Mauro Pinzone-“Foto Sintesi”
Mauro Pinzone è un
cantautore del ponente ligure, ma in questo caso, forse, cantautore è termine
riduttivo. Pinzone è anche sinonimo di discontinuità… non è una critica, è lui
stesso a sottolineare a seguire una certa variabilità umorale che ha provocato,
nel tempo, lunghi vuoti produttivi/espressivi: le passioni molto forti sono
considerate in modo inconscio le principali attività di vita, ma quasi sempre diventano
la seconda scelta, la valvola di sfogo, perché, ahimè, far coincidere lavoro e
passione è roba da predestinati.
Il racconto di
Pinzone è dettagliato e utile alla comprensione della sua arte, ma estenderei
la picture ad un mondo intero, fatto di sensibilità e di accadimenti personali,
dove c’è spazio per l’obiettività ma anche per qualche rimpianto,
recriminazioni che fatalmente si estendono all’ascoltatore, ammesso che la
fruizione sia attiva e che ci sia la predisposizione a lasciarsi coinvolgere.
“Foto sintesi”
è tutto questo, la descrizione di momenti significativi vissuti dall’autore,
nei quali è possibile specchiarsi e, volendo, trarre delle conclusioni.
Sono dodici le
tracce che compongono il CD e a fine articolo propongo “Prestito”, un quadretto simbolo della delicatezza con cui
Pinzone sa esprimersi.
Ho trovato in
sottofondo un mood comune che sa di spleen, come nel brano “Stella” (“Una stella
per ogni mio sbaglio, una stella per ogni mio amore, uno sbaglio per ogni
emozione…”), o “La verità”
(“Dove stai cercando la libertà, sotto la tua delusione di un risveglio poco
limpido…”); e che dire della struggente “Sensi amplificati” (“Non
c’è abbastanza tempo per un’altra notte, per un’altra alba, per volare tra i
tuoi capelli…”) o della malinconica “Sorriso
che corre” (“Non sei solo un sorriso che corre, sotto un sole dall’odore
di fuoco, sei anche un uomo che deve lottare per riuscire a farsi dagli altri vedere”)…
Ma questa
atmosfera rarefatta non sarebbe così efficace se non esistessero trame sonore
adeguate ai messaggi. Le parole inventano una storia e la musica diventa l’abito
ideale, che smussa gli angoli e modella i sentimenti. Pinzone conosce
perfettamente l’arte del bilanciare i due ingredienti principali, e dopo aver
costruito il copione, adoperandosi nella cernita che meglio lo possa
rappresentare in questo momento di vita, chiede ausilio a fior di musicisti, di
cui parla lui stesso nel corso dell’intervista.
Emergono così
i tanti volti dell’artista, che mette in circolo tutto il suo background
musicale che, come accennavo ad inizio articolo, sfugge dallo stereotipo del
cantautore.
Si nasconde un
po’ Mauro Pinzone, a volte pare voglia minimizzare la propria arte, magari per
gesto di umiltà o è forse questo un momento in cui l’autostima necessita di
sollecitazione, perché le sue peculiarità - e tra queste metterei sicuramente
la voce, che appare come marchio di fabbrica e immediatamente riconoscibile,
così come la capacità di dare corpo musicale a idee che nella veste finale
diventano pesanti come macigni - hanno una decisa potenza, che permette di
costruire immagini che, dopo che ti si sono parate davanti, non svaniscono
mai più, diventando il vero elemento interattivo, situazione invidiabile da
raggiungere.
Nella parte
conclusiva Pinzone propone un paio di tacce legate a un progetto teatrale, “Punti
di Svista”, ed è lo stesso autore che racconta di come questa scelta sia
stata da taluni criticata, ma personalmente trovo sia perfettamente calata nel
progetto, un puntare il dito sul sistema e sull’attuale momento artistico che
mi pare pienamente condivisibile e meritevole di sottolineatura.
“Foto Sintesi”
è un album che più si ascolta e più ti entra dentro: toccante, sincero, amaro,
specchio della quotidianità.
