domenica 1 agosto 2021

The Trip: “Caronte-50 Years Late”




The Trip

“Caronte-50 Years Late”

2021-Ma.Ra.Cash Records








Ho tra le mani un album dal profumo famigliare, che mi riporta verso l’adolescenza, tempo in cui incontrai una particolare musica rock che solo in seguito sarebbe stata definita “progressiva”.

Era forte anche l’appeal che mi legava al mio concittadino Joe Vescovi, un mito per noi ragazzini savonesi amanti precoci della musica alternativa, e l’aver visto i The Trip dal vivo in quei giorni così lontani rappresenta un privilegio dell’età che avanza - inesorabilmente -, disagio attenuato da piccoli ma significativi ricordi sereni.

Sono passati 50 anni dall’uscita di “Caronte”, il secondo album dei Trip, probabilmente quello della svolta decisa verso il prog, un coraggio che, come mi raccontò Joe in tempi più recenti, derivò dalla consapevolezza che anche in Italia si era pronti per un nuovo passo (citazione riferita alla vittoria dei Vanilla Fudge al Festival di Venezia con “Some Velvet Morning” un paio di anni prima, quella che aprì definitivamente in Italia le porte al nuovo che avanzava).

Dei The Trip di allora facevano parte, oltre al già citato Vescovi alle tastiere e voce, Billy Gray alla chitarra, Arvid Wegg Andersen al basso e voce e Pino Sinnone alla batteria, che lascio in fondo alla lista perché trait d’union tra gli anni ’70 e l’attualità, tra la musica “antica” e quella dei giorni nostri.

Joe, Billy e Wegg non sono più tra noi ed è toccato proprio a Pino il compito di prendere le redini della band, che dal 2014 - anno della dipartita di Joe - si è messo alla ricerca della formula giusta, della motivazione che solo un gruppo di musicisti adatti al genere - e alle idee dell’esigente Sinnone - può fornire. L’obiettivo? Riproporre la musica dei Trip, ovviamente quelli dei primi due album, dove il drummer Pino era presente, anche se è giusto segnalare che i componenti della band, nella prima fase, sono stati numerosi e particolarmente “nobili”.

Forte di questa responsabilità Pino Sinnone si è messo alla ricerca degli elementi utili e adattabili al suo pensiero e una volta trovati ha progettato con estrema calma un primo atto, “sfruttando” ora l’occasione della celebrazione dei 50 anni dall’uscita di “Caronte”, titolo dell’album ma anche nome attribuito da Vescovi al drummer torinese nel 2012, quando i Trip tornarono a suonare nei loro luoghi cari dopo una lontananza di 40 anni.

Pino non è più giovanissimo, come lui racconta in ogni occasione e, conoscendolo, ho spesso l’impressione che la sua velocità autoimpostata sia la massima possibile, per non perdere più nulla, per afferrare ogni occasione, per recuperare lustri in cui la musica non è stata per lui elemento centrale ma contorno rispetto ad una vita che andava vissuta in modo pragmatico.


La sua tenacia ha permesso di costituire oggi una band fresca e dalle grandi competenze.

È questa per me la parte più complicata del progetto, perché se è vero che i giovani forniscono nuova linfa e forza da spendere, è al contempo difficile trovare le giuste skills, quelle utili a presentare sonorità e trame inusuali, nate in tempi lontani, differenti da quanto viene propinato dai media oggigiorno.

Chi furono i Trip? Cosa è stato il Prog? Perché una “canzone” può durare dieci minuti? E la suite? Il concept album?

