E oggi si ritorna al
blues.
Ho
già trattato più volte l'argomento e per quanto riguarda l'artista di oggi, John Mayall,
sul blog sono disponibili le mie sensazioni legate al concerto a cui ho
assistito quest'estate.
John
Mayall è stato uno dei più grandi divulgatori di blues
moderno in Gran Bretagna.
I
suoi Bluesbreakers hanno funzionato da accademia del
genere, sfornando musicisti di prima grandezza, come i chitarristi Eric
Clapton, Peter Green e Mick Taylor,
i bassisti Jack Bruce e John McVie e i batteristi Aynsley Dunbar e Mick Fleetwood.
Con
la sua band in continua mutazione é stato il faro ed il generoso maestro di
quanti hanno cambiato il corso della musica inglese.
Festeggiato
di recente come un'icona, dopo una carriera decennale che lo ha consacrato fra
gli uomini-simbolo del Blues, John Mayall è, insieme ad Alexis
Korner, il più rappresentativo esponente inglese di questo
genere musicale.
Nato
il 29 novembre del 1933 a Macclesfield ha studiato arte a
Manchester e ha cominciato a suonare boogie woogie al piano quando aveva
tredici anni. Secondo una sua stessa confessione la molla che lo spinse a fare
della musica una professione fu l'ascolto di un pezzo di Muddy Waters,
in cui il geniale chitarrista di colore esprimeva come solo lui sapeva fare
tutta l'anima struggente e malinconica del Blues.
Ma
la strada per diventare un musicista professionista era decisamente in salita.
Dopo
essersi arruolato nell'esercito ed aver passato un periodo in Corea, nel 1961
fonda il suo primo gruppo chiamato prima "Powerhouse four" e successivamente "Blues syndicate".
Nel
1962 si trasferisce a Londra dove forma un nuovo gruppo chiamato "The
Bluesbreakers" di cui faceva parte anche John McVie, futuro fondatore dei Fleetwood
Mac.
Il
primo disco "Crawling up
a hill", un 45 GIRI, viene inciso nel 1964 mentre l'anno
dopo esce il primo album "John Mayall
plays John Mayall". In quello stesso anno porta nel gruppo
un ancor giovane Clapton, che aveva lasciato gli Yarbirds poco prima, ed insieme incidono
l'album "John Mayall
with Eric Clapton" riconosciuto come un dei migliori
dischi dell'allora emergente Blues bianco.
Nel
frattempo entra nel gruppo anche il bassista Jack Bruce e, dopo l'abbandono di
Clapton, fa ritorno John McVie.
Poco
dopo entra però nel gruppo anche Peter Green per incidere "A Hard Road", album
dalle intense atmosfere: uno dei suoi più riusciti. Tuttavia i rapporti fra i
musicisti non sono dei migliori e in sala d'incisione serpeggia una certa
inquietudine. Uno stato di tensione che si riversa nel criticato "Blues alone" che John
Mayall registra in un solo giorno senza i Bluesbreakers.
Il
musicista si riscatta con "Thru' the
Years" che racconta i primi anni di Mayall e riporta
alcuni pezzi inediti, oltre che l'ultima collaborazione con Green (il quale
emigra nei "Fleetwood Mac").
Lo
sostituisce Mick Taylor, futuro membro dei Rolling Stones, subito
utilizzato per "Crusade".
Del 1968 è il doppio album "Diary of a
band" che segue la tournée dell'anno prima.
Nascono
altri problemi proprio nella band e Mayall scioglie di nuovo il gruppo
trasferendosi a Los Angeles dove nel 1969 incide "Blues from Laurel Canyon".
Anche Taylor abbandona. Mayall si ritrova in mano una band allo sbando e decide
di effettuare una revisione radicale dell'organico. Toglie batteria e chitarra
elettrica e inserisce un sax. Con questa formazione incide due titoli "The turning point"
(1969) e "Empty rooms"
(1970), dischi fortemente influenzati dal jazz. E' un periodo di grande
popolarità, anche grazie a pezzi come "Room to move", nei quali si esibisce con
l'armonica.
Instancabile,
vulcanico, sull'onda del successo crea un nuovo gruppo in cui ancora una volta
manipola l'organico, aggiungendo un violino, alla ricerca di nuove sonorità. Il
risultato è il doppio album "Back to the
Roots" nel quale compaiono anche molti ex compagni.
Nel
1972 registra in diretta "Jazz, Blues,
Fusion" e "Moving on",
entrambi assai apprezzati dalla critica.
L'anno
dopo è la volta del meno riuscito "Ten Years
are Gone", il primo passo verso una serie di lavori senza
mordente e di scarsa personalità.
John
Mayall, in cerca d'ispirazione, se ne va dunque a New Orleans, la patria del
jazz, dove insegue nuovi progetti e nuove mescolanze sonore, i cui risultati
sono ancora oggetto di dibattito tra i fan. La verità è che la sua vera strada
è il Blues, quello è il suo marchio di fabbrica e quello è il genere che si
porta nel sangue. Torna allora all'antico amore e i risultati si vedono
immediatamente.
Incide
due nuovi album che riconquistano i fan: "Chicago line" e "A sense of place", di
grande slancio e pregevole fattura. Nel 1993 ritorna con "Wake up call", disco
dalle atmosfere più ricercate e moderne. E' il momento del suo grande riscatto
dopo un lungo periodo di appannamento.
Nel
complesso si può dire infatti che negli anni '90 John Mayall ha pubblicato
diversi album che si pongono allo stesso livello dei suoi capolavori se non -
come sostengono alcuni - di qualità ancora più alta, perlomeno per i nuovi
orizzonti che aprono ad una musica dalle nobili tradizioni come quella Blues.
Ed
ora spazio alla musica.
1 commento:
come emerge dal tuo commento..uno dei grandi meriti del vecchio bluesman,padre del blues inglese, è di aver valorizzato dei grandi talenti...tra questi Peter Green,una mia grande passione,da sempre il mio chitarrista preferito ,una leggenda..un mito per tanti chitarristi..Un anno fa,la LickLibrary pubblica un doppio DVD,"Learn to play Peter Green" a cura del talentuoso freelance guitarist Michael Casswell che si ispira alle musiche ed allo stile dell'ex leader dei Fleetwood Mac...un DVD interessante per tutti,particolarmente per gli addetti ai lavori
http://it.youtube.com/watch?v=_8Pc3mNHEH0
Posta un commento