mercoledì 29 aprile 2020

Stella Manfredi: un violino tra classica e rock


Pochi giorni fa, seguendo un commento di Lino Vairetti degli OSANNA, ho captato l’esistenza di due giovani e talentuose promesse. E se lo dice lui, le antenne della curiosità si alzano in automatico, anche perché, per chi si diletta come me nello scrivere di musica, e lo fa da tanto tempo, la voglia di scoprire delle novità tra le ultime generazioni diventa quasi un’esigenza.

Dopo aver presentato Maria Barbieri, chitarrista, introduco oggi Stella Manfredi, violinista, in equilibrio tra musica classica e contemporaneità.

In attesa di vedere realizzati i suoi sogni, proviamo a scoprire qualcosa su di lei, e vorrei sottolineare un tratto dell’intervista a seguire che mi ha colpito molto, quello che vede Stella chiosare come la sua carriera universitaria, parallela al Conservatorio, sia stata tutta in discesa, agevolata dalla complessità della formazione musicale e dall’enorme spirito di sacrificio per essa necessario, impegno continuo e disciplina che l’hanno  forgiata per qualsiasi altro tipo di impegno intellettuale.


L'INTERVISTA

Ho letto la tua biografia, nutritissima nonostante la tua giovane età: potresti sintetizzare i fatti salienti strettamente legati alla tua formazione?

Ho studiato al conservatorio fin da bambina, ed ho accompagnato la formazione musicale con una laurea magistrale in Lettere, indirizzo arte musica e spettacolo.
Da sempre mi sono interessata al folk, studiando musica irlandese da maestri irlandesi, musica popolare del sud Italia, ma soprattutto è stato il linguaggio moderno ad avermi interessato e mi sono dedicata fin da ragazzina a questo.

La tua strada musicale inizia prestissimo ed è indirizzata verso il mondo classico, attraverso lo studio del violino, e immagino tutto questo sia stato favorito dal contesto familiare: che tipo di “profumo sonoro” hai annusato in ambito casalingo?

Beh, vengo da una famiglia di artisti: mio padre è un pittore scultore e fotografo, nonché direttore del museo CAM di Casoria, mia madre è un’artigiana da sempre propensa al lato artistico, e anche le mie due sorelle hanno un buon estro, la prima appassionata di oreficeria e l’ultima una designer promettente. Ho da sempre bazzicato nella creatività insomma ed è stata una fortuna per me.

I tuoi studi al conservatorio hanno visto un percorso parallelo che, come hai raccontato, ti ha portato ad una laurea in campo umanistico, e quindi è immaginabile un enorme impegno su due fronti, nell’età, anche, del divertimento: come mai hai sentito questa esigenza e che tipo di bilancio fai del tuo primo periodo formativo?

Credo che la formazione musicale sia molto complessa, ci vuole un enorme spirito di sacrificio, dedizione e soprattutto costanza; la carriera universitaria, con questo tipo di formazione è stata tutta in discesa, è stato un hobby piacevole ed interessante, e ho avuto la fortuna di avere professori di enorme spessore culturale ed umano che mi hanno fatto amare lo studio e quindi è stato molto semplice.

Vorrei farti una domanda che normalmente rivolgo ai chitarristi, celebri per le pazzie relative al rapporto col proprio strumento. Che tipo di relazione hai con il violino?

Un dono che ho avuto nella vita, oltre alla salute, è il violino. Mi ha dato tante gioie, anche tante amarezze, ma soprattutto gioie! Devo solo ringraziarlo e ricambiarlo con rispetto e studio. Anche se non è mai abbastanza quello che faccio.

Quali sono i violinisti, tra passato e presente, che rappresentano per te un modello assoluto?

Sicuramente Jean Luc Ponty è un padre, ma anche nel mio piccolo mondo ho avuto la fortuna di incontrare artisti come Lino Cannavacciuolo che mi ha dato tanto e sono per me un modello da seguire.


Ti chiedo ancora un’opera di sintesi per segnalare le soddisfazioni e i traguardi fino ad ora ottenuti.

Mah, forse tra le soddisfazioni per ora che mi sento di annoverare, c'è l’aver suonato con artisti internazionali che stimo molto, come Michael Bublè, ma noi artisti non siamo mai contenti; tra i traguardi ancora nulla da segnalare.

Ho letto che hai collaborato a lungo con Sophya Baccini, e quindi viene naturale chiederti come sei arrivata alla musica progressiva e cosa ne pensi… ami qualche artista in particolare?

Sì, ho collaborato con Sophya ed è stato proprio Lino Vairetti degli Osanna ad indirizzarmi verso questa artista. Sono vari i concerti a cui ho avuto l’onore di partecipare con Lino, un artista raro ed una grande persona! Il prog l’ho ascoltato da sempre, è un genere dinamico dove il violino può muoversi in fraseggi interessanti, un filone che va rivalutato con l’innovazione, altrimenti rischia di svanire.

Quanto è parte di te la sperimentazione? Esistono limiti che ti poni nel muoverti in ambito musicale?

Io amo sperimentare, questo è un ambito molto complesso e per me oggetto di molti studi che si sono convogliati nella mia tesi di lettere alla magistrale, “L’altro violino”, scritta con il supporto dei docenti di musicologia della Federico Secondo di Napoli, e che avevamo intenzione forse un giorno di pubblicare. É veramente complesso sintetizzarlo, forse potrei solo dire che il violino è uno strumento ancora tutto da esplorare, e la sperimentazione è una via possibile.

Sei più a tuo agio nei live o in studio?

Sono due mondi differenti, in studio hai tempo di poter riflettere elaborare, ma le vibrazioni del live tra musicisti e con il pubblico sono la vera ricompensa di questo mestiere.

Meglio la fase creativa o la perfetta interpretazione?

Credo che la fase creativa sia obbligata, e che nel live non sempre una perfetta interpretazione sia la chiave della comunicazione artistica.

Ho letto che sei attiva anche nel campo dell’organizzazione degli eventi culturali: che cosa ti ha suggerito questo difficile momento legato alla quarantena per il coronavirus?

Beh, sono molto avvilita, questo momento ha sottolineato ancor di più quanto il mondo della cultura fosse in crisi, ci deve aiutare a riflettere e in profondità.

Un’ultima cosa: delinea i tuoi progetti - medio e lungo termine -, dividendoli dai sogni… a proposito, prova a sognare e poniti un obiettivo ambizioso!

Sto lavorando al disco del mio progetto elettropop Kamaak, che tende molto al corporate, beh sarebbe bello poter ritrovare uno dei nostri brani in un gran bel film! Si sarebbe un sogno!



Seguire i suoi prossimi passi pare quindi un obbligo!