domenica 20 dicembre 2020

Viola Nocenzi-"Viola Nocenzi"

Scrivere di "Viola Nocenzi", album di esordio di Viola Nocenzi, mi obbliga ad un rigore supplementare, perché sono legato a lei da lunga e consolidata amicizia… virtuale, un concetto apparentemente eccessivo, ma nel pieno spirito del progetto che Viola ci propone. Urge in ogni caso il massimo dell’obiettività.

Sottolineare il termine “esordio” potrebbe trarre in inganno: non siamo al cospetto di un’artista che spunta fuori dal nulla, ma Viola ha una solida formazione musicale, studi approfonditi specifici, esperienze importanti, tanta gavetta e, naturalmente, un DNA che gioca a suo favore.

C’è poi da descrivere il “Suo” strumento, una voce incredibile che può sfruttare un’estensione vocale non comune (quattro ottave), una dote naturale che lei ha nutrito con l’applicazione e che la rende performante sia nel registro basso che in quello alto, con l’impressione, a tratti, di ascoltare di una vocalità operistica.

L’album “Viola Nocenzi” nasce al pianoforte, ed è figlio della stretta collaborazione tra l’autrice - che firma tutte le musiche, oltre al testo della conclusiva “Bellezza” - e lo scrittore siciliano Alessio Pracanica.

Della cinquantina di brani disponibili, alcuni dei quali creati anni fa, emergono sette perle, un numero magico per Viola, che propone in ogni episodio una parte di sé, e la sintesi del pugno di canzoni fa esplodere la concettualità che si cela - neanche troppo - dietro al progetto.

Il file rouge che annoda i sette pensieri di Viola si manifesta nella celebrazione dell’amore e della bellezza, con il focus puntato su aspetti interiori e metafisici, e quindi su tutto ciò che ruota attorno ad elementi relazionali, non solo all’interno di una coppia.

Ma per raggiungere obiettivi leciti e ambiziosi - la comprensione, il perdono, la comunione di intenti, un credo che sia coltivato nel quotidiano - occorre possedere delle virtù, cosa non certo scontata, e il racconto dell’artista fa emergere, passo dopo passo, le sue qualità personali, diventando al contempo monito e suggerimento, una via di uscita in tempi bui.

Ma mi piace sottolineare come gli aspetti estetici abbiano una loro valenza - spesso si ha timore nel metterli in primo piano -, perché l’osservazione della magnificenza della natura, di un quadro di uno sconosciuto o di un volto umano, possono fornire una scossa, o più semplicemente dare gioia e serenità, esattamente come riesce a fare una canzone… quella giusta per ognuno di noi.

Guardando dall’alto il lavoro nella sua globalità si registra una certa atipicità.

Non troviamo né i caratteri della musica progressiva - Viola si nutre da sempre di quel cibo musicale - né la leggerezza pop che ci viene propinata oggigiorno dai media, ma la proposta è fatta di sonorità estremamente moderne che legano episodi in cui spicca la poesia e la capacità interpretativa. Inutile definire il genere di un album che è il compendio di tante esperienze e skills, molto meglio assaporare ogni singola perla, perché di questo si tratta.

Ovviamente la sezione “arrangiamenti” può contare sull’eccellenza assoluta, ovvero la supervisione dello “Zio Gianni” - che partecipa anche come strumentista (piano elettrico, pianoforte, sampler, orchestrazione archi) e sulle competenze enormi di Lo Zoo di Berlino, i cui elementi sono: Andrea Pettinelli (rhodes, hammond, synth, theremin, mellotron), Diego Pettinelli (basso elettrico, sampler, elettroniche, programming) e Massimiliano Bergo (batteria, percussioni, drum machine), oltre a Roberto Masotti (percussioni); Viola Nocenzi suona il pianoforte, ovvero lo strumento studiato una vita, con cui crea ogni canzone.


Provo a fornire qualche immagine seguendo il percorso, step by step:

Apre il sentiero “Viola”, potenzialmente una hit, se fossimo in un paese normale.

“Viola” è - anche - un colore, ma ad esso è immediatamente collegato un profumo; la stimolazione dei sensi non passa solo attraverso le possibilità visive, e la capacità di eliminare le scorie negative e guardare il mondo circostante con un po' di comprensione può aiutare nel fornire “tinteggiatura” differente da quella imposta e a quel punto potremo avere nuovi occhi che ci regaleranno la realtà. Un urlo preoccupato diventa un monito: “… non vedi… il cielo è viola…”.

Musicalmente accattivante, tra elettronica e maestosità sinfonica.

A seguire “Lettera da Marte”, ovvero il brano uscito come anticipazione dell’album e che propongo a seguire.

Poesia scritta molto tempo prima da Pracanica, arriva improvvisamente e telepaticamente sulle dite di Viola, in piena libertà sul pianoforte mentre si lascia guidare dall’ispirazione, sicura che le sue qualità canore impediranno ogni ostacolo di accoppiamento. Il fulcro del brano e l’aspetto comunicativo, con immagini metaforiche molto convincenti.