Mi ha lasciato
un velato ma diffuso senso di tristezza, quella che a volte mi piace andare a
ricercare nei momenti più intimi… molto più di un semplice disco!
L’INTERVISTA
E’ appena uscito
“Foto sintesi”, il tuo nuovo album. Prima di entrare nei dettagli ti chiedo di
sintetizzare i fatti artistici salienti della storia di Mauro Pinzone.
Credo che la mia
vita artistica si possa riassumere in diverse fasi, tutte intercalate da pause
di scarsa creatività, alcune durate anche diversi anni. Ho iniziato a scrivere
poesie nel 1974, da subito mi sono accorto che alla poesia potevo aggiungere la
musica; la prima fase, prettamente folk, è durata sino al 1981, allora giravo
con una eko 12 corde e armonica a bocca, per feste di paese e festival vari. In
quel periodo ebbi l’occasione di suonare un paio di volte da supporto agli
Area, purtroppo già privi dell’indimenticabile Demetrio. Dal 1981 al 1990 primo
black out: per quasi dieci anni non ho praticamente più toccato la chitarra, ma
in compenso ho ascoltato e visto veramente tanta musica, avendo occasione di
girare l’Italia per lavoro. Nel 1990 ho acquistato la mia prima chitarra seria,
una Martin HD28, e ho ripreso a scrivere e suonare. A quel tempo fondai il mio
primo gruppo, assieme a un ragazzo francese, cantavamo le sue e le mie canzoni.
Nel 1992 l’incontro con Gabriele Braga, ottimo chitarrista dalla vena creativa
assolutamente originale. Con lui nel 1994 fondammo i Pensieri Compressi, una
sorta di jam band costituita da musicisti bravi sia tecnicamente che come gusto
e raffinatezza. Le mie canzoni con i Pensieri Compressi si arricchirono di una
base musicale unica, una sorta di fusion tra rock, funky, jazz e altri svariati
generi, tutti sapientemente miscelati. Fu un periodo molto intenso, ricco di
soddisfazioni. Il gruppo era molto apprezzato e seguito, soprattutto da
musicisti e fu tra primi a proporre brani originali e cover completamente
riarrangiate nei locali del ponente ligure - E’ del 1998 il CD PENSIERI
COMPRESSI, accolto dalla critica in maniera molto positiva, contenente il brano
Fuori la Città, passato anche su Radio Uno. Con i pensieri Compressi abbiamo
suonato ovunque, in Piemonte, in Lombardia, in Sardegna e abbiamo avuto l’onore
di aprire concerti di artisti come Massimo Bubola, Alberto Camerini e i
Garybaldi del compianto Bambi Fossati. Questo sodalizio è durato tra alti e
bassi sino al 2006, anno in cui il gruppo, più che sciogliersi, si dissolse nel
nulla, con un nuovo album in fase di registrazione per il quale avevo tra
l’altro trovato anche un’ottima produzione, alla quale dovetti, per forza di
cose, rinunciare (p.s. il CD è completato da anni ormai, ma non è stato ancora
pubblicato). Dal 2006 al 2008 altro black out, ma in questo caso ho continuato
invece a comporre. Nel 2008 l’incontro con Mohamed Ben Hamouda, un
percussionista tunisino in Italia ormai da tanti anni, che si innamorò
immediatamente delle mie canzoni. Con lui fondammo gli Afka’r, una sorta di
gruppo in bilico tra folk, etnico e jazz. Credo che gli Afka’r fossero
piuttosto avanti rispetto al periodo in cui operavano, la musica che proponevamo era molto al di fuori
degli schemi classici. Gli Afka’r durarono sino al 2009, nessuna registrazione
ufficiale ma diversi bootleg live di un certo spessore. Dal 2009 al 2012 altri
tre anni “sabbatici” in cui mi dedicai però al teatro con la compagnia Baba
Yaga di Finale Ligure. In questi ultimi anni ho avuto anche il piacere di
partecipare a due cortometraggi, “L'identità”, per lo Yepp di Loano, e “La
Prova”, per lo Yepp di Albenga, e a un lungometraggio, “La regola del piombo”
del regista Giacomo Arrigoni (il film è stato premiato a due festival di cinema
indipendente a Miami e Houston). Dal 2012 ho ripreso ad esibirmi dal vivo, da
solo, a volte accompagnato dal maestro Giovanni Amelotti, grande musicista con
il quale ho condiviso l’esperienza degli Afka’r. Nel 2014 ebbi anche l’onore di
aprire il concerto di Garland Jeffreys ad Albenga, e alla fine… nel 2015 ho finalmente
maturato la decisione di incidere un CD che fosse realmente e finalmente mio e
che rappresentasse il mio lavoro di questi ultimi anni. Di questo CD ho
presentato alcuni brani al Festival Su La Testa.
