mercoledì 28 dicembre 2016

Sergio d’Alesio: "GEORGE HARRISON- MY SWEET LORD: LA VIA DELLA SPIRITUALITA’ ”


Sergio d’Alesio ci regala un altro capitolo che lega la grande musica ai frammenti di storia e ai personaggi che hanno avuto il coraggio, la forza e il talento per incidere e aprire una via da seguire.
George Harrison non ha bisogno di presentazioni, neppure tra le nuove generazioni, e la sua figura intrisa di spiritualità è sempre emersa anche in momenti in cui parlare della coppia Lennon/McCartney pareva spiegare meglio certi fenomeni musicali.
Ma il talento di George, le sue abilità di compositore e di artista completo si sono ben presto rivelate al mondo, così come il progressivo distacco verso la materia, a favore dello spirito.
L’autore, nel libro “GEORGE HARRISON- MY SWEET LORD: LA VIA DELLA SPIRITUALITA’ ”, ci descrive, soprattutto, questa seconda immagine, toccando i punti salienti, gli incontri, le motivazioni e le relazioni fondamentali della vita di “The Quiet One”.
Ne emerge un quadro illuminante, quasi didattico se si pensa alle scelte descritte che hanno a che fare con la qualità dell’esistenza, una picture che permette di unire vite e musiche che intersecano occidente e oriente, creando una sintesi culturale che appare alla fine come documento di riferimento.
Una vita straordinaria, un uomo predestinato, un musicista di enorme talento che verrà ricordato per la sua arte e per la capacità di ritagliarsi in modo naturale un ruolo quasi mistico, non per moda o convenienza ma per profondo credo.
Sergio d’Alesio ci racconta magistralmente l’iter evolutivo di Harrison, a quindici anni dalla sua scomparsa e in contemporanea con la distribuzione di “Eight Days A Week: The Touring Years”, il film documentario diretto da Ron Howard con la collaborazione di Paul McCartney, Ringo Starr, Olivia Harrison e Yoko Ono.
Allegato al book un CD edito dalla CAPITANATART RECORDS, “In the garden of George Harrison”, dieci brani “tributo” composti da Rino Capitanata e interpretati da artisti indiani, tedeschi e italo finlandesi, che diventano strumento per ogni terapia olistica e rientrano appieno nel progetto musicale e spirituale voluto dall’autore, che nell’intervista a seguire racconta nei dettagli la sua opera, suggerendo alla fine le modalità di fruizione.


L’INTERVISTA

Partiamo dall’essenza del tuo nuovo libro dedicato a George Harrison: che cosa contiene, in che cosa si differenzia da tutti quelli che hanno sino ad oggi trattato il “mondo Beatles”?

Innanzitutto, al pari del mio libro Eagles la leggenda del country-rock, il libro inizia con una prospettiva panoramica circolare che approfondisce il legame fra la religione e il rock’n’roll dedicata a musicisti carismatici come Leonard Cohen, Carlos Santana, Roger McGuinn, Dan Peek, Richie Furay, Cat Stevens, John McLaughlin, Prince e cento altri la cui carriera è stata, fra virgolette “benedetta” dal rapporto con Dio e si chiude con la citazione di album e canzoni in tema. Detto questo, My Sweet Lord: la via della spiritualità non è una biografia su Harrison e tantomeno sui Beatles, quanto una sorta di diario di viaggio di un artista che, a soli 22 anni, si trova nella posizione di diventare un esempio folgorante per la sua generazione stimolando centinaia di migliaia di giovani a partire per un viaggio di sola andata per l’India dalla quale non fanno più ritorno. Grazie al connubio fra musica e spiritualità, George non assume solo il ruolo di padre putativo della world music, ma introduce il mondo occidentale ai mantra, allo yoga, alla meditazione e soprattutto alla lettura dei sacri testi dell’induismo, inclusa la famosa Autobiografia di uno yogi di Paramahansa Yogananda. In realtà, nel giro di poche stagioni dal 1965 al 1969, grazie a compagni di viaggio virtuali (Swami Vivekananda, Paramahansa Yogananda e Caitanya Mahaprabhu) e reali  (Swami Vishnu-Devananda, Maharishi Mahesh Yogi, Ravi Shankar, Sri Swami Satchidananda e A.C. Bhaktivedānta Swāmī Prabhupāda) acquisisce in progressione la piena consapevolezza del vero significato dell’esistenza, contagiando nella sua ricerca anche John Lennon, Paul McCartney e Ringo Starr. Del resto è a George che si deve la presenza di Yogananda sulla cover di Sgt. Pepper.

Harrison aveva un ruolo atipico all’interno della band, non il leader ma sicuramente capace di emergere anche come autore e singer: come giudichi il suo lavoro musicale nelle due fasi distinte, con i Beatles e “solo”?