Eppure, i giovani virtuosi esistono e Sinnone, dopo lunga selezione, può oggi contare sulla seguente line up che lo accompagna:


Andrea Ranfa - voce

Carmine Capasso - chitarre, voce

Tony Alemanno - basso, voce

Andrea "Dave" D'Avino - tastiere, voce




Il risultato dell’intenso lavoro di amalgama è l’album “Caronte, 50 Years Later”, un titolo che non lascia spazio all’immaginazione anche se presenta alcune peculiarità:

-rappresenta una sorta di riproposizione dei tanti live;

-è stato registrato nel periodo del lockdown e quindi utilizzando tecnologia e creazioni a distanza;

-oltre ai brani originali ce ne sono un paio in più rispetto all’originale;

-esiste una sorta di introduzione, firmata da Capasso.

Il mio giudizio sulla rivisitazione di “Caronte” è influenzato, positivamente, dal fatto che l’ho ascolto pochi giorni fa dal vivo, a Genova, nel corso del Porto Antico Prog Fest, e so quindi che il nuovo volto del disco non è il frutto di magie da studio, perché la performance a cui ho assistito non lascia dubbi sulla consistenza della band e sulla capacità di coinvolgere l’audience.

Apertura affidata alla breve intro “Acheronte” - una delle novità -, composta da Carmine Capasso, tanto per evidenziare la fiducia che Sinnone nutre nei confronti della band.

Il parlato di Ranfa apre il percorso lungo il fiume che le anime dannate devono attraversare sulla barca del traghettatore Caronte, proponendo l’immagine di ciò che precede l’Inferno.

Il tutto serve a disegnare il feeling, tra paura e speranza, un frammento che simboleggia la separazione tra il mondo dei vivi e quello degli Inferi.

Atmosfera cupa ed emozionante.

Segue la prima traccia "ortodossa", “Caronte I” e le abilità tastieristiche di D'Avino saltano subito all’orecchio, tenendo conto che le parti scritte in origine da Vescovi sono figlie di anni in cui la gioventù era più propensa a favorire il virtuosismo personale piuttosto che l’equilibrio dell'insieme.

Ma l’amalgama è evidente, il sound mantiene il fascino del passato e Sinnone picchia sulle pelli come un ragazzino.

Con “Two brothers” (Vescovi/Gray) entra in scena l’incredibile voce di Andrea Ranfa, a mio giudizio tra le migliori nel panorama rock italiano.

Ma è il suono di insieme che emerge, in un brano a tratti marcatamente rock, pieno di libertà espressiva, dove la sezione ritmica ha ruolo preminente e ci permette di scoprire le doti di Tony Alemanno.

Una nota di colore è rappresentata dalla presenza di Antonio Capasso (padre di Carmine), che nel finale suona… l’Harley Davidson!

Come noto agli appassionati del genere, “Caronte” utilizza il tema dantesco come metafora focalizzata su quel comportamento che condanna i “maledetti” ad attraversare il fiume e quindi a perdersi. Le due dediche inserite nel disco partono con quella a Janis Joplin (mancata un anno prima, nel '70), “Little Janie”, composta da Vescovi e Gray.

È forse quella che rispetta maggiormente la forma canzone, un discostamento tipico nei progetti dei seventies, uno stacco musicale quasi necessario.

La seconda dedica è quella a Jimi Hendrix (morto lo stesso anno della Joplin) e il pezzo si intitola “L'ultima ora e Ode a Jimi Hendrix” (Vescovi Gray), oltre dieci minuti a disposizione per dare dimostrazione di bravura e rispetto della partitura, con una perfetta conduzione chitarristica di Capasso, un episodio che può rappresentare la sintesi di cosa possa dare al pubblico la nuova formazione dei The Trip.

Con lo strumentale “Caronte II” (Vescovi) si chiudeva il disco originale, un intreccio di parti soliste che vedono in primo piano anche il basso usato in maniera innovativa, se si pensa al periodo, una dimostrazione che le sezioni create da Vescovi erano davvero elaborate e non per tutti.

E arriviamo alle due aggiunte, che portano la doppia firma Vescovi e Sinnone e vedono alla batteria Kri (Chistian Sinnone).