La tecnologia non pone limiti e l’avvicinamento tra mondi lontanissimi tra loro, un tempo impensabile, è divenuto realtà. Marte non è poi irraggiungibile. Ma queste enormi possibilità esaltano un ossimoro, quello che sottolinea il contrasto determinato dalla facilità di contatto tra chi abita spazi lontani e le difficoltà relazionali rispetto a chi è a pochi passi da noi, e le incomprensioni portano spesso ad un repentino stacco della spina; ma le differenze tra simili, fatto di per sé oggettivo, non devono obbligatoriamente condurre alla chiusura totale dei rapporti personali, e la capacità di saper rispettare il prossimo sarà elemento premiante.

Risulta facile intravedere un arrangiamento di gran lusso, con una voce modulante supportata da un tappeto orchestrale che miscela analogico e digitale…


Colui che ami” è il terzo brano, citazione tratta dal Vangelo, utilizzata per affrontare il tema del dolore e della sofferenza, presenti in abbondanza in questo mondo, contrastabili con l’amore a la solidarietà.

Intimismo e atmosfera quasi aulica, con uno stretto dialogo musicale tra pianoforte e voce.

E arriviamo a “Entanglement”, termine molto tecnico nella sua concezione originale, quella che fa capo alla “correlazione quantistica”, e il legame esiste, ma tra due persone - potenzialmente le stesse che troviamo in “Lettera da Marte” -, due entità molto lontane tra loro dal punto di vista spaziale, ma ugualmente vicine e, nonostante tutto, dipendenti l’una dall’altra.

Incredibile prestazione vocale su di un tappeto sonoro elettronico.

Itaca” può condurre solo all’Odissea e quindi al tema del viaggio e permette all’autrice di mettere a nudo aspetti differenti che convivono in lei, quello più spirituale accanto ad uno più materiale, elementi con cui tutti dobbiamo fare i conti, seppur con dosaggi differenti.

Traccia permeata da una certa drammaticità, presenta una buona tensione sonora che non può lasciare indifferenti.

Con “L’orizzonte degli eventi” la ritmica ritorna in auge e l’elettronica incide, mentre la lirica assume una nuova dimensione: “… sul confine solo stupidi pensieri, lascio i miei magri poteri, perdo fame e desideri, io perdo tutto questo ma poi divento eternità…”.

Musicalmente forse più facilmente adattabile alla lingua inglese - un plauso agli arrangiatori -, sprigiona una buona energia che spinge ad abbandonare la staticità tipica dell'ascolto.

La conclusione è affidata al brano “Bellezza”, come già sottolineato l’unico scritto in totale autonomia, una sorta di manifesto che fornisce il brand all’album.

“Che si possa camminare per lasciare impronte nella terra bagnata, un peso permanente che copra la rabbia, il dolore e i sentimenti piccoli, non tutti sono disposti a misurare il proprio cuore e la propria intelligenza, il proprio cuore; che la soluzione, in fondo, sia solo l'amore e la bellezza?”.

Un concetto di bellezza che contiene, ma supera, l’aspetto estetico, una gradevolezza non fine a sé stessa ma derivata da sani principi, relazioni “pulite” e tanta semplicità, e a quel punto il bello non sarà più quello definito dai canoni tradizionali, ma la summa di sensibilità e virtuosismo.

Concludendo… Viola Nocenzi si mette in gioco e propone un album coraggioso, sceglie la forma canzone ma pensa istintivamente alla musica che ha assorbito sin dalla nascita - quella dei tempi composti e dell’estrema difficoltà compositiva e strumentale -, si contorna di musicisti esperti, persone fidate e affetti e tira fuori tutta la sua personalità, preparazione e talento. Forte e chiaro risulta il suo messaggio, il suo credo, la sua voglia di divulgare un pensiero positivo.

In attesa di qualche suo futuro live - sapendo poi che molti brani sono rimasti nel cassetto - c’è da augurarsi una buona continuità discografica: abbiamo tanto bisogno di musica di qualità che possa contrastare la mediocrità che ci circonda.


Tracklist:

 

1.      Viola

2.      Lettera da Marte

3.      Colui che ami

4.      Entanglement

5.      Itaca

6.      L’orizzonte degli eventi

7.      Bellezza


Biografia sintetica

Figlia del fondatore e da sempre anima del Banco del Mutuo Soccorso, Vittorio Nocenzi, nipote di Gianni, Viola inizia a suonare il pianoforte all’età di quattro anni, in seguito si dedica allo studio del violino e intraprende poi quello del canto d’opera, affiancando allo studio l’attività di insegnamento. La sua formazione umanistica e le stimolanti frequentazioni artistiche all’interno dell’ambiente familiare nel quale è cresciuta, hanno contribuito a plasmare la personalità di Viola, che si rivela in un intrigante mix di estro, sensibilità e ironia.

 


Viola Nocenzi Official:


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