lunedì 19 dicembre 2016

Fabio Biale-“La gravità senza peso"


Conosco Fabio Biale da molto tempo: era forse un 24 dicembre di qualche anno fa, solita eccitante vigilia di Natale, e nelle vie intestine della nostra città lo vidi esibirsi in gruppo, in modo itinerante, con uno strumento inusuale, un paio di cucchiai! E poi assieme a Zibba, Liguriani… protagonista di tanti progetti in cui lui emerge sempre come impareggiabile violinista e “uomo da palco”.
Quando tre anni fa uscì il suo primo album solista, La sostenibile essenza della leggera, si evidenziarono le sue doti compositive e il suo status di polistrumentista, e in quel contenitore Fabio iniziò a riassumere i fatti salienti della prima parte del suo percorso.
Ciò che propone oggi Fabio Biale è il secondo step, quello della prima maturità, legato a cambiamenti personali importanti e a un’evoluzione musicale che, vivaddio, non abbandona mai, almeno chi si mette sempre in gioco e affronta il futuro professionale con umiltà e voglia di incidere sul proprio destino.
Il nuovo disco si presenta, ancora, con un titolo carico di significati, che lui stesso spiega nello scambio di battute a seguire: La gravità senza peso". Se la curiosità iniziale è lecita, lo scorrere delle parole e delle note illuminano ciò che si nasconde tra le righe, e l’intestazione assume un peso rilevante, un “romanzo in quattro parole”, seguendo più o meno volontariamente l’insegnamento di Hemingway, che tracciò una linea guida con la sua storica sintesi: “Vendesi: scarpine per neonato, mai indossate”: in quel caso il capolavoro necessitava di sei parole, classico esempio di pathos e brevità. Non è accostamento irriguardoso, dai grandi occorre prendere esempio!
Fabio Biale diventa direttore d’orchestra, scrive ogni partitura a tavolino e consegna il compito scritto ai suoi incredibili compagni di viaggio - è lui stesso che li nomina nel corso dell’intervista - dettando regole e modus operandi.
Ne esce fuori un buon numero di tracce, 13 - con l’aggiunta della ghost track “Rock ‘n’ Roll”, del 1992 - che  dipingono un altro spicchio di vita, più attuale, con il vezzo di chi scrive di sé pensando di osservarsi dall’alto e in qualche modo giudicare, o trarre conclusioni. Ci sono tutti nel racconto - chi si incontra per caso o con continuità -, quelli che espongono il fianco senza controllo, anche quando sono attori secondari, perché anche il loro silenzio arriva al cuore e al cervello, certamente più di un discorso prolisso. E così il diario in cui Fabio ha annotato il suo vissuto/sognato/desiderato diventa un album che è molto più di somma di canzoni, con cui si può… si deve sorridere, cercando di immaginare di più di quello che viene mostrato; entrando un po’ in profondità, magari aiutandosi con la lettura dei testi, ci si fa un’idea chiarissima dell’arte di Fabio Biale e del suo essere musicista, sensibile e virtuoso, non solo portatore di alte capacità musicali, ma interessato e impegnato nel regalare messaggi personali che diventano universali, assumendo il ruolo di didascalia di alcuni momenti di vita.
Certo, è un disco di cui si può godere in modo diverso, più “leggero”, ma se ci si spinge oltre, quel concetto di estrema gravità che attanaglia le nostre vite, accomunato all’assenza di peso, porta a pensare a quale sia il nostro comportamento rispetto alle insoddisfazioni del quotidiano, momenti difficile a cui spesso non si può trovare soluzione, che si superano solo con un diverso atteggiamento. E chiudendo tutti i cerchi.
Un bellissimo lavoro quello dell’ormai saggio Fabio Biale.


L’INTERVISTA


Quando tre anni fa è uscito il tuo album di esordio, “La sostenibile essenza della leggera”, pensai potesse essere episodio isolato, solo perché avevo l’abitudine a vederti in gruppo, strumentista virtuoso che ama cesellare per altri, e invece… che è accaduto nella tua vita da allora?


Nonostante “La sostenibile essenza della leggera” sia stata un’esperienza alquanto inaspettata anche per me - registrato un pò per caso, un pò per gioco, un pò per sfida - non ho mai pensato che sarebbe stato un episodio isolato. E’ anche vero che, dopo quel disco, sono accadute tantissime cose: ho lasciato la band di Zibba e Almalibre e, almeno per un pò, il mondo del rock e del pop, sono tornato a fare l’insegnante di italiano abbandonando la nobile arte della pizzicagnoleria, mi sono sposato, ho un figlio. Tutte queste vicende hanno avuto sicuramente un peso. Indubbiamente mi hanno responsabilizzato; mi hanno consegnato una coscienza di personalità autonoma, maggiormente centrifuga rispetto alla realtà del gruppo. In un certo senso l’album d’esordio chiudeva la fase della giovinezza: raccontava la mia storia dai sedici ai trentuno anni. Questo secondo capitolo, “La gravità senza peso”, fotografa esattamente il mezzo del cammin di nostra vita. E’ come un grosso serpente sonnacchioso, arrotolato sui  trentacinque anni. Si guarda intorno, ride del prima e irride il dopo. Ma dopotutto non si sente cambiato e teme che non cambierà. Ho letto da qualche parte che quando nasce un figlio una parte dell’uomo che sei muore e devi elaborare il lutto di quel te stesso. Allo stesso tempo ritorni bambino: Babbo Natale ricomincia a farti visita, giochi, racconti favole. Quindi allo stesso tempo è una scoperta individualistica, una riflessione sul giro di boa, un requiem edipico, un inno alla seconda fanciullezza. 