La prima è “Una pietra colorata”, tratta dall’album di esordio, "The Trip".

Appare chiara la differenziazione e l’evoluzione in corso nel momento in cui nasceva “Caronte”, perché il primo atto è molto più legato al rock/blues.

Il pezzo permette ad Andrea Ranfa di proporre la sua incredibile estensione e il particolare colore di una voce molto adatta a rock e metal.

La seconda, “Fantasia”, ci riporta ad una scena del Festival Pop di Caracalla inserita nel film "Terzo Canale Avventura a Montecarlo”, del 1970.

Altro saggio di bravura dell’ensemble e anche in questo caso non riesco a dimenticare la recente apparizione genovese.

Difficile non pensare al disco originale, pionieristico, archetipo del prog più evoluto, fatto di arrangiamenti con influenze sinfoniche, brani lunghi e articolati, citazioni colte e ritmi dalla continua variazione.

Ma la meta dei The Trip non era il mero tributo, piuttosto una rivisitazione del passato con l’inserimento di alcune novità e mi pare che il compito sia riuscito in pieno.

Grande plauso a Pino Sinnone, che ha avuto la giusta tenacia che gli ha consentito di creare un team adatto a sfide importanti, dando vita ad un progetto che, nel corso del prossimo anno, potrà virare verso brani originali, in grado di dare continuità ad una storia nata a metà degli anni ’60, una terza fase che consenta di guardare ai The Trip come ad una band del nuovo millennio. L’intraprendenza e l’entusiasmo di Pino Sinnone sono in tal senso una garanzia.

Magnifica la grafica di Lidia Grillo con un booklet evocativo e rispettoso del presente e del passato.

A seguire i credits e le info utili.

Qualche immagine di repertorio precedente al lockdown...



Hanno detto i protagonisti:

Pino Sinnone: “Joe Vescovi, nel 2012, dandomi l’appellativo di “Caronte”, mi lasciò il compito di formare una cover band e di portare avanti la musica dei The Trip. Nel 2015 fondai i The New Trip ma, da storico componente del gruppo mi chiesi se fosse giusto formare solo una band tributo. Perché invece non portare avanti la storia della band originale donandole nuova linfa insieme ad altri giovani musicisti?”

Andrea Ranfa: “Nonostante la pandemia, che ha bloccato le nostre esibizioni e parte dei nostri progetti, siamo riusciti a fissare in musica questa nuova edizione di “Caronte”. Ad esattamente 50 anni di distanza, siamo pronti a farvi sentire una registrazione che omaggia le vecchie versioni e che ricalca parte dei nostri live, perché anche se in studio l’album è quasi live per intenzione e modo di registrare.”

Carmine Capasso: “Ecco il nuovo “Caronte”, risuonato 50 anni dopo. Non abbiamo apportato nessuna modifica se non adattarlo ad un sound più moderno. Era doveroso per noi voler continuare quello che la formazione storica della band aveva iniziato ed è soprattutto a loro che vogliamo dedicare questo album.”

Andrea D’Avino: È per me un onore avere contribuito alla nuova registrazione dopo 50 anni di “Caronte”, assieme a persone meravigliose. Sono grato di aver avuto la possibilità di suonare le stesse note del grande Joe Vescovi e di essermi fatto invadere dalle emozioni che il prog dei Trip sa regalare.”

Tony Alemanno: “Un giorno mi capitò tra le mani l’album e al primo ascolto rimasi colpito dall’organo isterico di Joe Vescovi, dal drumming perfetto di Pino Sinnone, dalla e potenti chitarre di Bill Gray e ovviamente dall’ipnotico basso di Wegg. E poi… una telefonata inaspettata che mi annuncia l’entrata nella band e mi ritrovo a suonare proprio in quel disco che mi aveva fatto innamorare dei Trip!”.

Non ci resta che ordinare e ascoltare “Caronte-50 Years Later” e… vedere l’effetto che fa!