giovedì 13 ottobre 2016

Acid Mothers Temple & The Melting Paraiso U.F.O alla Raindogs House


Un concerto di martedì potrebbe voler dire scarsissima affluenza, ma ciò che è andato in scena l’11 ottobre alla Raindogs House ha portato audience, qualificata e preparata ad un evento che ha chiaramente riscosso successo.
Sul palco - ma la presenza si è estesa a tutto il locale - una band giapponese, gli Acid Mothers Temple & The Melting Paraiso U.F.O, che ha ormai superato i quattro lustri di vita e ha rilasciato un gran numero di album, che alcuni dei presenti hanno portato con sè per la firma di rito, con qualche esagerazione relativa alla quantità!
Conoscevo pochissimo della loro musica, salvo alcune registrazioni carpite dalla rete, ma dalle presentazioni online - e attraverso i miei limitati ascolti - avevo ben chiara la tipologia della proposta.
Elementi pittoreschi, apparentemente di un altro pianeta, accolgono i presenti dietro al banco del loro merchandising, e la socializzazione pare li tenga lontani  dal reale motivo per cui il pubblico riempie il Raindogs… il concerto.


Ma quando decidono di partire, attorno alle 22.30, si trasformano in stakanovisti musicali.
Tutto ruota - da sempre - attorno al chitarrista Kawabata Makoto, che a ben vedere è un signor polistrumentista.
Questa la formazione attuale, rinnovata da poco nella sezione ritmica:

Kawabata Makoto: electric guitar, acoustic guitar, fretless bass, bouzouki, electric saz, sitar, synthesizer, electronics, tape, short wave, voice, speed guru
Higashi Hiroshi: synthesizer, noodle king
Tabata Mitsuru: electric guitar, guitar-synthesizer, acoustic 12 strings guitar, tape, voice, maratab
Satoshima Nani: drums
S/T: bass


Non sono in grado di parlare dei brani in successione, non conoscendo la loro discografia, ma credo che buona parte del live sia stato dedicato alla presentazione del nuovo album, Wake To A New Dawn of Another Astro Era. Poco importa, mi premeva l'apprendimento della loro proposta, che mi era stata presentata, soprattutto, come psichedelica.

Difficile per me estrarre un’etichetta conosciuta - e mi accorgo che mi sta capitando sempre più spesso! - ma la musica che propongono - così come il  modo di presentarsi - è davvero “alternativa”, pur ripescando in un contenitore che pare appena uscito dai seventies, carico di modus lisergico, con dilatazione estrema dei brani, ritmi ossessivi e passaggi ipnotici che fanno perdere l’orientamento e trasportano in altre galassie.
Colorati, utilizzatori di effetti e di atteggiamenti plateali e vistosi, sembrano capitati per caso sul pianeta terra, ma sanno perfettamente come stimolare chi è posizionato in front of them.
Se negli anni ’70 fossero esistiti i rave, gli Acid Mothers Temple avrebbero fatto scuola anche tra le generazioni più giovani!

Quando assisto ai concerti mi guardo spesso intorno, nel tentativo di captare il mood del mondo circostante, e in questo caso l’entusiasmo e la dinamicità spontanea sono stati un segnale preciso di gradimento/sconvolgimento.
L’unico elemento a mio giudizio precario va riferito all’utilizzo di volumi impossibili… decibel da galera… decibel che conducono a sicura ipoacusia… decibel probabilmente totalmente assimilabili alla filosofia musicale della band.
Ma ad una buona organizzazione come quella del Raindogs non poteva sfuggire questo particolare, e la distribuzione degli otopotrettori - come accaduto recentemente in un tour dei Pearl Jam - ha consentito il pieno godimento del concerto senza alcun risvolto negativo.

Mi sono divertito, e sono entrato in contatto con una sfera sonora tutta da scoprire, fatta di congiunzione tra passato e attualità, sulla via di quello che mi è capitato di vivere, ad esempio, con i Gong.
Un po’ di esempio video stimolerà, spero, la curiosità dei lettori…