I tuoi “quadretti”
lirico-sonori sono accompagnati da una timbrica vocale molto particolare che ti
rende sufficientemente lontano dagli stereotipi del genere: come definiresti la
tua proposta, per chi non ha mai avuto occasione di ascoltarti?
Grazie per la
delicatezza con cui hai affrontato l’argomento... so benissimo di non essere un
bravo cantante, e che le mie ballate non hanno propriamente la forma di
“canzone”. Tieni presente che nel comporre parto sempre da un testo, da una
poesia, e che, vuoi per scelta vuoi per le mie limitate qualità di musicista,
la struttura di base delle canzoni è molto semplice, anche se spesso utilizzo
dei “rivolti”. Il testo è alla base di tutto e la musica deve sostenere in
maniera dignitosa le parole. Ciò non vuol dire che la musica debba avere meno
importanza nel prodotto finale, sicuramente la scelta dei musicisti con cui
collaboro deve essere in sintonia con i
miei gusti musicali di quel momento… ho sempre mirato a un tessuto sonoro
simile più a un patchwork che a una copertina monocroma.
Il titolo del disco
anticipa gli intenti ma qual è il contenuto, o meglio, che cosa lega i vari
episodi?
La scelta della
canzoni non è stata facile, ho ancora molte canzoni che avrei potuto inserire
nel CD. Ho cercato di selezionare quelle che più mi rappresentano in questo
periodo, quelle che sentivo più mie, spesso nate da esperienze che mi hanno
segnato, nel bene e nel male, oppure ancora che ho vissuto da esterno, da
spettatore. Il fil rouge è rappresentato da una condizione interiore esplosiva
che aveva necessità di esprimersi, da una sorta di stato emozionale che cerco
di trasmettere a chi ascolta, che in ogni caso deve essere in grado di
sviluppare in maniera soggettiva, come se si trovassero davanti a dei quadri o
a delle fotografie.
Mi parli delle due
tracce legate allo spettacolo “Punti di Svista”?
Sto ricevendo molte
critiche per questa scelta, mi dicono che i due monologhi inseriti nel CD sono
fuori luogo… dal mio punto di vista (anzi di Svista) invece sono complementari
perché in ogni caso rappresentano una parte del mio vissuto artistico di questi
ultimi anni. Nel 2014 l’incontro con Roberto Bani (attore, regista, scrittore
di testi teatrali) che conoscevo da decenni ma con il quale non avevo condiviso
nulla di artistico, ha portato alla nascita di uno spettacolo nel quale due
mondi diversi, quello della canzone d’autore e quello del teatro, si incontrano
ed esprimono due diversi punti di vista (anzi di Svista) sulla natura e la vita
degli artisti stessi. Roberto ha costruito dei monologhi ispirato da alcune mie
canzoni e io ho composto delle canzoni su alcuni suoi monologhi; sono nati così
otto quadretti in cui canzone e monologo
trattano lo stesso argomento visto da due artisti diversi tra loro. L’Originale
e Non sei originale rappresentano uno di questi quadri, e mi
sembrava pertanto giusto inserirli entrambi nel CD.
