Stefano Orlando Puracchio propone la seconda puntata della sua indagine che intitola …
ROCK PROGRESSIVO 2.
LINEE DI CONFINE
Se nel corso della
prima riflessione il lavoro di Puracchio
era volto ad una sorta di presentazione del genere prog, tra storia e
terminologia, con una personale guida all’ascolto incentrata soprattutto sugli
artisti di culto, questo nuovo atto ha un taglio più coraggioso, nel senso dell’indagine
rivolta ad un periodo successivo al clou, arrivando sino ai giorni nostri.
Amo particolarmente il
metodo utilizzato, quel “far parlare i personaggi” che fornisce sempre spunti
oggettivi, frutto del pensiero di chi ha dato vita ad una nuova creazione o ad
un progetto: le interviste permettono di svelare grosse verità e danno modo al
lettore di entrare in un mondo che spesso si può solo immaginare.
Ma con chi ha parlato Puracchio? A chi si è dedicato anima e
corpo?
Molto spazio è dato ad
un prog ai più sconosciuto, quello proveniente dall’Ungheria, paese in cui SOP vive. Era già accaduto nel primo
volume, ma in questo caso c’è un approfondimento che passa attraverso la musica
dei Mini e dei Solaris, i cui rappresentanti raccontano il loro mondo all’interno
di quello più ampio della musica progressiva mondiale.
E’ questo fatto
casuale, legato a situazioni logistiche e ai luoghi in cui si vive, ma
estremamente significativo, uno spaccato che dovrebbe spingere a pensare quante
realtà interessanti esistano sparse sulla terra, di cui sappiamo poco o niente.
Dall’estrema nicchia
si passa al super conosciuto, la musica dei Pink Floyd, con un approfondimento di un album, The Endless River, uscito tutto sommato
con poco clamore e scarsi commenti, ma di indubbio interesse storico e
musicale.
Rimanendo sul “confine”
della musica e dei generi, arriviamo alla proposta degli AREA, band italiana mai dimenticata e considerata l’innovazione
assoluta all’interno della rivoluzione musicale degli anni ’70. Dagli Area ai Perigeo il passo è breve e il pensiero
di Bruno Biriaco, drummer della
band, conferma l’immagine di un ensemble soprattutto Jazz, collocato da terzi
in una casella -impropria-, come il sistema dell’epoca esigeva.
Interessanti gli
spunti che arrivano da Beppe Crovella
-Arti & Mestieri-, band in piena
attività, e Renato Gasparini,
chitarrista degli Agorà, che
partendo dal passato sfocia nei nuovi progetti.
Conosco poco il prog
danese, e leggere la genesi dei Secret
Oyster ha scatenato in me il solito effetto domino che spero sia malattia
comune dei lettori musicali, e che spinga quindi verso i Burnin Red Ivanhoe e tutto quanto esiste nel nord Europa.
Grande spazio è
concesso ai Marillon, la band che, a
inizio anni ’80, dona speranze ai nostalgici del genere progressivo, e dando il
via a quello che è definito NeoProgressive. Steve Rothery, il chitarrista, rimane
sul piano dell’ovvietà, ma l’analisi globale fornisce spunti rimarchevoli.
Quando si arriva al
prog del secolo in corso SOP tocca
le sponde di due band che conosco molto bene: Periferia del Mondo e Unreal
City.
Giovani che
intraprendono una strada complicata, e lo fanno con risultati sorprendenti, con
le idee chiare e la consapevolezza che non si suona solo per se stessi, ed è quindi
necessario un approccio manageriale che si affianca a quello artistico e sono
testimone diretto del progetto Unreal, che ho seguito in prima persona.
L’altalena di
quadretti riporta ai seventies, alla musica dei Metamorfosi, che tracciano il bridge tra ere rilasciando un nuovo
disco -“Purgatorio”- di cui è fornita
analisi dettagliata.
Il capitolo Gentle Giant riporta alla piena
commistione tra classico e rock, certificata anche nei nostri giorni, se è vero
che Gary Green -chitarrista- e Malcome Mortimore -batterista- si sono
uniti ad un’orchestra per rivisitare sotto una nuova veste brani immortali -e difficilissimi
da eseguire per comuni musicisti!
Il book si chiude con
uno sguardo Oltreoceano, e l’intervista a Richard
“Rich” Williams, chitarrista, ci permette di entrare nel mondo dei Kansas, prog band americana.
E’ questo uno dei
momenti in cui riesco a capire meglio l’intento e lo sforzo dell’autore, perché
leggo tra le righe la voglia di porre l’argomento “prog” con un metodo diverso,
facendo grande opera di sharing e convincimento verso chi, ancorato al passato
più remoto possibile, perde la bellezza del nuovo, che non ha bisogno di una
data per essere definito tale, ma è semplicemente rimasto nell’ombra sino a
quel momento.
Ogni volta che capito
sul prog americano scopro grosse sorprese e tutte piacevoli, scovando magari
tempi dispari e hammond -elementi che prendo solo come simboli di una certa
idea di prog- in terre note per il folk o il blues -Glass Hammer a Nashville
docet.
Ritorno alla “banalità”
espressiva di Rothery, quel “…per me c’è
solo musica buona o cattiva…” e ancora “…la musica progressiva non ha regole ne confini… le etichette non hanno
significato…”.
Tutto vero, come
mettere in dubbio certe affermazioni, ma stabilire delle linee… di confine,
magari anche solo temporale, è qualcosa che spinge all’indagine e al vedere
oltre, e ancora una volta Stefano Orlando Puracchio ci indica una possibile via da percorrere.
STEFANO ORLANDO PURACCHIO
Stefano
Orlando Puracchio nasce a Roma il 2 luglio 1980. Ha vissuto la prima parte
della vita tra Roma e l'Abruzzo mentre adesso vive tra l'Abruzzo e l'Ungheria.
Si è laureato in Scienze della comunicazione all'Università di Teramo; dopo
aver lavorato nel campo giornalistico, ha conseguito il master in Giornalismo
all'università di Teramo e nel 2009 è diventato giornalista professionista.
Ha
diretto un giornale online, ha lavorato come autore radiofonico e conduttore
per Radiofrequenza, la radio comunitaria dell'Università di Teramo, producendo
programmi di critica musicale, televisiva e di spettacolo in genere. Ha anche
curato uno speciale radiofonico sul Rock Progressivo per Radio Rai3 chiamato
"L'ultimo guerriero". Alcuni suoi scatti sono stati utilizzati per il
booklet del cofanetto del Prog Exhibition
2. Attualmente è un freelance e si occupa esclusivamente di scrittura.
Nell’estate
del 2014 ha pubblicato il libro Rock
Progressivo. Una guida: un piccolo ‘caso’ editoriale di cui critica e
pubblico hanno parlato molto, un vademecum per capire il fenomeno del rock
progressivo, con interviste ai protagonisti dell’epoca. Un anno dopo pubblica Rock
Progressivo 2. Linee di Confine.