lunedì 25 agosto 2014

Stefano Barotti-"Gli ospiti"



Con colpevole ritardo provo a fornire qualche indicazione su di un album di sette anni fa, “Gli ospiti ”, del cantautore toscano Stefano Barotti.
Ho ritrovato casualmente il CD in questi giorni, dono ricevuto un paio di anni fa, ma finito in qualche cantuccio, per errore.
Ma la Musica non ha scadenza, e la cosa peggiore che possa capitare, quando non ci sono le premesse qualitative, è che venga dimenticata, non avendo lasciato alcun segno di distinzione.
Impossibile, al contrario, non essere toccati da questo disco, molto internazionale, realizzato nel circuito Italia-Usa-New Mexico, con la produzione di Jono Manson e la partecipazione di musicisti di fama conclamata. 

Quando di questi tempi si cita il termine “cantautore”, si sfugge spesso dal significato letterale del termine, e la mente dei meno giovani - o dei giovani bene informati - sfocia sempre in quel gruppo di nomi importanti che hanno lasciato impronte indelebili, in tempi in cui il messaggio sociale e la poesia potevano convivere e  passavano, anche, attraverso l’azione della singola anima, voce e chitarra, a disposizione del mondo.
Ma spazzando via ogni tipo di preconcetto, eliminando date e contesti, occupandosi solo dei contenuti e delle emozioni provate d’istinto, un album come “Gli ospiti” può procurare un piacevole benessere, uno stato di quiete che racchiude una velata tristezza miscelata alla gioia di aver trovato ciò che mi sembra sia merce rara: cura dei dettagli al servizio di liriche importanti, melodie capaci di far cantare e riflettere, atmosfere in cui pare impossibile non immedesimarsi.
Undici tracce, suddivise su circa tre quarti d’ora di musica che, dopo il primo ascolto, trovano la spinta per arrivare a ripetute repliche.
Sono piccoli quadretti che si dipanano su di un percorso tradizionalmente conosciuto, tra ricordi e situazioni tipiche del quotidiano, ma quando si riesce nell’intento di trasportare l’intimismo personale in casa altrui, entrando quasi sottovoce, per poi non uscirne più, si realizza un’impresa che va evidenziata e a cui va dato merito.
E’ un po’ criptico Stefano Barotti, forse più degregoriano che gucciniano, tanto per fare riferimento a due pilastri del cantautorato del passato, ma non appare il suo un mero esercizio di bravura, quanto una ricerca espressiva collegata all’elemento poetico, che a conti fatti appare di grande efficacia.
La strumentazione utilizzata può dare un’idea della volontà di ampliare le atmosfere sonore messe a disposizione dei testi: archi, fiati, hammond, mandolino, banjo, dobro e slide, oltre al naturale impiego di chitarre, piano e sezione ritmica.
Il brano che presento a seguire è tratto da un live, quinta traccia dell’album - “Natale sui monti”- e fornisce a mio giudizio una buona immagine dell’efficacia di Barotti e della sua musica anche in piena solitudine, una voce, una sei corde ed un’audience catturata da qualche magia impalpabile.
Difficile sottolineare gradimenti specifici all’interno di un contenitore che si dimostra estremamente omogeneo per qualità - altissima - ma vorrei evidenziare “Il profumo dei sogni”, le cui strofe - tratte da una poesia di Carmen Gargano - una volta entrate non ti abbandonano più (… qualche volta è amore, altre volte prigione… sono rami di ulivo sui tetti che annusano il mondo…).
L’amore, i ricordi, la neve, i monti, le stagioni che passano, le situazioni che si rincorrono, un continuo flusso di figure conosciute che entrano nell’altrui dimora a pieno titolo, ma che lasciano spazio ad altre, ospiti di passaggio, capaci però di segnare, nonostante la presenza occasionale, attimi di vita che diventano significativi e incancellabili.
Un grande disco, un grande artista...
Per saperne di più su Stefano Barotti, sulla sua  produzione e molto altro, è possibile consultare il sito di riferimento: http://www.stefanobarotti.net/