Anche in questa caso giochi con le parole a partire dal titolo: se nel primo album c’era bisogno di una sorta di traduzione per i “non liguri”, l’ossimoro contenuto ne “La gravità senza peso” non mi pare da meno e richiede qualche spiegazione da parte dell’autore…

La gravità senza peso è un regalo di Italo Calvino. Nelle Lezioni americane si proponeva di trovare sei valori per la letteratura del millennio successivo, questo millennio. La leggerezza è il primo di essi. Calvino, ad un certo punto, scrive che dal sangue della Medusa, che trasformava chiunque la osservasse in pietra, era nato il cavallo alato Pegaso. La pesantezza si rovescia nel suo contrario. Una leggerezza pensosa che prende parte all'amara commedia della vita e che sola la può alleviare. Una leggerezza che non è frivola perché è, appunto, gravità senza peso. 


Possiamo considerare questo nuovo album collegato al lavoro precedente?

Assolutamente. Lo definisco sempre come il secondo capitolo della trilogia della leggerezza ma non aggiungerò altro. (Ti sto già confessando che ci sarà un terzo album, che vuoi di più?).

Sono 13 i brani contenuti: qual è l’essenza del disco, dal punto di vista del messaggio? Esistono concettualità e tratti biografici?

La leggerezza, come si diceva. Racconto storie la cui gravità ne insegue il segreto: ci sono eroi, innamorati, assassini, mendicanti; i disillusi e gli indomabili. Sono tutti racconti che hanno un legame autobiografico diretto. Fatti accaduti, visioni, deduzioni. In una canzone dico: “Quando il tono è piuttosto sincero/e ti mostra per quello che sei/e il racconto non è tutto vero/ma tu sei quello lì e lei è lei.” Giusto per fare un esempio: il bolo isterico ce l’ho davvero.

Non posso dimenticare il tuo valore come polistrumentista: cosa si trova dal punto di vista strettamente musicale dentro al tuo nuovo contenitore?

Intanto è un disco interamente di composizione. Non c’è stato lavoro di squadra o work in progress nella creazione dei brani. Mi sono sfidato nello scrivere tutte le parti a tavolino: ho somministrato la partitura ai musicisti che ritenevo più adatti i quali la hanno meravigliosamente arricchita con la loro personale sensibilità e interpretazione. E’ stato davvero emozionante sentire che la carta scritta pian piano cominciava a suonare davvero. Come polistrumentista mi sono occupato di cantare, suonare il violino, registrare qualche chitarra acustica, il bodhran e le tastiere. Una bella sfida e una bella fatica. Mai più! (Scherzo!)

Tu dici che non c’è stato lavoro di squadra a livello compositivo, ma presenti un team al lavoro ricco di elementi importanti: come l’hai composto… con quali criteri?

Il suono del disco era già tutto in testa prima di entrare in studio. Il timore più grande durante tutte le registrazioni è stato quello di mancare quel suono. Il raggiungimento di quell’obiettivo mi ha fatto comporre la squadra. Di grande aiuto sono stati i suggerimenti di Rossano Villa, espertissimo conoscitore della realtà musicale ligure. Super professionisti, amici di lunga data e musicisti incredibili ecco tutta la banda: Fabio Vernizzi al pianoforte, Stefano Cabrera al violoncello, Stefano Ronchi, Luca Falomi e Marco Vescovi alle chitarre, Saverio Malaspina alla batteria, Riccardo Barbera al basso e contrabbasso, Giorgia Mammi al clarinetto. E poi gli ospiti: Dario Canossi dei Luf, l’attore Mauro Pirovano e Zibba (che è presente in Albergo zot nella versione digitale dell’album). Con quale criterio li ho scelti? Ma hai sentito come suonano? Come fai a non sceglierli?

L’album è stato registrato agli Hilary Studio del già citato Rox Villa: quanto ha inciso la sua professionalità nella realizzazione delle tue idee?

Rox è un amico e un giudice inflessibile. Ha ottime orecchie e sa ascoltare quello che gli proponi come riferimento per il tuo sound. Quanto ha contato? Forse senza di lui questo album non ci sarebbe stato. In parte perché la scintilla per pubblicare un secondo album è scoccata dalle sue pressioni e dal suo entusiasmo dopo La sostenibile essenza della leggera, e inoltre perché ha saputo cogliere le non poche follie musicali che mi correvano per la testa. Abbracciare l’aria sottile e farne un mazzo non è roba da tutti.

Come pubblicizzerai l’album? Hai previsto presentazioni e concerti di pubblicizzazione?

Il disco è uscito ufficialmente il 13 dicembre e sto concludendo ora gli accordi promozionali e di ufficio stampa. Fino a qui mi sono occupato personalmente della promozione. Per quanto riguarda il live uscirà presto un calendario del tour di presentazione. C’è stata una data numero zero il 17 dicembre a Laigueglia a Le Malebolge, in duo con Ivano Vigo alla chitarra.

Come ti si può seguire in rete?

Ho un sito freschissimo, www.fabiobiale.com, e una pagina sia su Facebook sia su Instagram. Cercate e seguite Fabio Biale per avere aggiornamenti costanti!

Guardiamo oltre: che cosa farà Fabio Biale dal 1 gennaio 2017?

Suonare, scrivere, studiare. Le tre S che mi fanno compagnia da una vita. Poi c’è la scuola, la quarta S. Passare un po’ di tempo con mio figlio e mia moglie. Che ha un nome che comincia per S, guarda caso. Temporeggio nella risposta perché tutto sommato non lo so. La sesta S.  Stop.