Lavorando con due geni come Lennon & McCartney, in seno ai Beatles la sua verve compositiva è sempre rimasta in ombra sino ai suoi capolavori inclusi nel doppio White Album: da Long, Long, Long a Piggies, Savoy Truffle e l’incredibile riff chitarristico di While My Guitar Gently Weeps. Con un degno seguito, targato Here Comes The Sun e Something che, all’epoca, Frank Sinatra definì la migliore canzone d’amore mai scritta. Tutto quello che ha fatto dopo emerge in oltre 30 anni di carriera, dove centinaia di brani, anche in parte esclusi dalla selezione degli album dei Beatles, viene finalmente alla luce in arrangiamenti contemplativi, intrisi di misticismo che non rinunciano ad esaltarne la melodia e la coralità tipica dei Fab Four. Canzoni che il grande pubblico ha conosciuto solo in parte e meritano una riscoperta. Una annotazione degna di nota, riguarda proprio la stesura del libro, dove George, al pari della narrazione degli eventi, parla sempre al presente. In questo senso non è una biografia, ma un diario di bordo delle sue esperienze e riflessioni spirituali e artistiche.


Tu hai avuto modo di incontrarlo: che cosa ti ha maggiormente colpito dell’uomo Harrison?

Come diceva Ravi Shankar e io ripeto nell’introduzione e nella backcover del libro:Ho incontrato George Harrison in molte occasioni nel corso della sua carriera. Oltre al talento, ogni volta ero sorpreso dalla sua apertura mentale perchè mostrava il “tyagi”, un totale distacco dalla popolarità, come se lui fosse profondamente differente da quello che la gente ascolta nella sua musica. In realtà, ancor oggi, mi chiedo quali requisiti debba avere una persona per trascorrere su questo pianeta “una vita straordinaria”. George appartiene a quel novero, quasi fosse un fiore che germoglia, una pianta che si rigenera di stagione in stagione o un peepal l’albero di lungo corso che prospera in India…

Sarebbe esistito un Harrison “mito” senza l’incontro con la spiritualità?

Quando lui ha iniziato a suonare non c’erano ancora i grandi alla Jimmy Page, Jimi Hendrix o Eric Clapton e ha dovuto creare il suo stile senza emulare nessuno. Ovviamente la sua ricerca spirituale dona colori, anima e profondità alla sua musica. Nel libro, l’artista ribadisce più volte la sua visione della vita affermando: “Appena sono arrivato in India, Ravi e suo fratello Raju mi hanno dato un mucchio di libri da leggere. Uno era di Swami Vivekenanda che fra l’altro dice: < - ribadendo il concetto nel corso degli anni in maniera sempre più personale -; partecipare ai corsi di meditazione per lunghi periodi in profondità, mi offre la possibilità di collegarmi direttamente all’energia divina ed elevare il mio stato di consapevolezza privandomi della materialità del mio corpo. Per una persona che vive in occidente e fa le follie da rockstar, non è mai facile raggiungere questa connessione. In realtà, ho cominciato seriamente a riflettere sul fatto che il mio stile di vita andava cambiato perché in totale conflitto con tutto ciò che ho imparato in India… Leggere e rileggere le pagine di Autobiografia di uno Yogi è illuminante e ti fa crescere ogni volta. E’ come riconoscersi nelle sue parole. Di riflesso, i miei genitori sono in ansia per il fatto che io rinneghi gli insegnamenti della religione cristiana, ma io li rassicuro spesso al riguardo. Dio ha molti nomi, ma è Uno solo… Per tanti può essere intesa come una moda, per me è una cosa del tutto differente. Ovviamente esiste una forte contraddizione tra la ricerca spirituale di Dio e la vita materiale, fatta di lusso, castelli, auto da corsa e donne in vestito da sera. Ma c’è solo una realtà. Dio è tutto. Dio è in ognuno di noi. La vita è assolutamente eterna ed anche in questo passaggio terreno il Divino può essere colto in pieno, capito e vissuto in maniera totale La morale della storia è che, se accetti gli alti, dovrai passare anche attraverso i bassi. Nel corso della mia vita sto imparando a conoscere l'amore e l'odio, il bene e il male, le sconfitte e le vittorie. Pur reputandomi una persona fortunata, la mia esperienza è semplicemente una versione amplificata di quello che vive chiunque altro. Qualsiasi cosa sia accaduta è positiva se ci ha insegnato qualcosa, ed è negativa solo se non abbiamo ancora imparato a rispondere a tre semplici domande: ‘Chi sono? Dove sto andando? Da dove vengo?’. Non esiste altra verità. L’unica cosa importante è connettersi con il divino, tutto il resto è relativo e non ha alcun significato>>.

Qual era il suo rapporto con la “materia”, necessaria comunque nel quotidiano?

Sin dalla nascita del figlio Dhani, il suo rapporto con il quotidiano è rappresentato dalla sua famiglia e dalla natura che lo circonda. “Dhani ha bisogno di me. Se non fosse per lui, avrei abbandonato questo mondo da molto tempo…” ha sempre ricordato l’artista nel corso della sua esistenza.

Nel contenitore che hai realizzato è inserito anche un CD che propone un tributo all’artista: me ne parli?

