lunedì 16 gennaio 2017

Paul Roland – White Zombie



Paul Roland – White Zombie  - Realizzazione CD limitata e numerata
Dark Companion
  
White Zombie  è l’album in fase di rilascio di Paul Roland, artista britannico che ha esordito musicalmente in un periodo significativo, compreso tra la fine degli anni ’70 e l’inizio ’80, e che nel tempo è riuscito a diventare buon rappresentante di un filone che abbina la cultura più tradizionale ad elementi fantascientifici, al contempo capace di far propri aspetti che trascendono la materia e proseguono in profondità.
In questo caso specifico, se è vero che l’idea madre reca una firma certa, la squadra di accompagnamento, che supporta e interagisce con Roland, è tutta italiana: a seguire i protagonisti e i riconoscimenti ufficiali.

Sono diversi i modi che consentono la fruizione di un disco, e senza volermi addentrare in inutili dettagli mi sento di affermare che alla piena “non conoscenza” legata spesso al primo impatto, si può contrapporre la consapevolezza di ciò che si sta per ascoltare, ed è questa seconda modalità quella che considero di grande rispetto per chi crea e successivamente condivide. E di certo è la più soddisfacente.

Il progetto parte da lontano, dagli anni ’90, quando un giovane Roland, affascinato dal film “White Zombie”, del 1931 - con Bela Lugosi come protagonista -, pellicola di riferimento del cinema voodoo, inizia a scrivere le basi di quella che avrebbe dovuto essere la colonna sonora del film. Musica perlopiù strumentale, “con canti e cori che dipingevano la schiavitù di uomini ridotti dallo scienziato folle a zombie, automi per aumentare la forza lavoro nelle fabbriche”. Il tutto fu abbandonato per molto tempo, ma non dimenticato.
Il nucleo centrale è quindi composto da canti in francese-creolo, a cui successivamente sono stati aggiunti altri brani, creati da Roland dopo l’inizio della collaborazione con il “gruppo italiano” (Max MarchiniPaola TagliaferroAlberto Callegari…).
Una storia complessa, durata circa tre anni, di cui racconterò i dettagli nei prossimi giorni, con l’ausilio di uno dei protagonisti.
Questa piccola premessa è utile ad evidenziare l’entità del lavoro e la ovvia necessità di poterlo catturare nella sua essenza, senza banalizzazioni, avendo almeno idee basiche sugli intenti originali dell’autore.
Gli Zombie, quelli “veri”, sono legati alla religione del vudù - un misto di cattolicesimo e spiritismo africano - basata su elementi esoterici, sulla continua lotta tra il bene e il male, sui rituals, la moralità e gli elementi sociali: “Vudù” significa essenzialmente “spirito”, ed è proprio l’oltrepassare la materia che pare contraddistingua l’intero disco e, soprattutto, l’iter creativo, coinvolgente per tutti gli “attori”, tanto da diventare un’importante esperienza di vita.
E’ questo uno di quei casi in cui diventa imprescindibile l’elemento didascalico, perché potrebbe/dovrebbe scatenare la decisa interazione e il coinvolgimento, elementi che permettono di godere appieno di un album unico. Sì, unico!
Viviamo in un periodo poco florido per l’industria discografica, ma anche la fase creativa sembra essere un optional, e ciò riguarda anche i grandi della musica.
Il primo ascolto di “White Zombie” - preceduto dalle note informative di cui sopra - mi è bastato per dare forma ad un giudizio ben delineato che non si è modificato dopo i successivi due giri di giostra.
La positività del mio commento è legata alla creazione di un contenitore realmente innovativo ancorché fatto di essenzialità, e ciò che resta nell’aria - e perdura a lungo - è una sorta di mood magico costituito da una potente miscela di ingredienti che non appaiono soltanto tecnici, anzi.
I ritmi tribali (“Song Of The Black Toad”, “Ti Bon Voodoo”,  “Wanga Wanga”, “Sugar Mill Scene”, “Bitter Sleep”, “ Baron La Croix”, “Chant Of The Black Cokerel”, “Servant Of The Spirits”) sono esaltati da una voce caratterizzante come quella di Paul Roland - capace di riportare indietro nel tempo ma, soprattutto, di interpretare in modo quasi attorale la performance - coadiuvato nel compito specifico dalla “Gran Sacerdotessa” Paola Tagliaferro (e in un caso da Anna Barbazza), ma l’impressione è che l’incidenza dei singoli musicisti sia elevatissima, e non mi riferisco alle particolari skills di ognuno di essi, ma all’effetto “tassello giusto nel posto corretto” (e Paolo Tofani mi pare l’esempio più calzante).

La tracklist:

Sono rimasto particolarmente colpito dal brano “Wake Madelena Wake”, acustico e piuttosto intimistico, che si diversifica dal comune denominatore ritmico-sonoro ed esprime una pregevole delicatezza che penetra e… non ti lascia più…
Ma è il disco in toto che va afferrato senza sezionamento alcuno, godendo del puzzle che qualche anima superiore ha realizzato per noi, semplici fruitori del genialità altrui.
Un album da condividere, nella speranza di poter assistere, prima o poi, ad un live che, dalle premesse, appare come un’esperienza formativa.

E’ prevista anche la realizzazione di un EP singolo, “Mambo Jo”(edizione limitata di 300 pz), che vede la presenza di due inediti, con il già citato Paolo Tofani alla tricanta vena elettrica.

Un ventata di aria fresca tra tante venature di grigio…



IL TEAM nel dettaglio:

·         Acoustic Guitar, Lead Vocals  Paul Roland
·         Backing Vocals  Alberto Crosio, Claudio Milano, Priska, Warm Morning Brothers
·         Backing Vocals, Percussion  Sergio Nachira
·         Drums, Backing Vocals, Percussion  Annie Barbazza
·         Electric Bass  Alberto Callegari, Annie Barbazza (tracks: 5)
·         Electric Bass, Electric Guitar, E-Bow, Percussion  Massimo Marchini
·         Electric Guitar  Alessandro Austoni, Beppe Lombardo
·         Electric Guitar, Flute  Lorenzo Trecordi
·         High Priestess' Lead Vocals  Paola Tagliaferro
·         Lead Vocals  Annie Barbazza (tracks: 9)
·         Oboe  Camillo Mozzoni
·         Tricanta Veena  Paolo Tofani

·         Etichetta Unifaun production – Dark Companion records
·         Mixed and Mastered Alberto Callegari – Elfo Studios- Tavernago PC.
·         Foto cover Franz, foto booklet Pinco Palla.
·         Cover design Max Marchini.
·         High Priestess - Paola Tagliaferro