Siamo lontani
dall’immagine del cantautore “voce e chitarra”, e di fatto esiste una grande
squadra che ti ha dato ausilio nel tuo lavoro: mi racconti qualcosa del team?
Grandi musicisti e
gran belle persone, siamo fortunati che esistano dalle nostre parti artisti di
questo livello, con tale personalità e umanità, e grazie al cielo non sono gli
unici. Con alcuni di loro (De Palo, Gianeri, Amelotti, Hamouda) ho condiviso in
passato con Pensieri Compressi e Afka’r fasi importanti del mio percorso
musicale, gli altri (Fugassa, Bellato, Biale, Baglietto) posso dire di averli
visti nascere artisticamente, spesso anche di averli visti ai miei concerti
quando erano ancora agli inizi, e con i quali ho mantenuto sempre un rapporto
di stima, per non parlare poi di Mazzitelli, che seguo e mi segue da una vita,
e che conosce perfettamente i miei pregi e, soprattutto, difetti dal punto di
vista musicale, e che mi ha aiutato a coordinare tutti. La scelta è caduta su
di loro perché ero sicuro che, oltre a fare un ottimo lavoro dal punto di vista
musicale, avrebbero interpretato le mie canzoni esattamente come io avrei
voluto; ho pertanto lasciato loro ampio spazio creativo perché oltre ad essere
degli “esecutori” contribuissero anche con qualcosa di più prezioso, la loro
personale creatività, e in questo mi sembra di avere centrato l’obiettivo.
Mi parli degli
altri aspetti legati al CD… le immagini dell’artwork… l’autoproduzione…
Per l’artwork mi
sono affidato totalmente a una cara amica, Angela Caprino, che ho stressato
nell’ultimo mese perché mi realizzasse la veste grafica. Le ho dato delle
indicazioni su quello che avrei voluto e che potesse rendere l’idea dei
contenuti del CD, e lei ha realizzato questa copertina raffigurante una cornice
con all’interno due fotografie sovrapposte che rappresentano le striature di
una foglia e delle bolle d’acqua, screziate di rosso, che è il mio colore
preferito. Molto bella anche la realizzazione grafica del book interno
contenente tutti i testi, che risultano essere ben leggibili. Angela ha fatto
veramente un ottimo lavoro, per essere la sua prima realizzazione di una
copertina per CD, ma su questo non avevo dubbi.
Per la
registrazione mi sono invece affidato ad Alessandro Mazzitelli, che ha una
profonda conoscenza di quello che faccio, e che si è occupato anche della
Direzione di Sala. Una delle cose che apprezzo di Alessandro è l’infinita
pazienza.,soprattutto con persone come me, molto dispersive e umorali. La
registrazione è durata un anno e mezzo, tra pause, modifiche, integrazioni, e
la cosa più bella che ho vissuto in questo periodo è il constatare, a ogni
pezzo finito, che questi mi entusiasmava, sembrava sempre più bello del
precedente: questo nonostante i vari musicisti siano intervenuti in tempi
diversi, e quasi mai con un ordine logico (ad esempio la batteria su alcuni
brani l’abbiamo registrata quasi alla fine, mentre invece di regola fa parte
della base su cui interverranno tutti gli altri strumenti). I tempi così lunghi
di realizzazione hanno però dato un senso alla crescita di questo bambino,
vederlo crescere a poco a poco, gustarne ogni nuova sfumatura… beh, è stata
veramente una grande sensazione.
Punto dolente, come
sempre nelle autoproduzioni, la distribuzione. Per ora il CD è disponibile solo
dal sottoscritto, anche se a brevissimo darà disponibile su piattaforme
digitali tipo ITunes e Spotify.
Sei considerato un
punto di riferimento musicale nel ponente ligure: hai il polso di quanto sta
accadendo da quelle parti? Ci sono fermenti o predomina la stasi creativa?
