da un frammento onirico a cui si allacciano durezza e complessità musicale. Stessa sezione ritmica del brano precedente...


Ciondolavo nel giardino di Maria

tra farfalle e tulipani blu.

Mi cullavo tra le braccia di Maria

steso sotto un cielo che non so

mi stupivo di ogni cosa intorno a me.

Ruvida, ruvida come la verità.

Ruvida, umida la notte che verrà


La lirica mi ha riportato, con un bel salto temporale carico di fantasia, alla “White Rabbit” dei Jefferson Airplane, e sì, perché nel titolo, “Maria” andrebbe sostituito con “marijuana”: chi entra nel giardino perde il contatto con la realtà, finisce in un mondo che non conosce ma si sente libero, in pace con il mondo e si fa coccolare da… Maria.

Psichedelico!

L’acrobata” (ancora Grosso e Zunino titolari di batteria e basso) occupa, finalmente, degna collocazione. Scritto quattro anni fa, non aveva trovato spazio nei precedenti due lavori, nonostante la sua bellezza.

Decisamente melodico, in bilico tra fraseggi di pianoforte e voce evocativa, adatto ad una potenziale rotazione radiofonica… rigorosamente di nicchia!

L’acrobata, seppur instabile sulla sua fune, osserva con distacco fisico la realtà, e la sua superiorità potenziale del momento gli consente di giudicare e valutare la bassezza dell’uomo, quella di cui anche lui è parte, una volta sceso dalla sua corda...


Vento da nord, notte di luna piena

in punta di piedi con la vita giocherò.

La fune è una strada

sospesa sul vuoto

nel cono di luce amore mi sento un dio.

Da quassù è più facile distinguere la scia

dei servi di menzogne e falsità.


Illuminante!

L’album si chiude con una suite, quella di “Egos”, quasi quindici minuti suddivisi da sottotitoli concettuali ma con sonorità proposte senza soluzione di continuità.

Un cambio al basso con il ritorno di Cerruti.

Vediamo di seguire le differenti sezioni, sottolineando che l’idea iniziale nasce… molti anni fa!

Il tema è la perdita delle libertà. Egos è il nome di fantasia di una città, dove il tiranno di turno leva ogni tipo di indipendenza ai cittadini, e il luogo diventa la rappresentazione della tirannia.

Si parte con “Uomini di sabbia”: una calma iniziale descrive l’alba del racconto attraverso arpeggi di chitarra e atmosfere rarefatte, con il suono di un flauto che introduce l’immagine del dubbio e al contempo della speranza…


Egos terra amica non ti riconosco

vedo solo strade deserte.

Anime perdute vagano nel buio

cercano un'identità.

Dormono i poeti il sapere è un'eresia

false ogni libertà

Che sarà di noi, che sarà di noi

uomini di sabbia.


Avanti signori” è caratterizzato da un fraseggio di chitarra finale che si trasforma all’impatto in tormentone, con un interessante timbro proposto da Smeragliulo che mi ha ricordato l’interazione finale di “La danza dei grandi rettili”, del Banco.

Il testo è l’emblema della propaganda illusoria, spesso ammaliante per il popolo…


Fatevi avanti signori, nasce una nuova città

avrete i posti migliori nell'alta società 


L’indovinopresenta un altro cambio di passo, una trama molto articolata che riporta alle creazioni impossibili dei Gentle Giant, con un tocco di Banco.

C’è sempre chi vede, profetizza e suggerisce la fuga, alla ricerca della verità, della libertà e della rinascita.


Vede l'indovino forze degenerate

soffocare ogni atto di libertà.

Vattene, mi dice il saggio dagli occhi stanchi

lascia questo posto e cerca la verità

l'ultimo baluardo prima del precipizio

l'imbalsamatore ovunque ti cercherà.


L'attimo di tensione narrativa trova approdo nello strumentale “Tempi bui”,

sviluppato su tre “giri”, tra organo, piano elettrico e chitarra.

Il momento di sfogo/respiro traghetta verso “La danza dei tiranni”.

Difficile spiegare come certi passaggi musicali riescano al legarsi al testo in modo così netto, tanto da pensare alla fine che, sì, il significato sarebbe arrivato anche senza il verbo, tanto è didascalica l’atmosfera sonora…


Venne l'alba cieca del tiranno

Così all'improvviso, senza lasciare scampo.

Ora il vostro nome è un numero, niente di più

figli di un pensiero unico ascolterete solo me

la democrazia è fragile, pura utopia

la memoria è un limite

solo il domani conta ormai.

Ma nulla è perduto, fidati di me

c'è una fiamma ancora accesa

e alta la terrò.

Fuori strada è un attimo, non finirò

la mia fede è solida.


E arriva il secondo strumentale della suite, “La culla del sapere”, e si palesa ancora una volta la complessità creativa di Abba e Lugaro, così come le enormi skills dei collaboratori.

Non facile utilizzare le parole per descrivere il susseguirsi di situazioni, e ricordo ancora che i dettagli tecnici di ogni singola parte sono delineati da Abba e fruibili cliccando sul link di inizio articolo.

A conclusione arriva “Siamo l'aria ferma ed il vento”, il degno finale, ossessivo, spinto al massimo, quasi un’azione fisica atta ad allontanare il male attraverso il sacrificio e la forza donata dalla consapevolezza di essere nel giusto…


Egos tornerai quello che eri

libera custode del sapere.

Siamo vivi e forti, figli dell'uragano

pronti a morire per te.

Siamo uomini di sabbia, partigiani senza terra

visionari all'occorrenza, siamo l'aria ferma e il vento


La suite appare perfetta per la descrizione del momento contingente che il mondo sta vivendo ma, purtroppo, potrebbe essere traslata nel tempo e nello spazio e troverebbe sempre un’adeguata collocazione.

Emozionante!

Album spiazzante, adatto a chi cerca significati oltre i suoni, a chi ama certa musica del passato basata su di una struttura complessa, ma rivisitata e tinteggiata, tanto da essere considerata una novità.

Lugaro e Abba, per mero elemento anagrafico, hanno vissuto in diretta il prog di ritorno, quello più vicino agli Ottanta, e la commistione tra sonorità prog dei seventies e quelle più elettroniche degli anni a seguire sono il loro DNA distintivo.

Un plauso al parterre di musicisti che hanno collaborato - davvero superbi -, alla perizia di Alessandro Mazzitelli ed Edoardo Nocco per quanto riguarda gli aspetti tecnici e ad AMS Records che crede fortemente nel progetto Nathan.

Ancora un paio di aspetti relativi al futuro.

Mentre è possibile ipotizzare momenti di presentazione del progetto, appare più complicata la proposizione live, se non come inserimento di sample all’interno di una setlist già rodata.

Altro pensiero è rivolto alla realizzazione di un formato fisico iconico, il vinile, ma per arrivare a ciò occorrerà che i Nathan accorcino il tempo dei loro album, e anche questo si avvicina ai sessanta minuti, tempo complicato per un LP!

Ma dietro all’angolo, lo so per certo, incombe un nuovo progetto discografico, e magari, questa volta, il 33 giri ci scappa!


Tracklist:

1 Fatti non foste 4:41

2 Monoliti 7:05

3 Delirio onirico 7:55

4 Il pianto del cielo 3:56

5 Madre dei sortilegi 9:19

6 Nel giardino di Maria 6:28

7 L’acrobata 5:32

8 Egos 14:54


www.ams-records.it

Release date: 25 febbraio 2022

Formato: CD papersleeve