Al pari di poche altre etichette italiane, la CapitanArt Records è una casa editrice indipendente (in seno alla quale ho già realizzato una trilogia dedicata a Il Potere Curativo della Musica in versione audiolibro ndr.) gestita in prima persona dal polivalente artista e compositore Rino Capitanata, che vanta prestigiose collaborazioni con artisti in tutto il mondo e preziose produzioni musicali dedicate alla meditazione, allo yoga ed altre discipline olistiche. Concettualmente perfettamente allineata ai principi della Meditazione Trascendentale del Maharishi Manesh Yogi e alla fusione sonora fra occidente e oriente proposta Harrison & Shankar sin dal 1974 con il rivoluzionario show “Music Festival from India”, oggi l’etichetta propone il George Harrison Music Tribute un vero e proprio omaggio strumentale di 10 brani musicali originali composti da Capitanata che attraversano quella sottile linea sonora che permette al corpo, alla mente e soprattutto all’anima umana di instaurare un rapporto diretto con il Trascendente. Contrariamente al sentito omaggio del Concert for George alla Royal Albert Hall e del George Fest di Los Angeles, il CD propone una colonna sonora reale/virtuale che ripercorre tutte le esperienze spirituali della sua vita come singolo individuo, con ovvie reminescenze condivise insieme ai Beatles descritte in Rishikesh e Maharishi. Il CD interpretato dalla vocalist Deja Raja e il sitarista Hariprasad entrambi originari dell’India, il tedesco Swami, l’italofinlandese Thea Crudi e lo stesso Capitanata spazia in ogni più recondita e segreta dimensione spirituale del pianeta Terra, donando all’ascoltatore la chance di portare alla luce la scintilla divina che plasma l’anima umana.


Può essere, anche, un aiuto, una agevolazione per arrivare a momenti di riflessione e a una buona introspezione?

L’atmosfera sonora dell’album è metafisica, surreale, quasi pronta ad elevare un ponte virtuale fra la vita e il divino. Il tributo s’allinea perfettamente alle parole dell’artista: “Tutte le religioni sono parte di un grande albero. Non è importante che Dio venga chiamato Cristo o Krishna o Buddha, quello che è veramente importante è entrare in contatto con Lui. Grazie al supporto delle nostre guide spirituali, noi possiamo eludere il male. Questo è il motivo per cui i mantra della fede induista ripetono all’infinito “Hare Krishna, Hare Krishna” invocando la sua protezione”. In questa prospettiva, leggere il libro ascoltando il CD può donare a chiunque momenti di pace e di benefica autoriflessione.

Qual è il ruolo in cui ha più apprezzato Harrison, tra i tanti da lui recitati?

Negli anni sessanta nessuno pensava a lui come ad un santone tipo il Maharishi, Osho o Sai Baba, ma più che altro come ad uno sperimentatore, precursore di un futuro così denso di promesse. Questo è il suo ruolo che apprezzo maggiormente anche se il suo rapporto con la musica resta l’elemento emotivo trainante anche nella splendida avventura con il supergruppo dei Traveling Wilburys, condiviso con Bob Dylan, Tom Petty, Jeff Lynne e Roy Orbison che pochi in Italia conoscono.


Esiste a tuo avviso qualcuno che possa raccogliere la sua eredità?

Sinceramente non credo che possa nascere un altro George Harrison. Se ogni persona è unica e irripetibile, penso che il The Quiet One sia davvero unico.

Hai avuto modo di vedere “Eight Days A Week”, il film di Ron Howard?

Certo e mi sono molto emozionato perché considero quelle immagini davvero vive e pulsanti ancor oggi, ma nulla credo sia paragonabile al film Living in the Material World di Martin Scorsese che giudico il migliore film-documentario musicale mai portato sul grande schermo.


Per concludere la chiacchierata… mi dai un giudizio di quell’epoca irripetibile che a volte fa pensare che essere “antichi” hai i sui pregi, avendo potuto vedere in diretta ciò che accadeva?

Personalmente, penso che gli ultimi grandi nomi del rock siano stati gente come Police, Dire Straits, Eurythmics, Costello, Springsteen e forse Lucinda Williams. Il resto è poca cosa, inclusi i Coldplay che a me dicono poco. Perché? Tutto il resto è accaduto “prima” e “dopo” non è accaduto più nulla. Non a caso nel recente raduno a Indio, California, i dinosauri del rock sono ancora loro: Rolling Stones, McCartney (leggi Beatles), Neil Young (leggi CSN&Y), Dylan, Who e Roger Waters (leggi Pink Floyd). Forse mancavano e aggiungerei i Led Zeppelin, Paul Weller, Van Morrison, i Fleetwood Mac di Rumours e quel che resta degli Eagles e dei Genesis originari. Ma si sa, oggi se citi i Byrds o i Kinks la gente ti guarda storto e pensa che sei un vecchio trombone dinosauro, ancora ancorato al passato. Ma se hai vissuto quegli anni in prima persona, dietro e sotto il palco, non puoi dimenticarli… Non essendo al momento distribuito in libreria, chiunque fosse interessato a leggere il mio libro ed ascoltare il CD può contattarmi via facebook. E’ un modo simpatico e diretto per ritrovarsi e continuare a sognare, in barba ai mali del mondo.