O mio Dio che
responsabilità... sono solo un artigiano delle parole che cerca di esprimere
qualcosa, e che ha sempre creduto nella musica originale, fosse la mia o quella
di altri. C’è stato un periodo che mi occupavo di organizzare kermesse musicali
a cui fare partecipare soprattutto gruppi musicali che proponessero brani
originali, e constatare oggi quanto i ragazzi di allora siano cresciuti musicalmente, non sai quanto susciti
piacere e motivo di orgoglio. Confesso che purtroppo non ho avuto molto tempo
ultimamente da dedicare alla musica dal vivo, ma ho l’impressione che la
situazione sia un poco statica e credo anche che non sia un buon momento anche
al di fuori delle nostre zone. Rispetto a 20/30 anni fa le occasioni per chi ha
qualcosa di originale da proporre si sono ridotte, ad eccezione del periodo
estivo in cui non mancano, fortunatamente, fiere e feste di piazza. C'è anche
da dire che purtroppo c’è sempre meno pubblico disposto ad andare sentire
musica dal vivo, specie se trattasi di musica originale. La carenza di pubblico
secondo me è anche data dal fatto che a “girare” sono spesso sempre gli stessi
nomi, e che, ancora negli ultimi dieci
anni i locali hanno preferito offrire “quantità” a basso costo,
piuttosto che “qualità”.
Chi in questo
momento trovo interessante? Trovo molto interessanti i Nico & the Castles,
della bravissima Nicoletta Ghilino, capaci di creare ottime atmosfere tipiche
da pub fumoso, i London Pride (che ho seguito sin dagli esordi), sempre più
spinti sulla strada del brit pop, anche se io li preferivo quando erano un po’
più psichedelici, un gruppo di ragazzini di Imperia che suonano dell’ottimo
jazz rock e che si facevano chiamare Jamers, ma che ho perso di vista. Ci sono
inoltre i giovanissimi We Fly, la cui crescita musicale è stata davvero
impressionante in questi ultimi tre anni. Simpaticissimi e molto freschi i
4Real. Molto bravi anche Margherita Daisy Zanin e Samuele Puppo, che nonostante
la giovane età stanno mostrando molta personalità, notevole tecnica e
padronanza del palcoscenico. Ma ce ne sono ancora altri, che non cito e con i
quali mi scuso, molti altri che spero non si stanchino di fare musica. E poi
c’è lo stuolo dei quarantenni (Zibba, Biale, Davide Geddo, Pennavaria, etc), ma questi non li considero sicuramente
delle nuove leve, piuttosto degli artisti ormai cresciuti, navigati e con un
loro ben preciso spazio nella scena musicale locale, e non solo. Attendo anche
con una certa curiosità il nuovo lavoro dei Flower Flesh… tralascio di parlare
degli ottimi professionisti (sarebbe una lista un po’ lunga…) che fanno una
fatica bestiale a sbarcare il lunario, e che sempre più spesso sono costretti a
emigrare per poter lavorare nel settore. Quello che mi auguro è un ritorno, sia
da parte degli organizzatori che dei gestori e, soprattutto, del pubblico, a
una maggiore apertura alle novità, che consenta alle giovani leve di mettersi
alla prova su un palco davanti a un pubblico vero e non in una angusta sala
prove.
Hai pianificato
qualche data o presentazione per pubblicizzare “Foto sintesi”?
Ci sto lavorando,
anche per me non è facile trovare date... spero entro breve tempo di fare una
presentazione ufficiale con tutti i musicisti presenti sul disco. Per ora le
date certe sono il 22/1 all’Overpass di
Loano e il 27/1 al Bar 11 di Imperia.
Siamo appena
passati al nuovo anno: quali sono i propositi musicali di Mauro Pinzone?
Sicuramente
continuare a scrivere canzoni, pubblicare finalmente il CD pronto da 10 anni,
e, chissà, registrarne uno nuovo, tanto, considerati i miei tempi, se ne
parlerà tra almeno un anno! Mi piacerebbe anche che altri interpretassero le
mie canzoni, oppure scrivere per altri, anche
considerato che di testi pronti nel cassetto ne ho un bel po’…